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lunedì 20 luglio 2020

Racconti Della Cripta - Il Piacere Del Sangue


Titolo: Racconti Della Cripta - Il Piacere Del Sangue
Regia: Gilbert Adler
Anno: 1996
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Vincent Prather riporta in vita Lilith, la signora di tutti i vampiri per scopi inizialmente religiosi. Infatti il reverendo J.C Current ha aperto un bordello di vampire in modo da attirare i maschi libidinosi e farli uccidere come punizione dei loro peccati. L'unico modo per tenere a bada Lilith è una chiave contenente il sangue di Cristo (la stessa apparsa ne Il cavaliere del male).

I racconti della cripta non hanno mai puntato a fare paura quando a divertire e regalare storie strampalate con tanto ritmo e mostri. I risultati sono altalenanti . Il CAVALIERE DEL MALE è sicuramente il migliore grazie a Billy Zane e anche RITUAL è migliore rispetto a questa farsa sui vampiri diretta dal buon mestierante Adler. Sceneggiato da Bob Clark e Robert Zemeckis, il film vola continuamente da una citazione all'altra, mostra Lilith la regina dei vampiri, vixen dalle tette siliconate, un reverendo corrotto ma dal cuore buono, il solito detective che non aggiunge molto ad un personaggio stereotipatissimo e i vari figuranti come Corey Feldman e Chris Sarandon (il reverendo) già visto nel primo Fright Night(1985).
Tanto goliardismo, una mattanza nel bordello che sembra figlia di DAL TRAMONTO ALL'ALBA, tanto senso dell'umorismo e ignoranza eroica portata agli estremi, un film che per i fan è nostalgia pura e avventura più che horror, un film semplice, accattivante che regala solo qualche momento splatter ma per il resto fa sorridere molto e fa rimpiangere un certo tipo di cinema mainstream che sembrava un enorme giocattolo con scenografie traballanti e make-up old school.
L'antefatto tra Crypt keeper e la Cosa figlia del dottor Frankenstein è l'aspetto più triste e scialbo.


Assassins(1996)


Titolo: Assassins(1996)
Regia: Richard Donner
Anno: 1996
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Durante l’esecuzione di un contratto, un killer professionista si ritrova fra i piedi un collega più giovane. Credendo di essere il suo bersaglio, invece di uccidere la vittima designata chiede un riscatto al committente in cambio di un importante dischetto.

Donner è quasi sempre stato sinonimo di garanzia nel cinema d'intrattenimento e non solo, sapendo destreggiarsi in qualsiasi genere e regalando alcune pietre miliari. Per quanto concerne l'azione poi ha saputo imporsi con una trilogia che ha fatto la storia del genere poliziesco in un buddy movie inserendo ironia e legami famigliari forti.
Con una sceneggiatura forte dei fratelli Wachowski, i quali sembrano poi averla ripudiata vista la fase di riscrittura, e avvalendosi di importanti incursioni con il cinema orientale d'azione che fino ad allora aveva già fatto degli importanti passi in avanti rispetto al cinema mainstream americano, Donner punta tutto su un triangolo di attori dove se Stallone nel ruolo del killer pentito è troppo didascalico, Banderas è troppo fuori dalle righe, mentre la Moore rimane la migliore in parte.
Più di due ore per un film che regala azione a profusione, sparatorie e combattimenti, omicidi ed esecuzioni a raffica il tutto senza far venire meno una trama che poteva essere più scontata ma che invece regala dei buoni cambi di manovra. La scena di Banderas che impazzisce al caldo aspettando Stallone è da manuale così come alcuni momenti perfettamente inseriti nel ritmo infallibile, nella tensione altissima, nei colpi di scena curiosi ed intelligenti come quelli degli gli “occhi” delle vittime e in alcune trovate d’effetto mai banali. Anche la scena in cui i due killer si trovano di fronte per la prima volta riesce ad esprimere bene lo scontro tra sicurezza e fiducia di sè contro la follia più totale assolutamente incontrollabile e difficile da prevedere.

mercoledì 1 luglio 2020

Space Truckers


Titolo: Space Truckers
Regia: Stuart Gordon
Anno: 1996
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Futuro: un “camionista spaziale” scopre che sta trasportando verso la Terra cyborg letali solo quando viene assalito dai pirati

