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giovedì 12 maggio 2022

Moonfall


Titolo: Moonfall
Regia: Roland Emmerich
Anno: 2022
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Durante una missione spaziale, una nuvola di nanoparticelle nere e minaccianti si solleva dalla Luna e attacca tre astronauti. Sulla terra seguono un'indagine e un processo che congedano prematuramente il comandante Bryan Harper, sopravvissuto con la collega Jocinda Flower al misterioso incidente. Per i suoi superiori, Harper ha commesso un errore che è costato la vita a un membro dell'equipaggio. Dieci anni, un divorzio e diverse bottiglie dopo, è richiamato alle armi per salvare la Terra. Perché la Luna sta cadendo, la Nasa è confusa e l'esercito americano ha una un'idee balorda e atomica. Spetterà ai due vecchi colleghi riprendere la rotta e scoprire l'arcano. Li aiuta nell'impresa KC Houseman, podacster complottista convinto che la causa del disastro sia un'entità extraterrestre annidata nel cuore dell'astro. Non resta che accendere la rampa di lancio e verificare su campo (lunare).

Moonfall è una cazzatona senza eguali eppure mi ha intrattenuto a fondo.
Prima di tutto bisogna ammettere che è una delle prime volte che il film parte subito in quarta senza la solita ora di preparazione e di semina. Qui si raccoglie la merda già dall'inizio e la politica e i servizi segreti non sanno cosa fare, la Terra viene allagata e devastata e la gente muore male anche se non la vediamo mai. E poi c'è la luna che attacca l'uomo e gli altri ecosistemi come se fosse un essere senziente o una specie di mente aliena. Ovviamente tutto ciò è stato messo nelle mani di uno dei mestieranti di Hollywood più in voga per i disaster movie ovvero Emmerich. Finalmente il block buster man, l'uomo dai budget colossali, è riuscito nel suo compito ovvero quello di distruggere la Terra per l'ennesima volta grazie alla complicità della luna.
Emmerich deve essere senz'altro un complottista. Solo così si può spiegare la sua tesi inquietante e in risonanza coi tempi di preoccupante sfiducia verso la comunità scientifica. Di fatto, il vero eroe del film è KC, esperto di "megastrutture" che afferma che la luna è un artefatto alieno, a dispetto degli scienziati della NASA. Quelli in buona fede, almeno, perché quelli corrotti si nascondono nel buio degli archivi con un segreto: "la luna è la più grande menzogna della storia".



domenica 23 gennaio 2022

Don't look up(2021)


Titolo: Don't look up(2021)
Regia: Adam McKay
Anno: 2021
Paese: Usa
Giudizio: 4/5

Una coppia di astronomi si accorge dell'esistenza di un meteorite in rotta di collisione con la Terra. I due scienziati cercano di avvertire tutti sulla Terra che il meteorite distruggerà il pianeta in sei mesi.

Parabola, metafora, precursore di un avvento nefasto che prima o poi sancirà lo zenit dell'ipocrisia mondiale. Se non sarà un meteorite, saremo noi stessi a decidere il nostro destino affidando alle sorti di un miliardario il destino dell'umanità.
Quasi un eco vengeance, un dramma forte, grottesco e maturo che seppur alzando il livello nella caratterizzazione dei personaggi e rendendoli a tratti bizzarri e stereotipati conduce un'analisi attenta e insolita in un cinema più che mai manifesto nel denunciare catastrofi globali.
Con un cast che mette insieme divi del cinema che si danno da fare divertendosi molto, Adam McKay tira fuori dal cilindro l'ennesimo delirio post contemporaneo: i sopragguardisti.
Di questi tempi ormai, in cui tra complottisti e altro, sembra che l'intera civiltà stia facendo sempre più passi indietro. Il film in questione nel suo essere particolarmente drammatico e triste, riesce a bilanciare bene ritmo, azione, interpretazioni e tutto il resto. Dove Peter Isherwell, interpretato dal camaleontico Mark Rylance sembra l'unione di Zuckerberg, Bezos, Cook e Musk, con un personaggio inquietante e potente capace di decidere le sorti del pianeta e in grado di controllare economia e presidenti. La palmetta se la aggiudica assieme a Cate Blanchett, i due più in forma del film, in grado a loro modo di regalare due personaggi e performance indimenticabili.
Gli sceneggiatori devono essersi davvero divertiti molto come il climax finale dimostra, senza regalare nulla in termini di happy ending ma dando un messaggio di amore e solidarietà

mercoledì 2 giugno 2021

Dans la brume


Titolo: Dans la brume
Regia: Daniel Roby
Anno: 2018
Paese: Francia
Giudizio: 4/5

Un giorno una strana foschia mortale scende su Parigi. I sopravvissuti trovano rifugio nei piani superiori degli edifici e sui tetti della capitale. Senza informazioni, senza elettricità, senza acqua o cibo, una piccola famiglia cerca di sopravvivere a questo disastro. Ma le ore passano e una cosa è chiara: l'aiuto non arriverà e sarà necessario provare ad avere fortuna nella nebbia
 
Dans la brume è un disaster movie o eco vengeance con tanto dramma, pathos e azione al punto giusto. Un film per niente scontato dove ancora una volta la metafora su come la natura voglia vendicarsi dell'uomo senza una spiegazione dettagliata su cosa abbia creato questa nebbia (sembra che si sia generata a seguito di un terremoto). Di fatto diventa un survival movie dove il nostro protagonista, un lanciatissimo Romain Duris, deve cercare di salvare la moglie ma soprattutto la figlia Sarah che per una strana malattia è costretta a vivere in una camera stagna e dove apparentemente lei come altri costretti a vivere in quella situazione a causa della malattia rimangono per lungo tempo protetti dalla nebbia. Ma colpirà davvero tutti o come una punizione divina sembra attaccare e uccidere solo gli adulti? Con un finale variabile e molto aperto, il film non manca di portare a casa alcuni colpi di scena, l'happy ending non è mai scontato e le riprese come la nebbia e Parigi sono fotografate ad hoc. Dans la brume evita di esagerare ma sceglie di concentrarsi sul concetto di salvezza e sopravvivenza dove alla fine si è disposti davvero a tutto pur di salvare i propri cari..

