Titolo: Exit
Regia: Sang Geun Lee
Anno: 2019
Paese: Corea del Sud
Giudizio: 4/5
Quando Seoul viene invasa da un gas
tossico, il mantenuto e disoccupato Yong-nam si dimostrerà un eroe
L'esordio di Sang Geun Lee è stato
distrutto dalla critica come se fosse una commedia banale e con un
protagonista già visto e rivisto. In parte è vero, i connotati del
film sono quelli del disaster movie, dell'action improvvisato, del
dramma attorno a un gas tossico creato in laboratorio per vendicarsi
di una intera comunità, delle moderne tecnologie e i loro impieghi
(in particolare i droni), dell'importanza della famiglia, di un amore
che sembrava non corrisposto ma che arriverà grazie all'atto eroico
e molto altro ancora.
Con una tecnica come sempre infallibile
dei coreani, qui si toccano vette davvero altissime, con una
produzione incredibile per costi, comparse, strade e grattacieli
intrappolati dal gas, macchine del fumo come se piovessero e tanta,
tanta azione e suspance.
Exit è una metafora molto
interessante, il sacrificio di una metropoli per una sorta di
vendetta personale (tra l'altro l'antagonista si vede solo all'inizio
quando liberà il gas tossico), le ricerche in laboratorio senza
controlli in grado di generare qualsivoglia specie di gas o virus
radioattivo o esseri mostruosi come il bellissimo Host di Joon-ho Bong
anche se il film aveva più un lato eco revenge.
Exit parte dal parco, continua nelle
mura domestiche, procede e prende vita alla festa nel hotel per poi
arrampicarsi su grattacieli immettendo l'elemento dell'arrampicata e
il free-climbing come risposta all'unica possibilità di
sopravvivenza dei suoi due protagonisti. Il film procede in un
crescendo di ritmo instancabile e di scene madri che vedono Yong-nam
e Eui-joo impegnati in sfide sempre più estreme che sfociano in un
climax a base di droni e montaggio iper-cinetico degno dei migliori
action coreani che ormai da anni brulicano nei festival senza
purtroppo avere mai distribuzione da noi in Italia.
I continui contrasti tra dramma e
ironia, con il nostro protagonista nel suo cammino di redenzione
sacrificandosi per salvare la famiglia e i parenti risulta sempre uno
stereotipo che se calibrato bene, come in questo caso, riesce a
diventare interessante e originale, immettendo ingredienti in grado
di mantenere ritmo e interesse cadendo in qualche trappolone legato
al fatto di voler eccedere nei tentativi di salvataggio verso i terzi
che Yong-nam cercherà di portare a termine da bravo e improvvisato
paladino della giustizia.