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domenica 27 ottobre 2019

Alien


Titolo: Alien

Regia: Ridley Scott
Anno: 1969
Paese: Usa
Giudizio: 5/5

L'astronave Nostromo sbarca su un pianeta da cui proviene un SOS, ma la colonia sembra essere disabitata. Nel corso di una ricognizione, un membro dell'equipaggio viene attaccato da un essere a forma di ragno. La situazione precipita: i coloni sono stati in realtà sterminati da una razza aliena che ha trasformato la base in una gigantesca covata.

Alien è stato un punto di svolta importante per il genere sci-fi. Un film che ha rivoluzionato completamente idee e teorie sugli alieni riprendendo l'idea di Siegel e trasformandola ad hoc per un film che ha nei suoi punti di forza l'estrema violenza e il carattere dell'alieno.
Alieno è il mostro come la base spaziale. Alieni sembrano i presupposti per cui la creatura abbia solo lo scopo di cibarsi e riprodursi facendo in modo che gli umani siano solo cavie che servono al loro scopo usati come materia organica per cibarsi e come incubatrici per poter dare vita e riprodursi.
La creatura pensata dal pittore Hans Ruedi Giger e realizzato dal mago degli effetti speciali Carlo Rambaldi è sempre risultata inquietante, influenzando molto le fattezze degli alieni e allo stesso tempo per le sue incredibili caratteristiche è riuscito ad essere ancora ad oggi la creatura più perfida, crudele e maledettamente affascinante dell'universo sci-fi come un viscido essere tentacolare dalla forma di ragno, e in seguito si tramuta in un gigantesco xenomorfo dal cranio allungato e dalla lingua letale.
Il pregio enorme del secondo lungometraggio di Scott è stato quello al di là dei meriti delle maestranze, di averla spuntata con un budget di appena 11 milioni costruendo e puntando tutto sull'impianto dell'atmosfera, rendendola sempre suggestiva, inquietante, dove l'astronave, l'universo e il senso di angoscia che permane nello spettatore per tutto il film è proprio quello legato alla paura dell'ignoto, elemento che invece l'alieno non ha, attaccando e massacrando tutto l'equipaggio.
L'alieno diventa dunque la risposta a questa nostra paura, tradotta dal cinema e dalla "scienza" come uno xenomorfo in cerca di cibo e di altri come lei.
Un altro elemento che ha giovato molto e dato originalità e spessore al film è stata sicuramente la sceneggiatura di Dan O’Bannon, frutto di un cocktail di influenze narrative importanti, tant'è che ha sempre risposto alla critica "Non rubai Alien a nessuno in particolare. Lo rubai un po’ da tutti!"
Il pregio dei cult a di là dell'aver sdoganato tempi, modi, intuizioni, scene d'azione, scenari e tutto il resto, è quello di riuscire sempre ad essere attuali, controcorrenti, moderni per la loro freschezza narrativa e per aver dietro la macchina da presa dei maniaci della minimalità. Alien entra nell'olimpo tra i film che più di tutti hanno segnato un'epoca e un genere.




sabato 10 novembre 2018

Invocation of my demon brother


Titolo: Invocation of my demon brother
Regia: Kenneth Anger
Anno: 1969
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Cortometraggio sperimentale sull'immaginario omoerotico. Contiene alcune scene di performances dei Rolling Stones

Anger da sempre ha cercato di imporsi con una sua precisa e sperimentale idea di cinema.
O meglio una sorta di arte delirante e ossessiva che sembra essere la nota costante della maggior parte dei suoi cortometraggi, con il compito di impressionare, provocare e perchè no, buttare pure qualche seme trattando la magia nera e l'occultismo come tratterebbe Andy Warhol la nuova pubblicità del 21°secolo.
Il risultato ancora una volta mostra gli sforzi, l'eccesso e a volte la deriva attraverso cui l'artista cerca di dare forma ai suoi demoni personali investendoli e caricandoli di significato per impressionare il pubblico come in questo caso Lucifero e Sua Satanica Maestà.
Da sempre fan e succubo di Aleister Crowley che cita e omaggia in diversi lavori, cerca ancora una volta nel suo linguaggio sperimentale, quella misteriosa simbologia esoterica appartenuta al Gran Maestro. In 12' è concentrato tutto il suo universo che mescola musica, Rolling Stones, religione magica, il fondatore della Chiesa di Satana californiana Anton LaVey e il criminale Bobby Beausoleil, complice del pluriomicida americano Charles Manson.
Il corto in sè seppur con un ritmo incredibile e alcuni suoni e mescolanze suggestive soffre come spesso accade nei lavori di Anger di essere troppo confusionario.
Anger appare nei panni di un officiante chiaramente ispirato ad Aleister Crowley




