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domenica 6 novembre 2011

A Dangerous Method


Titolo: A Dangerous Method
Regia: David Cronemberg
Anno: 2011
Paese: Canada
Giudizio: 3/5

Lo spettro delle guerre incombe su Zurigo e Vienna, e su questo scenario si intrecciano le storie e le vite di due figure storiche e fondamentali per la nascita della psicoanalisi. Carl Jung utilizza il metodo di Sigmund Freud per curare Sabina Spielrein, una giovane isterica russa di cui si innamora. Colpito dai risultati ottenuti da Jung, Freud lo nomina suo successore, ma quando Jung sviluppa le proprie personali teorie, le loro strade si dividono

A Dangerous Method è il film sulla nascita della Psicoanalisi.
Pulsioni, isteria, complessità e fragilità dell’animo umano, sono queste le componenti su cui si dipana l’ultimo attento film di uno dei maestri della fantascienza contemporanea e padrino della metamorfosi cinematografica.
Tre sviluppi con al centro una donna, una paziente, che nella sua degenza riesce forse troppo in fretta a superare la sua condizione isterica conclamata diventando studentessa e poi una valida assistente. Questo forse è uno dei punti poco riusciti all’interno della pellicola, la trasformazione troppo repentina della degente e lo scontro tra Jung e Freud e un’analisi alle volte troppo frammentaria dell’intera vicenda.
E’ però il rapporto allievo-maestro quello su cui ci si concentra di più il film e l’interessante sceneggiatura di  Christopher Hampton che ha basato per il grande schermo un suo lavoro teatrale del 2002, a sua volta basato sul libro di John Kerr “Un metodo molto pericoloso” del 1993 che qui trova un regista che riesce a trarre degli spunti interessanti di riflessione anche se risulta non entrare troppo in profondità se non in alcune scene soprattutto di Sabina e quasi solo nel primo atto.
Ed è proprio il cambio di rotte che sul presente storico della prima mondiale porta i due studiosi a scontrarsi, scriversi fiumi e fiumi d’inchiostro con quel fantastico pennino e l’immancabile sigaro in bocca a Freud (simbolo fallico per antonomasia che sembra quasi essere sottolineato dal regista con tutti quei movimenti di mano e il modo in cui Viggo se lo ciuccia), avvicinarsi e poi allontanarsi definitivamente dall’importante dialogo sulla nave e prima sulla barca che gli porterà entrambi in America.
 Il rapporto inizialmente sulla stessa scia ma con un maestro che non accetta rivali in materia mantenendo la propria presa di posizione sulla psicoanalisi e il fatto di essere l’indiscusso padrino della materia senza riconoscere il progressivo sviluppo degli studi del presunto nuovo successore.
A livello tecnico il film ha delle fantastiche scenografie, location e i costumi di Denis Cronemberg.
Fassbender (che cresce film dopo film), Mortensen (ormai attore feticcio del regista) e in minor parte la Knightley (fuori parte in diversi momenti) nelle rispettive parti di Jung e Freud e Sabina Spielrein riescono a dare credibilità e spessore ai due grandi protagonisti uomini, borghesi, occidentali e del ventesimo secolo (Freud era pure ebreo) e maestri delle scienze sociali. Senza dimenticare poi la performance di Cassel nel ruolo di Otto Gross e le sue tesi grossolane che sembrano più attraccare a soli incipit sulle pulsioni erotiche dando comunque un quadro integro ma troppo sfaccettato del personaggio.
Cronemberg punta tutto su Jung psicanalizzandolo, il quale continua a essere studiato poco e la presa di posizione del regista sembra voler riaffermare le sue teorie e il suo contributo alla psicologia cognitiva.