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mercoledì 27 marzo 2024

Little from the fish shop


Titolo: Little from the fish shop
Regia: Jan Balej
Anno: 2015
Paese: Cecoslovacchia
Giudizio: 5/5

Costretti ad abbandonare le acque devastate in cui vivono, il re dei pesci e la sua famiglia si avventurano a vivere tra gli umani. Un gorno la figlia del re, Petite, incontra J.J., un perfetto sconosciuto. Ed è qui che le cose si complicano.

Siamo di fronte ad un capolavoro. Balej riprende un classico e lo riadatta in chiave contemporanea.
Un film per adulti, una rielaborazione animata in stop motion e cg dove a parte rimanere affascinati dalla sorprendente cura maniacale nei personaggi e nelle location, ci si lascia contagiare da un'atmosfera che nei suoi silenzi riesce a toccare picchi di poesia impressionanti.
E' una fiaba drammatica dove non c'è un vero e proprio happy ending finale ma anzi, dove Petite non è la Ariel che conosciamo, dove scopriamo una storia di amore non corrisposto, di prostituzione, dove per compiacere il proprio compagno si scende nei bassifondi per fare patti pericolosi con delle streghe. Dove non manca l'ironia, la musica con un'orchestra incredibile, le questioni familiari e i valori di questa vecchia famiglia che ama la tradizione con una società contemporanea ormai ancorata al piacere effimero. Il sacrificio finale di Petite, l'impossibilità a cambiare la propria natura, fa entrare subito questa perla del mare tra i film d'animazione più belli di sempre.


mercoledì 18 ottobre 2023

Strade di Fuoco


Titolo: Strade di Fuoco
Regia: Walter Hill
Anno: 1984
Paese: Usa
Giudizio: 5/5

Un eroe solitario armato di Winchester e muscoli corre al salvataggio della sua bella, superdiva rock rapita dalla banda di teppisti motorizzati capeggiata dal cattivissimo Raven

Strade di fuoco è un film manifesto con una storia molto semplice e un risultato a dir poco esplosivo con un sacco di trovate legate al montaggio, alle scene d'inseguimento, ai combattimenti e con tutti gli elementi alla base per descrivere e narrare una storia d'impatto con un'azione roboante e pervasiva per tutto il film. Il cattivo rapisce la bella, l’eroe torna dall’esilio per salvarla. In questo caso diventa una banda di motociclisti che rapisce una rock star, e l’ex-fidanzato, veterano di guerra, torna per salvarla. L'elegia dell'archetipo e del viaggio dell'eroe.
Un cult e un capolavoro direi per un regista che non ha bisogno di presentazioni, per un cast stellare, costumi e la stessa scenografia.
La semplicità della brevitas delle azioni senza stare a spingerle troppo in inutili dialoghi ma arrivando sempre e dritti al sodo. Il cinema che si fonde con la musica "fondandosi"sulla musica. Un concerto d'apertura e nel finale a dir poco clamoroso dove l'eroe di turno sparisce dopo aver fatto il suo compito, senza portarsi via la sua amata ma preferendo la solitudine.

venerdì 11 agosto 2023

Profondo Rosso


Titolo: Profondo Rosso
Regia: Dario Argento
Anno: 1975
Paese: Italia
Giudizio: 5/5

Il musicista inglese Marc Daly, in Italia per motivi professionali, è casualmente testimone del sanguinario omicidio della sensitiva Helga Ullman, che abita nel suo stesso palazzo. Poco prima, durante un congresso di parapsicologia, Helga aveva avvertito in sala una presenza malevola, di una persona che aveva già ucciso e che avrebbe ucciso ancora. Marc è turbato e incuriosito da quanto ha visto e decide di indagare per conto suo, trovando una sponda nella giornalista Gianna Brezzi che vede la possibilità di uno scoop. La pista investigativa che segue porta Marc in direzione di una scrittrice, Amanda Righetti, ma, quando arriva a casa sua per parlarle, la trova morta assassinata. Il killer ha colpito ancora e sembra in grado di prevedere tutte le mosse di Marc e Gianna, in una scia di sangue che si fa sempre più lunga e tortuosa.
 
