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domenica 20 novembre 2022

Squeal


Titolo: Squeal
Regia: Aik Karapetian
Anno: 2021
Paese: Lettonia
Giudizio: 3/5

Samuel è un uomo lontano da casa, in cerca del padre. Perso nell'Europa dell'Est più remota, ai margini di una mitica foresta, ha un piccolo incidente stradale che porta ad un incontro fortuito con Kirke, figlia di un allevatore di maiali. Sam presto capisce che le sue priorità devono cambiare se vuole sopravvivere. L'iniziale ospitalità di lei è uno stratagemma per catturarlo e costringerlo a lavorare nella fattoria. Solo, senza conoscere la lingua e incatenato ogni giorno della settimana insieme ai maiali, impara ad adattarsi. Fortunatamente, un maialino in apparenza magico conquista la fiducia di Sam e gli mostra la strada per la libertà e il vero amore.
 
Squeal aka Samuel's Travels è un horror atipico, una fiaba sconfortante, di quelle che trattano il tema dei redneck, dei bifolchi in salsa slava senza prendersi mai sul serio ma regalando una storia interessante con diversi valori aggiunti a partire dalla scelta della musica classica, dei toni fiabeschi e di una voce narrante funzionale. Un uomo che vaga senza una meta, cercando suo padre, le sue origini e trovandosi per assurdo a cercare di assumerne delle altre in un luogo sconosciuto con altri valori e modalità di crescita. Un film che si divincola presto da alcune etichette come quello per cui ci si poteva aspettare puntasse sul torture in cui il protagonista viene sodomizzato da una famiglia di bifolchi tenuto al guinzaglio come un maiale. In realtà e per fortuna è molto diverso, in un crescendo dove non mancano alcune stonature, lungaggini e ingenuità (Samuel troppo presto perde il suo obbiettivo e non è chiaro come riesca ad affezionarsi così velocemente alla famiglia di Kirke) ma dove c'è anche una stranissima storia d'amore, dove i personaggi (i bifolchi intendo) seppur sembrino tagliati con l'accetta vengono caratterizzati a dovere, dove viene inscenato il grande incendio dei maiali e dove uno di questi diventa l'aiutante magico del protagonista come nelle fiabe. A metà tra la storia fantastica, i viaggi di Gulliver, Calvaire e tante altre cose, Squeal è un film atipico, strano, bizzarro, per certi versi contro corrente ma che mi auguro piaccia a tutti gli amanti del genere che cercano nel panorama indie e autoriale prodotti di questo tipo

sabato 18 giugno 2022

X


Titolo: X
Regia: Ti West
Anno: 2022
Paese: Usa
Giudizio: 4/5

Un gruppo di filmaker decide di girare un film porno nel Texas rurale. Quando gli abitanti del luogo capiscono la natura del set, gli attori e il resto del cast dovranno fare i conti con un'inaspettata violenza.

Ti West è un buon regista di horror, metodico e discontinuo ma almeno con una sua politica d'autore precisa che dopo alcune lacune sembra stia migliorando sempre di più.
X lo dimostra diventando subito l'opera migliore del cineasta in grado di superare la prova più difficile ovvero quello di creare un'atmosfera e una suspance notevole e azzeccata che coincide perfettamente con gli anni in cui il film è ambientato, il Texas che sembra sempre un posto pericolosissimo popolato da bifolchi retrogradi e un perbenismo che non accetta manovre sperimentali dei forestieri come quella di dar vita ad un film porno che per quegli anni più che una prova di coraggio sembra una condanna a morte.
Perchè diciamolo, ancora una volta il film come per Abuela visto di recente parla di corpi tra due generazioni opposte e (forse) inconciliabili. Di un'anziana geriatrica che vorrebbe far sesso con il marito anche lui ormai a rischio infarto e la bellezza di corpi giovani che si concedono con estrema naturalezza per sposare la causa del porno e del successo. X riesce a misurarsi in una miscela interessante di generi prendendo dallo slasher, al revenge movie, all'exploitation, all'horror drama e alla tematica redneck in chiave appunto geriatrica.
Ci sono davvero tante belle sequenze da Maxine che sta per essere divorata da un alligatore agli incontri e praticamente tutte le scene con Pearl e nel terzo atto l'amplesso proprio tra Pearl e Howard senza contare alcuni jump scare davvero notevoli. Di sicuro uno degli horror più belli dell'anno e un'occasione per ridare enfasi allo slasher.


giovedì 12 maggio 2022

Non aprite quella porta 3d(2013)


Titolo: Non aprite quella porta 3d(2013)
Regia: John Luessenhop
Anno: 2013
Paese: Usa
Giudizio: 2/5

Newt, Texas, 1974: un gruppo di ragazzi è massacrato dai componenti di una famiglia di cannibali tra i quali spicca Leatherface, molosso armato di motosega e munito di maschera in pelle umana. Solo una ragazza si salva e racconta l'accaduto allo sceriffo locale che, con i suoi uomini, stringe d'assedio la casa della famiglia per farsi consegnare Leatherface. La richiesta dello sceriffo è accettata, ma l'arrivo di alcuni paesani infuriati fa precipitare la situazione. La casa viene data alle fiamme e la famiglia sterminata. Si salva solo una neonata, strappata di nascosto alla madre (convenientemente fatta fuori nell'operazione) da uno dei giustizieri per farne dono alla moglie impossibilitata ad avere figli. Parecchi anni dopo, la giovane Heather - proprio lei, la figlioletta sopravvissuta - apprende dai genitori di non essere la loro figlia naturale, ma di essere la progenie di un branco di mostri. Heather decide comunque di andare nella natia cittadina texana, anche perché c'è di mezzo un'eredità da parte della nonna, morta da poco. Il fidanzato Ryan e una coppia di amici la accompagnano per darle sostegno. E di sostegno ne ha davvero bisogno, alla luce di quel che è nascosto nei sotterranei della grande casa di famiglia, dietro una porta sbarrata.

