Titolo: Rebirth
Regia: Karl Mueller
Anno: 2016
Paese: Usa
Giudizio: 2/5
Durante un seminario sulla rinascita,
un padre di famiglia viene catapultato in un turbine di violenza e
seduzione.
Rebirth aveva tutte le carte in tavola
per essere un thriller psicologico affascinante che tratta un tema
molto attuale come quello delle new-religion.
Il cammino di auto-realizzazione per
alcuni aspetti sembra avere qualche analogia con i concetti di
Scientology e altre pratiche che soprattutto in questo periodo di
reincanto stanno tornando di moda.
Il fatto poi di scegliere un
protagonista, Kyle, come un padre di fatto tranquillo senza molta
identità e senza troppe aspirazioni, funziona fino ad un certo punto
per cercare di equilibrare i suoi stati emotivi e le sue reazioni di
fronte al gruppo e alla "setta" che diventano mano a mano
sempre più intenzionati a far parte della quotidianità di Kyle.
Quindi anche nel suo caso il percorso
per cercare di scardinarne la tranquillità è per certi versi
anomalo, con qualche intuizione, che però scade soprattutto nel
finale troppo esagerato e che per certi versi distrugge quanto di
buono era stato creato prima.
Proprio la log-line "sei libero di
andartene ma non di evitarne le conseguenze" sembra profetica
per quella disfatta che andrà ad assorbire la vita del protagonista
e che entrerà in modo invasivo a casa sua sconvolgendo la sua vita.
Il problema grosso alla base del film è
che sembra volerti far riflettere su tanti temi e situazioni che
possono entrare nelle nostre vite, per curiosità, scoperta, bisogno
di avere qualcuno che ci ispiri, e via dicendo, ma al contempo essere
freddo e distaccato proprio da tutte le strade che vuole percorrere.
Un film disordinato e caotico, che volendo muovere troppe pedine
finisce con l'essere schiacciato proprio dai suoi intenti. Intenzioni
che nella prima parte funzionano bene poichè portatrici di
un'atmosfera e una suspance che fino alla "rivelazione" ha
tutti gli elementi per tenere lo spettatore incollato allo schermo.