Visualizzazione post con etichetta Horror Italiani. Mostra tutti i post
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lunedì 15 gennaio 2024

Pantafa


Titolo: Pantafa
Regia: Emanuele Scaringi
Anno: 2022
Paese: Italia
Giudizio: 3/5

Marta, sempre più preoccupata per le strane allucinazioni che colpiscono la figlia Nina, decide di portarla a vivere in montagna. Le due prendono così in affitto una vecchia casa dall'aspetto un po' spettrale nella cittadina di Malanotte. Tuttavia, la situazione clinica di Nina continua a peggiorare: la bambina inizia a soffrire di gravi paralisi ipnagogiche che assumono caratteristiche orrorifiche: durante la paresi Nina vede uscire dalle pareti una figura fantasmatica che si acquatta sul suo petto e cerca di succhiarle via l'anima. Le preoccupazioni e le suggestioni di Nina vengono ingigantite dalla signora Orsa, una vicina di casa, che riconosce la Pantafica nella descrizione di Nina, un'anima dannata che tormenta le notti dei bambini. È tutto nella sua testa, come sostiene Marta, o il male ha davvero preso connotazioni reali?

Il cinema di genere folkloristico italiano di per sè è già una rarità. Pantafa è rimasto al cinema per pochissimi giorni senza darmi la possibilità di andare a vederlo. E devo dire che la Pantafica abruzzese mi mancava. Ne esistono tante di streghe, masche e altri fenomeni simili ma questa succhia anime dei bambini che trasla diventando quel qualcosa in più è stata un'altra bella scoperta. L'idea di spostare a Malanotte la vicenda mette a confronto un paesino secolarizzato e racchiuso nelle sue tradizioni e leggende. Dall'altro una donna moderna e una figlia che di fatto vengono fatte piombare in questa sorta di medioevo dove impareranno a proprie spese come crearsi le condizioni di sopravvivenza.
Scaringi fa una cosa molto bene che l'horror non deve mai dimenticare soprattutto quando si parla di produzioni indipendenti ovvero la presa di coscienza che ciò che fa realmente paura è il non visto mostrando pochissimo e centellinando la paura facendo un lavoro di tensione e pathos per poi creare un finale che seppur esagerato nel mostrare forse troppo riesce a mantenere un equilibrio e regalare un piccolo indie di genere nostrano.

domenica 19 novembre 2023

Orafo


Titolo: Orafo
Regia: Vincenzo Ricchiuto
Anno: 2022
Paese: Italia
Giudizio: 3/5

Tre rapinatori si introducono nella casa di campagna di una coppia anziana per saccheggiare il loro laboratorio di oreficeria. Scopriranno sulla loro pelle che i due vecchietti sono tutt’altro che innocui e finiranno con lo sperimentare l’esperienza più terrificante della loro vita. 

Salviamo gli horror italiani indipendenti. L'Orafo sembra più un omaggio a tanta roba già vista che invece voler dire qualcosa di nuovo e provare a smarcarsi dalle solite strategie commerciali.
Purtroppo non ci riesce per evidenti difetti di sceneggiatura ma al contempo seppur in un tritatutto già visto dove vengono assemblati come per un puzzle pezzi di sceneggiature di altri film, riesce perlomeno ad avere un buon ritmo anche se le scene nel bunker diventano davvero soporifere per evidenti aspetti e per quel voler essere troppo vicino ad alcune vicende dei rapinatori di cui non frega niente a nessuno. In realtà poi soprattutto nel terzo atto il film fa un ulteriore step con un climax finale imprevedibile quanto poco utile ai fini della storia. Home invasion, vecchi psicopatici, splatter, se vogliamo qualche accenno di gore, tentativo di creare una final girls ma stanandola quasi sul nascere e poi quell'omicidio nell'officina che non aveva davvero nessun senso.
Contando che i mezzi ci sono, speriamo che Ricchiuto riesca ad evolversi perlomeno in termini di scrittura.

sabato 2 settembre 2023

Blood on Melies moon


Titolo: Blood on Melies moon
Regia: Luigi Cozzi
Anno: 2016
Paese: Italia
Giudizio: 3/5

Francia, 1890. L'inventore Louis Le Prince, dopo aver brevettato una macchina per filmare le immagini in movimento e proiettarle in grande sullo schermo, è scomparso in circostanze misteriose: da allora di lui e di quella sua invenzione non si è saputo più nulla. Cinque anni più tardi, i fratelli Lumière di Lione hanno brevettato una macchina molto simile a quella di Le Prince denominata Le Cinematographe: da quel momento, il 1895 è stato considerato universalmente come la data ufficiale della nascita del cinema. Ma resta un enigma: che cos'è successo a quel Louis Le Prince? E dove sono finiti lui e la sua invenzione brevettata? Fino a oggi questo mistero (assolutamente autentico) è rimasto irrisolto.
 
