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martedì 2 luglio 2019

Husk


Titolo: Husk
Regia: Brett Simmons
Anno: 2011
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Un gruppo di amici si trova in difficoltà proprio vicino a un campo di grano e cerca riparo nella fattoria che si trova nei pressi. Presto si accorgeranno che la dimora è il centro di un rito soprannaturale.

Tutto comincia nel 2005, quando Brett Simmons presenta al Sundance un cortometraggio di circa venticinque minuti (disponibile su Vimeo) che, pur offrendo attori diversi, tra cui lo stesso regista nella parte del protagonista Brian, condivide con questo Husk del 2011 sia il titolo sia il soggetto.
Sono tanti gli spauracchi che popolano e infestano la nutrita galleria di mostri e quant'altro nell'horror. Simmons che non è il primo e non sarà di certo l'ultimo parla di spaventapasseri, quelle figure inquietanti che da sempre hanno spaventato più le persone dei corvi.
In passato alcuni esempi ci sono stati anche se sfruttavano più la location dei campi e l'atmosfera che non lo spaventapasseri in sè che forse per evidenti ragioni non sembrava poter reggere sulle spalle tutto il film. Anche in questo caso per fortuna non viene inscenato come un semplice mostro che uccide senza pietà. Nella sua ora e venti il film, pensato a tutti gli effetti come l'opera artigianale a cui l'autore riserva tutta la pazienza del mondo, Simmons riesce a condensare paure e suggestioni che il cinema horror non ha mai approfondimento veramente mostrando il solito gruppetto di ragazzetti scemi che amiamo vedere uccisi ma dandogli un movente, una ragione per essere uccisi, non trovandosi solo lì e basta, ma violando un cerchio magico, un rituale che seppur con tutti i suoi limiti riesce a coinvolgere e dare aspetti più interessanti alla storia.


venerdì 21 febbraio 2014

Getaway

Titolo: Getaway
Regia: Courtney Solomon
Anno: 2013
Paese: Usa/Bulgaria
Giudizio: 1/5

Brent Magna, esperto pilota automobilistico, è spinto verso una mortale missione al volante quando sua moglie viene rapita. Con unica alleata una giovane hacker, l'unica speranza che Brent ha di salvare la moglie è di seguire gli ordini impartiti da una voce misteriosa che segue ogni sua mossa attraverso delle piccole telecamere installate nell'auto che sta guidando.

Spesso quando vuoi scoprire dove alberghino i problemi di un film leggi la filmografia del regista. Ho letto che Courtney Solomon era l'impiegato americano di turno che aveva diretto DUNGEON'S AND DRAGON e subito dopo un horror che non ho visto.
Ora Getaway è il terzo film dopo quello bello di Peckinpah e quello bruttissimo di Donaldson del '94. Il motivo che spesso sta alla base è semplice e fa più o meno così: perchè?
Mi spiace per Hawke che ultimamente fa di nuovo parlare di sè per il nutrito numero di film che lo vede protagonista, ma questa scelta per lui è stata proprio fallimentare.
Sul resto come sul reparto tecnico, il ritmo e l'azione sono da manuale di chi cerca un prodotto standard senza anima e senza bisogno di dover collegare nulla.
Qualcuno ha scritto che è costato 18 milioni di dollari, quasi tutti in macchine distrutte. Comunque sembra abbia fatto schifo pure ai cinema, ed è uscito solo in straight to video.
Non andava fatto è molto semplice soprattutto perchè a differenza di DEATH RACE, simile nel genere, quello almeno era un b-movie e aveva ritmo e azione oltre a qualche personaggio un minimo caratterizzato. Questo è proprio inguardabile.

martedì 21 maggio 2013

Bullet to the Head


Titolo: Bullet to the Head
Regia: Walter Hill
Anno: 2013
Paese: Usa
Giudizio: 3/5


Si racconta la storia di un sicario di New Orleans che non conosce le buone maniere e che medita vendetta contro Keegan, un mercenario senza scrupoli che prova a 'liquidarlo' dopo avergli commissionato un omicidio. Lo aiuterà Taylor Kwon, un detective di Washington D.C. col vizio del BlackBerry e della navigazione virtuale, a cui salva la vita. Jimmy e Taylor metteranno le mani su documenti scottanti e su un politico corrotto, che vorrebbe cambiare faccia alla città e poi lucrare sull'edilizia.