Profondo Rosso è uno dei capolavori dell'horror italiano. Un film audace che ha saputo grazie al talento di tutte le maestranze coinvolte, dare originalità, estro, colpi di scena, momenti di puro cinema, brividi, splatter ma soprattutto un thriller mai scontato dove addirittura viene mostrato il killer all'inizio del film e dove come spesso accade, per parte del film l'assassino/a potrebbe sembrare proprio l'innocente partner di Marc. Le musiche dei Goblin, l'uso della fotografia e delle luci, le cromature, il montaggio perfetto, la scelta di alcuni personaggi mai sopra le righe ma memorabili. E' il film dopo il quale Argento ha cominciato ad alternare thriller e soprannaturale inserendo temi demoniaci e possessioni. Il tutto con quella vena creepy nel saper mischiare e intensificare l'atmosfera di alcune scene grazie all'inserimento di nenie infantili deformate e ossessionanti. Ci sono troppe scelte stilistiche importanti che si alternano regalando momenti di memorabile cinema che non è in primis solo e puro orrore ma racconta anche una storia d'amore tra Marc e Gianna. Le scene mostrate solo per il valore del regista, senza peraltro essere mai spiegate, compaiono e hanno una loro forza estetica determinante come la sequenza dell’automa semovente psicopombo che sbuca da una cortina di tende, muovendosi come un soldatino di latta e ridendo come il Diavolo, introducendo di fatto la morte.

martedì 20 dicembre 2022

Pleasure


Titolo: Pleasure
Regia: Ninja Thyberg
Anno: 2021
Paese: Svezia
Giudizio: 5/5

Quando la 19enne svedese Linnéa arriva a Los Angeles è convinta di avere le idee chiare: diventerà una star del cinema porno, con il nome d'arte Bella Cherry, e avrà fama e ricchezza. Ma la carriera che le si para davanti non è quella che si era immaginata: non basta essere bella, pragmatica e disinibita, bisogna anche pagare il prezzo ad un'industria dominata e gestita da uomini che non solo impongono il loro sguardo alle "attrici", ma riservano anche un trattamento comprensivo di umiliazioni e violenze che a poco a poco smettono di essere giustificatbili come "recitazione", o peggio ancora come "arte". Dunque a Linnéa toccherà decidere del proprio futuro alla luce delle nuove conoscenze apprese sul campo, e con dolore.
 
Corpi, corpi e ancora corpi. L'esordio di Thyberg senza usare mezzi termini è un capolavoro.
"Il film" sul mondo della pornografia contando che una tematica simile non è quasi mai stata affrontata nel cinema se non attraverso i documentari di AFTER PORN ENDS o brevi intromissioni come il film su John Holmes o la commedia di Paul Thomas Anderson.
Qui c'è quella che inizialmente vorrebbe essere per Linnèa una salita ma diventa giorno dopo giorno una discesa disperata all'inferno dell'industria pornografica vista come una realtà fredda e anonima. Il film testimonia come il voler diventare una ragazza "Spiegler" richieda lo smembramento emozionale di se stessi dalla rinuncia all'identità di genere, riflettendo un sociale privo di illusioni, alla sottomissione ad una gerarchia maschile e quanto è più che mai può diventare sofferto l'accesso alla fama, dove bisogna aumentare il volume dei follower acconsentendo alla mercificazione del proprio corpo abbandonandosi a scene degradanti pur di essere presi in considerazione.
Un film anticonformista che non lesina su nulla senza diventare mai gratuito o cercando di essere stucchevole ma rimanendo un'indagine intelligentemente originale e innovativa.
Alla fine nell'epilogo finale (una scena importantissima dentro la limousine) arrivata al culmine Linnèa fa la scoperta forse più semplice è scontata della sua carriera per cui sa benissimo che non avrà mai nessun potere, nemmeno su se stessa, diventando niente più che un corpo da sacrificare all'industria e allora prende la sua decisione


domenica 27 novembre 2022

Earwig


Titolo: Earwig
Regia: Lucile Hadžihalilović
Anno: 2021
Paese: Belgio
Giudizio: 5/5

Da qualche parte in Europa, metà del ventesimo secolo. Il cinquantenne Albert deve badare Mia che di anni ne ha dieci. Il compito più importante è occuparsi della dentiera di ghiaccio che deve essere cambiata più volte al giorno. Vivono da soli in un grande appartamento: le persiane sono sempre chiuse, Mia non esce mai e la giornata scorre secondo un rituale immutabile. Ogni settimana, il telefono suona e una voce maschile interroga Albert sulla salute della ragazza. Ogni settimana Albert risponde con le stesse risposte, finché un giorno quella voce comunica ad Albert che dovrà portare la ragazza a Parigi. Devastato, il mondo di Albert si sgretola lentamente.
 