giovedì 17 dicembre 2020

Pioggia infernale


Titolo: Pioggia infernale
Regia: Mikael Salomon
Anno: 1998
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

La cittadina di Huntinberg, Indiana, è investita dalla più preoccupante bassa pressione della storia dell'umanità. Il fiume Ohio rischia di straripare e la popolazione civile viene evacuata. Bande di sciacalli si avventano sulle proprietà rimaste incustodite e Tom, alla guida di un blindato che trasporta tre milioni di dollari viene intercettato da una banda di fuorilegge capitanata da un tale Jim, noto farabutto locale. Jim e compagni scaricheranno sul malcapitato un'apocalisse di fuoco, mentre l'autista riuscirà a fuggire con il malloppo.

Pioggia infernale è un poliziesco con alcune inserzioni da disaster-movie e se vogliamo un thriller che di colpi di scena però ne azzecca ben pochi soprattutto da quando il film diventa un parco acquatico. Il villain che unisce le forze con il protagonista, un sodalizio già visto ma funzionale nel far emergere una certa corruzione che dilaga e serpeggia ovunque anche in piccole cittadine dove sembra che lo sceriffo ci metta l'anima per salvare i pochi rimasti. Anche in questo caso l'impianto di semina, il primo atto, rimane la parte migliore, alcuni personaggi sono scarsamente caratterizzati come Karen rispetto invece allo sceriffo. Come dicevo da quando gli argini crollano, parte del film diventa una rincorsa tra motoscafi e acquascooter prendendo il sopravvento e lasciando la pioggia la vera protagonista a differenza di una resa dei conti pasticciata e senza preferire mai qualche bel colpo di scena.

giovedì 3 dicembre 2020

Greenland


Titolo: Greenland
Regia: Ric Roman Waugh
Anno: 2020
Paese: Usa
Giudizio: 2/5

Un ingegnere edile in crisi con la moglie torna a casa per la festa del figlio e cerca di riconquistare la compagna ma lei, pur apprezzandolo come padre, rimane fredda verso il marito. Nel mentre una cometa si avvicina alla Terra e l'uomo è raggiunto da un'allerta presidenziale al telefono, che gli dice di recarsi presso un aeroporto militare con la famiglia. La festa del bambino viene così interrotta, i vicini si allarmano per non aver ricevuto la stessa allerta e la Florida viene colpita e devastata da un frammento della meteora, grande come uno stadio da baseball. Arrivare all'aeroporto militare non sarà però facile e a complicare ulteriormente le cose c'è la condizione diabetica del figlio...

Gerald Butler quando non deve salvare il presidente, cerca di salvare il mondo da catastrofi apocalittiche. Greenland non è un buon film, ma questo si sapeva e la curiosità nel volerlo vedere nasce dalle spudorate scelte narrative del film condite da comicità involontaria unite al senso di patriottismo scellerato americano.
Andiamo per punti. John Garrity ha tradito una moglie gnocchissima e ora lei si sta vendicando cagandolo col contagocce. John è un ingegnere e viene scelto tra coloro che potranno sopravvivere all'estinzione di massa (pochi ma buoni, ognuno selezionato sulla base di un "talento").
John scopre che suo figlio non potrà salvarsi perchè malato (diabetico) e passerà metà del film a cercarlo con l'insulina in mano. Arriverà addirittura ad uccidere un uomo per rimanere poi impassibile a gongolare di fronte al cadavere senza capacitarsi di quanto accaduto.
Ultimamente i disaster movie sono così sentimentali da farli sembrare drammi inconsistenti in cui immettere la tragedia o la fatalità di qualcosa che non si può arginare possa salvare quel poco di buono che da solo il dramma non esprimeva a dovere.
Ma così non è, dopo GEOSTORM, DEEP IMPACT, ARMAGEDDON e altri disastri più che disaster movie, si rimpiangono i tempi di TWISTER, DANTE'S PEAK, QUAKE.
Quasi tutte le scelte del film sono banali e telefonate oltre che prevedibili e vedere lo sparuto gruppo di sopravvissuti nel finale dopo aver trascorso nove mesi in un bunker e sapere che saranno loro a far risorgere la società forse è l'incubo maggiore del film.

lunedì 27 luglio 2020

Exit


Titolo: Exit
Regia: Sang Geun Lee
Anno: 2019
Paese: Corea del Sud
Giudizio: 4/5

Quando Seoul viene invasa da un gas tossico, il mantenuto e disoccupato Yong-nam si dimostrerà un eroe

L'esordio di Sang Geun Lee è stato distrutto dalla critica come se fosse una commedia banale e con un protagonista già visto e rivisto. In parte è vero, i connotati del film sono quelli del disaster movie, dell'action improvvisato, del dramma attorno a un gas tossico creato in laboratorio per vendicarsi di una intera comunità, delle moderne tecnologie e i loro impieghi (in particolare i droni), dell'importanza della famiglia, di un amore che sembrava non corrisposto ma che arriverà grazie all'atto eroico e molto altro ancora.
Con una tecnica come sempre infallibile dei coreani, qui si toccano vette davvero altissime, con una produzione incredibile per costi, comparse, strade e grattacieli intrappolati dal gas, macchine del fumo come se piovessero e tanta, tanta azione e suspance.
Exit è una metafora molto interessante, il sacrificio di una metropoli per una sorta di vendetta personale (tra l'altro l'antagonista si vede solo all'inizio quando liberà il gas tossico), le ricerche in laboratorio senza controlli in grado di generare qualsivoglia specie di gas o virus radioattivo o esseri mostruosi come il bellissimo Host di Joon-ho Bong anche se il film aveva più un lato eco revenge.
Exit parte dal parco, continua nelle mura domestiche, procede e prende vita alla festa nel hotel per poi arrampicarsi su grattacieli immettendo l'elemento dell'arrampicata e il free-climbing come risposta all'unica possibilità di sopravvivenza dei suoi due protagonisti. Il film procede in un crescendo di ritmo instancabile e di scene madri che vedono Yong-nam e Eui-joo impegnati in sfide sempre più estreme che sfociano in un climax a base di droni e montaggio iper-cinetico degno dei migliori action coreani che ormai da anni brulicano nei festival senza purtroppo avere mai distribuzione da noi in Italia.
I continui contrasti tra dramma e ironia, con il nostro protagonista nel suo cammino di redenzione sacrificandosi per salvare la famiglia e i parenti risulta sempre uno stereotipo che se calibrato bene, come in questo caso, riesce a diventare interessante e originale, immettendo ingredienti in grado di mantenere ritmo e interesse cadendo in qualche trappolone legato al fatto di voler eccedere nei tentativi di salvataggio verso i terzi che Yong-nam cercherà di portare a termine da bravo e improvvisato paladino della giustizia.