Il sequel diretto da Luessenhop ha moltissimi e madornali difetti ma uno in particolare, nel climax finale rovina quanto di brutto avessimo visto fino alla fine. Alla fine Leatherface è il cugino della protagonista ed entrambi si schiereranno assieme per combattere lo sceriffo cattivo e suo figlio.
Penso che non ci sia molto altro da commentare se non la bellezza di Tania Raymonde che per tutto il film non cerca altro che di scoparsi il ragazzo della migliore amica riuscendoci nel finale prima di morire poi male dentro un frigo con un colpo alla testa accidentale di un poliziotto.
Ci sono tante assurdità nel film come la leggenda o il franchise vuole eppure proprio quello che dovrebbe fare come slasher sembra perderlo di vista per incentrarsi in una noiosissima storia sulle origini di Heather a cui credo nessuno importi.

domenica 17 ottobre 2021

Fargo-Seconda stagione


Titolo: Fargo-Seconda stagione
Regia: Noah Hawley
Anno: 2015
Paese: Usa
Stagione: 2
Episodi: 10
Giudizio: 4/5

Minnesota, 1979. Il giovane agente Lou Solverson, reduce dal Vietnam, torna a Luverne e indaga su un caso che coinvolge una gang criminale e una grande associazione mafiosa. Contemporaneamente cercherà di proteggere il candidato repubblicano alla presidenza Usa quando la sua campagna elettorale farà tappa nella malfamata cittadina di Fargo.

Incredibile come la seconda stagione riesca ad essere così distante dalla prima per trama e personaggi ma allo stesso tempo così efficace nel riproporre quegli schemi ed elementi fedeli e incisi nella prima stagione. Ne esce fuori un perfetto simbiota in termini di intenti con una messa in scena e una trama imbastita in maniera eccellente e creando un'altra spessissima atmosfera ricca di colpi di scena e momenti indimenticabili. Perchè qui se vogliamo proprio dirlo si allargano i confini vengono inserite famiglie criminali, gruppi di bifolchi, redneck e così via. Anche qui l'incidente scatenante è quanto mai grottesco prendendo di nuovo il concetto che a persone normalissime possano succedere eventi più grandi di loro in grado di trasformarli in qualcosa che non credevano possibile come per il macellaio e sua moglie. Dall'altro l'inforcata di criminali e gregari è fantastica con tutte le loro regole e il ranch dove alla polizia non è permesso avere legge ma devono sottostare al codice criminale. Per tutta la durata della serie succederanno eventi bizzarri e imprevisti come vere e proprie calamità, come sempre tutto spiazzerà senza lasciare lo spazio per decifrare le efferatezze e i colpi di scena davvero esplosivi e dotati di una loro "coscienza determinante".
Cambia il copione ma “questa è una storia vera. Gli eventi descritti hanno avuto luogo in Minnesota nel 1979. Su richiesta dei sopravvissuti, i nomi sono stati cambiati. Nel rispetto dei morti, il resto è stato narrato esattamente come è avvenuto”.
Anche gli episodi della seconda stagione di Fargo si aprono con questa introduzione. I più attenti avranno notato, anche senza avvertenze ulteriori, che rispetto alla prima stagione l’unica differenza è nell’ambientazione temporale: se la prima stagione si sviluppava nel 2006, Fargo 2 fa un tuffo nel 1979.
Una serie antologica, ma non troppo, dal momento che sono diversi i contatti tra le prime due stagioni entrambi relativi alla famiglia Solverson: ritroviamo Molly, protagonista della prima stagione che ora è solo una bambina marginale alla storia e poi Lou, padre di Molly che in Fargo 1 è in pensione dal suo vecchio lavoro di poliziotto e gestisce un umile bar, ma nel 1979 è al centro di una delicatissima indagine che parte da una serie di omicidi.

lunedì 9 agosto 2021

Nient'altro che guai


Titolo: Nient'altro che guai
Regia: Dan Aykroyd
Anno: 1991
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

A Valkenvania quattro tipi vengono arrestati per infrazione al codice della strada e i loro guai non sono che all'inizio
 
L'esordio e unico film alla regia di Aykroyd è stato vessato e criticato all'inverosimile manco ci trovassimo di fronte al manifesto della schifezza. Trovo invece il film nonostante alcune ingenuità, un ottimo esempio di quel filone legato ai redneck, ai bifolchi che abitano nelle lande più remote dell'America rurale, in questo caso nel Jersey in un luogo inventato chiamato Valkenvania.
Un film bizzarro, demenziale, grottesco, horror. Un b movie fortemente legato allo sporco, a quell'antitesi che vede da un lato un milionario spocchioso che abita in un palazzo di lusso trovarsi di fronte ad un gruppo di bifolchi vecchia maniera ancorati ad un loro codice civile e morale.
E così finiamo in questa mansione gigantesca, dove tutto è controllato rigidamente dal suo leader e giudice che ha trasformato casa sua in un labirinto di trappole, insidie, prigioni sotterranee e bizzarri congegni di tortura come l'otto volante/montagne russe, chiamato “Mr. Strappaossa”, con cui condanna subito a morte un gruppo di ragazzi arrivati in paese per caso, dopo il gruppo di protagonisti. Ovviamente le peripezie per cercare di scappare da questo luogo "infernale", porteranno i nostri personaggi a doversi scontrare con stramberie di ogni tipo dove la menzione speciale è quella legata alla discarica/sfasciacarrozze dove vivono i due nipoti del vecchio giudice, Bobo e Debbull, due dementi e grottescamente deformi, tanto da somigliare a dei troll o ai gemelli Pinco Panco e Panco Pinco.
Il cast è ottimo, Chase, Candy e Aykroyd danno il meglio lasciando in secondo piano gregari come la Moore e Negron. Aykroyd andando oltre le scelte commerciali ha fatto una cosa che apprezzo molto, ha soddisfatto il suo gusto personale pur andando incontro a rischi e critiche.


