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mercoledì 25 maggio 2016

Desde Allà

Titolo: Desde Allà
Regia: Lorenzo Vigas
Anno: 2015
Paese: Venezuela
Giudizio: 4/5

Armando Marcano è un cinquantenne venezuelano che gestisce un negozio di protesi dentarie da lui stesso messe a punto con perizia tecnica e diligente attenzione al dettaglio. Nel tempo libero Armando adesca ragazzi di strada che fa spogliare davanti a lui, senza toccarli. Uno di questi è Elder, che però non si lascia svestire, e lo apostrofa dandogli della "checca". Se Elder è orfano di padre, Armando vorrebbe vedere il proprio padre morto. Ma a poco a poco fra i due si instaura un legame che sfugge alle definizioni e che ha molto più a che fare con i rapporti di potere fra classi sociali destinate a rimanere rigidamente separate che con una sessualità per Armando confinata al solipsismo.

L'opera prima di Vigas è potente e affascinante.
Prima di tutto per il contesto sociale, la caotica e agitata Caracas che non capita spesso di vedere al cinema in cui il rumore e i movimenti continui e senza sosta piombano lo spettatore in un caos urbano in cui i giovani, soprattutto, sembrano avere tutto sotto controllo in una dimensione per certi versi pasoliniana.
Ed è qui che conosciamo il nostro Elder camminando dietro le spalle del nostro protagonista che preferisce comprare piuttosto che toccare.
Entrambi senza padre, entrambi assetati di vita e di conoscenza, i soldi come gli affetti, il contatto fisico come la mancanza, la violenza come normalità, la curiosità come mordente alla noia quotidiana e poi l'amore, sono sempre opposti come le età dei due protagonisti che di fatto riescono a fare in modo che tutto alla fine rimanga in equilibrio.
Desde Allà è un queer anomalo, originale e fresco, spontaneo e mai volgare che indaga sulla relazione tra età differenti sull’identità sessuale dal punto di vista psicologico emozionale.
Tratta un tema spinoso senza soffocarlo con immagini esagerate, tant'è che riesce in una sfida difficilissima ovvero creare ancora più angoscia senza farci vedere quasi mai i corpi nudi ma percependo tutto dagli intensi occhi di Armando.
La pellicola sfiora la tragedia senza mai abbracciarla grazie ad alcuni colpi di scena che arrivano glaciali come pallottole. Delizioso anche se devastante la reazione dei coetanei e della madre quando scopre "l'omosessualità"del figlio, il quale diventa succube di Armando trovando in lui tutto quello che ha sempre cercato. Tante scelte e tanti elementi sono soggetti a diverse interpretazioni come per l'intenso finale ricorrendo poco ai dialoghi e confidando su gestualità e sguardi.



domenica 1 dicembre 2013

Pelo Malo



Titolo: Pelo Malo
Regia: Marianna Rondon
Anno: 2013
Paese: Venezuela
Festival: TFF 31°
Giudizio: 3/5

In una megastruttura abitativa della periferia di Caracas, Junior, nove anni, vive con la giovane madre Marta, vedova e disoccupata. I rapporti tra i due sono tutt’altro che amorevoli: a disturbare Marta è l’ossessione del figlio per il proprio aspetto; dal canto suo Junior vorrebbe soltanto potersi stirare i capelli, crespi e scarmigliati, così da fare bella figura nella foto di classe. Per Marta, però, impegnata nella quotidiana lotta per la sopravvivenza, i vezzi del figlio risultano intollerabili, tanto da arrivare ad accusarlo di ambiguità sessuale. In un crescendo di soprusi e incomprensioni, Junior si troverà a dover affrontare in modo doloroso le frustrazioni della madre, resa cieca dalla sua stessa vulnerabilità.

Diciamo che non capita spesso di trovarsi a visionare pellicole venezuelane. I festival d'altronde servono anche e soprattutto a questo, dunque a far conoscere sprazzi di quotidianità e di elementi culturali spesso a noi sconosciuti. Pelo Malo in tutto questo non punta a nulla di antropologicamente interessante, ma riprende una vicenda molto realistica puntando tutto sul viaggio di formazione e un piccolo viaggio dell'eroe di Junior.
Eppure di idilliaco in questo film non c'è davvero nulla. La situazione infatti è di quelle davvero disastrate. Non solo la madre è vedova e disoccupata (prova a riprendersi il lavoro da sorvegliante dal quale è stata licenziata), ma c’è di mezzo pure una nonna disposta anche a pagare per poter allevare un bambino (la nuora ha un altro figlio oltre a Junior, e alla nonna ne basta uno qualunque).
Un film che apparentemente sembra puntare tutto su una fotografia, il sogno di Junior, e la paura della madre che possa diventare gay.
Un fatto che desta non poca serenità.
La periferia di Caracas ti assorbe, con un lavoro di audio e con una fotografia molto attenta ai dettagli e la quotidianità della gente comune che ti assorbe in alcuni casi per il disagio e l'egoismo che diventano moniti reali e sacrosanti per non essere sopraffatti.
Una realtà in cui per i bambini l'unica ancora di salvezza e la televisione e le sue promesse di successo e fama.
E'proprio vero che è un film crudele sull'impossibilità dell'amore tra madre e figlio, però è anche vero che quando Marta e Junior ridono e si osservano ti viene solo da piangere.