Earwig non è altro che la constatazione di un talento indiscusso per una regista del cinema di genere tra le più importanti di sempre. Con tre film in due decenni, Lucile Hadžihalilović, dimostra a mio modo di riuscire ad essere molto più enigmatica e disturbante della cinematografia del marito, un Gaspar Noè ormai da anni eccessivamente quotato da critica e pubblico. Lucille ha una dote certa che la consacra come una sorta di strega post contemporanea. Da un lato il suo riuscire a creare un cinema ipnotico, poetico, suggestivo, enigmatico, viscerale, criptico, ammaliante, disturbante ma soprattutto esoterico e poi quello di avere una grazia e un'eleganza che sembrano riportare le sue opere a dei quadri del passato dove la stessa scansione del tempo avviene in maniera inquietante come se fosse parte di un gioco in cui solo lei conosce i segreti e gli ingranaggi divertendosi a giocare con il pubblico.
Lucile condivide una sua personale idea di politica d'autrice come altri outsider della sua generazione, ad esempio Ben Weathley, ovvero come spesso accade nelle loro interviste amare il non detto e il non spiegato i quali acquistano un valore e risaltano più che mai in particolar modo nei finali aperti che spesso e volentieri mandano a male quel pubblico che vuole avere sempre tutto sotto controllo.
In questo caso poi la scena che chiude, il climax finale del film, è una delle scene più disturbanti, crudeli e cannibali ma allo stesso tempo romantiche che si siano mai viste nella settima arte.
Da considerare ancora un ruolo come sempre fondamentale nel cinema dell'autrice ovvero il suono, una colonna sonora minimale che amplifica il disagio in scena tutto scandito da poche note di campane, qualche scricchiolio, ticchettii, dove nei primi due atti non ci sono praticamente dialoghi e dove solo nel terzo atto nell'apertura esterna tra Celeste e Lawrence, il film oserà rivelarci qualcosa. In ultimo alcune scene sono davvero ammalianti per come nella ricerca estetica riescano ad imprimersi con così tanta forza, una su tutte quella del quadro dove vede Albert nella stanza chiusa e buia cercare dettagli con un accendino che sbuffa qualche sprazzo di luce e dove dal suo sguardo e nei particolari sembra nascondersi una molteplicità di significati.

domenica 21 novembre 2021

Limbo


Titolo: Limbo
Regia: Pou-Soi Cheang
Anno: 2021
Paese: Cina
Giudizio: 5/5

Un poliziotto alle prime armi Will Ren e il suo compagno, il poliziotto veterano Cham Lau, stanno perseguendo un assassino di donne ossessivo e particolarmente brutale.
 
Limbo è il noir in b/n all'ennesima potenza. Se da un lato ormai questo sotto genere ha regalato diverse storie memorabili, Limbo seppur non trovando molta originalità nella storia, la raggiunge invece nella tecnica, nello sviluppo, nella mdp, nell'atmosfera, nella fotografia e in particolar modo nella scenografia. Perchè diciamolo subito. Limbo è il film dove la spazzatura ha un suo peso specifico, diventa anch'essa parte della storia nel cercarci dentro indizi, pezzi di corpo, pistole, etc. Limbo il cui nome non poteva che essere tale, lascia sospesi, in una sorta di bolla di sapone dove è difficilissimo cercare il killer in questione e trovare qualche suo indizio o scoprire cosa si nasconda dentro la sua mente criminale. Se l'indagine è da manuale del noir di come l'investigatore ci metta corpo e anima lasciandosi andare e abusando del suo ruolo per scoprire la verità, dall'altra parte c'è il collega più giovane, misurato, timido e con il senso di giustizia sempre a portata di mano.
Tutto andrà in vacca e i ruoli si ribalteranno. E poi il personaggio di Wong To che attraversa letteralmente gli inferi urbani di hongkong diventando la vittima sacrificale e il capro espiatorio.
Su di lei si scatena una tale brutalità in termini di vendetta che lascia interdetti per quanto questo personaggio alla fine riesca sempre a farcela anche se imbrattata di sangue e cicatrici.
Limbo è sporco, grottesco, squallido, convulso. Rifugge in tutto e per tutto l'happy ending scegliendo il sacrificio finale, trovando solo degrado e immoralità in quel malessere urbano che diventa il disagio interiore della società e dei suoi protagonisti. Limbo è un capolavoro.