Gordon è sempre stato un regista che si è preso molto sul serio nonostante diversi suoi film abbiano budget limitati e vengano definiti come b-movie (come se fosse un insulto). La parodia e l'ironia di fatto non sono etichette riassumibili al cinema di genere del noto regista ma questa avventura sci fi attorno alla terra è un divertissement davvero fuori dagli schemi con diversi spunti originali nella messa in scena, momenti irresistibili, tanti personaggi indimenticabili e azione e una nota grottesca alla base come a scardinare tutti i luoghi comuni della fantascienza.
Un film che fa della sua contaminazione trash uno dei marchi di fabbrica per un truck movie degno di spazi siderali e una profezia sul marcio che ci aspetterà in un futuro prossimo.
Tanto intrattenimento, momenti comici, dialoghi sempre sopra le righe come d'altronde la caratterizzazione di alcuni personaggi.
Hopper da solo traghetta tutto il film lasciando Dorff e Mazar a imparare com'è il mestiere dell'attore e lasciando porte aperte alla scelta di un villain che ormai abbiamo imparato ad amare in tanti cult come Bambino d’oro e Last action hero e parlo ovviamente di Charles Dance e il suo corpo deturpato e il suo famoso fallo ad avviamento con cui dovrà vedersela la femme fatale Mazar.
Un film che avrebbe dovuto esplodere di più nel suo essere sporco, marcio, grottesco, ironico, con scene d'azione dove la componente splatter avrebbe dovuto esagerare ancora (la strage dei cyborg nei confronti dei pirati) così come alcuni colpi di scena che potevano essere resi meglio.


domenica 27 ottobre 2019

Mars Attack


Titolo: Mars Attack
Regia: Tim Burton
Anno: 1996
Paese: Usa
Giudizio: 4/5

I marziani prendono contatto con la Casa Bianca e chiedono di atterrare sulla Terra. Ma sono violenti, sadici e con una gran voglia di distruggere tutto e tutti. L’esercito è impotente, il Presidente non sa che cosa fare, il paese è allo sbando. Chi potrà salvare la situazione?

Pochi film hanno avuto un cast stellare come il film di Burton anche se parliamo in alcuni casi di comparsate. Mars Attack è la risposta dell'autore che omaggia la sci-fi quella datata che ormai le nuove generazioni non prendono neanche in considerazione. Rimanendo sulla scia del grottesco come BEETLEJUICE, il settimo film esplode rimescolando le tematiche sugli alieni, lavorando sull'estetica cercando di fargli sembrare quasi dei cartoni animati per smussare così la loro indole malvagia di distruzione totale. Questa è stata l'idea più originale, politicamente scorretta e innovativa del film, ma d'altronde parliamo di un Burton che non aveva ancora le catene della Disney e partoriva un sacco di idee interessanti e non solo per bambini. La parodia del film è equilibratissima, con una satira feroce che non risparmia proprio nessuno, gioca su tanti paradossi, è anarchica, punkaiola, fa ridere, vive di momenti spassosi e allo stesso tempo lascia sbigottiti per la crudeltà degli alieni e ridicolizza i valori e i miti della società americana. Lo stesso anno usciva INDIPENDENCE DAY che non vale nemmeno l'unghia del film di Burton nonostante al tempo aveva dei fasti mica da ridere per quanto concerne la c.g
Certo l'unica debolezza è quella di non vedere alcuni attori impiegati al meglio ma solo in piccoli sketch quasi sempre sopra le righe rendendoli detestabili e assurdi quasi quanto gli alieni.



venerdì 9 agosto 2019

Sleepers


Titolo: Sleepers
Regia: Barry Levinson
Anno: 1996
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Quattro giovani ladri, finiti in riformatorio negli anni sessanta per l’uccisione accidentale di un passante, vogliono vendicarsi delle angherie subite dalle guardie.

Sleepers è prima di tutto una parata di star alcune di grande successo, altri meno e infine qualcuno che non c'è l'ha fatta. Gassman, Hoffman, De Niro, Bacon, Pitt, Patric, Crudup, Renfro.
Sleepers non è esente da difetti, anzi, ma rimane un film importante con una vicenda davvero disturbante nonostante i film sugli abusi e sul carcere siano un tema ricorrente da anni a questa parte. Quello che colpisce al di là di alcune intense interpretazioni, è l'atmosfera del film, soprattutto nella prima parte, che sembra rimandare a Scorsese ma anche ad un certo cinema di genere. Ci sono pro e contro nel film, scelte che si possono ritenere giuste o valide e altre discutibili. Uno dei pochi film in cui la voce narrante non è un punto debole ad esempio.
Come nel conte di Montecristo citato a profusione, la vendetta va preparata e infine sfruttata nella maniera più funzionale quella per le strade ma soprattutto nell'aula di tribunale. Ci sono vari stereotipi che proprio sulla parte finale e i personaggi chiamati in causa, sostengono la giustizia privata attraverso la manipolazione della legge e della fede cattolica (il giuramento del prete De Niro) dando al film pregi e momenti debolucci in un altalenarsi dove i difetti sembrano andare di pari passo con la strategia per confezionare la vendetta.
Il coraggio di Levinson non si risparmia specie nelle scene in riformatorio, Rizzo il nero come capro espiatorio, le urla dei ragazzi nei corridoi mentre vengono abusati e torturati, l'incidente scatenante iniziale..il dialogo con Bacon da parte di Tommy e John.



