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venerdì 11 agosto 2023

Orrori di Dolores Roach


Titolo: Orrori di Dolores Roach
Regia: AA,VV
Anno: 2023
Paese: Usa
Stagione: 1
Episodi: 8
Giudizio: 4/5

Dolores Roach viene rilasciata dopo un'ingiusta condanna a 16 anni di carcere e torna in una Washington Heights riqualificata. Dolores ritrova un vecchio amico tossico, Luis, che le permette di vivere e lavorare come massaggiatrice nel seminterrato del suo negozio di empanadas. Quando la promessa della sua ritrovata stabilità viene rapidamente minacciata, "Magic Hands" Dolores è spinta al limite per sopravvivere.
 
Per fortuna che nonostante l'orda di serie e il mio non essere così avvezzo a questo format ogni tanto rimango piacevolmente stupito. Ed è il caso di questa mini serie con una durata molto congeniale per ogni episodio sui 25' e una storia che seppur già vista riesce a miscelare così tanti elementi di genere da farla diventare realistica nel suo elaborato paradosso. Riesce ad essere esagerata e splatter ma anche delicata ed elegante. Parla di cucina e ti fa venire la quolina in bocca ma poi mette in mezzo omicidi seriali e cannibalismo. C'è una storia d'amore e una di reintegro e crescita della protagonista che semplicemente devasta tutti i gregari presenti che le vengono a contatto.
E' così incredibilmente ed esageratamente scombinato da risultare quasi perfetto per come gli ingredienti vengono dosati al punto giusto. Una serie che va con un ritmo e una velocità pazzesca, recitata molto bene da attori quasi sconosciuti e in grado spero di regalare una seconda stagione che se riuscisse anche solo a fare la metà di quanto ha fatto nella prima sarebbe un ottimo traguardo.

sabato 28 gennaio 2023

Bones and all


Titolo: Bones and all
Regia: Luca Guadagnino
Anno: 2022
Paese: Usa
Giudizio: 4/5

Verso la metà degli anni 80, Maren vive con il padre in Virginia ed è un'adolescente come tante. La sua vera natura costringe però il padre ad abbandonarla e a lasciarla al suo destino. Rimasta sola, Maren parte alla ricerca della madre che non ha mai conosciuto e lungo il tragitto conosce persone come lei, vagabondi ed emarginati nella società americana dell'era Reagan, tra cui Lee, di poco più grande, sbandato e affascinante, con il quale Maren prosegue il suo viaggio. Stato dopo stato, dal Maryland al Nebraska, incontro dopo incontro, Maren e Lee trovano la propria strada, incerti e spaventati di fronte all'irrompere del desiderio che li guida.
 
Siamo di fronte ad un mezzo capolavoro. Se SUSPIRIA già ci aveva deliziato con un lavoro unico che si staccava nettamente dal cult di Argento, qui siamo su un livello ancora più alto, uno dei cannibal movie più emozionanti di sempre. Perchè il film in questione è un mix variopinto di generi, teen drama, coming of age, horror, grottesco, onirico.
Un film sulla diversità, sull'accettazione, sulla comunità dei propri simili, sul come poter provare a cambiare la propria natura, sul desiderio, la sperimentazione. La scena iniziale di Maren a casa dell'amica vale da sola tutto il film senza bisogno di aggiungere la fuga dall'orrore, una scena macabra, splatter e allo stesso tempo poetica e drammatica. E poi la ricostruzione, i costumi, questi personaggi che sembrano vivere di stenti al pari di altri mostri e outsider che non avranno mai una terra promessa ma sono per natura costretti a spostarsi come nomadi e vivere di stenti.
Un film enormemente poetico con tanti dialoghi interessanti e profondi in grado di dare carattere alla pellicola, di caratterizzare al meglio alcuni personaggi e di diventare un road movie in un America che sembra quasi post apocalittica.

giovedì 29 settembre 2022

Barbaque (2021)


Titolo: Barbaque (2021)
Regia: Fabrice Eboué
Anno: 2021
Paese: Francia
Giudizio: 4/5

Pascal e sua moglie Sophie gestiscono da circa vent'anni una piccola macelleria locale. Sophie riversa il suo affetto per i clienti alla cassa e Vincent taglia la carne accuratamente selezionata con altrettanto amore.

Barbaque aka Some like it rare è una commedia grottesca sul cannibalismo, il veganismo e tutte le connotazioni che può prendere una crisi di coppia quando la propria macelleria viene attaccata da attivisti e da colleghi/amici che fatturano milioni con allevamenti intensivi dando antibiotici agli animali. E allora arriva il maiale iraniano..
La commedia Di Ebouè è intrisa di humor nero, gag, slapstick favolose, condita da toni grotteschi e scene torture e splatter convincendo per la sua incredibile ironia e freschezza nella messa in scena e nella recitazione.
Ebouè riesce a imprimere nella sua opera tantissimi temi, destrutturando non pochi stereotipi sull'estremismo alimentare e riuscendo a regalare delle scene infallibili per quanto concerne l'originalità, il ritmo, l'adrenalina e la violenza. Tutto questo però mescolato ad una politica mai bigotta o melensa ma sempre pungente e contemporanea. Un film davvero delizioso dove da anni non vedevo il tema del cannibalismo trattato con tale ingegno e satira salvo pochissime eccezioni.

domenica 27 marzo 2022

Fresh


Titolo: Fresh
Regia: Mimi Cave
Anno: 2022
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Gli orrori degli appuntamenti moderni visti attraverso la battaglia provocatoria di una giovane donna per sopravvivere agli appetiti insoliti del suo nuovo ragazzo.
 