L'ultimo film di Cozzi è oggettivamente brutto con pessimi effetti speciali e recitato in maniera molto amatoriale. Eppure in quel suo voler essere un mistery con indagine per svelare segreti e cospirazioni riesce anche se con una discontinuità molto sentita a rendere partecipe lo spettatore della storia e di alcune stranezze che succedono. E' uno di quei progetti che un amante di cinema di genere come Cozzi si è portato dietro per decenni con la speranza di poterlo realizzare, portando alla luce un mistero sepolto della settima arte e facendo luce su alcune storie che non conosciamo di Melies. In particolare ad opera di Louis Aimé Augustin Le Prince, inventore di un processo che anticipava di alcuni anni quello dei Lumière, su cui Luigi cerca di investigare intervistando emeriti intellettuali e citando fonti, il quale sparì a bordo di un treno e non venne mai trovato proprio quando stava per portare alla luce la sua scoperta. C'è poi il caso di Aureo Silvestre che nel Seicento scrisse il trattato dove con la luce si cancella la luce. In tutto questo l'autore compie dei veri e propri viaggi nel tempo. Se si è amanti del low budget, delle produzioni indipendenti, questo film pur nella sua lunghissima durata ha un suo perchè e merita una visione.

martedì 1 novembre 2022

Tuo sepolcro...la nostra alcova


Titolo: Tuo sepolcro...la nostra alcova
Regia: Mattia De Pascali
Anno: 2020
Paese: Italia
Giudizio: 3/5

Sconvolto e depresso per la scomparsa della fidanzata Iris, brutalmente massacrata da un ignoto assassino, Aristodemo acquista una bambola sessuale di dimensione umana, chiamata Persefone. Aristodemo sperimenta quindi un progressivo stato delirante, tale da arrivare a convincersi che Persefone abbia preso vita. Mentre sprofonda in un vortice di perversioni sessuali sempre più spinte con la bambola, il killer che ha ucciso Iris è di nuovo in azione.
 
Dopo McBetter che non mi era piaciuto, De Pascali, emergente regista horror italico del panorama indipendente tira fuori questo simpatico dramma grottesco mischiando sesso, violenza, magia, esoterismo e necrofilia con sequenze slasher ricche di elementi gore e splatter, fra pugnalate, motoseghe, strangolamenti e corpi fatti a pezzi praticamente tutti a opera del killer e dove gli FX artigianali sono un notevole valore aggiunto . Il tutto però senza mai prendersi troppo sul serio creando anche qualche momento trash delizioso (il club sadomaso ad esempio) e delle performance forse troppo fuori dagli schemi dove sicuramente Benedetta Rossi nel ruolo della sexy doll che si trasforma in ninfomane, quasi sempre nuda, è la visione che il pubblico apprezzerà di più.
Dicevo delle performance limitative dello stesso attore/regista Lepori, e Alex Lucchesi rese troppo eccessivamente surreali da dialoghi non proprio all'altezza soprattutto nei toni e nella banalità di fondo. Il film comunque entra di merito in quelle produzioni che ammiccano al cinema estremo europeo soprattutto Joe D'Amato (Aristide Massaccesi) e il protagonista Aristodemo, Buttgereit, Schnaas e simili ed entra nella galleria di quei registi indipendenti dediti all'horror italiano come Alemà, Bianchini, Boni, Bosermann, Cristofaro, D'Antona, De Falco, De Feo, De Feudis, Dejoe, Frison, Gualano, Lepori, Liguori, Lombardi, Longo, Misischia, Monti, Paoletti, Pavetto, Pesca, Picchio, Ranzani, Ristori, Rosson, Scafidi, Scargialli, Sfascia, Tagliavini, Torre, Visani, e Zagagnoli.
L'opera dal canto suo mischiando ironia e violenza esplora parafilie, feticismi prendendosi qualche licenza poetica se ad esempio la trasformazione della bambola in cadavere ambulante sia frutto di un sortilegio o della pazzia del protagonista

martedì 23 agosto 2022

Alienween


Titolo: Alienween
Regia: Federico Sfascia
Anno: 2016
Paese: Italia
Giudizio: 3/5

Halloween, quattro amici di vecchia data, splendide ragazze e una mortale invasione aliena che li costringerà ad affrontare mostri di ogni tipo… Compresi quelli del loro passato. Alienween: una festa che è la fine del mondo

E' la prima volta che mi affaccio al cinema indie di Sfascia. Alienween è un bel b movie, low budget, schizzato, splatter e folle. Un trip lisergico dove tra sound effect, sound designer, spappolamenti e tanta tanta melma e scioglimento di budella, il regista italiano confeziona un piccolo gioiello horror/scifi/comico/demenziale/trash in cui praticamente in un'unica location cerca di non farsi mancare niente tra alieni, possessioni, trasformazioni, corpi liquidi e membri che si sciolgono.
In tutto questo cerca pure una modellata storia d'amore che cerca come può di dare un senso all'amor proprio del protagonista, al suo cercare di redimersi e avere un obbiettivo salvando la donzella/prostituta/tossica con un passato avverso. Alienween non avendo pretese con il solo obbiettivo di intrattenere è quel eighties nostalgico ripreso con tendenze e colori new age con una fotografia al neon tutta sparata di colori rossi e blu dove tra alieni gommosi con teste a forma di zucca e creature varie che tendono a sciogliersi senza contare un ritmo e un montaggio schizzato, ci troviamo di fronte ad una piccola chicca sconosciuta del panorama indie italiano.


sabato 18 giugno 2022

Occhiali neri


Titolo: Occhiali neri
Regia: Dario Argento
Anno: 2022
Paese: Italia
Giudizio: 2/5

Roma: un serial killer uccide le prostitute ma Diana, una escort di lusso, riesce a sfuggirgli. Durante la fuga, però, ha un incidente d’auto a causa del quale perde la vista.
Occhiali neri. Bisogna essere spietati a volte. Con gli ultimi film di Dario Argento manco a farlo apposta sale davvero la rabbia oltre che il sangue al cervello.

