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martedì 17 gennaio 2017

Tenemos la carne

Titolo: Tenemos la carne
Regia: Emiliano Rocha Minter
Anno: 2016
Paese: Messico
Giudizio: 3/5

Fratello e sorella si introducono in un edificio fatiscente. All'esterno, una non meglio precisata situazione post-apocalittica. A dispetto delle apparenze, i due non sono soli e ben presto si trovano a spartire la convivenza con un terzo personaggio, una mefistofelica presenza che li inizia a viaggio interiore all'insegna del piacere e della violenza più estremi.

We are the flash è l'opera prima del giovane regista messicano Emiliano Rocha Minter di ventisei anni. Tenemos la carne, il titolo originale, è un film potente, mistico ed "esoterico", messicano quanto cileno per alcuni aspetti sui guru e gli sciamani, e un film sull'iniziazione con una quantità di scene menzionabili impressionanti e allo stesso tempo quel tipico film che come per BASKIN aspettavi con ansia per rimanere invece solo parzialmente soddisfatto.
La prima impressione è quella di trovarsi di fronte ad un esordio che grida a Noè (il giovane regista ha sottolineato le sue aspirazioni e ambizioni e i punti di riferimento) in un film che trova nel lato estetico e nella forma i punti di forza, ma che quando deve confrontarsi con la trama, mostra tutti i suoi limiti. Proprio se avesse lavorato di più sulla storia e gli obbiettivi dei personaggi e non sui particolari anatomici e le scene di sesso tra fratello e sorella avrebbe giovato di più, concretizzando idee che qui sembrano solo espedienti per ingranare la marcia del politicamente scorretto.

Sono tanti i temi e sotto-temi presenti nel film: incesti, necrofilia, cannibalismo, violenza, orge, scenario post-apocalittico, un mentore luciferino che sembra di nuovo uscito da BASKIN, rituali di purificazioni, vittime sacrificali, il grembo materno (l'edificio come metafora di ciò che sta fuori anche qui per l'ennesima volta riconducibile a BASKIN) e prodotto fra gli altri da Yann Gonzaleze da Carlos Reygadas, con il sostegno di Alejandro G. Iñárritu. Secondo me il lavoro di Minter, da tenere comunque d'occhio d'ora in avanti, è troppo spesso un esercizio di stile sulla politica della violenza, ovvero detto in modo molto veloce, denunciare con la scusa del voler scandalizzare a tutti i costi, le atrocità del paese sfruttando l'horror e le sue caratteristiche. Un principio ormai ampiamente sfruttato nel genere che può portare anche, ma non in questo caso, ad importanti spunti di riflessione. Qui se le basi c'erano tutte e il prodotto è suggestivo e malato quanto basta se non di più...alla fine appare esagerato e plateale come una sorta di opera autoreferenziale. Il problema di questi film è che sono per gli amanti del genere fastidiosamente affascinanti proprio come BASKIN.