Ormai trovare una trama originale nell'horror post moderno è davvero impresa ardua.
Fresh ha fatto molto discutere. Prodotto per il cinema dalla Legendary Pictures poi il Sundance e poi in streaming con Hulu. Un cannibal movie, un torture porn contemporaneo dove partendo da un contesto molto attuale, una ragazza che prova con le app a trovare il principe azzurro, finisce per il ritrovarsi nell'antro di una bestia. Steve non è il classico psicopatico, ma quel dongiovanni che cattura le fanciulle nei supermercati, fa il possibile per tenersi lontano dai social (anche se scoprirà essere impossibile anche se non per scelta sua) e ha un mercato nero per i soliti iper borghesi che si cibano di carne umana. In questo caso solo femminile pagandola delle cifre smisurate. Un inizio per alcuni aspetti anche ironico negli incontri di Noa con alcuni casi umani e qui i riferimenti a Tinder sono quanto mai palesati. L'incubo però è dietro l'angolo e la bravura di Stan dopo aver offerto da bere alle sue vittime drogandole è quella di accertarsi che non abbiano legami parentali.
Una casa di lusso, delle celle dove tenere in vita le fanciulle tagliando arti di qua e di là (a Noa verrà letteralmente tagliato il culo) e nel finale un revenge movie tutto al femminile. Tanta forma mi verrebbe da dire, poca sostanza anche se il cast funziona bene e i dialoghi e il ritmo non stonano mai riuscendo a conferire una via di mezzo per quanto concerne l'aver centrato l'atmosfera.
Di fatto non accenna mai a far paura per il carattere e lo sviluppo tra la storia di Noa e Steve, dall'altra quando deve iniziare a picchiare duro, si palesano alcune incertezze e alcuni stereotipi che lasciano presagire troppo in fretta come finirà la storia però dall'altra alcune scene riescono ad essere davvero macabre. E' un film incerto proprio negli intenti nel come viene sviluppata la suspance, nel come sembra sempre altalenante tra una storia d'amore mancata e l'inganno di lei cercando di fuggire da uno psicopatico che in fondo la ama. Però funziona.

martedì 27 aprile 2021

Plank Face


Titolo: Plank Face
Regia: Scott Schirmer
Anno: 2016
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Dopo un inizio shock, che vede protagonista una giovane coppia mentre sta facendo sesso di notte nel bosco e finisce massacrata da un uomo corpulento mascherato con una corteccia, seguiamo una coppia di campeggiatori, Max e Stacey, che si accinge ad addentrarsi in un bosco in un giorno come un altro. Dopo una spiacevole disavventura con un altro campeggiatore, Max finisce per essere catturato da una banda di donne selvagge e lentamente trasformato per assumere il ruolo di patriarca come inseminatore per la famiglia di donne cannibali.
 
Plank Face è un film indi low budget decisamente non canonico e convenzionale girato con poche lire ma con interessanti ambizioni a partire dalla graduale decivilizzazione di un ragazzo rapito che viene rieducato verso il proprio io selvaggio, fatto di accoppiamenti (le donne lo rapiscono e lo stuprano per la riproduzione dopo la morte del precedente maschio) e per cacciare potenziali vittime per nutrirsi infine della loro carne. E così dopo aver visto il patriarca ferito a morte (un omone grasso e rallentato) Max finirà a dover saziare la fame di sesso di due diversi target d'età, le due sorelle e la loro madre finendo per vedersi attaccata al viso la maschera/corteccia.
Plank Face ha un prologo originale con una delle ragazze della troupe che spiega come è stato realizzato. Il film ha delle musiche davvero ottime e oniriche che aiutano il lento evolversi e la dipanamento della storia a volte complessa soprattutto contando che per mezzi, Schirmer non potendo puntare su un ritmo intenso, punta più sulla caratterizzazione dei personaggi con diversi momenti di riflessione. Dalla bestialità di alcune scelte, pochissimi dialoghi e improvvise esplosioni di violenza determinate dal soddisfacimento di bisogni puramente primari.

mercoledì 24 marzo 2021

Butchers


Titolo: Butchers
Regia: Adrian Langley
Anno: 2021
Paese: Canada
Giudizio: 3/5

Dopo aver eseguito rito funebre in maniera iconoclasta, per la scomparsa della madre, i fratelli Watson - Owen e Oswald – aggrediscono una coppia di sventurati viaggiatori, rimasti a piedi con la macchina. L'uomo viene ucciso, mentre la ragazza tenuta prigioniera in una stalla. Alcuni mesi dopo due giovani coppie, composte da Steven, Mike, Jenna e Taylor, sono in transito sulla stessa strada isolata e sperduta tra i boschi. Anche loro rimangono a piedi: Mike e Taylor decidono di incamminarsi per raggiungere il Watson's garage, un'officina notata durante il transito ma colgono ben volentieri l'occasione per darsi ad un amplesso, tradendo i rispettivi partners. Amplesso interrotto dall'arrivo di uno dei fratelli Watson. I Watson infatti sono feroci serial killer che si dilettano, senz'altro motivo che dare in pasto la carne umana ad un "presunto" bue, nel catturare, fotografare e uccidere, torturandoli prima a lungo psicologicamente, occasionali passanti.
 
I film redneck sui bifolchi sono stati sdoganati in quasi tutti i modi dalle varianti più estreme a quelle più classiche. Butchers era quindi una bella scommessa dal momento che trattava una trama a dir poco già visto cercando di individuare in alcune varianti qualche scintilla di originalità.
Il risultato è discreto, niente di che intendiamoci, ma si lascia guardare, centrando tutti gli stereotipi del genere senza inserire chissà quali novità.
Una famiglia allo sbaraglio di psicopatici con tanto di mostro deforme (un nano) nascosto dietro le lamiere in una catapecchia in mezzo al bosco, il solito gruppo di giovani che troverà il proprio destino nelle fauci delle bestie e una galleria di personaggi dove non hanno ancora appreso una delle prime regole in scenari come questi ovvero prendere le distanze da tutto e tutti mentre la protagonista e la sua amica (che si tromba il suo ragazzo) immancabilmente finiranno come sempre a smentire questa regola, a salire in macchina degli psicopatici in questione e fare tutte le scelte sbagliate.
Tanta violenza, in particolar modo Oswald, un finale che per alcuni aspetti risulta la parte migliore dove se di solito la protagonista, almeno lei di solito si salva, mentre qui finisce davvero male senza nessun tipo di salvezza e redenzione ma solo la consapevolezza di aver fatto delle scelte pessime.

sabato 8 agosto 2020

Darlin


Titolo: Darlin
Regia: Pollyanna McIntosh
Anno: 2019
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Dopo esser stata ritrovata in pessime condizioni in un ospedale cattolico, l'ingestibile Darlin' viene portata in una casa di cura gestita dal vescovo e dalle sue suore per essere trasformata in una "brava ragazza". Tuttavia, Darlin' nasconde un segreto molto oscuro: la donna che l'ha cresciuta è sempre vicina a lei, disposta a correre in suo aiuto con qualsiasi mezzo a disposizione.