I cani prendono il sopravvento. I bambini cinesi salvano i ciechi. Gli uomini che puzzano di cane vengono scartati dalle escort e allora desiderano ucciderle. Un furgone bianco sembra uscito da Fast & Furious diventando una sorta di Duel impossibile da superare e abbattere. Le bisce trovate in una palude attaccano Diana saltandole direttamente al collo (le bisce salterine..). Scappando dal killer si finisce nelle catacombs così dal nulla e poi in un magazzino abbandonato.
Occhiali neri è disarmante nel suo non prendersi sul serio. Nella scelleratezza con cui Asia Argento caratterizza un personaggio inutile che non a caso muore male. I co protagonisti non esistono. I due poliziotti che devono togliere il bambino cinese a Diana per riportarlo nell'orfanotrofio moderno gestito da una suora sono ridicoli e infatti muoiono in una scena che cerca di scopiazzare male Michael Mann. Davvero scandaloso che si sia arrivati a confezionare film del genere.
La scena migliore del film, che Argento sottolinea più volte, senza essere volgari, è il seno della Pastorelli. Detto tutto...

domenica 17 ottobre 2021

Tafanos


Titolo: Tafanos
Regia: Riccardo Paoletti
Anno: 2017
Paese: Italia
Giudizio: 3/5

L'evasione di un serial killer e uno sciame di feroci tafani carnivori minacciano un rilassante weekend tra amici.
 
Tafanos è un curioso b movie indipendente italiano. Un horror eco vengeance low budget con diversi richiami al gruppetto di ragazzi da soli nella casa, ai vicini che preludono ad una minaccia incombente, ad un killer che alla fine serve solo come elemento aggiuntivo senza apportare nessun cambiamento e infine una mattanza finale abbastanza soddisfacente per quanto esuli dal prendersi mai sul serio. Infatti è forse questo l'elemento per cui il secondo lungometraggio di Paoletti non perde mai di tono e di ritmo con dialoghi sboccati, coppie di fatto, fattoni e il thc che serve come arma per tenere distanti i tafani assassini. Un'opera simpatica e goliardica che non aggiunge nulla di fatto e ha nella recitazione forse l'elemento più debole eppure diverte e si lascia vedere senza momenti morti ma con un ritmo che cerca sempre di aggiungere qualcosa.

lunedì 16 agosto 2021

A classic horror story


Titolo: A classic horror story
Regia: Roberto De Feo
Anno: 2021
Paese: Italia
Giudizio: 3/5

Cinque persone viaggiano in camper per raggiungere una destinazione comune. Scende la notte e per evitare la carcassa di un animale morto, si schiantano contro un albero. Quando si riprendono, si ritrovano in mezzo al nulla. La strada su cui stavano viaggiando è scomparsa e c'è solo una foresta fitta e impenetrabile e una casa di legno nel mezzo di una radura, che scoprono essere la sede di un culto agghiacciante.
 
Dopo l'ottimo Nest-Il nido continua l'impavido percorso del giovane e promettente De Feo.
In questo caso dopo un'opera quasi tutta all'interno di una location, il regista apre gli orizzonti per un sud caratteristico, unendo folklore e leggende e cercando di mescolare tante etichette dell'horror in un cocktail che seppur non originale riesce a regalare un sapore che nulla ha da invidiare con alcuni recenti slasher americani. Una app, il car pooling, per far conoscere ai forestieri la propria terra (l'idea per accalappiare così i gonzi è buona), la casa del mostro e l'accostamento di tradizione mafiosa attraverso la presunta progenitura dai cavalieri Osso (mafia), Mastrosso (camorra) e Carcagnosso (ndrangheta), qui trasformati in creature cui innalzare sacrifici, naturalmente ai danni degli sventurati avventori. La mafia aiuta le persone quando lo stato è debole.
E'così per non morire di fame si è scelto di affidarsi a loro tre dando in cambio qualsiasi cosa chiedono come in parte raccontano alcune storie del passato. L'incidente scatenante per strada che lascia già presagire un senso di morte e di sciagura alle porte, una casa di legno midsommariana e quindi due primi atti abbastanza da regola per poi provare a fare il botto con cervello e furbizia strizzando l'occhio verso uno stravolgimento della caratterizzazione dei personaggi (Matilda Lutz dopo Revenge torna ad essere profetica incarnando la revenge-girl di turno) passando per un contesto metacinematografico e una critica verso il sistema cinematografico italiano attraverso i social influencer e una piattaforma che tipo Netflix ricorda una sorta di Deep Web dove troviamo all'interno gli appassionati degli snuff-movie.
Fanno più spavento le maschere dei creatori della mafia o il controllo da parte dei seguaci onnipotenti del web appassionati della pornografia del dolore? La realtà è dunque più spaventosa delle leggende folkloristiche? La risposta è sì ma non è abbastanza.
A classic horror story è un giochino divertente ma siamo anni luce distanti dagli horror europei di Weathley, Du Welz, Laugier, etc.



venerdì 9 luglio 2021

Fuck you immortality


Titolo: Fuck you immortality
Regia: Federico Scargiali
Anno: 2019
Paese: Italia
Giudizio: 3/5

Tony e Kacy sono due hippie con un chiodo fisso: ritrovare il loro vecchio amico Joe che, a quanto pare, è rimasto giovane come ai tempi delle comuni. Vegani, cultori delle droghe psichedeliche e con le radici saldamente piantate negli anni ’70, la coppia scoprirà ben presto che il loro amico è immortale, ma stufo marcio della sua vita eterna. In nome della loro vecchia amicizia, Tony e Kacy tenteranno di uccidere Joe in qualsiasi modo e di aiutarlo nel contrappasso, ma nulla sembra funzionare. Tra ninja assetati di sangue, furiosi metallari, wrestler, sciamani e antichi rituali, i due si imbarcheranno in un viaggio senza ritorno.
Scargiali ha sicuramente del coraggio per un mockumentary così ambizioso e particolare.

