Titolo: Tribe(2014)
Regia: Myroslav Slaboshpytskiy
Anno: 2014
Paese: Ucraina
Giudizio: 4/5
Ucraina. Sergey, giovane sordomuto,
arriva in un Istituto dove dovrà restare a lungo. Viene subito
sottoposto a violenti rituali di iniziazione da parte dei capi di una
banda che detta legge. Le due ragazze più attraenti vengono fatte
prostituire di notte andando a cercare clienti tra i camionisti di un
parcheggio. Sergey si innamora di una delle due, Anna, e viene
ricambiato. Non sa però che uno degli istitutori sta dandosi da fare
per mandarla in Italia.
Rivoluzionario e coinvolgente sì,
capolavoro no.
Parlato interamente con il linguaggio
dei segni, l'esordio del regista ucraino dal cognome impronunciabile,
è una lenta e drammatica storia di passaggi di formazione e un
viaggio dell'eroe nemmeno così tanto atipico.
E'atipica la messa in scena, l'uso
delle inquadrature con lunghi piani sequenza e un ritmo che seppur
per più di due ore e senza una parola, non diventa mai noioso, in
particolare senza abbassare mai i toni.
Ed è un film che a differenza di
molti, proprio per questa sua caratteristica principale circa il
linguaggio, ti fa diventare un testimone attento dei fatti cercando
di sondare ogni significato e ogni scelta da parte dei suoi
protagonisti.
Dall'interno del collegio/prigione di
Kiev dove si svolge la vicenda, al mondo criminale che sembra quasi
necessario per sopravvivere, al sesso come arma di sfogo per la noia
mortale, alla prostituzione come unica risposta alla crisi economica,
e infine l'Italia che non sembra fare proprio bella figura come
paradiso in cui tutte le difficoltà e il benessere sembrano la
chiave di volta.
Alcuni passaggi e sequenze comunque, a
distanza di tempo, appaiono indimenticabili seppur nella loro
semplicità e concretezza, un pregio che non è facile dimenticare
soprattutto per chi ha una fruizione di film imponente.
Cinema puro lontano da ammiccamenti e
forzature, autoriale nelle viscere e negli intenti, lento e
drammatico come il corso della vita e attuale e d'impatto come solo
alcuni grandi film sanno essere.
Slaboshpytskiy ci è riuscito
raccontando di una tribù di individui decisamente reali per intenti
e scopi collettivi partendo da una festa e finendo in una tragedia.