lunedì 7 ottobre 2019

Crawl

Titolo: Crawl
Regia: Alexandre Aja
Anno: 2019
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Haley ignora gli ordini di evacuazione per cercare il padre scomparso. Trovandolo gravemente ferito e bloccato in un'intercapedine della loro casa di famiglia, i due restano rapidamente intrappolati e sommersi. Mentre il tempo stringe e fuori la tempesta è sempre più forte, Haley e suo padre scoprono che il livello dell'acqua che sale è l'ultimo dei loro problemi.

Crawl è quel genere di film che non vedo l'ora che esca in sala per gustarmelo appieno, sapendo fin dall'inizio ciò che mi darà: adrenalina.
Un pregevole horror d'azione, un survival horror, con gli animali assassini, i monster movie, che ci piacciono tanto. E' si rimane giustamente soddisfatti da un film che sembra l'esatto opposto di quell'altra chicca che rispondeva al nome di Meg, coccodrilli contro squali, unica location contro un'oceano, padre e figlia contro un'eroe e il suo equipaggio, e per finire una mini produzione contro un budget titanico.
Seminterrati, canali di scolo, cantine, intercapedini, tutto il film è ambientato in queste condizioni, in questa sorta di deposito di animali morti, una quasi cantina, un luogo anonimo e desolato che hanno appunto quasi solo gli americani, dove ancora più pericoloso degli alligatori è l'uragano di fuori. Tutto sta dietro questa scelta d'intenti, fuori una minaccia pericolosissima e dentro un'altra minaccia da affrontare e stanare.
In questo mood la tensione diventa alta fin da subito, Aja torna a fare quello che gli riesce meglio, l'horror, ma prendendosi i suoi tempi, costruendo una messa in scena efficace e con un'atmosfera che non abbandona mai il suo punto di partenza. Il ritmo è ottimo facendo in modo che la buona scelta dei tempi narrativi lasci sempre una situazione di alta tensione e forte allerta, dove padre e figlia faranno di tutto per non finire tra le fauci degli alligatori.
La storia è così semplice e tagliata con l'accetta che non lascia molti colpi di scena, Aja è bravo nel non cercare di spostarsi oltre ma insistendo su quello che ha con forse l'unica nota dolente nelle lacrime e nella caratterizzazione del legame padre figlia. Anche i jump scared
funzionano bene, non sono mai invasivi diventando armi funzionali ad accrescere la tensione e il ritmo. Speriamo che Aja dopo questo e Piranha 3d torni in acqua visto che si trova così a suo agio e speriamo magari con un bel shark movie.

venerdì 2 agosto 2019

Quake


Titolo: Quake
Regia: John Andreas Andersen
Anno: 2018
Paese: Norvegia
Giudizio: 3/5

Il geologo Kristian Elkjord è un uomo la cui vita privata è appesa a un filo: l'ossessione verso il suo lavoro lo ha portato a separarsi dalla moglie Idun e a trascurare i due figli: lo studente universitario Sondre e la piccola Julia. La sua grande esperienza e il suo intuito di geologo lo portano a scoprire che Oslo è minacciata da un catastrofico terremoto, abbastanza potente da distruggere l'intera città. Convincere di questo le persone che gli stanno intorno sarà un'impresa difficile, ma non abbastanza da scoraggiarlo a tentare di salvare la sua famiglia intrappolata in uno dei grattacieli più alti di Oslo, duramente colpito dallo sciame sismico che violentemente sta demolendo ogni cosa

Quake è il sequel di Wave film sempre Norvegese uscito nel 2015. Un disaster movie che se nel film precedente descriveva uno tsunami omicida, qui prende in analisi un terremoto devastante descrivendo una tragedia messa a punto con un lavoro in c.g abbastanza carente e ahimè non riuscendo ad essere così accattivante e pieno di ritmo come il precedente.
Stesso protagonista, i concetti fondamentali sono gli stessi: una troupe scientifica che prende alla leggera alcuni segnali di pericolo e il nostro protagonista che solo contro tutti (in realtà qualche aiuto arriva) dovrà difendere la sua famiglia a tutti i costi purtroppo con alcuni importanti e drammatici colpi di scena. Quake è interessante perchè non fa sconti, da questo punto di vista Andersen concede poco, sbaglia molto in una fase preparatoria e pre apocalittica macchinosa e ridondante in cui si prende davvero troppo tempo descrivendo alcune sotto dinamiche peraltro nemmeno poi così funzionali alla narrazione. C'è da dire che però non prende alla leggera il fenomeno senza descriverlo all'americana con scene strappalacrime e un happy ending finale.
Andersen rifugge dai soliti clichè commettendo qualche errore nella solita catarsi dell'eroe che non viene preso sul serio fino a quando il disastro è ormai inevitabile.
Kristian è interessante per come viene caratterizzato. Un padre che ormai ha perso tutto per un tremendo esaurimento nervoso dal momento che non è riuscito a salvare tutti quelli che avrebbe voluto nella tragedia del fiordo di Geiranger.
E'nervoso, riconosce a stento i figli, cerca una riconciliazione con la moglie ormai quasi impossibile e non nasconde una crisi di pianto dimostrando di fatto di essere molto fragile e vittima di un trauma che non sembra riuscire a superare anche se per l'opinione pubblica è un eroe.
The Quake: Il terremoto del secolo finisce raccontando di cosa accadrebbe oggi se un violento terremoto colpisse la città di Oslo. La capitale della Norvegia infatti nel 1904 venne colpita da un terremoto di magnitudo 5,4 della scala Richter dove l'epicentro fu individuato nell'Oslo Rift, un graben che attraversò tutta la città.