Fuck you immortality è un corollario weird di interviste, scene truculente e splatter nonchè torture (il tutto accettato dalla presunta "vittima"), un road movie dove non mancano momenti esilaranti, yoga, peace & love, yippie e fricchettoni, personaggi strambi, ninja e bifolchi.
Un puzzle sconnesso in senso positivo anche se altalenante nel ritmo, per un autore amante del cinema di genere che gira in inglese per creare quel respiro internazionale. Fuck you immortality (il titolo forse è la parte migliore) resta un'opera davvero strana e in parte insensata. Negli ultimi 40' quando i nostri protagonisti trovano Joe avviene l'impensabile in senso buono, eppure il film per tanto tempo latita con interviste non sempre così interessanti e accattivanti e monologhi che spezzano l'atmosfera che il fim seppur con un budget limitato riesce più volte a conservare.

giovedì 17 dicembre 2020

Caleb


Titolo: Caleb
Regia: Roberto D'Antona
Anno: 2020
Paese: Italia
Giudizio: 3/5

La giornalista Rebecca è preoccupata per la scomparsa della sorella minore Elena che, cercando di emulare le sue gesta, stava svolgendo ricerche per un servizio sulla misteriosa scomparsa di alcune persone. Tre mesi dopo la sparizione di Elena, Rebecca è contattata da uno sconosciuto di nome Giordano che si rivela essere il cognato della partner di Elena, anch’essa scomparsa nella medesima occasione. Giordano indirizza Rebecca verso un paesino montano, Timere, stranamente cancellato dalle mappe. Rebecca vi si precipita ed è accolta in modo ambiguo e minaccioso dal commissario locale. Trovato alloggio nell’unica locanda del paese, Rebecca vi fa conoscenza con una coppia di turisti capitati lì per caso. Ma soprattutto Rebecca conosce il misterioso e affascinante benefattore locale, Caleb, che si mostra molto gentile e ospitale. Come Rebecca e gli altri presto scopriranno, però, Caleb ha un terribile segreto.

D'Antona & family. Una produzione curiosa ma soprattutto coraggiosa quella della L/D production company, completamente slacciata da accordi con major o grandi nomi conservando un suo percorso di crescita autoriale e indipendente.
Dopo Wicked GiftFino all'inferno e Last Heroes, CALEB rappresenta sicuramente una svolta in termini tecnici, di budget, di performance, di scene d'azione e momenti splatter.
Senza osare o dire nulla di nuovo, la trama infatti è semplice e basilare, quello che però lascia subito un marchio di maturità e consapevolezza è l'uso della mdp sempre più simile a quello che D'Antona ama, ovvero il cinema di genere americano. Si passa da una citazione all'altra, ma quello che fin da subito emerge e un uso adeguato e strategico dell'atmosfera soprattutto nel primo atto e in parte del secondo. Il terzo come da abitudine del regista ci porta nell'action più esplosivo con combattimenti e resa dei conti finale.
Più di due ore e mezza per un film che si prende i suoi tempi dilatandoli, sottolineando ogni dettaglio, dando risalto ad ogni battuta e sfruttando la galleria di amici/attori che nel corso della filmografia hanno saputo dare il loro peso soggettivo (certo chi più chi meno, passando prove convincenti ad alcune decisamente amatoriali) ma in questo difendo la scelta, quando poteva d'altra parte avvalersi di un cast più maturo, invece per fratellanza e rispetto sceglie sempre la sua squadra.
E'una dichiarazione d'amore per il cinema, passando da Stoker, creando una sorta di Caleb/Jonathan Harker invertito (elemento che ho molto apprezzato), passando per territori e sentieri che portano ad una città dimenticata e assoggettata al loro leader che come ricorda la locandiera "noi siamo in debito con Caleb" volente o nolente mi ha fatto venire in mente il cult di Carpenter con la battuta in cui Egg Shen ricorda Jack Burton, anche qui come per Harker, invertendo i poli visto che si parla del Caleb salvatore ovvero il "non morto".
Timere poi è una bella Innsmouth da scoprire, anche se ha poche location ma tutte utilizzate al meglio come il teatro, la chiesa e le vie che ancora una volta fanno onore al nostro paese e tutti i borghi sepolti dal mistero ancora da scoprire.
Il mood poi di cercare di alzare la posta in gioco come in questo caso l'elemento erotico, i bagni di sangue, le orge, i baci saffici e i nudi, non vengono usati in maniera gratuita ma sono messi al servizio della storia per dare quell'elemento in più e arrivando ad alcuni momenti in cui per la prima volta D'Antona raggiunge l'apoteosi nel suo concetto di horror. Per quanto concerne l'estetica, è un'opera in cui color correction, post produzione, sound designer, fotografia e montaggio fanno la differenza a volte in maniera troppo massiccia quasi a voler rincorrere un modello come quello di Refn giusto per fare un nome e poi un uso a mio avviso del sogno troppo abusato.
Caleb è un film di cui andare orgogliosi, un'opera matura e raffinata. Un continuum di soluzioni narrative, di cambi di rotta, di cinema di genere, osando e sfidando le avversità come in una tempesta ma uscendone con incisivi limati a dovere e tanta sete di sangue che spero continui ad accompagnare le avventure del giovane autore.



domenica 22 novembre 2020

Oltre il guado


Titolo: Oltre il guado
Regia: Lorenzo Bianchini
Anno: 2014
Paese: Italia
Giudizio: 4/5

L'etologo e naturalista Marco Contrada rimane intrappolato all'interno di un villaggio su cui regna una misteriosa maledizione.