mercoledì 24 marzo 2021

Butchers


Titolo: Butchers
Regia: Adrian Langley
Anno: 2021
Paese: Canada
Giudizio: 3/5

Dopo aver eseguito rito funebre in maniera iconoclasta, per la scomparsa della madre, i fratelli Watson - Owen e Oswald – aggrediscono una coppia di sventurati viaggiatori, rimasti a piedi con la macchina. L'uomo viene ucciso, mentre la ragazza tenuta prigioniera in una stalla. Alcuni mesi dopo due giovani coppie, composte da Steven, Mike, Jenna e Taylor, sono in transito sulla stessa strada isolata e sperduta tra i boschi. Anche loro rimangono a piedi: Mike e Taylor decidono di incamminarsi per raggiungere il Watson's garage, un'officina notata durante il transito ma colgono ben volentieri l'occasione per darsi ad un amplesso, tradendo i rispettivi partners. Amplesso interrotto dall'arrivo di uno dei fratelli Watson. I Watson infatti sono feroci serial killer che si dilettano, senz'altro motivo che dare in pasto la carne umana ad un "presunto" bue, nel catturare, fotografare e uccidere, torturandoli prima a lungo psicologicamente, occasionali passanti.
 
I film redneck sui bifolchi sono stati sdoganati in quasi tutti i modi dalle varianti più estreme a quelle più classiche. Butchers era quindi una bella scommessa dal momento che trattava una trama a dir poco già visto cercando di individuare in alcune varianti qualche scintilla di originalità.
Il risultato è discreto, niente di che intendiamoci, ma si lascia guardare, centrando tutti gli stereotipi del genere senza inserire chissà quali novità.
Una famiglia allo sbaraglio di psicopatici con tanto di mostro deforme (un nano) nascosto dietro le lamiere in una catapecchia in mezzo al bosco, il solito gruppo di giovani che troverà il proprio destino nelle fauci delle bestie e una galleria di personaggi dove non hanno ancora appreso una delle prime regole in scenari come questi ovvero prendere le distanze da tutto e tutti mentre la protagonista e la sua amica (che si tromba il suo ragazzo) immancabilmente finiranno come sempre a smentire questa regola, a salire in macchina degli psicopatici in questione e fare tutte le scelte sbagliate.
Tanta violenza, in particolar modo Oswald, un finale che per alcuni aspetti risulta la parte migliore dove se di solito la protagonista, almeno lei di solito si salva, mentre qui finisce davvero male senza nessun tipo di salvezza e redenzione ma solo la consapevolezza di aver fatto delle scelte pessime.

Wrong Turn(2021)


Titolo: Wrong Turn(2021)
Regia: Mike P. Nelson
Anno: 2021
Paese: Usa
Giudizio: 2/5

Sei amici decidono di intraprendere un percorso sui monti Appalachi, ma nonostante gli avvertimenti di gente locale deviano dai sentieri per inoltrarsi in mezzo a un bosco.
Senza volerlo s'imbattono così in una micro società anonima, definita Fondazione, composta nel 1859 da dodici famiglie, convinte di sfuggire - isolandosi - al declino americano. Di mentalità estrememente medievale, il gruppo di selvaggi (che durante le battute di caccia indossa maschere scheletriche di animali) è responsabile della scomparsa di centinaia di persone: tutte quelle che, per distrazione, sconfinano dai sentieri per introdursi nel loro territorio. Mentre due ragazzi del gruppo muoiono a causa di trappole sparse nel terreno, gli altri vengono catturati e sottoposti a un processo "eterodosso". Per difesa hanno infatti ucciso un componente della Fondazione.

Inizialmente pensavo di assistere al remake del solido Wrong Turn del 2003, film senza lodi e senza infamia che trattando slasher, torture e mostri nel bosco era riuscito a fare qualcosa di molto buono come ovviamente non riuscirono i sequel successivi.
In questo nuovo Wrong Turn, cambiano le pedine. Non ci sono più mostri come in NON APRITE QUELLA PORTA o LE COLLINE HANNO GLI OCCHI, ma ci sono gli umani che ancora una volta quando devono essere stronzi sanno farlo più degli abomini. Una sorta di comunità che si è isolata per vivere secondo un nuovo codice di leggi e punizioni, il solito gruppo di adolescenti che cerca il buco più sperduto dove fare trekking (in questo caso molto politicamente corretto con la coppia dove il ragazzo della protagonista è nero e gli amici sono una coppia gay) giusto per essere al passo coi tempi e far vedere di avere vedute allargate. Al di là di una regia precisa, una mdp che sa il fatto suo, una fotografia deliziosa e delle location come lo studio delle inquadrature abbastanza sofisticate, il film nella sua eterna diegesi è un concentrato di stereotipi e luoghi comuni che sinceramente speravo ormai abbandonate alla ricerca di nuove narrazioni o un'originalità almeno abbozzata.
Un reboot scontato che tenta di fare qualcosa di più partendo dal padre di una delle ragazze scomparse cercando così di aumentare le sotto trame, senza invece avere la consapevolezza che tale azione non solo sminuisce il ritmo e l'atmosfera ma rende il tutto ancora più noioso incastrando elementi che non dovevano esserci, senza avere mai dalla sua un colpo di scena come si deve ad eccezion fatta dei titoli di coda e la furia spietata di Jen.


martedì 12 gennaio 2021

Get Duked


Titolo: Get Duked
Regia: Ninian Doff
Anno: 2019
Paese: Gran Bretagna
Giudizio: 3/5

Tre ragazzi dalla carriera scolastica disastrosa, tra cui un giovane rapper, vengono coscritti a partecipare a un programma naturalistico: una gara di campeggio dove dovranno imparare a collaborare, a orientarsi e a trovare risorse nella natura. Insieme a loro partecipa Ian, che invece ha la testa fin troppo a posto e vuole riuscire nell'impresa per migliorare il proprio curriculum scolastico. Nelle Highlands scozzesi però qualcuno dà loro la caccia, mascherato come il Duca di Edinburgo, così i ragazzi sono davvero costretti a collaborare, orientarsi e cercare risorse per sopravvivere. Nel mentre la polizia, impegnata nella ricerca del ladro del pane, viene chiamata in aiuto ma sembra tutt'altro che efficiente.

