Titolo: Spotlight
Regia: Thomas McCarthy
Anno: 2015
Paese: Usa
Giudizio: 4/5
Al “Boston Globe” nell’estate del
2001 arriva da Miami un nuovo direttore, Marty Baron. E’ deciso a
far sì che il giornale torni in prima linea su tematiche anche
scottanti, liberando dalla routine il team di giornalisti
investigativi che è aggregato sotto la sigla di ‘Spotlight’. Il
primo argomento di cui vuole che il giornale si occupi è quello
relativo a un sacerdote che nel corso di trent’anni ha abusato
numerosi giovani senza che contro di lui venissero presi
provvedimenti drastici. Baron è convinto che il cardinale di Boston
fosse al corrente del problema ma che abbia fatto tutto quanto era in
suo potere perché la questione venisse insabbiata. Nasce così
un’inchiesta che ha portato letteralmente alla luce un numero molto
elevato di abusi di minori in ambito ecclesiale.
Alcuni film non sembrano fermarsi di
fronte a nulla.
Spotlight non è proprio uno di questi,
ma ha un grosso bisogno di esprimere i fatti senza una grossa morale
dietro che avrebbe potuto farlo diventare meno incisivo.
Dalla sua ha tutto ciò di cui un film
americano ha bisogno per ottenere consensi: un tema spinoso e più
che mai attuale, un grande cast anche quando i veri eroi sono i
giornalisti e non gli attori, e un'inchiesta per fortuna senza
strafalcioni sentimentali o forzate scene d'azione, ma puramente e
genuinamente d'inchiesta con tanti dialoghi e un ritmo sempre
serrato.
Con una trama piena di nomi e di
personaggi forse il rischio del film, soprattutto in lingua
originale, è quello di non riuscire a cogliere sempre appieno tutti
i passaggi e i collegamenti.
Sicuramente il punto di forza maggiore
è quello di non voler regalare grossi trionfi o soddisfazioni
intermedie, ma lasciando nel climax finale, l'unica vera rivincita.
L'inchiesta, grazie ai fantasmi
nell'armadio di alcuni personaggi, diventa il termometro per sondare
le abitudini e la ragione che alberga dietro alcuni giornalisti e
direttori, senza quasi mai nascondere gli interessi della diocesi e
di chi cerca di proteggerla.
La pedofilia diventa quindi, e quasi
per fortuna, il fanalino di coda, dove il male non è nel singolo
prete, ma nel sistema che protegge e sposta da un paese all'altro i
propri carnefici.
Anche da questo punto di vista il film
non cerca facili scorciatoie come puntare sul dramma di alcune
sconvolgenti rivelazioni.
Avrebbe potuto grazie al racconto delle
vittime degli abusi e delle sindromi post-traumatiche da stress
generate, diventare più accattivante e fare da ago della bilancia
alle testimonianze del cardinale e dei suoi sottoposti.
Invece continua senza telecamere e
registratori a indagare, block-notes alla mano, tutti gli spiragli
per cercare di esssere più obbiettivi e oggettivi possibili.