Il sequel di Woman guarda caso prodotto da Lucky McKee vede alla regia la protagonista del film, la Donna, che compare come co-protagonista nel sequel essendo di fatto la madre di Darlin.
Con un'inizio interessante si parte dall'ospedale, dalla Donna che cerca di annusare dove si trova la Darlin portandola lei stessa di fronte all'ospedale per poi sparire e mietere vittime a volte senza un motivo ben preciso. Darlin comincia il suo percorso proprio dalle cure dei medici ma soprattutto dell'infermiere che non nasconde la sua omosessualità, fino alla casa delle orfane dove altre come lei convivono in un contesto che apparentemente sembra elegante e rispettoso ma che nasconde insidie e segreti tremendi.
Una regia dove la tecnica non è decisamente quella del precedente film, così come la cattiveria qui in alcuni casi decisamente gratuita e senza senso, il montaggio a volte si perde dei pezzi passando da case abbandonate e gestite da un gruppo di donne senza tetto sbandate che accolgono la Donna, fino ad un finale in parte irrisolto e altalenante.
Si scimmiotta sul ragazzo selvaggio di Jean Marc Gaspard Itard dove l’adolescente del titolo era poco più di una bambina che veniva condotta verso il tramonto – e verso una vita lontana dalla civiltà – dalla neo mamma surrogata che aveva massacrato la sua famiglia ‘indegna’.
Dopo 10 anni passati allo stato brado in compagnia di una cannibale, la giovane ne ha naturalmente assorbito le ‘qualità’, imparando a comunicare esclusivamente a grugniti e dove all'interno della scuola con infermiere "buone" ma che nascondo un passato di abusi di droga e ragazze/amiche imparerà a parlare e ragionare.
Una regia incerta e confusa, una sceneggiatura con troppi stereotipi e personaggi tagliati con l'accetta senza mai un vero approfondimento per uno sviluppo e un intreccio tutto sommato passabile.

lunedì 20 luglio 2020

Gretel and Hansel


Titolo: Gretel and Hansel
Regia: Osgood Perkins
Anno: 2020
Paese: Usa
Giudizio: 4/5

La trama è sempre quella: due giovani fratelli - in questa versione di sedici e otto anni, rispettivamente - si ritrovano all'interno di una foresta cupa, inospitale e spettrale, soli e costretti a badare a sé stessi. Gretel, la maggiore, e Hansel, il fratellino più giovane, incontrano Holda, una donna che si rivelerà essere una potente strega malvagia. Il resto, più che storia, è la storia

Portare i Grimm su pellicola è sempre una scommessa. Vuoi perchè alcune storie sono nell'immaginario collettivo di tutti, vuoi perchè la brevitas impone di doversi destreggiare trovando altre forme narrative e di stile portando negli ultimi anni a scenari post-contemporanei in action di revenge che poco avevano a che fare con l'anima e la drammaticità della fiaba e del suo essere una crudelissima cautionary tale (in questo caso nemmeno una delle fiabe più cruente pur essendo un'analisi lucida e netta sull'abbandono e il cannibalismo).
Perkins non poteva essere che il regista più adatto dal momento che ha nella sua indole il potere di mantenere atmosfere malsane e buie, mai scontate, dove l'ambiente gioca un importante ruolo spesso mettendo in secondo piano i protagonisti, creando suggestioni orrorifiche e sul terrore, portando ai massimi livelli la scenografia e la location composta da una foresta teutonica viva e marscecente che sembra comunicare con i protagonisti sussurrando l'incubo costante nel quale piomberanno in un paesaggio mai così macabro e inquietante.
Mantenendo lo scheletro della fiaba originale, inserendo alcuni cambiamenti del tutto funzionali, il film dal secondo atto crea un ambiguo e perverso legame di sopravvivenza tra Gretel e la strega, negando ogni soluzione commerciale ma ridando enfasi al folk-horror europeo in questo caso attraverso una matrice germanica sperimentale e funzionale a far comprendere il viaggio nell'oblio dei due protagonisti.


sabato 16 maggio 2020

Cannibal club


Titolo: Cannibal club
Regia: Guto Parente
Anno: 2018
Paese: Brasile
Giudizio: 3/5

Una coppia molto ricca organizza cene eleganti sul proprio yacht. Il menu di queste serate è composto dalla griglia di carne umana e da sesso sfrenato. Quando scoprono che il capo di questo club di cannibali nasconde un segreto ancora più scabroso, per loro le conseguenze saranno devastanti.

Negli ultimi anni il cinema brasiliano sta diventando sempre più interessante soprattutto quando punta sulla denuncia sociale, sulla politica, sul dramma dell'enorme divario economico e altri temi di attualità.
Nell'horror fino ad ora As boas maneiras rimane la summa di un cinema di genere in grado di essere multi variegato e consapevole di saper affondare la propria critica verso una pluralità di temi.
Cannibal club è un film con pochi intenti, molte scene di contorno discutibili nel loro essere state abusate nell'horror in troppe occasioni. Una sorta di Zona come il film fondamentale di Plà, dove i ricchi abitano in zone residenziali con tanto di guardie private per delle paure latenti legate a bande di poveri ragazzini disposti a tutti che possano minare la loro tranquillità. Dall'altro l'apatia, la noia quotidiana di chi ha scelto la reclusione e ingaggia agenzie interinali per portare carne fresca nel loro mattatoio.
Gli esponenti della classe dirigenziale brasiliana per il loro doversi auto conservare e auto proteggere inscenano banchetti snuff, si vantano delle loro acrobazie sessuali quando in realtà sono così frustrati da farsi sodomizzare dalle minoranze che loro stessi sacrificano.
Da questo punto di vista, il merito più grande del film è di scoperchiare lo squallore in maniera ciclica, come un cane che si insegue la coda e che finisce per fare del male a se stesso in primis.
Un film che soprattutto denuncia i rapporti liquidi, il non sense di alcune relazioni che pur di mantenere agli occhi del pubblico esterno una normalità sono costretti a pratiche fuori dal comune come quella della moglie che ama farsi possedere da sconosciuti mentre il marito, quando lei raggiunge l'orgasmo, ha l’abitudine di correre a uccidere con una grossa scure l’amante della moglie in un lago di sangue, prima di iniziare a fare a pezzi il malcapitato insieme al consorte, per poi condividerne le carni in un elegante pasto.
Ovviamente questo impianto non può durare in eterno e a furia di esagerare con le scorpacciate di vittime sacrificali e osservando ciò che non si deve, gli effetti non tarderanno ad arrivare..