Alucarda


Titolo: Alucarda
Regia: Juan Lopez Moctezuma
Anno: 1977
Paese: Messico
Giudizio: 5/5

Nel 1865 la madre di Alucarda, poco prima di morire, esprime il desiderio di affidare la figlia alle suore di un convento. Da adolescente, la figlia stringe una forte amicizia con un'altra ragazza di nome Justine. Un giorno incontrano un misterioso zingaro che propone alle due ragazzine l'acquisto di amuleti per allontanare i demoni. Le due ragazze si spaventano e fuggono nel bosco finchè non si imbattono in un castello. Allora Alucarda propone a Justine di entrarci e lì troveranno una bara che apriranno senza pensare alle conseguenze.
 
Alucarda può essere considerato uno dei film baluardi sul tema stregoneria, possessioni, sabba, magia nera e molti altri elementi. Un film particolarmente morboso dove al di là degli scontri tra fanatismi religiosi e scienza, c'è un impressionante uso di urla con la finalità di portare lentamente lo spettatore allo sfinimento. Un film esoterico, magico, denso di elementi e simbologie nonchè personaggi emblematici nella loro trasfigurazione. E' un film controcorrente, politicamente scorretto, incredibilmente coraggioso per l'anno in cui è stato girato. Un film assorto da una strana e affascinante atmosfera in grado di dare splendore e sostanza per la ricercatezza delle immagini, una fotografia pungente e delle scenografie come i costumi (in particolare la scelta di cosa far indossare alle suore e come mettere in scena l'orfanotrofio) totalizzanti. Insieme poi a delle musiche che riescono a creare quel tono ancora più surreale e onirico in grado di fondersi con le struggenti interpretazioni delle due protagoniste. Ci sono moltissime scene cult dal sigillo e il patto di sangue con lo zingaro, Alucarda che pronuncia il nome di Belzebù facendo incendiare suore e preti, a Justine trovata nella bara di sangue. Da bravo seguace e collaboratore di Jodorowsky, Moctezuma sembra sposare la teoria per cui il male trionfa sul bene, rappresentato come falso e bigotto, attorno ad un sistema di valori cristiani, trovando spazio anche per criticare la scienza, dove la provocazione del desiderio prova indignazione in chi non ne riesce a condividere lo spirito, come la suggestiva scena dove Alucarda prova a tentare sessualmente il prete.


domenica 17 ottobre 2021

Angel Heart


Titolo: Angel Heart
Regia: Alan Parker
Anno: 1987
Paese: Usa
Giudizio: 4/5

New York, 1955. Harold Angel è uno scalcinato investigatore privato. Un inquietante personaggio gli commissiona un'indagine molto particolare: scoprire se Johnny Favourite, cantante ricoverato anni prima in ospedale e sofferente di una grave amnesia, sia vivo o morto.
 