Prendendo in prestito la locandina di Cottage, l'esordio di Doff prova a mischiare diversi sotto testi partendo dal survival movie, temi sociali, giovani adolescenti allo sbando e infine il thriller e qualche spruzzata grottesca e horror. Il risultato non è riuscitissimo ma riesce a coinvolgere e intrattenere con qualche interessante risata. Cast giovane, le higlands scozzesi ormai saccheggiate da diversi registi negli ultimi anni e tanta carne al fuoco inserendo bifolchi, un pulmino che sembra godere di vita propria e qualche colpo di scena nel finale abbastanza azzeccato. Lo humor inglese quando diventa in parte grottesco riesce a trovare un giusto equilibrio come in questo caso senza mai prendersi troppo sul serio ma riflettendo sulle scelte apparentemente istintive e spesso senza senso del gruppo di giovani protagonisti scapestrati. E' così tra allucinazioni, funghetti, esibizioni rap nei capannoni, merda di coniglio allucinogena e vecchi bifolchi mascherati e armati, Doff riesce a regalare un film scanzonato con poco sangue ma tante risate e come sempre un manipolo di poliziotti fuori portata e presi costantemente in giro.

domenica 22 novembre 2020

Non dormire nel bosco stanotte


Titolo: Non dormire nel bosco stanotte
Regia: Bartosz M. Kowalski
Anno: 2020
Paese: Polonia
Giudizio: 2/5

Un gruppo di adolescenti malati di tecnologia frequenta un programma di riabilitazione in un bosco, dove sono costantemente offline. Le escursioni in gruppo, senza accesso agli smartphone, non vanno però come previsto dagli organizzatori. I giovani si ritroveranno così a dover combattere per la propria vita contro qualcosa che non hanno visto nemmeno negli angoli più bui e remoti di internet. Di fronte al pericolo della morte, scopriranno cosa sono la vera amicizia, l'amore e il sacrificio.

A pensarci bene l'elemento più interessante di questo commercialissimo slasher polacco non sono i due fratelli redneck particolarmente purulenti, ma la scelta per far sì che venga tolto da principio l'uso della tecnologia in questo caso i cellulari, di fare una sorta di programma contro le dipendenze da social portate a livelli estremi. Una scelta nemmeno di intenti nemmeno poi così originale contando che ci era riuscito benissimo tempo addietro David Bond con il bellissimo documentario Project Wild Thing.
Una riabilitazione non da sostanze o alcool ma di abuso da cellulari e social network. La galleria di adolescenti da questo punto di vista è la solita schiera di antipatici e viziati che meritano la fine peggiore che possa esserci fatta eccezione per il grassottello nerd e la protagonista. Dal punto di vista dell'elemento del gore alcune scene si difendono bene mostrando quelle efferatezze tipiche dello slasher. Poco e forse appena un pretesto è la storia sfortunata dei due fratelli e la fine che fanno. Senza contare poi una sceneggiatura che fa acqua da tutte le parti inserendo personaggi assurdi senza una motivazione e cercando di renderli grotteschi come il bifolco nella capanna, il prete o il postino. Essendo targato Netflix dove la paura non è mai quella che ci si aspetta come i prodotti sempre più omologati, il film di Kowalski è lo slasher commerciale che potrebbe andar bene un po a tutti accontentando soprattutto il pubblico dei teen ager.
Noioso, con un atmosfera e una suspance a tratti ridicola. Certo dal genere non ci si aspetta nulla di nuovo o una storia che sia originale o ricca di colpi di scena ma qui si fa davvero fatica ad arrivare alla fine.





mercoledì 1 luglio 2020

Antrum


Titolo: Antrum
Regia: David Amito, Michael Laicini
Anno: 2018
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Un breve documentario ci introduce alle leggende che circolano su questo Antrum, fantomatico film del 1979 che solo poche persone hanno avuto il (dis)piacere di visionare. Ogni spettatore è incappato in un tragico destino fatto di morte. La storia è pressoché basilare. Due bambini decidono di rivedere il loro cane per un’ultima volta e, in mezzo ad una foresta, attuano un rito demoniaco che li possa portare all’inferno. Luogo dove, a detta di una madre insensibile, si trova il loro cane.

L'inferno sulla terra è ben più disturbante di quello nelle sacre scritture, una coppia di redneck che sodomizza animali e ne cuoce le carni in un grosso e blasfemo forno metallico a forma di capro satanico può far molta più paura di una maledizione o della visita fugace di un mostro.
Antrum è un film indipendente furbetto che inciampa in diversi errori o tentativi irritanti e pretenziosi ormai più che abusati per incuriosire gli spettatori, partendo come un mockumentary e mostrando la maledizione legata al film per poi concentrarsi sulla storia vera e propria.
Scavare una buca per andare all'inferno, seguire i passi di un libro maledetto, tutto porta i due piccoli Hansel & Gretel a confrontarsi con una natura oscura e confusa, un labirinto metafisico dal quale è impossibile scappare lasciando nascoste tracce di degenerazione e apparizioni surreali con sembianze umane (il giapponese che cerca di fare harakiri) o creature nascoste dal buio o dalla nebbia. Il tutto in un crescendo che parte dalle fake news, continua con le prove iniziatiche dei due fratelli e finisce in pasto ai redneck. Antrum è un film che cerca di disorientare e disturbare il pubblico centellinando l'azione e puntando molto sull'aspetto tecnico con un'estetica retrò in 35mm con con graffi e puntinature vari, con una patina assai lontana dall’immagine digitale e asetticamente perfetta a cui siamo ora abituati, che riporta caratteri marcatamente esoterici e frammenti di quello che ha tutta l’aria di essere uno snuff movie. Antrum non cerca la narrazione o un'idea specifica di cosa voler mettere in mostra auto definendosi ad un concetto di esperienza visiva.



lunedì 23 marzo 2020

Outsider


Titolo: Outsider
Regia: AA,VV
Anno: 2020
Paese: Usa
Stagione: 1
Episodi: 10
Giudizio: 3/5

The Outsider inizia seguendo un'indagine apparentemente semplice sull'omicidio raccapricciante di un ragazzo. Ma quando un'insidiosa forza soprannaturale si fa strada nel caso, un poliziotto esperto e un investigatore poco ortodosso sono portati a mettere in discussione tutto ciò in cui credono.