domenica 29 settembre 2013

Bandito della luce rossa

Titolo: Bandito della luce rossa
Regia: Rogerio Sganzerla
Anno: 1969
Paese: Brasile
Giudizio: 4/5

Jorge, un emarginato della città di San Paolo, dopo aver messo in subbuglio tutta la popolazione, e soprattutto dopo aver sfidato la polizia con le sue "imprese", diventa famoso come "il bandito della luce rossa". Il soprannome gli deriva dalla particolare tecnica con cui mette a segno i furti.

"Il terzo mondo esploderà e solo chi non ha le scarpe sarà risparmiato”.
"Questo mondo è vuoto: io non so se lo stiamo costruendo o distruggendo".
Un dramma basato sulla storia vera di Caryl Chessman, il famoso bandito californiano soprannominato «il bandito della luce rossa», che venne catturato nel 1948 e trascorse 12 anni nel braccio della morte prima di venire giustiziato nel 1960.
Erano anni difficili ma cinematograficamente parlando gli anni del "Cinema Novo" in cui Sganzerla, grandissimo fan e discepolo di Welles, esce completamente dai canoni con questa opera fuori dagli schemi con una sorprendente libertà di stile e quant'altro.
Girato estremamente low-budget come quasi tutto il cinema e i documentari del regista, questo film ho avuto la possibilità di ammirarlo in una grande retrospettiva fatta dal Cinema Massimo di Torino proprio sul regista brasiliano.
Si può ricondurre la matrice ai film polizieschi classici americani come QUANDO LA CITTA'DORME in cui si delineano chiaramente le due figure opposte del delinquente e del poliziotto che gli da la caccia, ma il tutto è sovraccaricato dalla verve esplosiva del suo autore che non è intenzionato a confezionare un film di guardie e ladri: vuole raccontarci la malinconia del Brasile, la povertà e la disperazione in cui molti sono costretti a vivere, come il protagonista che acceca le sue vittime con un faro rosso ma in fondo è solo un povero disgraziato che ha preso coscienza delle amarezze della vita troppo presto perché viene dalle favelas, un posto in cui ci dice lo speaker due disgraziati hanno tentato di derubarsi a vicenda per poi accorgersi che non c’era niente da rubare.
In effetti però la scelta tecnica e lo stile del regista sono davvero anomali in certi passaggi, cambiando drasticamente la fotografia, il b/n, il montaggio, voci narranti e voci esterne, i discorsi apocalittici sul destino dell'umanità e interventi del radiogiornale sulle scorribande del nemico pubblico del momento (in alcuni momenti sembra quasi un parente alla lontana dei lottatori mascherati), le prime scritte a display luminoso sopra i negozi forniscono informazioni sul film, dal film, per il film, la voce fuori campo del protagonista si mescola al notiziario mentre le immagini si alternano fra un passato presente e un presente passato dove convivono violenza e samba, il buono e il cattivo, o bandido da luz vermelha durante le sue scorribande nelle abitazioni altrui e l’ispettore Sadi che gli da la caccia disprezzando però le vittime delle azioni criminali, vista la loro ricchezza.

lunedì 21 marzo 2011

Dillinger è morto

Titolo: Dillinger è morto
Regia: Marco Ferreri
Anno: 1969
Paese: Italia
Giudizio: 5/5