lunedì 4 maggio 2020

Field guide to evil


Titolo: Field guide to evil
Regia: AA,VV
Anno: 2018
Paese: Usa
Giudizio: 4/5

Field guide to evil in tempi di folk-horror e cicli antologici è una piacevolissima sorpresa per svariati motivi. Vuoi il suo essere passato inosservato, vuoi perché racchiude alcuni registi che amo molto (Evrenol, Strickland, Gebbe, Franz & Fiala, Smoczyńska) vuoi perchè tutte le storie si concentrano su leggende poco conosciute ognuna scandagliando un luogo diverso.
Sono dei corti dove il peso della narrazione si impone e di fatto riesce a far sì che alcuni lavori riescano a esercitare maggiori suggestioni rispetto ad altri, chi per gusti personali o chi perchè sembra andare ad approfondire antiche superstizioni. Favole nere tramandate nei villaggi, dove protagonisti sono mostri, elfi, demoni annidati nei boschi e miti malefici che prendono corpo. L’orrore insito nel folklore, che attraversa il tempo secolare e gli spazi geografici, condensato in un’antologia di otto racconti che esplora il lato più oscuro della tradizione ambientati in passati scaramantici e insidiosi.

The Sinful Women of Höllfall
I registi di Goodnight Mommy ci portano in Austria uno dei paesi più complessi al mondo al livello di cinema per parlarci dell'elfo Trud e di un amore omosessuale tra due donne che come tale deve essere punito perchè a quei tempi semplicemente non poteva essere accettato.
Haunted by Al Karisi – The Childbirth Djinn
Evrenol di Baskin e Housewife ci porta nella sua terra la Turchia per parlarci del demone Karisi, il demone del parto che si presenta con le sembianze di una donna ma anche di un gatto o di una capra. Uno dei corti più complessi, girato quasi tutto all'interno di una stanza e con questo alternare dialoghi e silenzi, dove gli stati della madre malata e il suo delirio in crescendo creano inquietudine e mistero. Come sempre il tocco del regista dimostra una scelta perfetta dei tempi narrativi, un montaggio eccellente e quella cattiveria innata nell'anima della politica d'intenti dell'autore che spesso e volentieri sfocia nel gore estremo.
The Kindler and the Virgin
La regista di Lure ci porta in Polonia un paese che amo alla follia per regalarci una delle storie più lente e minimali, giocata con una fotografia tetra tutta incentrata sui toni bluastri dove questa entità, una donna, sembra ammaliare questo giovane profanatore di tombe in cerca della saggezza.
Un corto molto complesso che tratta a differenza degli altri, assieme a Strickland la magia intessendola di suggestioni, inquietanti presenze, scene di cannibalismo e molto altro ancora.
Beware The Melonheads
Calvin Lee Reeder è uno dei pochi registi di cui non ho ancora potuto guardare nulla prima di questo corto. Ed è un peccato perchè pur non infilandosi come nei precedenti in una leggenda vera e propria mischia esperimenti nucleari alla Craven con protagonisti dei bambini malvagi e una sorta di potere psichico. Capitanati da un losco nano, gli umanoidi destabilizzeranno un simpatico equilibrio famigliare mordendo fisicamente con colpi bassi. Con uno stile molto sporco a tratti amatoriale e senza l'impiego massiccio di c.g, il corto di Reeder è il più bifolco tra i corti visti finora, quello che per assurdo sembra prendersi meno sul serio, un colpo alle costole che riesce a farsi portatore di una sua mitologia più cinematografica che altro, in fondo divertente.
What Ever Happened to Panagas the Pagan?
Yannis Veslemes ci porta in Grecia per una favola davvero disturbante che sfocia come contro altarino delle gioie natalizie ma a differenza del Krampus ci parla del Kallikantzaros,
creatura mostruosa che, secondo la tradizione, manifestandosi sotto stati alcolemici molto alti, vive sottoterra tutto l’anno fino al giorno di Natale, quando visita le case per arrecare οgni sorta di angherie alle persone
Palace of Horrors
Ashim Ahluwalia ci porta in India in un palazzo che sembra un incubo o una suggestione per farci entrare in un incubo in b/n dove una galleria di creature deformi sembra rappresentare e conciliare la metafora di un paese dilaniato dalle malattie e dallo sfruttamento
A Nocturnal Breath
Dalla Germania la regista di Tore Tanzt ci parla del Drude, uno spirito malevolo che lascia il corpo del posseduto per diffondere malattie sterminando greggi e bestiame lasciando la gente in povertà e vittima di ignominie e persecuzioni prima in assoluto la stregoneria. La persona come la bestia giace esanime fino a quando lo spirito non ritorna nel suo corpo
The Cobblers’ Lot
Dall'Ungheria l'ultimo segmento è di un regista fantastico che seguo da diversi anni, Strickland (Berberian Sound StudioDuke of BurgundyKatalin Varga) portandoci in una fiaba muta e onirica, suggestiva quanto ancestrale e magica, in una ricerca disperata per arrivare alla donna amata. The Princess’s Curse procede incalzante in questa rivalità fraterna in un eclatante manifesto funereo grazie ad immagini estremamente evocative e poetiche.

domenica 15 dicembre 2019

Non aprite quella porta 2


Titolo: Non aprite quella porta 2
Regia: Tobe Hooper
Anno: 1986
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Sono passati molti anni dagli eventi del primo film, ma la famiglia di Leatherface sembra essere ancora in circolazione: ad affrontarli saranno la DJ di una radio locale ed uno sceriffo in cerca di vendette personali.