sabato 8 giugno 2019

Godzilla II-King of Monsters



Titolo: Godzilla II-King of Monsters
Regia: Michael Dougherty
Anno: 2019
Paese: Usa
Giudizio: 2/5

Dopo i fatti di San Francisco l'umanità deve decidere come affrontare la questione dei Titani, mostri giganteschi che abitavano la Terra prima dell'uomo. Sono una minaccia da abbattere o la salvezza della Terra, come sostengono gli ecoterroristi?

Godzilla: un mostro creato dai giapponesi come metafora dopo la bomba atomica regalata loro dagli americani.
Anche solo per questo, il fatto che il padre dei monster movie diventi materia yankee da trattare fa venire l'orticaria, ma mettendo da parte questo fatto sociale, analizziamo cosa non ha funzionato dell'ultima rivisitazione del grande lucertolone.
Un passo indietro, due anzi. Il primo avveniva con il reboot di Godzilla(2014) girato da Gareth Edwards nel 2014. Un film complesso con una gestazione ancora più problematica che di fatto ha sancito un flop mondiale, mandando parte della fama del regista a ramengo e lasciando il lucertolone a leccarsi le ferite. A distanza di anni, certo non è un film epocale, rimane un flop e un brutto film, ma aveva un grandissimo merito il film di Edwards, anzi forse più di uno. Prima di tutto sfruttava sapientemente una tecnica che invece il film odierno non ha fatto, in quel caso la scommessa era nascondere per più tempo possibile la creatura. Farlo percepire, farlo sentire ma senza sbattercelo di fronte, portando una grande dose di suspance e atmosfera che il film in questione si gioca quasi tutto subito, inserendo una marcia molto più veloce (forse quello che tutti volevano, in particolare il pubblico).
Rispetto invece a Shin Godzilla il discorso è più similare. Entrambi sono b movie, entrambi giocano tutte le loro carte producendo mostri a gogò e puntando tutto sullo scontro e la distruzione del paese. Solo che il film orientale era il 31° film dal '54 ad oggi, il 29°più precisamente prodotto dalla Toho, dove oltre il concetto della mutazione ed evoluzione della creatura, c'era il ruolo chiave dell'opinione pubblica e del governo che salvaguardava solo i suoi interessi.
Qui la metafora scompare per diventare un picchiaduro tra mostri molto brutto, mischiato con tante altre cose. In più sembra siglare di fato l'accordo per dei sequel sulla nuova onda del monster movie che con Kong-Skull Island aveva perlomeno creato un film scemotto ma divertente.
Qui c'è troppo e il troppo se non sei bravo stroppia.
L'idea che i mostri possano salvare la terra distruggendola per poi ricrearla, che attualmente siano circa 23 esemplari in giro (ma come per le personalità di Split ne vediamo circa 8/9), che la storia sia da denuncia arrivando a far peggio di quanto si sia mai fatto prima (e speriamo anche dopo) che tutti gli attori siano da arrestare in primis la fastidiosissima bambina della fastidiossisima e osannata serie tv tutt'altro che bella e originale Stranger Things-Season 1 e altri elementi non belli.
Il non sense nel monster movie non esiste altrimenti non si parlerebbe di mostri, sono tanti e tutti sembrano siglare un sequel che poteva e doveva dare di più in termini di storia, di aderenza di un minimo di approfondimento, di trama, di colpi di scena, di dialoghi privi di logica.
Tutti sembrano usciti dalle bocche dei super eroi con così tanta epicità che a confronto le radiazioni del lucertolone nella sua alcova dove andrà a bussare la porta Serizawa, non sembrano aver effetti (anche se andare a implorare l'aiuto del mostro entrando nella sua grotta era un elemento folle ma molto importante per la narrazione).
E poi per finire errori tecnici che non dovrebbero esistere come le prospettive dei mostri che in alcuni casi sembrano abnormi mentre poi vediamo i patetici umani riuscire ad accarezzarli in una scala di rapporto impossibile da non notare.
L'esercito. Almeno nel film di Edwards faceva il suo sporco ruolo, qui sembra che non esistano, tutti sono corsi al riparo lasciando il gruppo di protagonisti a vedersela da soli con le creature e a godere del teletrasporto cambiando location di minuto in minuto (passando dalla Groenlandia a Disneyland)
Ma l'unica lancia a favore arriva dall'uscita di sicurezza. I mostri come per l'ultimo Hellboy(2019)
Volevo vedere quelli e il film me li ha dati. Fatti maluccio, troppa c.g ma almeno questo obbiettivo è stato soddisfatto. L'unico.
Saraba a tutti!

Godzilla(2014)


Titolo: Godzilla(2014)
Regia: Gareth Edwards
Anno: 2014
Paese: Usa
Giudizio: 2/5

A Tokyo un segnale elettromagnetico ignoto causa scosse sismiche su vasta scala, compromettendo il funzionamento di una centrale nucleare. Nell'incidente Joe Brody perde la moglie e non si darà pace fino a che non avrà scoperto le ragioni del disastro, nascoste dalle versioni ufficiali. Quindici anni dopo la sua ricerca porterà alla verità, alla più incredibile e distruttiva delle verità.