Strappo un 3/5 al pelo con un più no che sì. Una serie tv abbastanza fiacca, dell’onnipresente King ancora una volta riadattato per un pubblico di fan che vuole incessantemente che i lavori del maestro del brivido vengano sdoganati nella settima arte. Il cinema ha più volte dimostrato, a seconda anche dei talenti posti alla regia e alla scrittura, quali si siano salvati e quali no e sono tanti da entrambe le parti.
Parto con una premessa. Di solito quando scrivo le recensioni dei film di King leggo sempre anche i libri.
Si millanta tanto questa serie come se fosse finalmente quella via di mezzo che riadatta il folk-horror e la narrativa fiabesca e mitologica con funzioni apotropaiche, mischiando elementi di It e i Vampiri di Salem, Dracula di Stoker, godendo di un budget faraonico e mettendo insieme un crew di attori tutti, o quasi, in parte. Capitanati da Mendelsohn, un attore che adoro che riesce a comunicare ed essere espressivo pure con gli occhi chiusi, si scoperchiava un vaso di Pandora con elementi horror, drama, sci-fi, poliziesco, mistery e tanto altro ancora. I drammi per bambini scomparsi erano solo il segmento finale per costruire una analisi complessa sul dolore e farci finire dentro la maggior parte dei personaggi in una comunità marcia dove l’irrazionale strisciante assume diverse forme e identità. La stessa comunità divisa da una purulenta e potenziale malvagità insita in ognuno di noi dove infine il soprannaturale convive sullo stesso piano della nostra realtà e sembra questo il tema su cui la serie Hbo si concentra maggiormente ma a differenza di serie intoccabili come True Detective-Season 1 (e qui le similitudini non vanno nemmeno prese in considerazione) il bello del lavoro di Pizzolato era puntare ad un impianto di semina e raccolta dove il personaggio arrivava prima dell’evento in sé agendo in un ambiente definito da regole precise e subito individuabili mentre qui l’impianto è stato ribaltato con effetti nefasti.
Outsider parte molto bene (i primi due episodi), ha una parte centrale noiosissima e riempitiva (4-5-6) in cui i dettagli delle sotto storie vengono ampiamente sottolineate ed evidenziate da Holly nel monologo in cui mostra a tutti con cosa avranno a che fare (forse uno dei momenti più alti della serie) e finisce maluccio, mettendo l’acceleratore all’interno di quella caverna dove credo tutti si aspettassero qualcosa di più.
Outsider inquadra molto bene alcuni problemi legati alla serialità, alla mancanza di riuscire a trasformare quei non detti del romanzo, a dover spesso ripetere formule e dettagli già ampiamente trasmessi al pubblico se non in maniera palese, come dovrebbe essere il cinema, con dei dettagli per stuzzicare l’attenzione e la voglia di coinvolgersi magari prendendo qualche appunto.
La divisione bene e male non è mai stata divisa in maniera così netta, lo stesso ruolo della comunità che con maestranze diverse si stringerà al dramma successo per combattere lo straniero, questa strana calamità che chiede nutrimento prendendo le sembianze umane. “Perché i bambini?” chiede nel finale uno dei protagonisti al vampiro aka l’uomo nero aka El Cuco e la creatura risponderà “perché sono più buoni”
Fate attenzione perché il vero colpo di scena arriverà dopo i titoli di coda dell’ultimo episodio.


mercoledì 22 gennaio 2020

Girl with balls


Titolo: Girl with balls
Regia: Olivier Afonso
Anno: 2018
Paese: Francia
Giudizio: 3/5

Dopo aver vinto una competizione, una squadra di pallavolo femminile sta tornando a casa a bordo di un minibus quando l'autista è costretto da un guasto a una deviazione, finendo nel territorio di caccia di un gruppo di degenerati. Ben presto, le ragazze dovranno lottare per salvare le loro vite e per testare il loro spirito di gruppo.

Quando ho scoperto che il villain di turno era Denis Lavant non ho potuto sottrarmi dall'ennesimo survival movie, una caccia spietata tra bifolchi cannibali assetati di sangue incappucciati aderenti ad un strana setta pagana e una squadra di pallavolo.
Girls with balls è un horror divertente che aggiunge poco al genere, tratta una storia più che abusata ma lo fa senza prendersi troppo sul serio e regalando scene d'azione, torture porn e ironia a gogò. Un film d'intrattenimento curato in vari aspetti con un cast dove lo stesso Lavant per quanto sia spettacolare, si ritrova a dover fare i conti con un personaggio per nulla caratterizzato a dovere come un po lo sono tutti i personaggi del film in particolare le final girls.
C'è la mattanza finale, scene splatter e slasher, tutti ma proprio tutti i clichè di genere, la caratterizzazione che come spiegavo prima è così lacunosa che non permette di empatizzare mai per nessuno, diventando mai credibile e di fatto non facendo nemmeno mai paura perchè tutto sa di gioco al massacro con il twist finale abbastanza scontato e banale.
Il film di Afonso decide di non prendersi mai sul serio giocando con gli stereotipi e promuovendo una visione divertente senza far mancare nulla nel panorama di genere spesso come in questo caso scontato e prevedibile ma allo stesso tempo ingenuo e divertente.



