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venerdì 29 gennaio 2016

Spotlight

Titolo: Spotlight
Regia: Thomas McCarthy
Anno: 2015
Paese: Usa
Giudizio: 4/5

Al “Boston Globe” nell’estate del 2001 arriva da Miami un nuovo direttore, Marty Baron. E’ deciso a far sì che il giornale torni in prima linea su tematiche anche scottanti, liberando dalla routine il team di giornalisti investigativi che è aggregato sotto la sigla di ‘Spotlight’. Il primo argomento di cui vuole che il giornale si occupi è quello relativo a un sacerdote che nel corso di trent’anni ha abusato numerosi giovani senza che contro di lui venissero presi provvedimenti drastici. Baron è convinto che il cardinale di Boston fosse al corrente del problema ma che abbia fatto tutto quanto era in suo potere perché la questione venisse insabbiata. Nasce così un’inchiesta che ha portato letteralmente alla luce un numero molto elevato di abusi di minori in ambito ecclesiale.

Alcuni film non sembrano fermarsi di fronte a nulla.
Spotlight non è proprio uno di questi, ma ha un grosso bisogno di esprimere i fatti senza una grossa morale dietro che avrebbe potuto farlo diventare meno incisivo.
Dalla sua ha tutto ciò di cui un film americano ha bisogno per ottenere consensi: un tema spinoso e più che mai attuale, un grande cast anche quando i veri eroi sono i giornalisti e non gli attori, e un'inchiesta per fortuna senza strafalcioni sentimentali o forzate scene d'azione, ma puramente e genuinamente d'inchiesta con tanti dialoghi e un ritmo sempre serrato.
Con una trama piena di nomi e di personaggi forse il rischio del film, soprattutto in lingua originale, è quello di non riuscire a cogliere sempre appieno tutti i passaggi e i collegamenti.
Sicuramente il punto di forza maggiore è quello di non voler regalare grossi trionfi o soddisfazioni intermedie, ma lasciando nel climax finale, l'unica vera rivincita.
L'inchiesta, grazie ai fantasmi nell'armadio di alcuni personaggi, diventa il termometro per sondare le abitudini e la ragione che alberga dietro alcuni giornalisti e direttori, senza quasi mai nascondere gli interessi della diocesi e di chi cerca di proteggerla.
La pedofilia diventa quindi, e quasi per fortuna, il fanalino di coda, dove il male non è nel singolo prete, ma nel sistema che protegge e sposta da un paese all'altro i propri carnefici.
Anche da questo punto di vista il film non cerca facili scorciatoie come puntare sul dramma di alcune sconvolgenti rivelazioni.
Avrebbe potuto grazie al racconto delle vittime degli abusi e delle sindromi post-traumatiche da stress generate, diventare più accattivante e fare da ago della bilancia alle testimonianze del cardinale e dei suoi sottoposti.
Invece continua senza telecamere e registratori a indagare, block-notes alla mano, tutti gli spiragli per cercare di esssere più obbiettivi e oggettivi possibili.