Averne di sequel come questo che pur essendo dichiaratamente una parodia vera e propria riesce a fare quel salto in avanti per qualità, messa in scena, idee, mostri e luoghi abitati dai redneck esageratamente lugubri, sporchi, inospitali e inquietanti.
Un grande padre che nasconde e ciba i suoi figli.
La nostra famiglia di mostri mai così in forma, una protagonista che ancora una volta è la final girl chiamata a dare un taglio alla faccenda dal momento che quei fatti del primo film ancora non erano stati chiariti, e infine un ispettore interpretato da niente poco di meno che Dennis Hopper che, con seghe elettriche alle mani, decide di vendicarsi della famiglia di freaks sgominandoli nella loro tana.
Meno cruento, con alcune battute idiote che ricalcano la psicologia dei bifolchi, nel loro uscire dalla tana per scoprire il mondo di fuori e attaccarlo seguendo le indicazioni del padre padrone.
Il sequel voluto da Hooper, regista tra i più importanti del genere, mostra a differenza della casa iniziale del primo capitolo, un lavoro fatiscente di ricostruzione degli ambienti portandoci nell'atto finale a vedere e sentire cosa si nasconde in quella sorta di grotta, come vengono impiegati i cadaveri, come nasce la carne che diventa hamburger per la cittadina e tanti altri aspetti con una solida matrice splatter e i tipici elementi del torture porn e tutto il resto.
Hooper è stato criticato per questo film forse perchè molti si aspettavano una continuazione o un ripetere un capolavoro già fatto, ma invece proprio destrutturalizzando il suo precedente lavoro, dandogli una connotazione completamente differente, che lo si possa apprezzare oppure no, prosegue con un horror grindhouse che nel terzo atto compie la parabola migliore confermandosi un b-movie come ci si aspettava, un polpettone gore raffinato e succulento.


sabato 23 novembre 2019

Meat Grinder


Titolo: Meat Grinder
Regia: Tiwa Moeithaisong
Anno: 2009
Paese: Thailandia
Giudizio: 3/5

Buss è una signora ridotta al lastrico e tormentata di continuo da un passato difficile: in seguito a una manifestazione poi sedata dalla polizia, la donna trova in un angolo nascosto del suo locale un uomo morto. Una volta fatto a pezzi il cadavere e macinato, Buss lo cucina e lo serve ai suoi clienti, con risultati sorprendenti che però la obbligano a cercare vittime fresche per portare avanti il suo nuovo business culinario.

Meat Grinder come Dumplings e altri film orientali ci ricordano come i nostri parenti lontani sappiano essere cruenti in maniere a volte a noi sconosciute, infrangendo tabù, sovvertendo le regole, distruggendo il lecito e approfondendo il proibito, annegando bimbi in bacinelle d'acqua, torture come non si vedevano da tempo e tanta carne umana da sfondo e da usare come portate per i commensali ovviamente all'oscuro di tutto in un tripudio di sangue e violenza davvero d'effetto.
Senza essere mai eccessivamente forzato come invece altri film e registi sanno essere, Meat Grinder cerca la sua vena salvifica nel dramma famigliare, nella povertà, negli stratagemmi per sopravvivere, nell'isolamento e nella solitudine, nei silenzi e nella quotidianità degli orrori ormai divenuti una componente della vita reale e perciò accettati.
La Thailandia ha vissuto un suo piccolo momento idilliaco nel cinema, sapendo giostrarsi alcuni film interessanti per poi abbandonare la nave mettendo da parte la settima arte se non con horror adolescenziali abbastanza avvilenti.
Qui non c'è humour ma il livello di gore è furibondo come la maschera della sua protagonista sempre sull'orlo dell'esasperazione è costretta a vivere a stretto contatto con gli incubi dell'infanzia, l'incesto, le molestie, gli abusi e poi un rapporto strano, perverso e complesso con la figura maschile.
Buss è perfino più violenta di Dae-su Oh, ormai sembra aver abbandonato la vita reale destinata a portare a termine una vita di orrori indicibili dove ormai sembra aver azzerato ogni emozione e sentimento, diventando una sorta di automa che tortura, uccide e sacrifica per sopravvivere senza stare a dare altri sensi come l'orgoglio, la vendetta, il piacere personale.
Buss uccide e basta, guardando le vittime dopo avergli mozzato gli arti, vedendoli sanguinare appesi ad una corda senza battere ciglio per poi forse provare un minimo senso di orgoglio nelle facce dei commensali quando si cibano dei resti umani.
Meat Grinder è viscerale, pieno di sangue, di frattaglie, pieno di liquidi e di sangue, mostrando crudeltà senza fronzoli e soprattutto riesce nel difficilissimo compito di farci provare empatia per Buss giustificando le orribili mattanze dopo quello che le è stato inflitto.




lunedì 24 dicembre 2018

Hannibal


Titolo: Hannibal
Regia: Ridley Scott
Anno: 2001
Paese: Usa
Giudizio: 2/5

Sono passati sette anni dall'evasione del dottor Hannibal Lecter dall'ospedale di massima sicurezza per criminali psicotici e, mentre continua ad essere impegnata in operazioni di polizia, l'agente FBI Clarice Sterling non riesce a toglierselo dalla mente. Anche Mason Verger, magnate psichicamente instabile, non ha dimenticato Lecter: lui, vittima numero sei, è sopravvissuto, ma è rimasto orribilmente sfigurato. Deciso a vendicarsi e consapevole dia ver bisogno di un'esca, Berger cerca di mettersi in contatto con Clarice. Nel frattempo a Firenze, in Italia, anche l'ispettore Pazzi è sulle orme di Lecter, attratto dalla grossa taglia che Verger ha messo sulla sua testa, che risolverebbe ogni suo problema. Ma il serial killer non si farà sorprendere...

Hannibal è un film che nonostante sia uscito nel 2001 non mi ha mai incuriosito avendo amato, ma non alla follia IL SILENZIO DEGLI INNOCENTI.
Un thriller commerciale tra i migliori di quel periodo a cui purtroppo questo sequel non riesce mai ad avvicinarsi pur avendo dalla sua un cast funzionale e Hopkins una spanna in più rispetto agli altri.
La Moore purtroppo non riesce a rendere quella maschera di paura che aveva la Foster, nonostante il focus sia tutto dalla parte di Lecter, Firenze riesce a dare atmosfera e arricchire la scenografia e le location magiche, lasciando stare il grigiore americano. Si mischiano le indagini, Fbi e ispettori locali si rincorrono con doppi giochi, dove Giannini è libero di fare ciò che vuole regalando una performance che non stona mai affianco agli attori americani (lo stesso non si può dire per altri attori italiani).
Un'indagine molto complessa, uno schema quasi corale con tanti personaggi, forse troppi, nuove sotto storie, villain e innocenti come prede e carnefici in un thriller che aggiunge tanto sangue e scene di tortura ma che alla fine sembra non dire e concludere nulla.
Per certi aspetti sembra quasi farsi beffe della precedente indagine contando che alcuni movimenti e carneficine di Lecter sono quanto di più distante dalla realtà, elemento che Demme nel film precedente cercava di non dimenticare mai.
Dall'altra parte la narrazione non riesce ad avere quella tensione del predecessore andandosi spesso a stemperare e cambiando percorso quasi a ritroso diventando un mix di generi che a volte non riesce a lasciare il segno. Troppe sono le dilungazioni a partire dai dialoghi a volte ripetitivi della Sterling e i piani malati di Verger (unico personaggio al pari di Lecter davvero impressionante e interpretato sotto il mascherone dal venerato Gary Oldman), le passeggiate di Lecter che a parte mostraci una delle città più belle del mondo sembrano prendere tempo e abbassare la suspance, elemento che in diversi casi Scott sembra essersi dimenticato.