E poi arrivano le sorprese quelle belle. Un ottima prova quella di Bianchini, un horror low budget che sfrutta quanto di meglio possa regalare, strizzando l'occhio ad un certo tipo di found footage e mockumentary, usando la mdp nella maniera più funzionale possibile, azzerando attori e recitazione e giocando tutto con un atmosfera inquietante e un senso di smarrimento che accompagna protagonista e spettatore. Un luogo imprecisato in una campagna nebbiosa dove la solitudine imperversa e dove il nostro Marco svolge un lavoro quasi da eremita documentando i danni di cinghiali e riprendendo delle non meglio precisate situazioni in cui comincerà a vedere sembianze anomale. Ombre di quelle che a tutti i versi cominciamo a scoprire come una maledizione a danno di alcune bambine in una località sconosciuta oltre il fiume. I pro sono tanti a riprova che con una buona idea si possono confezionare un buon lavoro puntando su ciò che si ha senza montarsi la testa. Alcune scene creepy funzionano a dovere e alcune immagini con le bambine riescono davvero a incutere paura e creare un mood inquietante. Pochi, quasi nessuno, gli errori di script e di messa in scena tra i quali è doveroso ammettere una lacuna come nella scena del furgone che misteriosamente sparisce (non saranno state le bambine spero..) forse volendo lasciare quel senso di mistero e sospensione dell'incredulità.
Per il resto ci troviamo di fronte ad un'opera matura fatta di silenzi, dialoghi a zero se non contiamo la coppia di vecchi sloveni e l'unità presente nel finale a supervisionare ciò che sta accadendo.




Legame


Titolo: Legame
Regia: Domenico Emanuele de Feudis
Anno: 2020
Paese: Italia
Giudizio: 3/5

Durante una visita alla madre del suo fidanzato nel sud Italia, una donna cerca di difendersi dalla misteriosa e pericolosa maledizione che ha colpito la figlia.

Il Legame cerca come può, difendendosi molto bene, di articolare un folk horror nostrano ambientato in Puglia con superstizioni, incantesimi, credenze arcaiche, esoterismi, trasformazioni, streghe, guaritrici e rituali.
Sembra quasi impossibile poter tradurre queste etichette in un film italiano ad opera di un regista che dopo un cortometraggio e diverse esperienze come assistente alla regia prova a dare il meglio con un'opera ambiziosa e coraggiosa che scava nel substrato etnico-religioso per mostrare un dramma mistico e rurale. Una prova di come possano ancora ad oggi scontrarsi mentalità arretrate o secolarizzate a dispetto di una donna al passo coi tempi che non riesce a vedere quella parte mistica come qualcosa di possibile almeno fino a quando Sofia, sua figlia, non comincia a vaneggiare e viene infine rapita da una "strega" dopo essersi addentrata nel bosco.
Il terzo atto, quello dove l'azione ha un forte impatto nella narrazione, riesce a regalare quanto di meglio grazie ad un make-up, quello della strega, assolutamente funzionale e un rito che riesce a prendersi sul serio staccandosi da quell'amatorialità che spesso è materia celebrale di tanti horror italiani. La fascinazione possiamo dire rappresenta un ottimo spunto di originalità spiegata come condizione psichica di impedimento e di inibizione, e al tempo stesso un senso di dominazione, un essere agito da una forza altrettanto potente quanto occulta, che lascia senza margine l'autonomia della persona.

Shortcut


Titolo: Shortcut
Regia: Alessio Liguori
Anno: 2020
Paese: Italia
Giudizio: 3/5

Un gruppo di giovani studenti rimane intrappolato nello scuolabus, dopo che una misteriosa creatura ha invaso la strada. Il tempo scorre e ad ogni minuto che passa diminuiscono le loro possibilità di sopravvivenza contro le ripetute minacce di quell'entità.


Liguori continua a confezionare horror nostrani con attori stranieri come spesso accade nel cinema italiano. Un prodotto per le piattaforme streaming che nel totale insuccesso commerciale italiano, ha semplicemente fatto il botto negli Usa confermandosi un prodotto commerciale furbetto nello strizzare l'occhio all'adventure-fantasy che piace e in questo caso regala un film di formazione di cinque sedicenni alle prese prima con un maniaco e poi con un mostro.
La storia non aggiunge altro dal momento che possiamo tranquillamente dividerla in due atti contando che due solo le location, il bus e i sotterranei.
Gioca d'astuzia Liguori, c'è violenza e sangue ma in dosi da pubblico mainstream, i personaggi sono caratterizzati poco ma abbastanza bene e il mostro forse rimane il mistero più grosso dal momento che si lesina sull'approfondimento per cercare di puntare tutto sull'azione, tra inseguimenti, prove iniziatiche, sacrifici e senso di ribellione.
Rimane un prodotto anomalo questo Shortcut che non riesco a capire sinceramente se mi sia piaciuto o meno. Si lascia guardare, a livello tecnico supera la prova, gli interpreti di certo alzano l'asticella a confronto di imbarazzanti prove italiane che non avrebbero giovato, ma per il resto sembra un'esame fatto e confezionato apposta per l'estero per un mercato preciso che ama questi prodotti ma in fondo non vuole altro che intrattenimento.

martedì 17 novembre 2020

Buio Omega-Beyond the darkness


Titolo: Buio Omega-Beyond the darkness
Regia: Joe D’Amato
Anno: 1979
Paese: Italia
Giudizio: 4/5

Francesco è un giovane ragazzo che in seguito alla morte dei genitori diventa psicolabile e possessore di un ingente quantità di soldi e di una vasta villa. Il ragazzo passa il tempo con Iris donna molto piu’ grande, enigmatica, la quale vuole diventare a tutti i costi moglie di Francesco per aquisirne i soldi. Iris uccide così la ragazza di Francesco, possibile usurpatrice degli averi grazie ad una magia vodoo di una vecchia.
Francesco decide così di riesumare il corpo della ragazza, Anna, per imbalsamarlo e tenerlo in casa.
Non sapendo che la colpevole è Iris, perde ancora di piu’ la testa e comincia ad uccidere alcune ragazze per poi bruciarle. Ma Iris non è d’accordo a tenere il corpo di Anna in casa.
 
