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mercoledì 18 novembre 2015

Legge del mercato

Titolo: Legge del Mercato
Regia: Stephane Brizè
Anno: 2015
Paese: Francia
Giudizio: 4/5

Thierry ha 51 anni, una moglie e un figlio disabile. È disoccupato, ha frequentato corsi di formazione che non gli hanno portato un nuovo lavoro e le sue ricerche non producono esiti positivi. Finché un giorno viene assunto in un ipermercato con il ruolo di controllo nei confronti di tentativi di furto. Tutto procede regolarmente fino a quando un giorno si trova davanti a un dilemma morale.

Brizè al suo quarto film sembra aver scelto il suo attore fetticcio oltre ad aver affinato la sua idea di cinema e aver fatto dei passi in avanti sul tema del sociale e della crisi economica.
Vincent Lindon, attore formidabile che non ha bisogno di presentazione, è Thierry, un uomo semplice, reale, disposto a tutto pur di mantenere una famiglia, una vita decorosa e un figlio disabile senza lo scopo di creare compassione.
Dai corsi di danza, ai colloqui di lavoro via skype, alla vendita del camper, al ruolo all'interno del supermercato, tutto procede lento e inesorabile, dotato di un realismo eccellente e senza mai dover forzare qualche meccanismo per creare effetti di scena che stonano con la durezza della normalità.
Il punto di forza su cui il regista lavora, è proprio quello della moralità del suo protagonista, senza farlo mai abbassare ad un semplice automa, ma dotandolo di una sensibilità pungente e molto riflessiva che nel climax finale lo porta ad entrare in empatia con ciò che lui stesso deve condannare.
In tempi in cui la società e sempre più complessa, anche un supermercato diventa un microcosmo di regole, norme, abitudini, schieramenti e omologazioni forzate.
La crisi morale e poi economica colpisce tutti i ceti sociali, ed anche e per questo le giustificazioni di chi ruba nel supermercato, rappresentano uno dei punti di forza del film, perchè fanno da contorno a qualcosa che viene esasperatamente tenuta sotto i riflettori così come il controllo dei consumatori con le telecamere di servizio che coglie il segno di un grande occhio che ci segue dappertutto.
Sembra di trovarsi di fronte ad un quadro antropologico della sociologia dell'organizzzione e del lavoro, un film che non da un attimo di tregua nella sua semplicità e profonda messa in scena.
Thierry insegna una lezione molto importante in questi tempi sempre più complessi e dinamici in cui l'età non conta più (se non in negativo) e la flessibilità sembra un male oscuro che ci hanno imposto di accettare.

Thierry insegna che ogni uomo/donna deve avere una propria dignità, accettando a testa alta ogni lavoro, ma allo stesso tempo denunciando e riflettendo su un sistema che abbatte l'individuo.