sabato 10 settembre 2016

Fuga da Los Angeles

Titolo: Fuga da Los Angeles
Regia: John Carpenter
Anno: 1996
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

2000: un terremoto ha staccato Los Angeles dalla terraferma. Il Presidente degli Stati Uniti ne è felice, per quanto amorale e criminale è la città. Ma proprio sua figlia ruba una potente arma e la consegna al boss ribelle della metropoli. Iena Plissken al recupero.

Carpenter è uno dei migliori registi in circolazione "in assoluto" per quanto concerne il cinema di genere. Solo lui poteva rinarrare le gesta di Jena conferendogli un'esagerazione e una strabordante dose di azione così funzionale, spaccona e divertente.
Tutta la storia è un concentrato di violenza, tamarraggine, trashate a gogò e dialoghi sboccati senza nessun bisogno di prendersi troppo sul serio.
E' vero poi, è questo con Carpenter bisogna sempre ricordarlo, che c'è sempre un risvolto politico, una presa di posizione, in questo caso sulla dittatura dei vari governi e su alcuni inquietanti cambiamenti come i chirurghi estetici per finire sul pessimismo cosmico di spegnere un mondo senza libertà.
Il cambiamento drastico, per un regista che del b-movie ha saputo tirarne fuori l'oro, è il budget che supera i 50 ml a differenza dei 7 del primo capitolo.
Infatti la c.g è prepotente in quasi tutte le scene e la color correction sparata a mille fa il resto.

Un divertissement non all'altezza di altri suoi film ma nemmeno con le stesse ambizioni e se paragonato alle schifezze che ci circondano rimane un gioiello.

martedì 6 settembre 2016

Beavis e Butt-head ad Alla Conquista Dell'America

Titolo: Beavis e Butt-head ad Alla Conquista Dell'America
Regia: Mike Judge
Anno: 1996
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

I due intraprendenti adolescenti si svegliano scoprendo che la loro televisione è stata rubata. Da li comincia la loro avventura in viaggio intorno all'america alla ricerca della tv, durante il quale incontreranno un contrabbandiere assassino di un virus mortale e la moglie, agente dell'FBI appassionata di carie dentali.

Parliamo di due personaggi che o si amano o si odiano.
A me sono sempre stati sul cazzo ma qualche risata Cordoglio è riuscita a tirarmela fuori.
Perchè dunque un film su un cartone che solo per i più dementi è potuto diventare un cult. Semplice. Perchè sembra una pratica che tocca a quasi tutte le saghe animate di successo.
In questo caso poi l'idea del furto del televisore, vero totem per i due protagonisti, è la ciliegina sulla torta di un paese che sta raggiungendo l'apice della sua idiozia come in fondo il regista cerca di profetizzare in tutta la sua limitata filmografia.
Attentati, terroristi, virus, per alcuni aspetti sembra un piccolo e ironico precursore di alcune tragedie che si verranno a creare contando che il film è del 1996 quando ancora il rischio attentati non era all'ordine del giorno.
Dulcis in fondo i due giovani idioti tra un cofano di una macchina, un pullman e altri spostamenti legati al caso, avranno modo di conoscere addirittura i loro padri, due evasi ancora più idioti di loro.

venerdì 4 aprile 2014

Pusher

Titolo: Pusher
Regia: Nicolas Winding Refn
Anno: 1996
Paese: Danimarca
Giudizio: 3/5

Frank, uno spacciatore che è anche cocainomane, sta per vivere la peggiore settimana della sua vita. Dopo aver venduto droga ottenendone meno di quanto previsto si ritrova in un grosso guaio. Deve rendere al serbo Milo una grossa somma a cui se ne aggiunge una esorbitante perché, mentre trattava un importante affare con uno svedese, è stato catturato dalla polizia e ha versato tutto il quantitativo di droga (avuta da Milo) nel lago. Ora deve trovare in tempi brevissimi tutti i soldi.