Interessante horror firmato da Joe D’Amato.
La storia è originale, soprattutto per come vengono sviluppati i rapporti tra Francesco e Iris, che talvolta sembrano vittima e carnefice per poi scambiarsi i ruoli, bellissima anche a tal proposito la scena in cui Francesco si fa quasi allattare da Iris, tema ripreso da svariati registi più avanti negli anni, che rappresenta una sorta di madre/amante e una complice per gli omicidi.
Anche il personaggio che si vede solo talvolta dell’investigatore viene caratterizzato bene, sembra anche lui affascinato dalle vittime e spia con una curiosità morbosa quello che succede all’interno della villa.
L’atmosfera macabra e grottesca con cui Francesco e Iris proseguono nel loro iter quotidiano diventa sempre piu’ tesa e angosciante soprattutto perché sembra che isolati dove sono siano condizionati a non poter fare altro che uccidere. Buoni gli effetti speciali che contribuiscono spettacolarità alle numerose scene splatter in cui vengono uccise e tagliuzzate le ragazze(fantastica a tale proposito la scena in cui Francesco stacca ad una ad una le unghie di entrambe le mani di una vittima). Questo ruolo di assassino è quasi solo di Francesco, visto che Iris sembra avvicinarsi alle vittime solo quando c’è da far sparire i corpi.
I Goblin contribuiscono con delle musiche degne e allucinate che creano e aumentano la tensione durante il crescendo nel film.
Nell’insieme un ottimo horror recitato anche bene da tutti gli attori con una considerazione in piu’ per l’attrice che interpreta Iris.

martedì 15 settembre 2020

Stomach


Titolo: Stomach
Regia: Alex Visani
Anno: 2018
Paese: Italia
Giudizio: 2/5

Alex è un ragazzo solitario e tormentato che vive in un posto di campagna estremamente desolato. Vittima di un passato oscuro e di un presente fatto di soprusi e umiliazioni, Alex si trova a essere vessato continuamente dai suoi colleghi di lavoro. Ma dentro il ragazzo si nasconde un male oscuro, un dolore profondo e, al tempo stesso, qualcosa di sinistro. Qualcosa che spinge per uscire, qualcosa che nutre una sete di sangue sfrenata. Un vortice di orrore e violenza si scatenerà, lasciando una scia di sangue interminabile.

Il cinema indipendente e autoriale italiano mi sta molto a cuore cercando nel tempo di non farmi mancare nulla all'appello anche se con i dovuti ritardi per lo più legati al tempo e al ritrovamento dei film.
Visani è un altro nome che mi è nuovo nel vasto panorama degli horror italiani a basso budget.
Sequenze a metà tra un'opera seriosa e un prodotto amatoriale dove l'elemento che forse prova a salvarsi di più è la fotografia almeno negli esterni per poi in realtà ricercare troppo un blu di fondo che non sempre riesce ad essere suggestivo. Stomach è un body horror che cerca di essere cruento al punto giusto, alternando una recitazione tremenda con alcune scene splatter e torture che provano a ridare enfasi e sostanza al film. Un'idea che non riesce mai a concretizzarsi del tutto diventando una mescolanza di generi e opere molto famose che Visani frulla tutte insieme senza un minimo di originalità e coerenza per sorprendere evidentemente più sul piano degli effetti e degli omicidi nonchè qualche scena di sesso e stupro che serve come sempre per i giovani mestieranti a cercare consensi facendo vedere un paio di tette a gratis.
Ho letto diverse recensioni entusiaste su questo horror underground che sono contento di aver visto e che sia stato fatto, ma a differenza di altri colleghi senza soldi, non dimostra quel passo in più lasciando una visione seppur con un buon ritmo, segnata da troppe defezioni a partire dalla storia, dallo svolgimento troppo palese e soprattutto la creatura che Alex "tiene in grembo" con un make up davvero insulso.


venerdì 27 marzo 2020

Blood Bags


Titolo: Blood Bags
Regia: Emiliano Ranzani
Anno: 2018
Paese: Italia
Giudizio: 3/5

Un mostro si aggira per i corridoi di una casa abbandonata, prendendo di mira i curiosi che vi entrano. Due amiche vi si avventurano solo per scoprire poco dopo che tutte le uscite sono state bloccate. La creatura le insegue, sempre più affamata e assetata del loro sangue. Non c'è via d'uscita.

A volte alcuni film stupiscono più per la forma, per la costruzione, per la tecnica, per come impreziosiscono i dettagli che non per la storia in sé che trattandosi di uno splatter/slasher diventa spesso e volentieri marginale.
Blood Bags nel mondo dell’indie italiano, del cinema autoriale diciamolo subito è una piacevole sorpresa.
I perché sono tanti e portano sulle spalle citazioni che non diventano mai opprimenti ma che sanno dare il giusto tono, una squisita ricerca di colori di impostazione della mdp (con alcune sequenze sofisticate e oniriche davvero funzionali) e un amore profondo per Bava in primis e Argento al secondo posto (e tutti gli altri rimangono iconici nel sotto filone). Blood Bags gioca bene le carte individuando da subito i vettori forti su cui un prodotto di questo tipo deve fare i conti, ma allo stesso tempo non punta a quella bramosa ricerca di dover fare il salto in avanti cercando sensazionalismi originali, ma preferendo una strada più artigianale fatta di iconografe in parte già ammesse, un’ottima fotografia che nell’atto finale in quella grotta fumosa trova il suo apice, cercando un mix di elementi che riescano a inserire più richiami dei generi in particolar modo il poliziesco, l’indagine, il serial-thriller cercando in più di non lasciare tutta la responsabilità a Tracy ma appoggiandosi anche sui co-protagonisti e cercando così di espandere il filone in maniera classica e mai scontata.

