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mercoledì 20 giugno 2012

Viaggio in Paradiso


Titolo: Viaggio in Paradiso
Regia: Adrian Grunberg
Anno:  2012
Paese: Usa
Giudizio: 2/5

Driver sta cercando di passare il confine messicano a bordo di un'auto piena di soldi sporchi quando viene arrestato dalla polizia. Sa bene che per lui si aprono le porte di un carcere da incubo dove imparerà a sopravvivere anche grazie all'inaspettato aiuto di un bambino di nove anni che nasconde un terrificante segreto...

Abbagli.
Sì perché l’opera prima di Grunberg con protagonista quello che resta di Gibson, ha un inizio che sembrava valere la pena. Denuncia le condizioni di vita carceraria e mostra un microcosmo abitativo all’interno di El Pueblito in cui vince la legge del più forte ma soprattutto del più furbo.
La storia funziona anche quando Drive trova il bambino ma poi dopo un po’ sembra di vedere MAN ON FIRE con Gibson che prende le granate al volo e le rilancia contro i nemici (assurdità oltre ogni limite) per poi passare a far vedere come il solito gringo appare più scaltro e più furbo di tutta la prigione messicana, dovendo salvare madre e figlio ingiustamente prede di carnefici spietati e riuscendo a tramare piani e portare a termine una lotta contro la corruzione che farebbe scoppiare in un mare di risate qualsiasi cartello della droga messicana.
Forse per William Wallace tutto ciò è possibile, ma nella sceneggiatura, in cui ritroviamo lo stesso Gibson in veste anche di produttore etc (chissà come mai), a fare i conti con quello che sembra in buona parte un film reazionario, la frittata non funziona e ancora una volta fa pensare sull’ideologia che muove alcuni tipi di pellicola.
La cosa che lascia davvero perplessi comunque a parte la velata ideologia di fondo, è il fatto che mentre si poteva ampliare un discorso sociale davvero interessante e di denuncia sulla realtà del Pueblito, riprodotto fedelmente e con un ottima catarsi degli attori e una scenografia da b-movie, tutto è rigorosamente confezionato su Gibson che deve cercare dopo tutti gli scandali di cercare una nuova redenzione.
Ma il cinema non è la vita reale…e questo speriamo che lo sappiano anche Gibson e Grunberg