Them that follow


Titolo: Them that follow
Regia: Britt Poulton, Dan Madison Savage
Anno: 2019
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Immerso nelle terre selvagge degli Appalachi, dove i credenti uccidono i serpenti per mettersi alla prova davanti a Dio, il film racconta la storia della figlia di un pastore che detiene un segreto che minaccia di distruggere la sua comunità

Quando sento parlare di piccole comunità nascoste, di pastori, di credenze e rituali particolari quanto assurdi, immediatamente come una calamita ne vengo attratto.
Nell'esordio della coppia di registi ci sono poi due attori che meritano una menzione speciale.
Walton Goggins nel ruolo del pastore che seppur prendendo parte a film tremendi rimane un ottimo caratterista e poi lei Olivia Colman che non merita nemmeno presentazioni, trattandosi di una dea.
E bisogna subito ammettere che se non fosse stato per queste interessanti performance, il film sarebbe sprofondato ancora più in basso. Ci sono delle parti molto affascinanti soprattutto durante il rituale con i serpenti, strumenti del diavolo che decidono loro se punire o meno il fedele, mostrando così la propria prova di fede nei confronti della confraternita.
Un thriller drammatico con una difficile storia d'amore, con un segreto che non riesce a rimanere nascosto, dipanandosi e costruendo tutta una galleria di complici e non detti che porteranno ovviamente alla tragedia nel climax finale.
Un film che ha un difetto enorme legato al ritmo, alla narrazione, ai tempi troppo lunghi, ad alcune scene o schemi ripetuti. Una comunità che sembra avere diversi punti in comune con i Testimoni di Geova, staccandosi dalle regole comuni, sfidando la legge, decidendo che sia il corpo umano come prova di fede a sopravvivere dopo il morso del serpente senza andare in ospedale o scegliendo la medicina tradizionale. Un'ambientazione comunque post-moderna nella scenografia, nelle case, costumi, auto, che però allo stesso tempo sembra avere qualche analogia complessa le linee di sangue dei mormoni.
La coppia di registi sceglie di criticare apertamente il fanatismo religioso e una certa cultura patriarcale senza avere guizzi o colpi di scena d'affetto ma rimanendo sempre attento a non uscire fuori dai binari creando soprattutto dalla metà del secondo atto, un'atmosfera vagamente ipnotica che sembra trascinare tutti i membri della comunità verso un pozzo senza fondo.

venerdì 10 gennaio 2020

3 from hell


Titolo: 3 from hell
Regia: Rob Zombie
Anno: 2019
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Dopo essere sopravvissuto a malapena a una brutale sparatoria della polizia, il clan Firefly demente scatenato scatena una nuova ondata di omicidi, follia e caos.

Davvero non capisco come mai ci sia stato un tale accanimento negativo sull'ultimo film di Rob Zombie che chiude una interessante trilogia dove Devil's Reject era la ciliegina ma questo sicuramente è più interessante della CASA DEI 1000 CORPI.
Gli ingredienti sono evidenti, senza Sid Haig (rip) che però nei pochi minuti regala un bel monologo, ma inserendo il buon Richard Brake del bellissimo 31.
La matrice è sempre la stessa, sporcizia in tutti i sensi, sudore, iper-violenza, un pò b-movie, molto grindhouse celebrando ancora una volta l'amore di Robert Bartleh Cummings per i fumetti porno-horror, l'industrial e tutta una serie di elementi squisitamente yankee senza stare a citare tutti i fim che sembra voler omaggiare.
E'vero che il finale del film precedente chiudeva in bellezza le danze, portando ai massimi livelli una lotta anarchica tra criminali e forze dell'ordine con tutte le dovute descrizioni del caso.
Qui si vede che la trama è flebile e l'omicidio di Danny Trejo per portare agli intenti e gli obbiettivi criminali è molto debole e flaccida ma funzionale a riportare tutto al confine messicano, mostrando una carneficina che sembra un horror girato da Rodriguez.
Maschere, rituali, puttane, alcool e sfide a lanciar coltelli, una scenografia ottima in grado di dare valore ad ogni location, con nani che si accingono a diventare partner inaspettati della family maledetta, traditori, famiglie innocenti che vengono fatte a pezzi, sono tutti gli elementi che come sempre fanno parte dell'orgia finale, prima del bagno di sangue dove i vilain altro non sono che criminali forse legati a qualche cartello del narcotraffico.
La mattanza finale è squisitamente girata bene con tanta azione e un finale molto prevedibile.
3 from Hell è il film più sanguinolento della filmografia del regista. Il primo e ultimo della saga sulla famiglia Firefly che immette pochi accenni di trama per concentrarsi solo sull'azione e alcuni dialoghi lasciati ai posteri giacchè i protagonisti sono tutti e tre pazzi furiosi.
Infatti dopo aver liberato Baby i tre riprendono la loro fuga verso territori inesplorati americani, vivendo di stenti e uccidendo chi gli capita a tiro.



domenica 15 dicembre 2019

Non aprite quella porta 2


Titolo: Non aprite quella porta 2
Regia: Tobe Hooper
Anno: 1986
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Sono passati molti anni dagli eventi del primo film, ma la famiglia di Leatherface sembra essere ancora in circolazione: ad affrontarli saranno la DJ di una radio locale ed uno sceriffo in cerca di vendette personali.