sabato 14 marzo 2020

Blind King


Titolo: Blind King
Regia: Raffaele Picchio
Anno: 2016
Paese: Italia
Giudizio: 2/5

Craig si è appena trasferito in una nuova casa insieme a sua figlia, cercando di riprendere le redini della sua vita dopo l'improvviso suicidio della sua compagna. Sua figlia, che dall'accaduto ha smesso di parlare, è tormentata da incubi e da una inquietante figura nera che la chiama a se. Purtroppo il trasloco non solo non sembra risolvere il problema, ma addirittura lo stesso Craig inizia a fare strani sogni in cui quella figura sembra minacciarlo di volersi prendere sua figlia. Mentre la linea che divide sogno e realtà si fa sempre più esile, la sensazione che qualcosa di spaventoso stia concretamente per scatenarsi diventa sempre più palpabile per Craig. L'unico modo per impedire la tragedia sarà cercare l’essere oscuro e affrontarlo nel suo "regno", i suoi sogni.

Nel mio bisogno personale di dover visionare cinema e horror a 360° torna l’appuntamento con l’indie italiano, quello che cerca nel low budget e nella formula della scrittura di portare a casa se non altro un risultato dignitoso che mette da parte gli effetti speciali per concentrarsi sulla scrittura e le idee.
Picchio aveva esordito con Morituris un film in fondo fedele alla sua natura quella di essere uno slasher convincente. Qui il regista deraglia completamente, il gore viene messo da parte come lo splatter (se non in qualche scena) per creare un’atmosfera decisamente più intimista e spostando i fantasmi del protagonista in un dramma famigliare padre-figlia. Tanti sono i richiami con un cinema certo più conosciuto e la camera del Re Cieco e il concetto del trapasso verso un purgatorio di espiazione e sofferenza porta inevitabilmente a scontrarsi con alcune tematiche barkiane. Anche se il film in alcuni momenti ha problemi di ritmo, la recitazione non è sempre rigorosa e alcuni minuti in meno avrebbero di certo giovato, Blind King è la speranza da parte di un autore poco conosciuto di cercare di accostarsi alle grandi produzioni hollywoodiane prendendo tante intuizioni in comune e cercando di limitarle per il piccolo schermo e per delle risorse che con i loro limiti cercano di mettercela tutta. Peccato però che proprio gli sforzi di scrittura non siano sufficienti, il film diventa telefonato dal secondo atto in avanti, tutto risulta chiaro senza mai un vero colpo di scena finale e poi il climax diventa quasi ridicolo distruggendo quel poco di buono che il film stava cercando di mantenere. Sembra una sceneggiatura scritta di fretta mettendosi troppo in contatto con outsider e cult che non andavano toccati o risvegliati.


martedì 7 gennaio 2020

Nest-Il nido


Titolo: Nest-Il nido
Regia: Roberto De Feo
Anno: 2019
Paese: Italia
Giudizio: 4/5

Un uomo nel cuore della notte cerca di lasciare una villa insieme a bambino poco più che neonato, ma un ostacolo lo manda fuori strada. L'uomo muore sul colpo mentre il bambino si salva e, dieci anni dopo, lo ritroviamo paraplegico, educato da una madre severissima e da un piccolo gruppo di borghesi che però si rifiutano di parlargli del mondo esterno. Le cose iniziano a cambiare quando una ragazzina viene presa a servizio come nuova domestica e Samuel si invaghisce di lei. La giovane lentamente sembra ricambiare e gli fa conoscere per esempio una musica diversa dalla classica che la madre gli ha sempre imposto di suonare. Questa educazione sentimentale si farà via via più dirompente...

The Nest è davvero una prova dell'ottimo stato di salute di un certo tipo di cinema nostrano.
Una favola gotica che gioca su diversi piani, come un meccanismo a orologeria che si prende il suo tempo per dipanare la storia, mettere alcuni paletti facendo intuire gli intenti e giocando sull'apparenza per cercare di non scoprire i suoi punti di forza.
Una regia quella di De Feo che irradia il cinema horror italiano, che rinforza il cinema di genere, facendo un salto in avanti molto importante e soprattutto per avere la deliziosa sfacciataggine di non sfigurare di fronte a pellicole straniere con budget altissimi.
The Nest è un'opera intima che sembra tracciare maledizioni, destini ormai segnati, rituali che non potranno mai cessare, case infestate da un malessere personale che come un virus ha contaminato tutto. A tratti sembra poter nascondere segreti come quelli di Society-The Horror altre volte risulta molto più fedele a prendere di mira i nostri maestri del cinema neogotico rinforzandolo con postille post-moderne. Un film che gioca con un'atmosfera impressionante su una sorta di oblio, lasciando il mondo esteriore lontano, come un nemico da cui prendere le distanze puntando tutto sulla magione e facendo molta attenzione a selezionare cosa entra e cosa esce, soprattutto la seconda.
Roberto De Feo alla sua opera prima compone un quadro famigliare destabilizzante, un microcosmo disturbato, paranoico e sinistro senza nasconderlo ma dandogli eros e thanatos, allo stesso tempo facendo un film moderno ma evitando facili sensazionalismi, giochi di volume, jump scared inutili ma rimanendo nel mood giusto di atmosfera e suspance.
Due parole poi sulla location, una villa costruita in un parco naturale vicino a Torino e caduta parzialmente in rovina, che la troupe ha risistemato facendone un luogo misterioso e suggestivo.


giovedì 24 ottobre 2019

Go home-A casa loro

Titolo: Go home-A casa loro
Regia: Luna Gualano
Anno: 2018
Paese: Italia
Giudizio: 3/5

Roma. Viene aperto un centro d’accoglienza per migranti, e come di consueto, manifestanti di estrema destra rivendicano quelli che credono essere i loro diritti, con un picchetto al di fuori dell’edificio. D’un tratto l’impossibile: un attacco zombie invade l’aria in cui è sito il centro d’accoglienza, morti o zombiezzati tutti i protestanti rimane solo Enrico, un fascistoide che in ultima istanza pensa bene di trovare rifugio anch’esso all’interno della casa d’accoglienza, nascondendo a tutti la sua vera identità.