Godzilla sta dalla parte degli umani, come un Dio che ci protegge dai mostri che vogliono distruggere la terra.
Lui non la vuole distruggere, la vuole fare sua costruendoci un'alcova dove andare in letargo.
Come uno dei Grandi Antichi riposa sul letto dell'oceano e si fa i fatti suoi, magari ogni tanto succhiandosi fino al midollo una centrale nucleare per restare in vita e sparare non si sà bene cosa dalla bocca (fuoco radioattivo).
Sembra di vedere a tratti Pacific Rim, film difficilissimo reso fantastico grazie all'estro di Del Toro, è un compendio di tutti i capitoli di Godzilla del passato, creando in un unico ibrido, nascita, crescita, sviluppo (non suo ma delle altre due creature) e poi uno scontro con altri esseri senza dimenticare l'amore per gli umani (in una scena il protagonista sta per essere attaccato da una delle due bestie, ma Godzilla arriva perfino a salvarlo...)
Alla fine non si sà se arrabbiarsi con Edwards che si era fatto apprezzare per l'indie british del 2010, o con la Legendary e la Warner che forse hanno diretto loro il film.
Per ora Godzilla è il peggior film del 2014.
Vediamo se si riesce a fare di peggio con un budget di 160 milioni.
Credo di sì contando che ci sono Bay e gli altri, che quest'anno daranno vita a tutti i loro scempi cinematografici.
Chissà Ishiro Onda cosa ne pensa, chissà perchè Godzilla, protettore degli equilibri mostruosi che si nascondono sulla terra (dal momento che gli oceani sono sempre più inquinati) non si ribella con noi scimmie meno evolute dei dinosauri, e chissà ancora perchè Aaron Taylor-Johnson, il protagonista, con la solita matassa famigliare e un padre pazzo, l'ottimo Cranston, che ovviamente è il primo a sapere, riesce sempre a guardare tutti i mostri negli occhi come se si fossero innamorati di lui.
Io so solo che Godzilla è stata nel passato una metafora scomoda che avrebbe, come in questo film, dovuto far riflettere su altre cause e non bombardare di effetti e c.g, rincoglionendo lo spettatore fino alla fine dei suoi 120'.
Un merito però il film di Edwards sembra averlo. Ci fa vedere la creatura col contagocce.

lunedì 11 marzo 2019

Sun of a beach


Titolo: Sun of a beach
Regia: AA,VV
Anno: 2013
Paese: Francia
Giudizio: 4/5

Una delle più belle metafore sul riscaldamento globale.
Una spiaggia, un gruppo disomogeneo di persone e il sole che stermina tutti.
Semplice ed essenziale come i corti dovrebbero essere.
In sei minuti il team di registi e tecnici con un animazione marginale, riescono a cogliere l'obbiettivo riuscendo a regalare come dicevo una buona metafora ambientalista, azione, horror e ironia.
Famiglie e ombrelloni nonchè silicone dei seni. Tutto si scioglie. Persino i muscoli finti dei palestrati e così via..
Quando il sole scende, tutto prende fuoco e la via di scampo non sembra nemmeno essere il mare..

domenica 9 dicembre 2018

How it ends



Titolo: How it ends
Regia: David M.Rosenthal
Anno: 2018
Paese: Usa
Giudizio: 2/5

Dopo una pessima serata segnata da accese discussioni a casa dei genitori della sua fidanzata Sam a Chicago, Will si sveglia nella sua stanza d'albergo pronto a prendere il prossimo volo per Seattle sollevato di poter tornare a casa e raggiungere la sua bella in dolce attesa, ma qualcosa di strano inizia ad accadere: comunicazioni interrotte e voli cancellati in tutto il paese causano l'allarme generale costringendo lui e il padre dell'amata ad intraprendere un pericoloso viaggio attraverso l'America e l'apocalisse.

Rosenthal aveva diretto qul thriller carino che credo abbiamo visto forse io e il regista.
A Single Shot aveva una bella atmosfera e Sam Rockwell in ottima forma.Ecco a proposito dell'atmosfera in questo dramma post-apocalittico o come viene anche definito disaster-survival movie, il regista sembra riprendere quell'ispirazione ma purtroppo è un attimo quando invece deraglia su percorsi già presi e verso lidi e spiaggie affollate già viste e che danno solo quella sensazione di non avere originalità con il risultato di buttare tutto alla rinfusa con una continua galleria di situazioni abbozzate e scenari già visti e sentiti.
In questa storia in un viaggio on the road con il suocero che proprio sembra non farcela a sopportare il compagno della figlia, non sembrano esserci segnali per qualcosa che riesca davvero a mantenere ritmo e attenzione e forse il fatto che la sceneggiatura sia passata di mano in mano per ben otto anni potrebbe essere una risposta.
Perchè la posta in palio è lei, la moglie, la figlia, colei che in un messaggio video al cellulare ha fatto capire che cercherà di fare in modo di mandare avanti la gravidanza.
State of emergency dove mano a mano che procediamo dobbiamo cercare di mettere da parte i buoni sentimenti e pensare solo ad andare avanti essendo più egoisti che mai perchè solo in questo modo si può sopravvivere.
E'sempre così. La regressione sembra essere l'unica condizione che spinge uomini e donne ad azioni crudeli e folli in questo caso mettendo a dura prova la psiche in fondo salvifica di Will a differenza di Tom, interpretato da un sempre bravo Forest Whitaker, che non regala niente a nessuno per via del suo passato militare e la sua abilità a premere il grilletto prima di aspettare la risposta.
Eppure proprio la regressione che negli ultimi anni ha aperto scenari come quelli distopici, ma nemmeno poi molto di Anarchia-La notte del giudizio o nei fumetti con la saga fantastica e iper violenta di Crossed. Peccato con l'aggiunta di qualche sbadiglio.

venerdì 12 ottobre 2018

Tunnel


Titolo: Tunnel
Regia: Seong-Hun Kim
Anno: 2016
Paese: Corea del sud
Giudizio: 4/5

Un uomo rimane intrappolato all'interno di un tunnel. Dovrà far ricorso a tutte le sue capacità per salvarsi la vita.