Refn e i suoi esordi. L'opera prima del regista danese è un film duro, pulp, volutamente sporco, frenetico in alcune parti e fondamentalmente privo di autocompiacimenti.
Bodnia (BLEEDER) ha il viso perfetto, la classica faccia da cazzo che non porta a nulla di buono e Copenaghen diventa una metropoli notturna piena di puttane e spacciatori.
Sembra il territorio ideale per il regista, che di fatto girando quello che doveva essere un corto, ha creato invece la sua piccola pillola cult underground riuscendo a mischiare uno stile asciutto e sintetico, con un realismo e un certo gusto estetico che svilupperà e concentrerà nei film successivi.
A livello tecnico c'è poco da dire. Il regista gira con una camera a spalla ( a volte ci sono dei movimenti che potremmo definire esagitati) sfrutta luci naturalistiche e mostra una Copenaghen grigia e semi-vuota. Introdotto da una presentazione didascalica dei cinque personaggi principali (Frank, Vic, Tonny, Milo, Radovan) e scandito da sette capitoli giornalieri (da lunedì a domenica), Pusher è il primo di una piccola saga di tre capitoli, con delle impennate rock durante l'arco del film, con alcuni momenti di ferocia inusuale e delle esplosioni di brutalità (come la scena in cui massacra di botte il suo socio Tonny) e delle trovate a volte decisamente funzionali (come occultare queste scene oscurando la macchina, oppure strizzando l'occhio ad uno stile orientale che ha fatto molta scuola in questo campo, e di cui Refn dimostra di conoscerne bene le basi).
Pusher sicuramente ha tantissimi difetti e in fondo come storia è persino troppo banale nel suo svolgimento. Eppure in tutto questo cazzeggio infinito a cui assistiamo c'è un certo fascino.



lunedì 9 dicembre 2013

Isola Perduta

Titolo: Isola Perduta
Regia: John Frankenheimer
Anno: 1996
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Naufragato su un'isola che non è segnata su alcuna carta, Douglas vi trova uno scienziato psicopatico esperto in genetica che ha "creato" mostruose combinazioni di umani e animali.

Fracassone, scombinato e disordinato sono gli aggettivi riconducili all'opera tratta da Herbert George Wells. Certo non si dimentica l'originale del '32 e il remake del '77, ma d'altro canto era palese che prima o poi qualcuno vi rimettesse le mani cercando di riportare l'attenzione su una storia interessante e accostandola con le moderne tecniche digitali.
Frankeneheimer non è uno di quelli che si ricordano per la brillante filmografia. Se da un lato è ricca di film, dall'altro non è ricca di risultati che vadano menzionati, se non forse per PRISON un bel film che parla delle carceri e del rapporto tra cellerini e detenuti e le rivolte in corso.
Nell'isola perduta ci si chiede anche che cosa non sia andato a buon fine a parte ovviamente la sceneggiatura che in numerosi punti e davvero senza senso e di una banalità sconcertante.
Rimangono comunque alcuni bei momenti con un make-up funzionale in alcuni punti per non esserlo poi in altri dove si vedono alcuni limiti.
Però bisogna dire che vedere Brando, attore multiforme, confrontarsi con un ruolo del genere e farlo suo nell'immediato, scherzando e provando a dare un minimo di credibilità al personaggio, non è poca cosa. A parte comunque alcune suggestive scene il film si dimentica con una facilità sorprendente.


lunedì 21 marzo 2011

Dentist

Titolo: Dentist
Regia: Brian Yuzna
Anno: 1996
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Un delirante viaggio nel terrore, agghiacciante per chi ha paura di visitare il proprio dentista. Un dentista di lusso, appunto, scopre che la moglie lo tradisce e dopo averla sfigurata comincia a prendere di mira i poveri ed innocenti pazienti. Yuzna, grande visionario viene aiutato nella sceneggiatura dall'amico regista Stuart Gordon.
Questo thriller-horror del ’96 è assai apprezzabile. Purtroppo non è molto credibile il movente che spinge a commettere tutti gli omicidi, la moglie che lo tradisce, ma almeno il film fila, ha una buona suspance, quasi tutti gli omicidi poi vengono svolti nella stanza del dentista in un ambiente “sicuro e protetto” tale da far accrescere uno strano miscuglio tra paura-riparo. Finale classico con l’internamento del dentista. Siamo lontani da RE-ANIMATOR 2 o BEYOND ma almeno ci si diverte tra un’operazione ed un’altra.

domenica 20 marzo 2011

Rubber’s Love

Titolo: Rubber’s Love
Regia: Fukui Shozin
Anno: 1996
Paese: Giappone
Giudizio: 3/5

Alcuni scienziati capitanati da Tanizaki fanno delle strane ricerche per potenziare le capacità psichiche delle persone mediante torture e iniezioni rettali di etere.