Glauco, disegnatore industriale di quarant'anni, rientra a casa dopo una giornata di lavoro. E' un'estate particolarmente calda, la moglie di Glauco è a letto per un'influenza. L'uomo trova nella sala da pranzo una cena fredda; non soddisfatto del cibo, decide di preparare qualcos'altro. Prende un libro di ricette e inizia a cucinare. Mentre cerca negli scaffali gli ingredienti necessari, trova un pacchetto avvolto in carta di giornale. Uno di essi risale al 23 luglio del 1934 e titola "Dillinger è morto". La notizia si riferisce alla morte del famoso gangster americano. Dentro al pacchetto, Glauco trova avvolta una vecchia pistola a tamburo.

Film meraviglioso, fisico, autodistruttivo e claustrofobico che si apre con una scena che spiega esattamente le intenzioni del film e i mali a cui l’uomo contemporaneo è sottoposto continuamente e con cui deve entrare in relazione. Piccoli è superbo, addirittura come mimo in una brevissima inquadratura si dimostra un attore d’altissimo livello. Da una dimostrazione di pura e lucida follia che sconcerta.
Non a caso le parti più interessanti del film sono girate tutte in interni, così come la scena topica del film in cui Glauco, con la pistola alla tempia esce dai ranghi e regala qualche espressione da folle come contrapposizione alla sua normalità soffocante.
I filmini che il protagonista guarda continuamente diventano lo specchio delle sue ossessioni e perversioni. Tenta quasi una possibilità di entrare in contatto con le donne sullo schermo. Al tempo stesso avverte la sua catarsi in un processo d’autodistruzione che non può concedere scampo.
Tutto quello che gli sta intorno diventa trascurabile e tragico, perfetta sintesi di un male contemporaneo invisibile ma che logora l’animo umano.
Ferreri ha girato in due settimane, usando casa sua come location, uno dei suoi film più importanti della sua carriera, regalando dei monologhi splendidi e spietatamente lucidi.
Un film che non perde le analogie con la contemporaneità che ci sta intorno.

domenica 20 marzo 2011

Dramma della gelosia, tutti i particolari in amore.

Titolo: Dramma della gelosia, tutti i particolari in amore.
Regia: Ettore Scola
Anno: 1969
Paese:Italia/Spagna
Giudizio: 4/5

La fioraia Adelaide(Vitti) s’innamora del muratore Oreste(Matroianni) e per lui è disposta a fare qualsiasi cosa. Oreste è sposato con due figli, ma decide di rinunciare a tutto per la bella Adelaide. L’episodio suscita l’ira della moglie che scopre l’identità della fioraia e la manda all’ospedale riempiendola di botte.
Quando Adelaide esce dall’ospedale inizierà una nuova vita con Oreste destinata a non durare a causa dell’arrivo del pizzaiolo Nello(Giannini).
Tra i tre inizia ad instaurarsi un’amicizia profonda destinata a non durare, poiché entrambi amano Adelaide e anche lei sembra non saper scegliere tra i due.
Commedia tragica e divertente con un duo eccezionale composto dalla coppia Vitti-Mastroianni.

Il film è un lungo flashback che cerca di ricostruire la sofferta storia d’amore d’Oreste. Questo schema cerca di mostrarci un processo con l’accusato Oreste che rievoca tutti i fatti che lo hanno portato a compiere il tragico gesto con l’amata.
La struttura del film quindi non è del tutto lineare, quando arriva il personaggio toscano di Nello interpretato da un Giannini vagamente effeminato al suo primo ruolo comico, anche lui rievoca il passato con Adelaide e la sofferta amicizia con Oreste.
Palma d’oro a Cannes per Matroianni, sicuramente uno dei migliori attori italiani che hanno saputo dare un nuovo tratto espressivo al cinema. Sognatore, lavoratore, comico e infine barbone. Mastroianni gigioneggia con alcuni suoi ruoli classici al suo primo film con Scola, per darci un’interpretazione che altalena dall’euforia per la gioia di aver trovato Adelaide e la rabbia e la gelosia quando scopre il tradimento dell’amata con l’amico.
Monica Vitti come sempre è troppo bella e riesce ad essere la più convincente del film regalandoci un’interpretazione straordinaria in un ruolo comico un po’ confuso.
Infine la sempre azzeccata sceneggiatura d’Age e Scarpelli che in questo film contaminano gli elementi della sottocultura –popolare e regalano grandi momenti comici sapendo adattare i dialoghi con i sempre efficaci dialetti popolari che in questo caso si mischiano regalando un mix di grande effetto.

