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sabato 23 luglio 2011

Hostel 2


Titolo: Hostel 2
Regia: Eli Roth
Anno: 2007
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Tre studentesse americane di storia dell'arte a Roma decidono di concedersi una vacanza a Praga. Sul treno incontrano una conoscente che le convince ad andare con lei in una beauty farm sperduta in Slovacchia. Le tre accettano senza sapere che cosa le attende.

Fantastico. Assolutamente imperdibile. Hostel 2 è naturalmente il miglior film per ora del talentuoso Eli Roth, braccio sinistro di Quentin (anche produttore) e personaggio che ha dimostrato eccellenti doti come attore anche se secondario dal momento che non è ancora in grado di reggere una parte da protagonista.
Il secondo capitolo diretto dal regista è spietato nel vero senso del termine, non lesina nulla ma anzi esagera di scena in scena, prorompendo con tutta quella selvaggia ed efferata esigenza di mostrare la crudeltà e la violenza che come ricorda Girard nella Violenza e il Sacro è quella cosa nascosta sin dall’inizio del mondo.
Una società sempre più pervasa dal bisogno di poter comprare tutto e tutti con giochi perversi e interessi selvaggi. Un’elite che non sapendo più che fantasie perverse soddisfare ha bisogno di crearsi una logica di potere tale da comprare esseri umani facendo aste via sms da un paese all’altro.
In questo caso poi la confraternita di Sasha che si era già vista nel primo capitolo, mostra come ci siano dei comuni accordi tra questi ricchi e il bisogno di poter contare su un servizio che in termini umani lascia piuttosto basiti soprattutto se un discorso analogo non mi stupirebbe al giorno d’oggi, così come la scoperta di un mercato snuff e via dicendo.
Oramai il tasso di violenza e tortura nei film non lascia più interdetti come se per effetto placebo fossimo oramai abituati ad un certo vasto panorama di contenuti e scene esagerate. Immagini che lasciano spesso inorriditi oppure come nel mio caso sembra quasi esserci un bisogno innato di andare a scovare i prodotti definiti più estremi.
A mio avviso Hostel 2 è una perla di rara e affascinante violenza, Roth è stato bravissimo nel misurare al meglio le scene, calibrare la dimensione oramai insensibile dei suoi personaggi (i due semi-protagonisti poi danno un quadro inquietante su come le vite siano ridotte a merce) come di una società che oramai non sente e non vede più nulla abituata a nutrirsi di violenze e cattiveria gratuita.
La scena che meglio riassume questa visione è proprio quella dei bambini, feroci come dei predatori e affamati come lupi senza paura che non abbassano gli occhi di fronte a nessuno ma che per forza di cose devono riconoscere un capo e una gerarchia.

Un'altra perla di Roth che come per i suoi mentori non manca mai è la citazione.
Tutto il film ne è infarcito partendo proprio dai camei, anche se il meno riuscito a mio avviso è proprio quello della Fenech in una scena abbastanza noiosa e pacchiana.
Deodato, Miike Takashi, l’omaggio nella scena finale è straordinario come il film quasi sconosciuto ovvero FUDOH: THE NEW GENERATION vera perla di contaminazioni di generi.
Il risultato di Roth comunque si stacca da quel filone gore intrinseco di violenza gratuita mentre in questo film la scioccante verità su queste tratte che sembrano riportare alla schiavitù colonialista lasciano perplessi e a mio avviso esistono eccome!