Che si respiri una certa aria di un certo western metropolitano non è poi così distante dai canoni dell’ultimo film di Hill. Il suo si sa è da sempre un tipo di cinema che si interessa ai temi sulla violenza e le sue diverse forme e questo buddy movie ne è la prova lampante.
Ispirato al celebre graphic novel “Du plomb dans la tête” di Matz (Alexis Nolent), Hill a distanza di quasi dieci anni dal suo ultimo BROKEN TRAIL ritorna al puro divertissement in coda agli innumerevoli action anni’80 sposando la contemporaneità in tutti i sensi dalle mode al linguaggio.
La struttura è la stessa, certo un po’ più hi-tech, ma mantiene lo stesso ritmo incalzante confrontando il nuovo orientale (coreano visti i tempi che corrono) intelligente ed elegante, con il last man standing, un guerriero metropolitano che fa del suo corpo la sua arma principale.
Mercenari, sicari, poliziotti corrotti, tutto si insegue e tutto fa bene attenzione a prendersi sul serio. Il personaggio di Stallone poi è uno di quegli anti-eroi che tira fuori poche smorfie ed ha dei dialoghi tagliati con l’accetta e mai così stereotipati.
Caratterizzato un po’ con culo il personaggio di Keegan interpretato dall’ultimo Conan alias Khal Drogo, un animale al cui confronto Jimmy fa abbastanza ridere. Interessante come valore aggiunto sui combattimenti la scena delle asce finali che mette in chiaro il talento fisico di Momoa.
Un film che non ha bisogno di tante parole e critiche che ne descrivano gli intenti. E’un film di genere nostalgico che resuscita una specie di immortale che non vuole ancora lasciare il testimone.

sabato 4 agosto 2012

Tooth and Nail


Titolo: Tooth and Nail
Regia: Mark Young
Anno: 2007
Paese: Usa
Giudizio: 2/5

In un futuro non troppo lontano il genere umano dovrà confrontarsi con la mancanza di fonti energetiche; la conseguenza sarà che gran parte della popolazione si estinguerà ed i sopravvissuti regrediranno allo stato brado...

I film sull’apocalisse o post-apocalisse sono sempre interessanti , certo con alcuni master e altri in tono decisamente minore, ma data l’enormità dello spazio libero su cui investire quasi sempre  si assiste a qualcosa di notevole.
Tooth and Nail è una via di mezzo tra i riusciti e i meno riusciti. Partendo dall’assunto che il petrolio sia finito seguiamo le vicende di questo gruppetto che cerca salvezza preferendo rimanere segregati all’interno di un ospedale piuttosto che cercare la salvezza come quasi tutto il resto del genere umano.
Il problema del film in questione e che poteva sicuramente sviluppare meglio quasi tutti punti. Partendo dal ritmo lento arrivando fino alla carneficina con tutti i clichè del genere fino all’abominevole mancanza di gore in alcune scene in cui per forza di cose ci voleva.
La violenza è sostituita con dei dialoghi troppo leziosi e alcuni momenti morti. A dare un po’ di luce al film ci pensano i camei di Vinnie Jones e Madsen entrambi nei ruoli di carnefici.
Una narrazione che parte in modo discordante ma con alcuni spunti interessanti per poi perdersi dietro sottotrame poco funzionali al film e ad una totale assenza di ritmo che solo nel finale mette l’acccelleratore.

Dragon Eyes


Titolo: Dragon Eyes
Regia: John Hyams
Anno: 2012
Paese: Usa
Giudizio: 1/5

Nel quartiere di St. Jude Square si vive nella paura e nella disperazione. Le bande dei boss Dash e Antuan terrorizzano le strade e i cittadini vivono senza alcuna speranza fino a quando l'arrivo dello straniero Ryan Hong porta uno spiraglio di cambiamento. Sfidando i componenti delle due gang con le sue ineguagliabili abilità nelle arti marziali e tenendo a mente gli insegnamenti del mentore Tiano (Jean Claude Van Damme), Hong ottiene quasi il controllo del quartiere quando trova inaspettatamente l'ostilità di Mr V, lo spietato e corrotto capo della polizia.