Ragazzi del massacro

Titolo: Ragazzi del massacro
Regia: Fernando Di Leo
Anno: 1969
Paese: Italia
Giudizio: 4/5

Il fatto ha dell’incredibile. Il tutto ha inizio in una scuola serale, con il ritrovamento del cadavere di una giovane docente. A quanto pare, sembra che la professoressa sia stata aggredita e seviziata dall’intera scolaresca. Non una comune scolaresca come tutte le altre, ma un manipolo di ragazzi a dir poco turbolenti per la maggior parte con svariati problemi alle spalle.

Film assolutamente contemporaneo per fatti e circostanze e tratto dal romanzo di Giorgio Scerbanenco.
Un gruppo di studenti minorenni violentano e uccidono la loro maestra in classe apparentemente senza complici. L’ispettore intuirà che dietro c’è un disegno criminale ancora maggiore.
Cosa può fare dunque la magistratura con dei minorenni? Come può comportarsi un ispettore che ha già srotolato parte della matassa e intuito chi sta dietro a cosa, senza fare uso della violenza con tanta sfacciataggine?
L’unico modo per l’ispettore sarà proprio quello di smascherare l’organizzazione che sfrutta proprio “l’innocenza” dei minori.
Il film è basato su un interrogatorio sapientemente analizzato in tutte le sue fasi con un ritmo agganciante che non lascia respiro e interpretato magistralmente da Pier Paolo Capponi.
Le facce dei ragazzi sembrano uscite da un film di Pasolini.
Di Leo è sempre stato un predecessore degli eventi di cronaca così com’è stato uno dei più grandi registi per quanto concerne il genere poliziesco e da cui è stato plagiato e citato da molti registi famosi.
Il film venne vietato ai minori di 18 anni e come tanti film del regista distribuito dalla Raro Video.

domenica 13 marzo 2011

Mia notte con Maud


Titolo: Mia notte con Maud
Regia: Eric Rohmer
Anno: 1969
Paese: Francia
Giudizio: 4/5

Il film è ambientato a Clermont-Ferrand.Michel, un trentenne cattolico, rimane colpito da una bellissima ragazza, Francoise, che vede in chiesa. Non ha il coraggio di avvicinarsi così la segue in macchina perdendone le tracce. In un bar incontra un suo vecchio compagno di scuola che lo invita a trascorrere una serata a casa di una sua amica di nome Maud. Arrivati a casa di Maud, i tre conversano su diversi argomenti tra cui la fedeltà e infedeltà; Michel vista la sua profonda fede cattolica attira l’interesse di Maud che ha da poco divorziato e rimane colpita dai valori morali di Michel. Tra i due non nasce che un bacio. Michel riesce a trovare Francoise e la sposa. Rincontrerà Maud dopo cinque anni, quando ormai ognuno ha seguito la sua strada.

Terzo dei “racconti morali” di E. Rohmer, il film fa perno su un dilemma morale sfruttato spesso nel cinema ma proprio a ridimensionarne le sorti e analizzarne meglio le strutture si cimenta uno dei padrini del cinema francese.
Il film è una commedia d’amore bellissima concentrata proprio sul dilemma fondato sulla fedeltà alla scelta più che alla persona.
L’intreccio della storia è eccellente. Ogni personaggio è ottimamente caratterizzato è ci fornisce esattamente tutti gli elementi su cui riflettere. L’amico di Michel è un insegnante frivolo che preferisce andare con le allieve e divertirsi con Maud.
Maud è la classica donna di larghe vedute che non vuole stringere legami duraturi.
Il personaggio di Michel è ottimamente interpretato da Trintignant.