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venerdì 23 settembre 2016

Kill your friends

Titolo: Kill your friends
Regia: Owen Harris
Anno: 2015
Paese: Gran Bretagna
Giudizio: 3/5

Nella seconda metà degli anni Novanta, a Londra, la scena musicale è ricca di talenti. Anche Steven Stelfox riesce a sfondare ma, sotto influenza di droghe pesanti e mosso da avidità e ambizione, fa di tutto per riaffermarsi con un nuovo disco di successo. Quando le hit diminuiranno e l'industria discografica muterà, Stelfox non esiterà a macchiarsi le mani di sangue in un disperato tentativo di salvare la propria carriera.

Diciamo che di ritratti come quello di Steven Stelfox il cinema ne è sempre più pieno.
Ci si ispira ad un personaggio realmente esistito, di solito un manager e ci si addentra in un universo di sfrenatezze, vite movimentate e dissolutezza tra droghe, festini, concerti e mignotte.
Ora se non fosse la salsa british a cercare di dare quel contributo in più che all'americano non riesce a meno che dietro non ci metti un regista della madonna (automatico il paragone con Scorsese e il suo lupo di Wall Street) avremmo avuto la saga del già visto.
Harris che dal canto suo ha un altro filmino interessante tra le mani (più l'idea direi che la messa in scena) punta molto sull'interpretazione del suo protagonista. Cerca di prendere in prestito Danny Boyle e mischiarlo con Irvine Welsh, Ellis e AMERICAN PSYCHO.
E'un film di musica, colori, violenza, con una storia e una messa in scena che verranno probabilmente dimenticati dopo pochi minuti, ma almeno non ti fa sbadigliare come assistere alle riunioni di questi arrampicatori di successo che non vogliono e non conoscono regole se non quelle spietate del marketing. E'un film folle che non cerca il successo commerciale (infatti è troppo nichilista e brutale) da noi non arriverà forse mai o come sempre troppo in ritardo con doppiaggi ridicoli e un titolo sconclusionato.

Ci si diverte ma non troppo, si permette alcune lungaggini, soprattutto nella parte centrale che ne smorzano il ritmo, ma funziona per il suo spirito agguerrito e ribelle di chi pensa solo a se stesso e a fare i soldi in un'epoca in cui ancora non esisteva il download illegale e i cd e le case discografiche guadagnavano cifre da capogiro.