Un altro esempio di buon cinema e scrittura.
Una sfida per nulla semplice lanciata al regista al suo secondo lungometraggio.
Un protagonista che rimane per quasi due ore incastrato tra le lamiere all'interno di un tunnel non è una scelta convenzionale anzi molto temeraria contando gli inevitabili rischi o trappoloni dove si rischia di andarsi a impantanare.
Invece il regista ancora una volta vince una sfida ambiziosa che nel suo essere un disaster-movie con un taglio drammatico ma mai soporifero riesce a dare preziose sfumature al suo personaggio e sfrutta una metafora politica come il cinismo e l'indifferenza del proprio paese portando a casa un film che riesce a non essere mai lento caratterizzando molto bene il protagonista e il suo aiutante un piccolo e insopportabile cane.
35 giorni è rimasto intrappolato sotto il tunnel in cui a parte due bottigliette d'acqua e una torta alla panna non c'è nient'altro (evito spoiler) ma solo scosse sismiche e il cellulare caricato a forza con la batteria rimanente della macchina.
E poi c'è l'altra parte. Ovviamente per cercare di dare ritmo e forza al film c'è tutta la difficile battaglia del direttore delle forze della protezione civile che assieme alla moglie del protagonista sembra essere l'unico a credere fino alla fine di poter salvare Jung-Su.
Un film che piano piano si allarga come tecnica e come forma di racconto passando dalla metafora politica alla pericolosità dei media, pronti a tutto pur di proporre il loro scoop del secolo anche a costo di ostacolare le operazioni di salvataggio, per poi passare all'avidita delle multinazionali.
Alcune scene sono girate come un documentario d'inchiesta dove vengono intervistati alcuni lavorati edili, i quali sottolineano le degligenze delle ditte appaltatrici, inoltre ci viene comunicato come su 121 Tunnel, 78 non rispettano lo standard di sicurezza.

domenica 24 giugno 2018

Hurricane Heist


Titolo: Hurricane Heist
Regia: Rob Cohen
Anno: 2018
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Venticinque anni dopo la morte del padre, vittima di uno dei tornado cui aveva sempre dato la caccia, Will è un meteorologo del Governo impegnato a studiare Tammy: un uragano in arrivo sull'Alabama che si preannuncia essere il più violento nella storia degli Stati Uniti. Mentre gli abitanti cominciano ad evacuare la zona, Will, suo fratello Breeze e la determinata agente del Tesoro Casey si ritrovano soli in mezzo alla furia dell'uragano e, allo stesso tempo, alle prese con un gruppo di rapinatori che vuole approfittare dell'imminente catastrofe per compiere il colpo del secolo: una rapina da 600 milioni di dollari alla Zecca dello Stato.

A volte mi avvicino ai thriller per motivi futili sapendo già che non mi troverò di fronte a chissà che storia. Proprio il soggetto in questo caso è l'elemento già pre masticato che abbiamo visto almeno una ventina di volte in altri ibridi.
Gli americani del resto, rispetto agli europei, dovendo far uscire migliaia di film in più spesso prendono questa strada che loro chiamano scorciatoia. I risultati però in termini narrativi si vedono subito. L'ultima prova che un cinefilo a volte svolge, potendosi disinteressare dalla sceneggiatura che è telefonata come poche, è quello di trovare somiglianze con altri film. In questo caso su tutti HARD RAIN, in cui per farla breve qui vengono infilati gli stessi tre ingredienti: c’è la rapina, il buddy cop e pure il disaster movie (ecco l'ultimo lì era una tempesta, qui invece uragani)
Ora Rob Cohen lo sappiamo tutti non è bravo come il fratello. Il mestiere come tecnico di certo non gli manca e infatti negli ultimi vent'anni ha firmato moltissimi blockuster anche se tra i peggiori.
Negli anni Ottanta ha prodotto roba come LE STREGHE DI EASTWICK, L'IMPALACABILE, SCUOLA DI MOSTRI e fin qui ci siamo eccome sono dei signor film, mentre nei novanta ha deciso che era giunto il momento di passare a dirigere fantasy come DRAGONHEART prima di arrivare a grattare il fondo con i film più tamarri mai visti FAST & FURIOUS e XXX
La sua parola d'ordine è intrattenimento. In questo caso appunto sembra rispondere al meglio alla domanda di partenza e per l'appunto Hurricane è sicuramente meglio dei suoi ultimi lavori se non altro perchè non cerca quel filone teen che rischia di intrappolarlo in un limbo.
Il problema grosso dell'ultimo film di Cohen jr è quello di aver messo troppa carne al fuoco, di non aver saputo sfruttare al meglio un buon cast anche se sono nomi che i più non conosceranno e lasciando più domande che risposte su tutte le sotto trame che il film sembra apriire ma poi forse aspetta che sia l'uragano a chiuderle.

giovedì 23 febbraio 2017

Patriots Day

Titolo: Patriots Day
Regia: Peter Berg
Anno: 2016
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Il 15 aprile 2013 due esplosioni a poche centinaia di metri di distanza macchiano di sangue la maratona di Boston. Le indagini per scoprire chi è alla base dell'attacco terroristico vedono in prima linea il commissario di polizia Ed Davis, costretto a muoversi tra la più grande caccia all'uomo che la città abbia mai conosciuto.

Peter Berg, sempre lui. Le tragedie sono materiale sconfinato funzionale alla settima arte soprattutto agli yankee a stelle e striscie di cui questo film rientra perfettamente nel filone.
Che vuoi dire ad un film che già dal titolo e dalla trama saprai benissimo cosa ti metterà sul piatto? Beh che pur non essendo un fan dell'America e trovandolo uno dei peggiori paesi del mondo, ho trovato in questa pellicola il classico cinema reazionario che punta sui buoni sentimenti, l'altruismo e la fratellanza degli americani che come per la tragedia di Boston chiudono una città per iniziare una caccia all'uomo esemplare.
Un film che mostra tutti i passaggi, la maratona, la sua galleria di personaggi, il cast infatti al suo interno vanta numerose star hollywoodiane e tutto rientra perfettamente senza nodi complessi o intricate matasse da sbrogliare. Una storia semplice in cui alla fine il nostro eroe potrà tornare ad abbracciare la moglie. Mark Wahlberg non è bravo come attore ma ha la giusta faccia da culo.
Per il resto guardare una storia che parla della giornata dei patrioti, il Patriots Day, senza avere nessuna stima e nessun amore per la patria, certo mi porta ad avere i miei limiti e non potermi commuovere come il resto della nazione che qui vedrà l'immagine chiudersi con la foto di una delle tre vittime, un bambino di undici anni e le interviste dei superstiti e di chi nonostante l'incidente e aver perso le gambe nel vero senso della parola ha continuato a correre senza perdere la passione e superando la paura.
Un film che mostra una grossa fetta di american idiot ma anche tanta gente a posto.

