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sabato 10 novembre 2018

7 sconosciuti a El Royale


Titolo: 7 sconosciuti a El Royale
Regia: Drew Goddard
Anno: 2018
Paese: Usa
Giudizio: 2/5

Anni Sessanta. Un uomo affitta una stanza all'hotel El Royale nascondendo una borsa voluminosa sotto le assi del pavimento. Pochi attimi dopo viene ucciso da un altro uomo, la cui identità rimane misteriosa. Dieci anni dopo alcuni clienti decidono di soggiornare nello stesso albergo, che si trova all'esatto confine fra la California e il Nevada, al punto che una striscia rossa divide fisicamente a metà gli spazi: da un lato le camere in Nevada - lo stato del vizio, dell'illegalità e del gioco d'azzardo - dall'altro quelle in California - lo stato dell'amore libero, della contestazione e di Hollywood. Uno dopo l'altro i personaggi riveleranno la loro vera natura.

Il secondo film di Goddard dopo l'accattivante QUELLA CASA NEL BOSCO lasciava veramente tutti sgomenti su cosa comprendesse il suo prossimo progetto.
Di sicuro il primo elemento che mi ha fatto sorridere e vedere alla scrittura solo Goddard, quindi volevo veramente capire se il regista avesse la stoffa e doti come sceneggiatore.
Nel film precedente c'era Josh Whedon con lui, un nome che non ha bisogno di presentazioni.
E infatti la scrittura, dal secondo atto, diventa l'elemento più intricato e scollegato dell'intera opera.
Un film esageratamente ammiccante a tanti generi scegliendo ed edulcorando il pulp come se fosse qualcosa di così estremamente accattivante e alla portata di tutti, quando invece trovo che sia l'esatto contrario. Non lo è affatto a meno che tu non sia Tarantino o uno di quella mercè lì, che sa tenere in scacco tanti elementi diversi, senza fare danni o deflagrare in anticipo.
Il problemone se così vogliamo chiamarlo è un lavoro di sottrazione che invece il film ribalta immettendo sempre elementi diversi, schiacciando il pedale sulla violenza e i colpi di scena, a volte enormemente scontati o con l'effetto di storpiare quanto di buono visto un attimo prima.
Dal punto di vista tecnico non si può dire nulla come sempre, e sulla storia la parte della presentazione iniziale è indubbiamente la migliore, contando il discorso della linea che divide i due stati dentro l'albergo anche se viene quasi subito lasciata in secondo piano.
Nel finale ci sono delle scelte davvero insulse, a questo punto Goddard hai deciso di prendere una strada che è quella dell'esagerazione e fallo, per citare HATEFUL HEIGHT, falli morire tutti e male pure.
Qui invece il portiere finale che si confessa dopo che abbiamo scoperto essere un cecchino infallibile, l'happy ending finale che uccide quel poco di buono che il film aveva costruito, personaggi caratterizzati così male che non vi ricorderete di nessuno di loro.
E poi Billy Lee interpretato dal fascistone Thor è qualcosa di inguardabile, l'antagonista che arriva con la sua Manson family nell'albergo a cui piace scoparsi le ragazzine.
Un personaggio misero come gli altri ma il suo ha qualcosa di peggio soprattutto quando non fa altro che tirarsela e far uscire dalla bocca stereotipi già sentiti mille volte.
L'unica nota positiva è il ritmo che in definitiva non stanca mai.
Goddard deve avere dei grossi problemi con i complotti e la paura di essere osservato.
Veramente troppa carne al fuoco, in uno stile estetico che cerca di piacere tutti e fare andare d'accordo diversi target. Il verdetto finale è un enorme prova di regia che conferma l'ottima messa in scena, ma non ancora la capacità di saper scrivere da solo una storia che voleva anche essere complessa e stratificata, ma che fino a prova contraria, dimostra di non riuscirci.