Horror italiani indie low budget sugli zombie non sono stati tanti negli ultimi anni.
C'è stato End-L'inferno fuori di Misischia e poi più nulla se contiamo le opere che almeno dal punto di vista della produzione e della distribuzione possano definirsi decorose e non "troppo" amatoriali.
Portato a termine grazie ad un’operazione di crowdfunding, Go Home unisce intrattenimento e critica sociale, seguendo le orme di Romero e Peele, senza riuscire ad emergere come avrebbe potuto, prendendosi più sul serio e portando a casa qualche buona scena.
Come risultato non è male ma a livello tecnico i limiti del film sono evidenti così come gli sforzi di Gualano che però incappa in alcuni difetti e problemucci che non sono nemmeno solo tecnici.
Ci sono dei momenti di una banalità profonda e tanti stereotipi come il ragazzino che sogna di giocare al pallone sempre in silenzio con gli occhioni languidi, il gigante nero buono che viene dall'Africa, la madre (nonchè unica donna) sfuggita alla guerra che rincuora il figlio (sempre quello del pallone). Momenti dove nelle scene d'azione il vuoto è abissale come prova attoriale, per le scene horror che non provano nemmeno a fare paura e poi i pestaggi, soprattutto quello iniziale dove sembra che stiano dando dei passaggi alla palla e non prendendo a calci i manifestanti davanti al centro d'accoglienza. Senza stare a precisare un baio di battute davvero fuori luogo e imbarazzanti per dare ancora più consistenza al dramma dei migranti.
Zombie-movie in un centro d'accoglienza. Certo l'intuizione non è male, ma non lo era nemmeno Dead Set con gli zombie in Inghilterra che attaccavano i membri della casa del grande fratello. Quella piccola mini serie però era violenta, aveva tanto ritmo e gli zombie facevano paura. Qui la metafora dello zombie migrante funziona a tratti, i fasci fanno più paura, l'ansia non si avverte mai e Roma sta perdendo sempre di più se stessa e il film infine si aggrappa in troppi momenti a stereotipi rassicuranti.

sabato 8 giugno 2019

Chiesa


Titolo: Chiesa
Regia: Michele Soavi
Anno: 1986
Paese: Italia
Giudizio: 4/5

In una cattedrale gotica nella Germania dei nostri giorni accadono fatti misteriosi. I sotterranei, aperti incautamente da un bibliotecario troppo curioso, fanno uscire un'orda di creature maligne che possiedono e contaminano tutti i visitatori. La porta della chiesa si chiude misteriosamente. Tutti gli occupanti sono uccisi o invasati. L'unico che resiste è un prete di colore che, a prezzo della vita, fa crollare la cattedrale seppellendo nuovamente tutti i suoi terribili segreti.

Soavi era l'unico erede al trono di Dario Argento. Peccato che la scarsa filmografia, i problemi con le major e altri interrogativi hanno fatto sì che del regista milanese ci rimanga meno di un pugno di film, per fortuna diversi dei quali da ricordare.
Sul filone del genere neo gotico italiano, dopo i maestri che al tempo dettarono le regole indiscusse del genere, toccò a Soavi regalarci almeno due film molto importanti per l'horror, il sottoscritto e il successivo Setta. La Chiesa ha una struttura molto più complessa, si avvale delle maestranze più in voga di allora, punta su un cast internazionale e strizza l'occhio alle opere del suo mentore.
Doveva essere diretto da Lamberto Bava e uscire come terzo capitolo della saga “Demoni”, invece Bava, già in accordi con la Fininvest per dirigere la miniserie televisiva Fantaghirò, fu rimpiazzato dal suo aiuto regista Michele Soavi.
Un film molto complesso e discusso dove il tema principale, che ritroveremo in altre opere dell'autore, sembra coincidere con la geografia di un luogo (in questo caso la chiesa) che racchiude tutto il male del mondo ed è pronto a diffonderlo come riprenderà anni più tardi Carpenter con alcune sue opere.
Soavi dimostra un talento che la maggior parte dei registi odierni si sognano e tutto passa da un'accurata cura formale di ogni singolo frame e dettaglio del film dove nulla è riposto a caso.
Come per Inferno(1980) di Argento anche in questo caso il confine tra fantasy e horror e labile aprendo le porte a diversi spunti. Dai cavalieri teutonici, il medioevo, le streghe, le rune celtiche, passaggi segreti, creature orrende, trabocchetti nascosti nella chiesa nemmeno fosse una piramide egizia.
La chiesa rappresenta uno dei migliori esempi dell’ultimo periodo del cinema horror italiano.
Seppur con qualche strafalcione nel secondo atto che ammorba un po il ritmo e il susseguirsi delle azioni, tutta la parte del gruppo di personaggi bloccata nella chiesa alle prese con le entità demoniache è perfetta, fino ad arrivare alle fosse comuni dove venivano gettati gli eretici e dove alcuni si risvegliano decisamente furibondi con la santa madre chiesa.