lunedì 19 marzo 2018

Caniba


Titolo: Caniba
Regia: Verena Paravel, Lucien Castaing-Taylor
Anno: 2017
Paese: Francia
Giudizio: 2/5

A Parigi, nel 1981, il giapponese Issei Sagawa (1949) uccise la compagna di università Renée Hartevelt, per poi farla a pezzi, mangiarne la carne e cercare di sbarazzarsi dei resti. Arrestato ma dichiarato inabile a sostenere il processo, tornò da uomo libero in Giappone, dove da allora ha raccontato la sua storia in svariate occasioni mediatiche.

Caniba è davvero tremendo. Camera fissa sul viso di un cannibale ormai ridotto a una sorta di vegetale a causa dei farmaci e che impiega circa qualche minuto per asserire qualche parola.
Se la prima ora del film scava facendo spesso ricorso allo zoom sul viso inquietante del protagonista, la seconda parte sembra ancora più assurda dove vediamo Issei fare l'attore porno (le scene non sono censurate) con tanto di lei che gli piscia addosso e lui che finalmente riesce a venire.
Coito finale a parte tutto il resto sono immagini di repertorio girate quando il nostro cannibale era piccolo e giocava con il fratello oltre ad una parte in cui vediamo il manga realizzato proprio da Issei sulla sua impresa antropofaga. Il fratello di Issei, diventato il suo angelo custode, compare anche nella prima parte quella più descrittiva e dove anche lui condivide un masochismo sfrenato cercando di infliggersi il dolore perfetto con filo spinato, coltelli, pungoli e spilli.
Il duo di registe sono da sempre state attirate da temi e contenuti particolari ma rispetto ai loro precedenti lavori questo a tratti mette davvero alla prova la fruizione.
E credo di poterlo dire dopo aver visto una delle opere più malate del cinema di nome Philosophy of a Knife solo per citarne uno tra i tantissimi.
Il fattore strano del documentario è l'intento alla base. Non è un saggio sul cannibalismo come qualcuno pensava, non è del tutto un biopic su Issei Sagawa (anche se forse è la tesi che più si avvicina) e non ha soprattutto nessuna scena inquietante se non l'espressione di vuoto esistenziale che alberga e di ciò che rimane dell'anima di questo uomo reso un ameba, il fantasma di se stesso.
Una gara di resistenza per lo spettatore
Issei, allora 32enne studente alla Sorbona, venne arrestato il 13 giugno 1981 mentre nel laghetto di Bois de Boulogne cercava di liberarsi di due valigie contenenti i resti putrefatti di una sua compagna di studi, l’olandese Renée Hartevelt. L’aveva assassinata, con un colpo di pistola alla nuca, due giorni prima, quindi l’aveva stuprata e poi mangiata parzialmente, partendo dal gluteo destro. Dichiarato insano di mente e inabile a sostenere un processo, venne estradato in Giappone due anni dopo: il 12 agosto 1985 è uscito dall’ospedale psichiatrico.




sabato 2 settembre 2017

Offspring

Titolo: Offspring
Regia: Andrew Van Den Houten
Anno: 2009
Paese: Usa
Giudizio: 2/5

In una contea rurale del Maine si aggira, da moltissimo tempo, una feroce banda di assassini composta prevalentemente da bambini molto piccoli, totalmente selvatici, che si spostano continuamente lungo la costa e fino al Canada, depredando case isolate e occasionali campeggiatori. I piccoli, capeggiati da una violenta e sadica coppia di maniaci trogloditi, sono i diretti discendenti di un clan di cannibali che si è lentamente isolato dalla società e, grazie alla particolare conformazione del territorio e alla scarsa comunicazione fra le varie forze di polizia, è sempre riuscito a eludere la cattura. Quando questi selvaggi assedieranno una casa isolata dove risiede una coppia con bambino piccolo, raggiunta poco tempo prima dalla sorella di lei con tanto di figlio al seguito e marito alcolizzato sulle sue tracce, gli eventi precipiteranno lungo un'inevitabile spirale di follia e violenza.

Il romanzo Offspring, firmato dall’aggressiva e talentuosissima penna dello scrittore statunitense Jack Ketchum, viene pubblicato nel 1991, a undici anni di distanza dall’esordio con Off Season, di cui Offspring è sequel letterario.
I cannibal movie, il sottofilone di genere horror, negli ultimi anni sembra essere ritornato in voga. E'uno scheletro ripreso che ora va in auge con titoli a volte sorprendenti e altri condannati ad essere film dimenticabili che ripropongono lo stesso schema narrativo e la stessa struttura senza guizzi d'originalità.
Offspring nella sua trama pressochè scontata, aveva qualche elemento di genere interessante che purtroppo viene messo in sordina dalla regia televisiva di Van Den Houten e una scelta di cast troppo amatoriale.
Tutto questo gioca un peso insostenibile nella scena degli attacchi all'interno della casa con una regia piatta e bidimensionale, mentre invece riesce a diventare quasi credibile e con scene suggestive nei rituali all'interno delle caverne.
L'idea di fatto è sempre quella per Ketchum e il regista che firmerà opere molto più interessanti in seguito il quale sembra dargli corda senza però intuirne gli intenti nel modo giusto.
La sfida tra le civiltà, l’uomo come animale selvaggio nello stato di natura, la civilizzazione tribale, il mettere alla gogna l’istituzione della famiglia, smembrandola dall’interno, e infine il potere del rito e della vittima sacrificale, sono tutti temi interessanti e antropoligicamente di ampie vedue che in questo film diventano di nuovo di una semplicità che non si può ignorare.

