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martedì 6 settembre 2016

Un padre, una figlia

Titolo: Un padre, una figlia
Regia: Cristian Mungiu
Anno: 2016
Paese: Romania
Giudizio: 4/5

Romeo Aldea è medico d'ospedale una cittadina della Romania. Per sua figlia Eliza, che adora, farebbe qualsiasi cosa. Per lei, per non ferirla, lui e la moglie sono rimasti insieme per anni, senza quasi parlarsi. Ora Eliza è a un passo dal diploma e dallo spiccare il volo verso un'università inglese. È un'alunna modello, dovrebbe passare gli esami senza problemi e ottenere la media che le serve, ma, la mattina prima degli scritti, viene aggredita brutalmente nei pressi della scuola e rimane profondamente scossa. Perché non perda l'opportunità della vita, Romeo rimette in discussione i suoi principi e tutto quello che ha insegnato alla figlia, e domanda una raccomandazione, offrendo a sua volta un favore professionale.

Mungiu è uno dei nuovi talenti del cinema internazionale. Un regista rumeno che in soli tre film è riuscito ad essere determinante sotto molti punti di vista intersecando tematiche attuali e drammatiche e unendole ad uno stile personale assolutamente riconoscibile.
La normalità diceva Matheson è un concetto di maggioranza, la norma di molti e non quella di uno solo. In questo caso lo scambio reciproco di favori, il compromesso, la corruzione e il pessimismo sembrano essere le icone di un paese che in fondo non si è riusciti a cambiare.
Il futuro visto come la fuga per i giovani, e l'educazione al cambiamento fuori dalla terra natia, diventa l'unica ancora di salvezza per una generazione, quella dei genitori, troppo preoccupati e timorosi per poter cercare altre soluzioni e prima di tutto ascoltare il volere dei propri figli. E'davvero attuale e intelligente, un film che muove al punto giusto il bagagliaio dei sentimenti in maniera come sempre naturale e ricca di dialoghi efficaci e funzionali all'impianto della semina e della raccolta.
Nell'ultimo film di Mungiu quasi nessuno è simpatico.
Tutti sembrano mogi e tristi, derelitti di un paese condannato che permette solo ad una piccola elite di andare avanti senza troppi ostacoli.
La conseguenza di una scelta, come nei suoi due film precedenti diventa la scheggia da cui far partire il film, l'incidente scatenante di una circolarità di scelte e di azioni che portano ad essere inghiottiti e fagocitati dalla proprio orgoglio. Il bisogno e l'esigenza di un padre che vuole tenere tutto sotto controllo, alla ricerca di impossibili equilibri e manovre disperate per mantenere l'autocontrollo e il decoro nella speranza che la fuga da uno sfortunato paese sia il bene più prezioso da regalare a sua figlia.
Il punto cruciale del film è che alla base c'è una decisione immorale. Questo porta soprattutto gli onesti a dover fare i conti con la realtà, con le conseguenze inattese e gli effetti perversi.
Un film che riesce a tenere incollato lo spettatore nella sua intricata serie di dialoghi e differenziandosi su più piani e problematiche, riuscendo infine a trovare, come spesso capita, un equilibrio proprio nella redenzione e nella capacità di saper trovare nell'ascolto e nel libero arbitrio il bene più prezioso.
"Errare humanum est" sembra ripetere il regista dall'inizio alla fine del film.