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mercoledì 20 febbraio 2019

House that Jack Built


Titolo: House that Jack Built
Regia: Lars Von Trier
Anno: 2018
Paese: Danimarca
Giudizio: 4/5

Usa Anni '70. Jack è un serial killer dall'intelligenza elevata che seguiamo nel corso di quelli che lui definisce come 5 incidenti. La storia viene letta dal suo punto di vista che ritiene che ogni omicidio debba essere un'opera d'arte conclusa in se stessa. Jack espone le sue teorie e racconta i suoi atti allo sconosciuto Verge il quale non si astiene dal commentarli.

Sbaglio o Von Trier sta piano piano diminuendo il tasso di violenza presente nei suoi film.
Sembra un assurdo ma mi sembra proprio che le storie siano sempre più indirizzate sulla descrizione del microcosmo in cui vivono i personaggi e non invece il mondo esterno da cui è meglio stare alla larga. Allora è meglio costruirsi una sorta di tana, di caverna, di rifugio fatto con i corpi delle persone dove nascondersi e raggiungere l'Ade, il centro della terra, il paradiso che forse tutti venerano perchè dimostra di non essere poi così noioso.
Le opere di Lars Von Trier non lasciano scampo. Volente o no, sono esperienza che cambiano, che ti sconvolgono, che ti lasciano qualcosa prima di dilaniarti e poi quando hai smesso di vederle dopo giorni e giorni vengono a bussarti alla porta con l'espressione da pazzo furioso che solo un attore pazzo come Dillon può regalare in questo modo.
Un'opera che si prende i suoi tempi, racconta ciò che vuole come gli pare, non ha nessuna regola da seguire ma si sviluppa con l'umore variabile del suo indiscusso autore centrando il bersaglio.
In un'epoca sempre più promotrice del remake, della mancanza di originalità, dei film fatti per piacere agli stessi registi, per compiacere il pubblico, in anni dove l'estetica ha preso il posto della storia ovvero il cuore del film, abbiamo un Jack post contemporaneo che sfugge ad ogni sorta di decifrabilità per fare semplicemente ciò che gli pare seguendo un suo iter a tratti bizzarro.
I traumi sembrano essere il vaso di Pandora del regista da cui emerge sempre tutto e in quanto tali, bisogna soffermarsi inquadrarli, guardarli attentamente, dando nomi e cercando di analizzarli rimanendo però distanti per non farsi male.
Le opere dell'autore sono dei transfert psicoanalitici, in grado di generare dubbi e paure, di ampliare fenomeni complessi e ridicolizzare i buoni costumi o la morale di una società sempre più senza valori.
Lars Von Trier è uno dei registi più capaci, violenti e complessi della sua generazione. A parte qualche deviazione non sbaglia mai e la risposta è perchè ha molto da dire al di là di come venga recepito da pubblico e critica.
Dimenticavo l'addio di Bruno Ganz in questo film davvero fondamentale
Questo film è straordinario, rigoroso, essenziale, malato, ipnotico, celebrale, stralunato, folle, maniacale, ossessivo, perciò ancora una volta la risposta è: Sì.