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sabato 18 febbraio 2017

Moonlight

Titolo: Moonlight
Regia: Barry Jenkins
Anno: 2016
Paese: Usa
Giudizio: 4/5

Miami. Little ha dieci anni ed è il bersaglio dei bulli della scuola. Sua madre si droga, e lui trova rifugio in casa di Juan e Teresa, dove può parlare poco ma sa che può trovare le risposte alle domande che più gli premono. Nero fra soli neri, dei suoi coetanei non condivide l'atteggiamento aggressivo, l'arroganza che indossano fin da piccoli. Chiron -è questo il suo vero nome- non è un duro, ma nemmeno un debole. È gay e, anche se non lo dice, non sa essere chi non è, non sa e non vuole adeguarsi, così si ribella e finisce in prigione. Quando esce, Black è diverso, cambiato, apparentemente un altro, ma sempre lui.

Quando ti confronti con un film come MOONLIGHT la sfida è ardua.
E'uno dei quei film stronzi che ti mette il seme del dubbio se analizzarlo per ciò che realmente è (la vita di un nero gay in un quartiere povero) o la furbizia di chi sta dietro per cercare di parlare dei soliti fantasmi dell'America e travestirli in modo diverso.
Moonlight mi ha fatto pensare a questo elemento oltre a tantissime altre cose.
E'un film magnifico al limite del sopportabile. Mostra niente e parla di tutto. E'scomodo e complesso quanto narrativamente elementare.
Jenkins si trova anche lui come altri registi afroamericani a dover portare quel macigno sulle spalle che grava e che sembra essere lo sforzo titanico di Atlante.
L'America ha generato il male della schiavitù, dell'apartheid, delle divisioni sociali, dei quartieri poveri e ora tocca a voi nuova hollywood moderna di registi afroamericani (chi meglio di voi per il politically correct) farci riflettere e prendere atto (tanto ormai è troppo tardi) su come vi abbiamo fatto soffrire e messi in condizione per cui oggi vivete una nuova schiavitù accettandola addirittura e  facendoci un film che vincerà golden globe e oscar (da qui l'inutilità dei premi e della cerimonia).
Questa è la domanda drammatica delle produzioni e delle major.
Quella di Barry invece e di Little è quella di affrontare tanti temi scomodi e complicati in tre capitoli in quello che appare un quadro sociologico e introspettivo.
Moonlight ha un solo aspetto geniale al di là delle sofferte e intense performance attoriali.
In un dialogo quando Little ormai grande incontra il suo "amico" quest'ultimo gli chiede come se la sia passata negli anni in cui non si sono visti.
Qui scatta la scintilla. Jenkins ci fa capire che Little ha passato di tutto e ha visto cose affrontandone altre pesantissime eppure il regista semplicemente non le mostra.
Un film che parla di delinquenza, violenza e malavita senza mai mostrarla. Almeno questo aspetto è  innovativo direi.