Differenze tra romanzo e pellicola. Devo dire che nel lavoro di riscrittura sono stati apportati alcuni cambiamenti notevoli di cui il film ha beneficiato. Prima di tutto gli incubi che qui appaiono numerosi con una continuità che ad esempio non finisce con un risveglio ma sembra quasi uno stato o un flusso di coscienza. In questo caso l'apporto dell'ascensore è funzionale oltre che rendere perfettamente tetra e orrorifica la discesa all'inferno che trova l'epilogo nei titoli di coda.
Nel libro manca questo elemento. In più Louis Cyphre nel finale appare con gli occhi indemoniati come anche il bambino (che non è presente nel libro) come ha segnare e sottolineare l'aspetto diabolico ed esoterico su cui il film scandisce e dipana la narrazione. Infine la scena di sesso con Epiphany che sebbene fosse molto spinta non aveva come sottofondo nel libro le cascate di sangue. Questi a mio modo di vedere sono stati elementi che hanno avuto una resa a livello d'immagine cruda e intensa.
Il libro dalla sua caratterizza molto di più alcuni personaggi mostrandone la loro indole malvagia, mostrando altri componenti che suonavano con Favourite, il negozio dove lavora Epiphany e molto altro ancora, raccogliendo meno marciume come invece nella pellicola avviene contando che Angel fuma continuamente e sembra avere un debole per le location tetre e sporche. Da vedere e da leggere soprattutto il romanzo di Hjortsberg con un commento di King "Non ho mai letto niente che possa anche lontanamente assomigliare a questa storia" dove appunto vudù, sete di potere, horror soprannaturale, menzogne, noir, hard boiled, thriller, erotico, viaggio interiore, memoria frammentata, inquietante e onirico, sono tutte componenti assemblate ad hoc in un libro cult.


lunedì 16 agosto 2021

Censor


Titolo: Censor
Regia: Prano Bailey-Bond
Anno: 2021
Paese: Gran Bretagna
Giudizio: 4/5

Una ragazza indaga sul mistero della sorella scomparsa

Censor è il miglior horror finora del 2021 e manco a farlo apposta è inglese di una regista gallese.
Un film particolarmente malato e sadico in grado di elevarsi ad alta quota in un panorama molto mainstream dove ormai tanti titoli horror non riescono a fare ciò che devono: disturbare.
Censura, snuff, metacinematografico, found footage, slasher, splatter, politico e con una discesa agli inferi che non si vedeva da tempo. Censor parla di b-movie gore e ultra violenti senza quasi mai farli vedere allo spettatore mentre invece mostra i volti di chi li supervisiona. Ci fa entrare in un dramma con un senso di colpa mai superato, una sorta di eterna ricerca di qualcosa andato perso in un'infanzia strana con una coppia di genitori disfunzionali che non hanno mai accettato il dramma.
Censor prende Niamh Algar e la stravolge completamente facendola impazzire un pò alla volta prima di prendere una strada tortuosa e creare un climax ad hoc con un finale magnifico.
Censor è metaforicamente il taglio netto che Enid compie quotidianamente per lavoro con i film, ma allo stesso tempo un taglio netto (una censura) ai suoi ricordi che riesce a nascondere e ritrovarli quando vuole e allora il film maledetto "Don't go in the curch" risveglia quella ricerca e quella follia di credere in qualcosa che forse è solamente un trauma mentale o una ferita profonda che non guarirà mai.


Intoccabili


Titolo: Intoccabili
Regia: Brian De Palma
Anno: 1987
Paese: Usa
Giudizio: 5/5

Nella Chicago degli Anni Trenta, Elliott Ness viene incaricato di riportare l'ordine e catturare il gangster Al Capone. Quando la sua prima retata si rivela infruttuosa e lo rende ridicolo sulla stampa, Elliott capisce che dovrà agire in modo non convenzionale e si rivolge a un semplice poliziotto di ronda, incontrato per caso ma dotato della saggezza della strada, l'irlandese Jimmy Malone. Insieme reclutano un giovane italoamericano e armano anche un esperto di contabilità inviato loro da Washington. La squadra colpisce Al Capone nei suoi traffici e nel mentre formula un piano per arrestarlo per frode fiscale, ma il potente gangster non tarda a reagire, dimostrando che "gli intoccabili" non sono immuni alla sua vendetta.