Che Van Damme sia oramai il fantasma di se stesso, era un fatto risaputo dopo il documentario JCVD.
Oramai dimenticato anche da Putin, il lottatore belga fa i conti con la vecchiaia e dunque il ruolo in secondo piano di allenatore sembra quello più appropriato.
Dragon Eyes è un pretesto per lanciare l’artista marziale vietnamita classe 1972 Chung Lee visto in ruoli secondari in vari film americani e asiatici.
Se forse l’unica menzione per cui vale la pena vedere il film è quella di Peter Weller, bisogna anche dire che ormai molti ex divi o “presunti” divi, come nel caso di Van Damme, vengano scelti solo in produzioni low-budget e film quasi sempre di serie b.
Con 3 milioni di dollari Dragon Eyes potrebbe vincere il mongolino d’oro per una delle storie più indecenti mai viste. In più i combattimenti non sono neanche così interessanti e alcune coreografie lasciano a desiderare.
Probabilmente ci troviamo ad assistere agli ultimi barlumi di un prodotto di mercato, Van Damme, che è sempre e solo stato un manichino nelle mani delle produzioni americane.
John Hyams d’altronde altro non è che il regista di quella cagata fumante che è UNIVERSAL SOLDIER:REGENERATION, titolo quanto mai improbabile visto che il film riesumava solo delle mummie.

sabato 24 settembre 2011

Mulberry Street


Titolo: Mulberry Street
Regia:  Jim Mickle
Anno: 2006
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Raccontare di un’epidemia in cui a farla da padroni sono dei ratti non è il massimo dell’originalità soprattutto se Nick Damici e Jim Mickle non si degnano neanche di spiegare che cosa causa la trasformazione in uomini-ratto a parte il morso.
Eppure senza dare corda a spiegazioni logiche e scientifiche, Manhattan diventa la mela in cui vediamo una passerella di diversissimi personaggi, in comune hanno il motel di residenza, ognuno con i suoi disturbi e ognuno che sembra segnato dalla crisi economica globale.
Poi arrivano le trasformazioni, il governo che cerca di nascondere le notizie, ma non riesce a nascondere i fatti, le conseguenze e il pandemonio finale con scene splatter alternate a una scelta in parte comica e grottesca di virare le scelte e le azioni dei personaggi.
Ci sono purtroppo alcuni buchi di sceneggiatura e alcune scelte che per simpatia nei confronti del regista definirò bizzarre per non dire di alcun senso.
Usare il paradosso dei ratti anziché degli zombie è una scelta che la dice lunga sul continuum del film e le sue mosse. Un protagonista che è un ex pugile, la figlia smarrita che non poteva scegliere momento migliore per tornare a casa e infine un reparto tecnico che soprattutto nel make-up tira fuori i suoi assi così come in alcune inquadrature e una fotografia nella norma coadiuvata da interessanti scelte cromatiche.


martedì 23 agosto 2011

Dying Breed


Titolo: Dying Breed
Regia: Jody Dwyer
Anno: 2008
Paese: Australia
Giudizio: 3/5

L'assassino Alexander Pearce sfugge dalla prigione di massima sicurezza dell'Impero Britannico nel cuore della Tasmania insieme ad altri sette prigionieri. Soltanto lui riemerge dalla foresta, con addosso branelli di carne umana.

Gli horror australiani da qualche anno come in altri paesi non proprio dediti all’horror hanno saputo dire la loro. Dying Breed non fa eccezioni, è astuto nel tessere una storia che prende due icone della società e non, come la tigre Tasmaniana e appunto il cannibale che per anni si è cibato con i brandelli di carne di sette detenuti(sembra per altro essere tutto vero).
Dwyer procede con calma, semina elementi interessanti, caratterizza bene i personaggi in particolar modo la zoologa Nina che vuole a tutti i costi la spedizione e la ricerca per capire che fine ha fatto la sorella(indovinate che fine potrà aver fatto?), e poi raccoglie suspance a valangate in tutta la seconda parte con squarci di territorio fantastici come solo l’Australia e altri pochi paesi sanno regalare soprattutto in tema di meraviglie paesaggistiche e la natura selvaggia ostacolo perenne per i protagonisti di questi film.
La scelta poi di portare tutto sulla fantastica cittadina di Sarah, popolata da un connubio tra bifolchi e cannibali è la ciliegina sulla torta.

sabato 30 aprile 2011

Prowl

Titolo: Prowl
Regia: Patrik Syversen
Anno: 2010
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Amber sogna di fuggire dalla piccola città di provincia in cui vive, e convince un gruppo di suoi amici di accompagnarla a trovare un appartamento a Chicago. Quando il veicolo su cui viaggiano ha un guasto, lei ei suoi amici accettano volentieri un passaggio da un simpatico camionista, che li fa sistemare nella parte posteriore del suo camion a rimorchio.
Ma quando il conducente rifiuta successivamente di fermarsi, Amber scopre che il camion oltre a lei e i suoi amici trasporta centinaia di cartoni di sangue.