OFFSPRING è un horror violentissimo ma sfuggevole e scostante troppo carente nella consistenza così come nella caratterizzazione dei personaggi e della totale mancanza di empatia per i personaggi pur avendo dalla sua alcune scene sanguinolente molto forti.

giovedì 3 agosto 2017

Bad Batch


Titolo: Bad Batch
Regia: Ana Lily Amirpour
Anno: 2016
Paese: Usa
Giudizio: 2/5

Arlen viene espulsa dai confini del Texas, abbandonata a se stessa in un deserto senza fine, che è solo l'anticamera del vero inferno: il lotto degli ultimi dell'umanità, gli esiliati, quelli che cercano soltanto di sopravvivere, dopo aver perso il diritto alla cittadinanza. Qui la ragazza incappa subito in un gruppo di persone che non si fa scrupolo di mangiare carne umana, un pezzo alla volta, e diventa lei stessa carne da macello. Ormai senza una gamba e un braccio, riesce a scappare e a raggiungere un altro assembramento, nell'area detta di Comfort, abitato da gente disperata ma se non altro più mite, che pende dalle labbra di un ricco guru che incarna e promette il raggiungimento del "sogno".

Quanta carne al fuoco ha messo Amirpour nel suo ultimo film. Questa giovane regista si era già fatta conoscere grazie al bellissimo e sottovalutato A girl walks home alone at night, un film semplice e modesto che raccontava con diverse metafore una situazione abbastanza controversa. In questo caso l'aspetto che più colpisce è la metafora con i rifugiati, qui rifiuti sociali da gettare nel gabinetto del mondo che dopo aver superato una sorta di cancellata che divide il deserto del Texas dal resto degli Stati Uniti entra/no nelle terre di nessuno, nel ventre torrido e arido deserto dove non puoi sapere cosa ti aspetta e dove ovviamente l'America nasconde i suoi nei.
Bad Batch è tante cose assieme: deserto, violenza, mondo post-atomico, la distopia, i cannibali, pulp ed exploitation e qualche riferimento steampunk a caso qua e là...il grosso problema è che viaggia confuso senza una metà vera e propria, diventando così tante cose da non saperne scegliere bene nessuna. Film distopico, post-apocalittico, un western steampunk? Il fatto poi di inserire una comunità di cannibali (la scena della seghetta al braccio e alla gamba è notevole) fanno solo parte come tante bellissime scene di una sorta di continui eccessi psichedelici dove come ciliegina sulla torta troviamo una comunità guidata da un santone che sogna la nascita di una nuova era ingravidando ogni giovane a disposizione.
Dal punto di vista della messa in scena , del budget e del cast le possibilità erano davvero ghiotte e facevano pensare a qualcosa di innovativo, sperimentale e tanto altro ancora.
Forse bisognerebbe iniziare ad abbassare le aspettative con i giovani talenti altrimenti si rischia di farsi del male.
La morale in fondo è semplice quanto chiara: spazzatura siamo ma spazzatura non vogliano essere.
Il finale è imbarazzante, speriamo che Amirpour abbia imparato la lezione.


sabato 8 luglio 2017

Raw

Titolo: Raw
Regia: Julia Ducournau
Anno: 2016
Paese: Francia
Giudizio: 4/5

Justine, giovane studentessa. In famiglia sono tutti veterinari di orientamento alimentare vegetariano. Dal suo primo giorno alla facoltà di veterinaria, Justine si distacca completamente dai valori familiari mangiando carne. Le conseguenze non tardano ad arrivare e Justine rivela la sua vera natura.

Raw è il film che aspettavo da tempo per diversi motivi tra cui la trama e il fatto che sia europeo e francese. Un circuito che quando si muove all'interno dei film di genere e soprattutto dell'horror non sbaglia quasi mai anche se negli ultimi anni ha regalato poche chicche straordinarie.
Grave è tante cose tra cui un horror cannibalistico e un dramma formativo con sotto tematiche come l'amore fraterno, la dieta e in particolare il vegetarianesimo. Infine il crudele e carnivoro rito di iniziazione, una delle scene più belle e che ha girato di più nei trailer, dove degli studenti più anziani spingono nella bocca riluttante della giovane protagonista un grosso pezzo di carne.
Justine subisce un vero e proprio calvario (ed è magnifico che il padre sia l'attore feticcio di Du Welz uno dei migliori registi in circolazione) da ragazza anestetizzata, deflorata, svezzata e cannibalizzata inizia la sua nuova redenzione, perdendo l'innocenza per indossare nuovi indumenti rosso sangue, in un circuito tra vittime, carnefici e succubi, nonchè gregari improvvisati che s'immolano come vittime sacrificali lasciandosi letteralmente divorare dalla protagonista.
Alcune scene poi vi rimarranno impresse nella psiche come la ceretta o il cat-fight tra le due sorelle a colpi di morsi. Oppure la scena dei telefonini che la filmano mentre sembra uno zombie legato che aspetta la carne da mangiare fino alle scene di autofagia e tante altre cose belle e devastanti allo stesso tempo. Un film decisamente potente, di forte impatto, che non risparmia e lesina su nulla per concentrare tutta la sua forza devastante, horrorifica ma soprattutto drammatica, di una ferocia che può avere solo il volto di una straordinaria protagonista che si abbandona al suo personaggio trasformandosi e dando forma a qualcosa di nascosto e più profondo che alberga dentro di noi.
Un dramma moderno, nemmeno poi così distante dalla realtà come i registi emergenti e quelli in gamba sanno fare, con tutti i riguardi che ci ricorda la primordiale paura di cambiare e di diventare qualcosa che non vogliamo o non possiamo accettare ed essere sotto gli occhi e lo sguardo di una poetica, quella di Ducornau, che speriamo di rivedere presto agli stessi livelli.




martedì 20 settembre 2016

Neon Demon

Titolo: Neon Demon
Regia: Nicolas Winding Refn
Anno: 2016
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Jesse è una sedicenne che dalla Georgia raggiunge Los Angeles per tentare la carriera di modella. La sua bellezza e la sua innocenza si fanno immediatamente notare suscitando l'attenzione di colleghe ben più navigate (Gigi e Sarah) le quali si avvalgono di Ruby, una truccatrice che le si presenta come amica, per attrarla in un gioco che per lei si farà sempre più pericoloso.