Fukui Shozin il regista dell’insopportabile 964 PINOCCHIO gira questo film in cui possiamo ritrovare almeno in parte le tematiche care del regista che vanno dall’agonia allo squallore più profondo. Questo film almeno in parte bisogna ammettere che seppur delirante riesce ad essere fruibile. Siamo nell’anarchia pura dal punto di vista dell’estremismo delle immagini.
L’underground estremo giapponese.
I personaggi principali Shimika, Kiku, Akari, Motomya e Subashi sono tutti dei pazzi che brancolano in un laboratorio senza precisi obbiettivi il che dimostra ormai l’indubbio interesse di Shozin nel mostrare con novizia di particolari immagini disgustose e estreme senza dover per forza dare una connotazione su tutte le scene che si susseguono.
Dal punto di vista della regia il film assume uno spessore decisamente differente dal precedente film. La fotografia in b/n è funzionalissima con la scelta di girare praticamente un film solo in interni in cui anche la scenografia curatissima in ogni scena serve a dare enfasi alla circostanza.

Frostbiter-Wrath of the Wendigo

Titolo: Frostbiter-Wrath of the Wendigo
Regia: Tom Chaney
Anno: 1996
Paese: Usa
Giudizio: 2/5

Durante una notte di bagordi due cacciatori rompono stupidamente il cerchio magico che tiene a bada il letale wendigo. Risvegliato, il mostro massacrerà chiunque gli capiti a tiro.

Il mito del mostro Wendigo che divora le persone pur essendo un mostro fatto di pongo e gomma devo dire che è assolutamente trash e fa spaccare dal ridere. A parte essere il compendio di vari fumetti usciti svariati anni fa sulla creatura crea la sua aurea di misticità e si consolida tra le infinite creature leggendarie. In diverse scene il mostro è realizzato con sequenze a passo 1 così come altri momenti assolutamente finti. Naturalmente per essere una produzione molto low-budget cerca di dare il meglio di sé con pochi soldi alla mano ma nel contesto pur non essendo interessante come altri film prodotti dalla Troma riesce ad essere dignitoso. Un altro film basato su leggende del calibro del Chupacabra anche se qui il mostro ha dimensioni notevolmente maggiori.
La scena weird N°1 è quella della mano del mostro che entra con dimensioni giganti nella capannetta è prende il cacciatore per poi rovinarlo.

Kids Return

Titolo: Kids Return
Regia: Takeshi Kitano
Anno: 1996
Paese: Giappone
Giudizio: 4/5

Due amici si ritrovano dopo anni in cui ognuno ha scelto una propria strada seguendo il proprio istinto. In un lungo flashback osserviamo le vite dei due protagonisti, il bullismo a scuola, la scelta di frequentare una palestra di boxe in seguito ad un pestaggio e proprio da questa le due strade divise,uno continuerà con la boxe, l’altro invece passerà alla yakuza come risposta al fallimento scolastico e sportivo.

Kitano, uno dei registi di maggiore talento in Giappone, gira questo film in grossa parte autobiografico con rimandi all’inizio della sua carriera in qualità di presentatore e con il fratello in veste di comico.
Il film è come una cornice malinconica, un tuffo nel passato che ti fa rivivere un’amicizia, una maturità ed infine una riflessione sul destino e le scelte che possono essere portate avanti dai due protagonisti. Una sorta di Ito e Mitsuasci(per rifarci al celebre anime giapponese)che iniziano la carriera scolastica facendo i prepotenti e tagliando le lezioni. Si arriva poi al confronto nella palestra di boxe dove uno dei due convinto di essere il più forte perde contro l’altro e quindi scoraggiato rompe l’amicizia è diventa oramai scoraggiato e amareggiato un affiliato della yakuza. L’altro invece continua con la boxe e dopo alcuni successi perde lo spirito combattivo e lascia perdere la carriera agonistica.
Due opposti, due caratteri troppo orgogliosi, due personalità distinte, un cammino di formazione velocizzato in alcuni momenti ma che riesce a dare un ottimo quadro su quali possono essere le scelte di un ragazzo giapponese. Anche in questo la scelta di Kitano è stata molto personale nel descrivere come facilmente ci si puo’ perdere e infine se si ha la fortuna e si mette da parte l’orgoglio ritrovarsi anche solo per una passeggiata in bicicletta come ai vecchi tempi.
Girato con la solita attenzione alla scelta degli spazi e all’importanza estetica dell’immagine, questo film ha veramente un’atmosfera fredda e spietata mai sbilanciata ma che ha nelle metafore e nella scelta dei simboli una struttura quanto mai appropriata con inquadrature molto classiche infine Kids Return risulta essere un altro dei capolavori dell’autore giapponese.