I terroristi dalla loro sono mostrati meno peggio che in altri film e la scena dell'interrogatorio con la donna di colore che ha il compito di far parlare i terroristi e soprattutto le mogli lascia di ghiaccio per i modi e le tecniche.

domenica 29 gennaio 2017

Deepwater-Incubo sull'oceano

Titolo: Deepwater-Incubo sull'oceano
Regia: Peter Berg
Anno: 2016
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Il 20 aprile 2010 sulla piattaforma trivellatrice semisommergibile Deepwater Horizon, situata al largo della costa della Lousiana, 126 lavoratori si sono trovati immersi nel peggior scenario possibile: una devastante esplosione, che ha causato un inferno di fuoco, undici vittime e uno sversamento di greggio nell'oceano riconosciuto come il più grave disastro ambientale della storia.

L'idea di cinema di Berg con il suo attore feticcio Walhberg è quella che meglio riassume lo spirito reazionario di un paese. Probabile a questo punto che gente come lui, Snyder, Bay & soci, potrebbero diventare ministri della cultura grazie a Trump. Pensate cosa potrebbe succedere...
Incubo sull'oceano riprende una tragedia nota a tutti, di cui si è molto parlato, ma che nel giro di poche settimane è stata dimenticata per dare spazio ad altre tragedie.
Da questo punto di vista il film cerca di mettercela tutta. I protagonisti ovviamente hanno le facce di Wahlberg, Russel e Malkovich e il film in una struttura solida ma prevedibile, mostra con l'impiego di costosi effetti speciali, l'epopea della tragedia e tutti gli effetti perversi e le conseguenze inattese che ha provocato nell'impatto ambientale, nell'oceano, nell'ecosistema.
Il film cerca in modo sintetico di mostrare le falle del sistema e delle politiche, i controlli e la manodopera che la British Petroleum non ha voluto prendere e considerare così i rischi.
Mostra l'eroe di turno Mike Williams impegnato a salvare il suo capitano e il resto della squadra prima di tornare tra le braccia della moglie e della figlia.
Un film a stelle e strisce in tutto e per tutto, senza troppo sbandierare sentimenti e ostilità, mostrando l'americano medio interessato solo al suo orticello e il dovere di difendere il sangue nero della terra. Rimane uno di quei film di cui l'America ha stranamente bisogno per insistere e ripetere una delle litanie crocifisse nel cuore di ogni yankee reazionario.


sabato 20 febbraio 2016

Wave

Titolo: Wave
Regia: Roar Uthaug
Anno: 2015
Paese: Norvegia
Festival: TFF
Giudizio: 3/5

Kristian Eikfjord, geologo con molta esperienza, accetta un lavoro fuori città. Si prepara così a trasferirsi con la famiglia quando con i suoi colleghi è costretto a confrontarsi con piccoli cambiamenti geologici nel sottosuolo. Ben presto, il peggior incubo dell'uomo sembra avverarsi e il disastro è inevitabile: con meno di dieci minuti a disposizione, dovrà tentare di salvare quanta più gente possibile, compresa la sua famiglia.

Cosa succederebbe se l'intenso monitoraggio scientifico di una equipe al momento debito non lanciasse un allarme d'emergenza? Probabilmente quello che è successo nel 1905 in cui uno tsunami omicida a fatto un massacro enorme, oppure il disastro del Vajont del '63 citato nel film, con cui il quarto film di Uthaug sembra avere diverse analogie.
Il problema di fondo è sempre sottovalutare quello che la Natura ci comunica anche quando non dovrebbe a causa degli eccessi a cui ci esponiamo.
The Wave è un disaster-movie norvegese in cui il pubblico sa benissimo che tutto alla fine andrà bene per il nucleo familiare protagonista della vicenda.
Tutto il film si riassume in un unico maremoto alto 80m, in una scena davvero suggestiva, che pur nella sua brevità, raggiunge gli obbiettivi prestabiliti.
Il film è un kolossal standard in tutto e per tutto in cui come dicevo, quelli che contano alla fine si salvano, anche quando il protagonista, soprattutto nel finale, sembra quasi un supereroe salvando la propria famiglia e riottenendo le attenzioni del figlio.
Da questo punto di vista Uthang ha cercato di essere un po troppo magnanimo e politically-correct quando forse sarebbe risultato più credibile con un altro finale o un vero colpo di scena.
Alla fine non sembra mancare nulla e anche alcuni elementi secondari, come quelli nell'hotel, sembrano funzionare alla perfezione. Eppure sarà forse per gli scarsi colpi di scena o il fatto che il pubblico non faccia altro che aspettare l'onda, rendono tutta la confezione più una maestria dell'eclettico regista che non una vera prova di cinema di genere con risvolto sociale.




lunedì 5 ottobre 2015

Everest

Titolo: Everest
Regia: Baltasar Kormakur
Anno: 2015
Paese: Usa
Giudizio: 2/5

Rob Hall e Scott Fisher sono due scalatori professionisti che negli anni ‘90 iniziano qualcosa di impensabile fino a poco prima: organizzano delle arrampicate fino alla vetta più alta del mondo, l’Everest appunto, per clienti di ogni sorta. Si fanno la guerra, sono divisi da stili di scalata e approcci alla vita totalmente diversi ma stavolta dovranno collaborare vista la forte affluenza di clienti e viste le condizioni climatiche. Ciò che segue è una delle avventure più entusiasmanti, drammatiche, potenti, risolutive dell’uomo del secolo appena trascorso.

