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lunedì 31 marzo 2014

Red Road

Titolo: Red Road
Regia: Andrea Arnold
Anno: 2006
Paese: Gran Bretagna/Danimarca
Giudizio: 3/5

Jackie è un'operatrice televisiva che, dalla sua prospettiva, ha una piccola visione del mondo e il desiderio di proteggere le persone che vivono intorno a lei. Un giorno sul suo monitor appare un uomo che pensava non avrebbe mai più rivisto, che non avrebbe mai voluto rivedere, ma che è costretta a rincontrare.

Red Road, primo di una trilogia intitolata Advance Party, è un progetto, prodotto dalla Zentropa di Von Trier, della Sigma Film dello scozzese Gillian Berrei e dalla produttrice danese Sisse Graum Jorgensen. Stabilisce delle regole pratiche: riprese in digitale, tre città scozzesi, una compagnia stabile di attori che conservano lo stesso ruolo, un gruppo di personaggi per tre registi esordienti.
Si apprezzano molti spunti del film della Arnold, regista che vinse l'Oscar nel 2004 per WASP, in questo trittico di film che risulta essere un esperimento interessante e in parte convincente.
Si parte da una centralina video da cui monitoriamo le vite dei cittadini scozzesi, fino a Jackie, una donna misteriosa e svuotata della capacità di vivere compiutamente, dalla lunga elaborazione di un lungo e doloroso momento della sua vita.
Il bisogno di riflettere sul sistema di controllo delle società moderne (Londra in primis) e sul primato che ci sta abituando ad avere uno sguardo sempre più tecnologico e distaccato sugli esseri umani, permette in questo psicodramma teso e claustrofobico, di cogliere tutto ciò che interessa alla regista, ovvero sperimentare anzichè osservare, in una lunga discesa agli inferi nell'ossessione di una donna.
Jackie non solo sperimenterà, ma entrerà nell'inferno vero e proprio, della vita dissiluta di un manipolo di giovani sballati che organizzano feste in case semi-distrutte, in alcune periferie davvero inquietanti e pericolose.
Quello che alla Arnold interessa e farci assistere all'incubo della sua protagonista, arida di sentimenti, che non si da pace, fino a che non ottiene una sua vendetta personale, a lungo meditata. Con un ottima prima parte, a dispetto di un finale leggermente telefonato (anche se si apprezza il fatto che non abbia rasentato la totale banalità scegliendo la pillola B), il gioco voyeuristico di Jackie, la sua apertura a un universo che non le appartiene e non conosce e il fattore di giocare e insistere sui silenzi senza stare a spiegare troppo sono elementi apprezzabili.
Le scene di sesso sono uno degli elementi di maggior riuscita, perchè esplodono con tutta la rabbia e la frustrazione di Jackie, dandole anche libero sfogo al suo odio represso, passaggio escatologico davvero riuscito.
Dal punto di vista tecnico, è un film volutamente sporco, con alcune scelte di colori sgargianti, una buona prova da parte di tutto il cast e un esordio convincente.
Alla fine la Arnold ci dice che la sconfitta, spesso e volentieri, unisce più che divide.
Siamo tutti destinati a perdere qualcosa.