De Palma è un regista straordinario che non ha certo bisogno di presentazioni. Untochables è uno dei progetti più ambiziosi, coraggiosi e complessi da realizzare quanto meno per la mole di elementi storici, per una scrittura (quella di Mamet) variegata e con tante sotto storie. Una regia sempre stilisticamente ridondante di elementi e di sfide da affrontare come i due incredibili piani sequenza, la scena della morte di Malone e quella del passeggino nel climax finale prima dell'arresto di Capone. Con un cast di tutto rispetto capitanato da Connery più che da Kostner e con un italiano "Stone" memorabile interpretato da Garcia, il film dalla sua ha eleganza e stile, in cui Armani e Morricone fanno la loro parte per rendere questo poliziesco sul proibizionismo un quadro sinuoso e magnifico che continua a lasciarsi adorare nel tempo invecchiando come nelle migliori botti di whisky e risultando ancora molto contemporaneo nei raggiri e per quello che concerne il concetto di corruzione e la complicità mafiosa.

lunedì 9 agosto 2021

Secret ok Kells


Titolo: Secret ok Kells
Regia: Tomm Moore
Anno: 2009
Paese: Irlanda
Giudizio: 4/5

Il giovane Brendan vive nell'abbazia di Kells, un remoto avamposto medievale dove lavora per fortificare i muri dell'abbazia contro le scorrerie barbariche. Un giorno un famoso maestro illuminato arriva in queste terre straniere portando un antico ed incompleto libro traboccante di una segreta saggezza e di poteri. Per aiutare a completare il libro, Brendan deve superare le sue più profonde paure in un viaggio pericoloso che lo porterà al di fuori dei muri dell'abbazia e dentro alla foresta incantata, dove si nascondono magiche creature. Ma con i barbari in avvicinamento, riusciranno la determinazione e l'artistica visione di Brendan ad illuminare l'oscurità e a mostrare che l'illuminismo è la migliore fortificazione contro il male?

Ormai è assodato. Ogni opera di Tomm Moore per me è un istant cult. Un autore che ama il folklore locale, il paganesimo, le leggende, la natura, i simbolismi e gli animali. Opere di immensa valenza magica e con un sotto messaggio politico e ambientale. Un'eterna lotta uomo/natura attraverso creature che quest'ultima lascia trasparire per cercare di sviluppare un rapporto con coloro che ancora possiedono un'anima e credono nella Madre Terra. Song of the sea come Wolfwalkers raccontano sempre delle medesime situazioni poste in luoghi diversi con ambienti analoghi e personaggi magici portatori di luce e verità, saggezza e innocenza. Lo stile poi di Moore è sempre così riconoscibile da scriverlo tra gli autori di animazione europea più importanti di sempre in grado di rendersi un outsider mai commerciale, fruibile da tutti i target possibili e capace di stupire ed emozionare come solo un grande narratore è in grado di fare. Nelle opere di Moore non esiste mai il male vero e proprio ma rimane una condizione in cui si può sprofondare legati all'odio o al rancore. I messaggi e i simbolismi nel film coadiuvati da perfette tecniche d'animazione riescono in numerosissime inquadrature a creare dei quadri di straordinaria bellezza e fascino.


martedì 12 gennaio 2021

Storia fantastica


Titolo: Storia fantastica
Regia: Rob Reiner
Anno: 1987
Paese: Usa
Giudizio: 4/5

Una principessa ama il suo servitore, che però deve partire per terre lontane. Durante la sua assenza, un malvagio nobiluomo s'invaghisce della principessa e la fa rapire da tre figuri. Ma, a salvarla torna, provvidenzialmente, l'innamorato, che, dopo alterne vicende, punisce il malvagio e sposa la bella.

I fantasy anni '80. Quanti bei ricordi. Il film di Reiner forse è addirittura uno dei più atipici per struttura, spessore, elementi di genere e personaggi memorabili.
La storia fantastica è un film imperfetto e proprio nella sua imperfezione trova alcuni elementi suggestivi e indimenticabili come le sfide con Fezzik, Inigo e Vizzini. Prendendo a piene mani da Petersen l'idea che il racconto entra nella fiaba o nel libro, il film pur senza un budget faraonico (15 milioni incassandone 30) riesce dalla sua a trasformare tanti stereotipi del film d'avventura impreziosendolo con alcuni dettagli degni di nota come la palude del fuoco, Max dei miracoli e i vecchissimi maghi, la macchina della morte che risucchia gli anni di vita e molto altro ancora.
Epico o meglio epic-fantasy con una discreta dose di ironia ma dall'altra alcuni temi spesso sminuiti come il nonno-adulto che tenta di far capire l’importanza dei racconti con principesse, spose e il terribile pirata Roberts ( in fondo non si saprà mai chi ha mai visto o se è esistito il pirata Roberts) come racconta Westley. Un'opera tutt'altro che ingenua in grado di saper destrutturare la genesi delle favole e del fantasy (in questo facendo un passo in più o una scelta coraggiosa rispetto ai suoi simili) e ritagliandosi così tante battute rimaste nella memoria di tutti.