Averne di sequel come questo che pur essendo dichiaratamente una parodia vera e propria riesce a fare quel salto in avanti per qualità, messa in scena, idee, mostri e luoghi abitati dai redneck esageratamente lugubri, sporchi, inospitali e inquietanti.
Un grande padre che nasconde e ciba i suoi figli.
La nostra famiglia di mostri mai così in forma, una protagonista che ancora una volta è la final girl chiamata a dare un taglio alla faccenda dal momento che quei fatti del primo film ancora non erano stati chiariti, e infine un ispettore interpretato da niente poco di meno che Dennis Hopper che, con seghe elettriche alle mani, decide di vendicarsi della famiglia di freaks sgominandoli nella loro tana.
Meno cruento, con alcune battute idiote che ricalcano la psicologia dei bifolchi, nel loro uscire dalla tana per scoprire il mondo di fuori e attaccarlo seguendo le indicazioni del padre padrone.
Il sequel voluto da Hooper, regista tra i più importanti del genere, mostra a differenza della casa iniziale del primo capitolo, un lavoro fatiscente di ricostruzione degli ambienti portandoci nell'atto finale a vedere e sentire cosa si nasconde in quella sorta di grotta, come vengono impiegati i cadaveri, come nasce la carne che diventa hamburger per la cittadina e tanti altri aspetti con una solida matrice splatter e i tipici elementi del torture porn e tutto il resto.
Hooper è stato criticato per questo film forse perchè molti si aspettavano una continuazione o un ripetere un capolavoro già fatto, ma invece proprio destrutturalizzando il suo precedente lavoro, dandogli una connotazione completamente differente, che lo si possa apprezzare oppure no, prosegue con un horror grindhouse che nel terzo atto compie la parabola migliore confermandosi un b-movie come ci si aspettava, un polpettone gore raffinato e succulento.


venerdì 9 agosto 2019

Men & chicken


Titolo: Men & chicken
Regia: Anders Thomas Jensen
Anno: 2015
Paese: Danimarca
Giudizio: 4/5

Il film ruota attorno a due fratelli, Elias e Gabriel. Alla morte del padre, i due che non sono mai stati molto legati, scoprono dal testamento di essere stati adottati. Malgrado il loro disappunto, Elias e Gabriel sono decisi a scoprire chi sia il loro vero padre e a raggiungerlo sull'isola in cui vive. Ma sull'isola li attenderà una sorpresa. Circondati dagli strani abitanti dell'isola, scoprono uno sconvolgente quanto liberante verità che riguarda loro e le proprie famiglie

A dieci anni di distanza dopo Mele di Adamo Jensen, regista atipico a cui piacciono le storie anormali, spiazza con un mezzo cult destinato ad entrare col botto nella classifica dei più bei film grotteschi degli ultimi anni.
Il perchè è dato dalla storia straordinaria (figli incrociati con rospi, tori e topi nonchè cani) ex mogli lasciate a morire dentro gabbie, un covo di bifolchi su un'isola mai così squallido e interessante e una crew di attori che sanno dare carattere ai personaggi, facendo ridere e lasciando basiti allo stesso tempo. Si ride e molto, è una visione oscena repellente e volgare, si rimane spiazzati e in alcuni casi inebetiti. Ci sono una miriade di elementi interessanti e originali e ancora una volta non ci si capacita di come questo film non sia stato distribuito da noi o se è passato nei cinema sarà stato in sordina per qualche giorno.
Cinema indipendente, atipico, grottesco, che viaggia e spazia tra i generi riuscendo ancora una volta a dimostrare come il bisogno e la capacità di saper scrivere una storia, siano di fatto gli elementi essenziali in un film.
Sembra di vedere l'isola del dottor Muroe o Isola perduta, ma qui gli esperimenti trovati in cantina, cercando di far accoppiare più specie possibili, hanno un che di reale senza mai entrare nella fantascienza ma portando a galla dilemmi di ordine etico.




venerdì 14 giugno 2019

Wolf Creek


Titolo: Wolf Creek
Regia: Greg McLean
Anno: 2004
Paese: Australia
Giudizio: 3/5

Liz, Kristy e Ben sono in viaggio in auto alla scoperta dell'outback australiano. Dopo un'escursione nel parco nazionale di Wolf Creek, i tre scoprono che la loro auto non parte. Un aiuto inatteso arriva da un carro attrezzi guidato da Mick, che si offre di riparare la macchina, dopo averla condotta alla sua officina. Una volta lì i ragazzi si addormentano intorno a un falò, mentre il meccanico comincia a lavorare. Ma quando Liz si sveglia si trova legata e imbavagliata. È l'inizio dell'incubo.

Cosa ci sarà mai di così affascinante nel deserto australiano? E' la metà privilegiata per chi medita una morte rapida senza contare che i suoi resti probabilmente non verranno mai trovati.
Ci troviamo nell'outback australiano quello osannato da tanto cinema horror post contemporaneo, quello dove il tasso di persone scomparse è il più alto da sempre e dove sembrano vivere nella flora e nella fauna animali e insetti in grado di ucciderti in pochi secondi.
Un gruppo di baldi giovani, teen disposti a tutto pur di non lasciarsi scappare le bellezze della natura e un bifolco che non sa più cosa fare per intrattenere il tempo oltre ad uccidere la gente, in particolare i turisti.
McLean si è consacrato all'horror con questi due slasher cruenti e che se è pur vero che parlano del solito gruppo di ragazzi e di un killer spietato che gli segue, tra il panorama e alcuni aspetti culturali, Wolf Creek è diventata una piccola chicca non solo in patria. A fatto seguito uno slasher ancor più violento Wolf Creek 2 e una mini serie davvero brutta Wolf creek-Season 1
Senza infamia e senza gloria, il film procede co un buon ritmo, facendo incetta di stereotipi ma senza mancare l'obbiettivo ovvero l'atmosfera e la suspance che seppur con qualche scivolone, funziona alla grande. Wolf Creek poi divenne famoso per essersi basato sulle truci gesta di Ivan Milat, serial killer di saccopelisti che a quanto pare terrorizzò l'Australia negli anni '90.

venerdì 8 febbraio 2019

Wolf Creek


Titolo: Wolf Creek
Regia: Peter Gawler
Anno: 2016
Paese: Australia
Stagione: 1
Episodi: 6
Giudizio: 2/5

Eve una turista diciannovenne americana è braccata dal serial killer Mick Taylor, e dopo essere sopravvissuta ad un primo attacco inizia una missione per vendicarsi.