L'Everest "è lì" a ricordarci il rispetto che si deve alla natura e all'altezze inaccessibili.
Con una domanda così drammatica era ovvio pensare che Hollywood in un genere catastrofico facesse confusione.
Kormakur, regista islandese impiegato da Hollywood per action movie, si cimenta con una crew di attori interessanti a cercare di dare spettacolo e veridicità alla classica storia vera che propina le gesta di un gruppo di scalatori in parte professionisti che cercano di superrasi chi per i più svariati motivi in un crescendo che porta l'Everest ad essere straordianriamente sovraffollato.
C'è tanto in due ore di film, ma il problema fondamentale è che l'avventura è in seondo piano rispetto ai sentimenti e soprattutto dall'arrivo della tempesta così che i pianti e la disperazione creano più ansia delle gesta dei numerosi personaggi con cui i protagonisti si ritrovano a cerccare di sopravvivere.
Con titoli come il posto più pericoloso della terra e alcune ricostruzioni digitali palesemente finte oltre un lavoro di post-produzione che poteva essere svolto meglio, Everest sembra interessato in particolar modo a rispondere alla domanda, di tutti i personaggi, di cosa sia necessario sacrificare per avere la determinazione richiesta per affrontarla.
Se poi contiamo la totale mancanza di sceneggiatura e di regia, allora rimane ben poco e probabilmente gli spettatori preferiscono come Scott darsi all'alcool per cercare di giustificare tale assenza di intenti.

Everest è un'occasione davvero mancata, contando che il discorso uomo-montagna è un tema appasionante che poteva essere sfruttato meglio, soprattutto contando il budget mastodontico e il soggetto.

venerdì 19 dicembre 2014

Into the Storm

Titolo: Into the Storm
Regia: Steven Quale
Anno: 2014
Paese: Usa
Giudizio: 2/5

Gary è un vedovo che vive con i figli adolescenti Donnie e Trey a Silverton, cittadina dell'Oklahoma. Allison è una meteorologa che insegue i tornado e fa da supporto scientifico a Pete, storm chaser e cineasta che sogna di filmare il twister perfetto. Donk è un amante del rischio il cui obiettivo è ottenere il record di visualizzazioni delle sue imprese folli su Youtube, riprese dall'altrettanto svalvolato amico Reevis. Questi ed altri personaggi dovranno confrontarsi con il vortice più grande della storia, che andrà a colpire proprio Silverton e dintorni

Usa+bandiera stelle strisce+storia particolarmente cretina.
A differenza di un filmone come TWISTER che certo vantava un budget e un cast differente, pur rimanendo un blockbuster catastrofico e commerciale a tutti gli effetti, la pellicola di Quale sembra puntare solo sull'intrattenimento con alcune scene davvero troppo esageratamente inverosimili.
Quale è un impiegato di Hollywood messo a dirigere film catastrofici (FINAL DESTINATION 5) e sembra continuare a girare su se stesso senza trovare un'ancora che lo salvi dal caos generale.
La scena in cui gli aerei finiscono nell'occhio del ciclone è la migliore del film, peccato che si veda già nel trailer.


domenica 29 settembre 2013

Impossible

Titolo: Impossible
Regia: Juan Antonio Bayona
Anno: 2012
Paese: Usa/Spagna
Giudizio: 2/5

Dicembre 2004. Henry, Maria e i loro tre figli decidono di concedersi una vacanza natalizia lasciando il Giappone , dove lui lavora, per raggiungere la Thailandia. Anche se Henry ha qualche preoccupazione relativa al suo impiego il relax è totale. Fino a quando, la mattina del 26 uno tsunami di enormi proporzioni travolge tutto ciò che si trova di fronte. Maria viene trascinata via nella stessa direzione del figlio maggiore Lucas mentre Henry viene travolto mentre ha stretti a sé i due figli più piccoli. In quella catastrofe naturale moriranno trecentomila persone.

È stata un’esperienza incredibile. Fin dal primo momento, quando Jota (il regista) ci ha detto: ‘Voglio realizzare un film sulla vostra storia’, abbiamo risposto: ‘Non è la nostra storia, ma la storia di molte, moltissime persone’. Solo che non tutti sono stati fortunati quanto noi.
Maria Belon

Oramai siamo così pieni di film "tratti da una storia vera" oppure "tutto quello che state per vedere è realmente successo".Che sia così o no, il cinema insegna che comunque c'è finzione e c'è la fruizione dello spettatore che non deve per forza di cose essere contagiata da frasi che sembrano investire lo spettatore di una drammaticità che dovrebbe colpirlo ancor di più.
Al di là del bene e del male, e del fatto che la famiglia nella realtà era spagnola ed era formata da Maria, Quique, Lucas, Tomas e Simon, ma si sà quanta importanza ha la distribuzione internazionale del film e il casting richiedeva questo cambiamento e quindi metere due star internazionali come McGregor e la Watts.
Il risultato è come la dicitura del titolo: accade l'impossibile ma noi sappiamo già che si salveranno dall'impossibile come capitò nella realtà.
L'incidente scatenante ovvero lo tsunami è messo in scena in modo davvero elettrizzante. Gli uccelli che scappano, l'atmosfera che cambia, l'onda enorme che scuote il paradiso naturale per i soliti turisti borghesi, tutto in quei dieci minuti funziona perfettamente per poi sgretolarsi. Fondamentalmente chiunque vuole la tragedia e in un disaster-movie è quello a prevalere. Quando poi però la drammaticità sostituisce a pieno regime le note di intenti del film diventando a tutti gli effetti fastidiosamente troppo pieno di lacrime si perde l'effetto solo per gli amanti delle commozzioni in svendita.
Poteva dare di più senza cadere nell'effetto tragico da cui dalla seconda parte il film diventa a tutti gli effetti senza poi dover cadere nel trgico errore di nascondere alcuni vuoti narrativi dietro gli occhioni di un bambino che cerca la famiglia.