Prowl è certamente un horror con dei limiti ma indubbiamente interessante.
Oramai i film sui vampiri non si contano più...negli ultimi anni soprattutto si sono diffusi differenti sottocategorie che variavano dallo slasher puro alla teenager-comedy un po più melensa che è stato il vero polo commerciale redditizio per le major.
Tuttavia c'è chi rimane sul primo binario, quello slasher, e il film in questione è il classico esempio di film passato ancora una volta in sordina ma che non per questo goda di meno prestigio.

Syversen è un norvegese sbarcato negli Usa che si trova con un budget modesto a curare un film prettamente d'interni con un punto di vista particolare sulla new-generation dei vampiri, sui new-born e la loro formazione alla caccia.
Le prede sono il classico manipolo di ragazzi che si trova naturalmente in una situazione X come puro bestiame (non a caso la location è un mattatoio abbandonato) per creature fameliche.
Un po come il gatto con il topo i vampiri giocano con le loro prede anche se il regista è abbastanza sintetico nell'inscenare la carneficina senza perdere troppo tempo in futili dialoghi e pause che rompono l'atmosfera.
Sicuramente qualche pecca di sceneggiatura c'è e a tratti le attrici faticano a rimanere nella parte ma il risultato è garantito, loro assomigliano più a 30 GIORNI DI BUIO con un make-up non esagerato ma funzionale e una fotografia molto scura che aiuta l'atmosfera generale.
Rimane proprio la regia uno degli aspetti più interessanti senza ricorrere a fastidiose escamotage con la telecamera e senza ricorrere ad un montaggio frenetico.

domenica 20 marzo 2011

Hamiltons

Titolo: Hamiltons
Regia: Butcher Brothers
Anno: 2006
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

I quattro fratelli Hamilton riorganizzano la propria quotidianità dopo la morte improvvisa dei genitori, ma ben presto inquietanti dettagli emergono dalla superficie d’apparente normalità che avvolge la famiglia.

Al loro esordio i fratelli Butcher sfornano una piacevole chicca per gli amanti del filone vampiresco, anche se in questo caso ci sono nuove varianti sugli stereotipi raccontati negli ultimi anni.
La sceneggiatura è l’elemento più forte che unisce il vampirismo legato al tema della famiglia e sul concetto di normalità.
Costretti a cambiare casa di continuo gli Hamiltons appaiono tre fratelli scialbi, due gemelli che si scopano a vicenda, e un fratellino protagonista che dalla sua telecamera filma l’orrore quotidiano della casa. Sarà proprio lui il predestinato a domandarsi che cosa differenzi tanto la loro famiglia da un’altra e perché continuare ad uccidere dovendo seguire l’istinto a cui non possono sottrarsi.
Lo scoprirà sulla sua pelle….
Girato in digitale ma forte anche di una bella prova d’attori, Hamiltons è un buon film, con alcuni colpi di scena ben congegnati e con un finale interessante almeno provando ad immaginare e schierarsi dalla parte di un atipico vampiro.



Borderland-Linea di confine

Titolo: Borderland-Linea di confine
Regia: Zev Berman
Anno: 2007
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

La storia racconta di tre studenti universitari americani che alla vigilia della laurea decidono di fare un viaggio lungo il confine messicano, per un ultimo e selvaggio weekend di bevute, sesso e trasgressione. I tre s'imbatteranno in una sorta di setta di maniaci dedita ai sacrifici umani, in onore di un antico culto azteco.
I protagonisti dovranno superare le loro paure e dare il meglio di sé, per salvarsi da un incubo che potrebbe segnare la fine di tutti i loro sogni.

Una setta che non si spaventa di fronte a niente e fa a pezzi agenti di polizia. Uno stato che non vede ciò che succede e quattro ragazzi che si addentreranno dentro un incubo.
La storia seppure aggrappandosi ai soliti pretesti, in questo caso la setta ha bisogno di un corpo da sacrificare per il loro dio di carne e per acquisire il dono dell’invisibilità, riesce seppur con un finale prevedibilissimo a intrattenere con la giusta dose di sangue. In questo caso la tensione maggiore è composta proprio dai fedeli adepti, che per il loro scopo arrivano ad uccidere a comando a colpi di macete chiunque cerchi di indagare sulla loro identità e le loro intenzioni.
In questo caso l'orrore si ispira a fatti realmente accaduti e a un killer sadico, Adolfo de Jesùs Costanzo, morto a 27 anni, che a Matamoros aveva dato origine a una setta dedita ad omicidi rituali
Le carte ci sono. Le scene truculente sanno essere particolarmente realistiche per un film che non lascerà a bocca asciutta gli manti del genere. Un film passato in sordina nei cinema, motivo appunto per cui possa essere apprezzato dagli annoverati dell’indie e delle produzioni meno megalomani.