Penso che non fosse necessario fare anche una mini serie di un dittico di slasher importanti come lo sono stati Wolf Creek. Di per sè non aggiungevano nulla al sotto genere, ma erano funzionali per mostrare i redneck nel loro territorio dediti all'anarchia più assoluta.
In parte lo spirito dei film di McLean qui viene ripreso e il messaggio sembra ribadire proprio quello. Redneck che escono dalle loro tane nell'outback arrabbiati uccidendo i turisti per il solo piacere di ucciderli. Fin qui niente di nuovo. La coppia di registi impelagati per questa serie non sembra aver avuto le idee così chiare. Il tema della mini serie sarebbe stato ottimo per un massimo 3 episodi.
La serie invece è eterna, ha un ritmo che ti sfianca peggio del sole australiano. La protagonista credo riesca a fare al massimo due espressioni e il poliziotto buono mi spiace ma era meglio quando faceva il tamarro Gannicus.
Mi ha lasciato davvero spiazzato. In alcuni casi credo che l'improvvisazione abbia preso il sopravvento. Ci sono corse per deserti inutili, momenti ripetuti in maniera indegna, personaggi assolutamente senza polso o carattere che fanno brevi comparsate in una nuvola di fumo.
Anche il villain Mick Taylor, che riesce per fortuna a fare la differenza, essendo divenuto famoso se non altro per essere la nemesi del male di Mr. Crocodile Dundee, dopo qualche episodio viene caratterizzato male senza dargli il giusto peso. Tanti elementi non tornano. L'idea è che sia stata fatta in fretta e furia per cercare di ottenere lo stesso successo dei due capitoli, del primo in particolare.
L'unico spunto ma nemmeno così interessante riguarda il passato di Mick Taylor, mai veramente preso in esame, in cui con un flashback ci viene svelato l’episodio shock che ha trasformato un ragazzino normale in uno psicopatico assassino. Nulla di originale ma almeno poteva dare qualche chance maggiore allo sviluppo.

mercoledì 6 febbraio 2019

Devil's Reject


Titolo: Devil's Reject
Regia: Rob Zombie
Anno: 2005
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Assediati dai poliziotti nella loro fattoria, i Firefly accettano lo scontro a fuoco. La madre viene arrestata, mentre Otis e Baby riescono a scappare. I due, raggiunti da Captain Spaulding, cercano di fuggire dalla morsa dello sceriffo Wydell, che, nel frattempo, ha ingaggiato anche due brutali tagliagole.

A dimostrazione che Zombie è uno dei registi horror più interessanti e prolifici, capace di destreggiarsi abilmente tra i generi, come la pellicola in questione, una delle sue perle, sequel di un filmetto che si presta ad essere soltanto citazionista.
Devil's Reject è un western che parla di bifolchi, potere, corruzione e violenza.
Figlio di quella contaminazione estetica e musicale che riesce ad aggirare lo spettro della copiatura o del già visto per tessere ragnatele che portano il suo stile ormai pienamente riconoscibile.
L'America di Zombie è il male assoluto, costellato di personaggi di cui è difficile empatizzare non essendoci spaccature tra buoni e cattivi, mettendo sullo stesso piano e come nel caso dei protagonisti creando alleanze tra figlie e padri, rifiutando la morale dell'autorità, qui sotto il cappello di uno sceriffo spietato impossibile da dimenticare, forse uno dei villain più interessanti del cinema horror.
Con una colonna sonora in grado di creare l'effetto lacrimuccia (a questo giro si supera per immensità dei brani scelti) ci troviamo di fronte ad un film che andrebbe visto e rivisto più volte per quanto indaghi appieno l'animo umano in tutta la sua ferocia e bisogno di vendetta.
Il secondo film del regista è uno degli horror più disturbanti, esagerato in senso ampio del termine, funzionale a far salire quel senso di rabbia e stupore per come prenderanno vita gli eventi, di cui nessuno può portare a niente di buono. Nel cinema di Zombie sono sempre tutti condannati, non essendoci quasi mai, e in questo caso ancora di più, buoni e cattivi assoluti.



mercoledì 23 gennaio 2019

Peliculas para no dormir- Para entrar a vivir



Titolo: Peliculas para no dormir- Para entrar a vivir
Regia: Jaume Balagueró
Anno: 2006
Paese: Spagna
Stagione: 1
Episodio: 5
Giudizio: 3/5

Una coppia di giovani, attirata dal basso costo, visita un appartamento per valutarne l'acquisto: fin dall'inizio appare chiaro che l'offerta è una bufala, ma l'agente immobiliare, che insiste perché considerino i vantaggi, nasconde ben di peggio in quel condominio.

Nel 2006 complice il successo di una serie come MASTER OF HORROR e in misura minore FEAR IT SELF, in Spagna cercarono di fare un'operazione simile dando carta bianca a sei registi diversi ma noti nel panorama per siglare sei episodi di un'ora circa.
Una produzione che fin da subito dimostra i suoi punti di forza e di come, pur avendo evidenti limiti di budget rispetto agli americani, non sfigura affatto. Anzi.
Questo episodio ha tanti difettucci, la storia in parte è stra-abusata, alcuni colpi di scena risultano piuttosto telefonati e il finale è prevedibile, ma ciò che conta è la messa in scena, di come Balaguero che poi a breve girerà REC, dimostra di saper usare la macchina all'interno del palazzo in modo molto astuto e infatti il primo atto, dove non succede quasi nulla, ma la suaspance sale, è la parte migliore a differenza della escalation splatter e gore del finale.
Strizzando l'occhio a A l’interieur, il risultato rimane più che discreto senza parlare di un cast che inquadra perfettamente i personaggi, senza indagarne troppo la psicologia, ma rendendoli funzionali.