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domenica 14 ottobre 2018

Finchè c'è Prosecco c'è speranza


Titolo: Finchè c'è Prosecco c'è speranza
Regia: Antonio Padovan
Anno: 2017
Paese: Italia
Giudizio: 3/5

Campagna veneta, colline del Prosecco. Una serie di omicidi e, unico indiziato, un morto: il conte Desiderio Ancillotto, grande vignaiolo che pare essersi tolto la vita inscenando un improvviso e teatrale suicidio.

Devo dire che ci vuole molto coraggio a intitolare un film con un nome del genere. Chissà all'estero.
Al di là del nome, al di là del fatto che non si è proprio sentito in giro, che non mi sembra di averlo visto a nessun festival e tante altre cose.
Il thriller di Padovan sembra partire con un profilo basso come se fosse l'ennesimo thriller già visto che bisogna almeno sperare che garantisca un po di ritmo e che non annoi a morte. Invece ci troviamo di fronte ad un'opera prima scritta bene, con una pungente analisi per certi versi grottesca su come funzionino le leggi sull'industria vinicola.
Un giallo certo con un taglio piuttosto televisivo ma a differenza di quelle monumentali cagate si serie nostrane qui almeno l'indagine parte e analizza un soggetto originale dove almeno scopriamo come funziona tutta la "mafia" legata alle terre del prosecco.
Tutto il film per certi aspetti è bilanciato dal tema della sostenibilità, quella del ispettore Stucky (che si pronuncia Stucchi)legato al suo intricato passato e a quello della sostenibilità ambientale come dice Ancilotto all'inizio del film
“Mio nonno sceglieva ogni anno un ettaro di terra, e lo lasciava incolto. Per non esagerare, per chiedere alle cose un po’ meno di quello che possono dare.”
Certo l'esordio di Padovan non entra nella lista dei film italiani più interessanti del 2017, ma regala un giallo che non se ne vedevano da tempo e lo fa cercando nella sua semplicità e spontaneità di renderlo per lo meno gradevole e con una grande lezione sull'assegnazione delle vigne e le terre del Prosecco. Battiston aiuta non poco a caratterizzare l'ispettore.