Neon Demon è una pubblicità inquietante sulle modelle.
Continuo ad amare e al contempo odiare NWR perchè il suo cinema mi piace anche quando sbaglia, l'horror forse, se sempre di horror vale la pena parlare, è una costola che teneva in grembo e a cui voleva dare sfogo forse anche lui come altri per navigare tra i generi.
Un film autocelebrativo, una elegantissima video-installazione di rara perfezione, per un autore che forse si è montato troppo la testa o che non sa quale idea di cinema rincorrere.
Ecco se avesse diretto INVISIBLE MONSTER di Palahniuk credo che la critica ancora ne starebbe tessendo le lodi. Il problema è proprio uno script che non porta dall'inizio alla fine da nessuna parte e quel poco che esprime lo fa attraverso i corpi, la fotografia in primis (mai così spaventosa nel senso di esageratamente perfetta e allo stesso tempo vuota) è un concetto e la rincorsa verso un'ideale di bellezza che sta prendendo sempre più piede e che non concede nessun margine di errore per la corsa al successo.
Neon Demon è una Cenerentola della moda. Scritto dallo stesso regista assieme a due donne che non si comprende quale ruolo abbiano davvero avuto, in questo parto travagliato, che lascia di stucco e allo stesso tempo fa incazzare come una bestia.
Purtroppo è il ritratto di un narciso, di un Dorian Gray megalomane che ha provato a fare qualcosa di horror che non fosse un horror, di pauroso senza far paura.
Insomma un tentativo fallito in una filmografia che era partita davvero molto bene e che con DRIVE sembra aver raggiunto l'apice. Speriamo di no, perchè in fondo il regista danese è in gamba, ha i numeri, ma è stato travolto da un successo che non si aspettava fino a fare un documentario su se stesso...
NWR sembra attratto ormai solo più dalla forma.

Neon Demon porta all'esasperazione se stesso e il pubblico. E'un estasi di piacere e di noia per quanto insegue un'estetica che diciamolo pure va oltre, ma al contempo potrebbe essere riassunto come una storia d'amore tra una bimba che non conosce il suo corpo e delle lesbiche assatanate che se la vogliono letteralmente"divorare".

domenica 21 febbraio 2016

Indigenous

Titolo: Indigenous
Regia: Alastair Orr
Anno: 2014
Paese: Usa
Giudizio: 1/5

Cinque amici si spostano da Los Angeles a Panama per una settimana di festa in un paradiso tropicale. Stringono amicizia con una bella donna del posto, che parla loro di una leggendaria cascata incontaminata, situata nelle vicinanze ma da cui nessuno sembra aver mai fatto ritorno. Spinti dalla curiosità e sprezzanti del pericolo, i giovani le chiedono di accompagnarli nell'escursione. Giunti sul posto, la misteriosa scomparsa della donna li getta nel panico. Non tarderanno a scoprire che in zona vive un branco di fameliche creature pronte ad attaccarli.

Gli americani sono ricchi e quando devono farsi ammazzare sono quasi sempre un gruppo di cinque persone che vanno nella stragrande maggioranza delle situazioni in posti proibiti dove non devono.
Indigenous mi ha colpito per la sua totale mancanza di senso dall'inizio alla fine.
Da quando il gruppo cerca di mettersi in salvo uscendo dalla foresta e lasciandosi riprendere dalle tv locali con il mostro che li insegue, il film diventa qualcosa di completamente assurdo e inverosimile oltre che imbarazzante.
Un tentativo di cercare di criticare i media sfruttando l'elemento in modo ridicolo e senza senso e inserendo come ennesima bruttura finale, pure i militari che trovano il mostro alla luce del sole e lo uccidono in diretta.
Ora poi il motivo di scegliere il Chupacabra e di metterlo in scena come un cavernicolo di DESCENT è forse un abbaglio che è crollato sulla testa di tale Orr regista che avrebbe fatto più soldi scegliendo il suo cognome come titolo del film.



giovedì 12 novembre 2015

Bone Tomahawk

Titolo: Bone Tomahawk
Regia: S.Craig Zahler
Anno: 2015
Paese: Usa
Giudizio: 4/5

La storia segue quattro uomini - uno sceriffo, un pistolero, un anziano confuso e un cowboy - che lottano per salvare un gruppo di prigionieri accerchiati da una banda di trogloditi cannibali che vivono ai margini della civiltà.

Soprattutto gli yankee in questi ultimi anni stanno ritornando al western, genere di spicco per un ventennio per poi passare nel dimenticatoio. Forse perchè messo in scena con registri e intenti diversi, forse perchè mescola in modo maturo e mai banale alcune metafore dell'uomo bianco.
Infine perchè dietro alla cinepresa riesce ad avere della gente dotata di un acume profondo e innovativo (Eastwood,Lee Jones, Mac Lean, Von Ancken) questo genere sta piano piano portando alla luce alcuni film davvero intensi e originali.
L'opera prima dell'esordiente Zahler fa parte di questa lunga ascesa. Zahler un regista con alle spalle un percorso da scrittore e tanta gavetta proprio sul western.
Il suo primo film colpisce per originalità nel saper trattare il tema in una narrazione che non palesa troppo ma allo stesso tempo e di facile intuizione. Colpi di scena assestati come colpi d'accetta, da cui il tomahawk, da cui prende nome il film, è l'ascia da battaglia degli indiani pellerossa.
Un cast che trova un equilibrio importante e alcuni silenzi che parlano più di mille dialoghi, nonostante forse l'unico punto debole o critica al film di concedersi alle volte, soprattutto nel secondo atto, tempi lunghi e alcune divagazioni esistenziali nei dialoghi.
Una visione, poi antropologicamente parlando, dei trogloditi, diversi in tutto e per tutto dagli indiani che lo stesso medico sottolinea in una battuta al saloon "uomini come voi non sarebbero in grado di distinguerli dagli indiani” .
Un concetto e un aprirsi all'altro culturale, ad un altro tipo di selvaggio, con forme, regole e intenti diversi e in fondo nemmeno così strani (fatta forse eccezione per le pratiche di cannibalismo, uno dei veri punti di forza del film).
Bone Tomahawk ha davvero l'atmosfera di un film reale a tutti gli effetti, non dice più di quanto deve, dosa bene le tempistiche, crea dei personaggi diversi e tutti a loro modo interessanti, portando infine il rito e il sacrificio a dei livelli alti e mai banali.
Come per i bifolchi, entrare nelle terre selvagge che non si conoscono, può significare davvero scatenare una vendetta e una ribellione senza precedenti.
Zahler firma un film potentissimo, intenso, violento, barbaro e glaciale.