domenica 11 ottobre 2020

Devilman-La Genesi


Titolo: Devilman-La Genesi
Regia: Tsutomu Lida
Anno: 1987
Paese: Giappone
Giudizio: 5/5

La vita da teenager di Akira viene sconvolta dal suo amico Ryo Asuka quando questi gli svela un terribile segreto (pagato con la vita da suo padre, un famoso archeologo). A quanto pare la Terra sta per essere invasa dai demoni, esseri mostruosi ibernati per secoli nei ghiacci e che stanno per tornare in superficie. Secondo Ryo i demoni avrebbero vissuto sulla Terra prima della comparsa dell'uomo, e adesso ne rivendicherebbero il possesso.L'unico modo per sconfiggerli sembrerebbe quello di prendere il controllo dei poteri dei demoni stessi, così da combatterli "ad armi pari". Ryo coinvolge quindi l'amico in un terribile Sabba, durante il quale Akira si fonde con Amon, il più potente e terribile dei demoni, e si trasforma in Devilman. Solo lo spirito puro del ragazzo e il suo grande amore per la bella Miki gli permette di controllare Amon, e di utilizzare i poteri del demone per difendere il genere umano.

Il primo Oav di Devilman parte con una sorta di genesi dove i demoni al tempo popolavano la Terra. Uccisioni, massacri, predominazione e la legge del più forte erano i soli ingredienti primordiali. Così esseri dotati di un potere enorme (delle sorte di fate diaboliche) distrussero parte del creato per permettere una nuova nascita di elementi meno truculenti e non solo dediti alla distruzione.
Arriviamo a noi dove scopriamo Rio Asuka con lo scopo di comprendere cosa è successo a suo padre e da quel momento una sorta di patto di sangue con la natura demoniaca pronta, nella fattispecie dell'amico Akira/Amon, a trovare una vittima sacrificale con cui plasmarsi.
Devilman-La genesi a quindici anni dalla nascita dell'opera di Go Nagai che ha letteralmente stravolto e stuprato il concetto stesso di violenza, di soprusi e di malvagità. Un concentrato a cui nulla fino ad allora si era avvicinato soprattutto nel giocare continuamente sul tema della liberazione dei propri istinti primordiali e della lotta perenne contro le proprie paure ancestrali.
Il demone che vive dentro di noi in grado di compiere ogni atrocità possibile è una metafora pazzesca soprattutto di un popolo e di un paese che ha dovuto inghiottire senza potersi vendicare uno degli abomini storici più eclatanti mai avvenuti. Da qui il lato oscuro dell'autore il quale esprime a piena potenza un nichilismo e un pessimismo cosmico in una visione ineguagliata di inusitata violenza della crudeltà implicita nella vita e nell'essere umano.

Devilman-Arpia Silen


Titolo: Devilman-Arpia Silen
Regia: Umanosuke Lida
Anno: 1990
Paese: Giappone
Giudizio: 5/5

Casa Makimura: una telefonata inquietante scuote Akira Fudo, ormai mutato nell"aspetto e nel comportamento, e lo spinge a recarsi in un condotto della rete fognaria. Le grida di una donna torturata risvegliano i ricordi di Amon, il demone nel corpo di Akira, e portano alla coscienza del giovane il nome del suo nemico: Ginmen.

La trilogia di Devilman ha letteralmente stravolto ogni concetto di animazione violenta, splatter con tinte gore e colpi di scena letteralmente spiazzanti. Messa da parte la storia che nel primo capitolo viene narrata molto bene senza lasciare di fatto nessun dubbio, il secondo capitolo è puro action adrenalinico, un combattimento vertiginoso e acrobatico tra una delle serve di Satana tra le più potenti Silen e il nostro Akira/Amon. Arti spezzati, morsi, location ovvero città devastate da forze senza eguali che non accennano a risparmiare nulla. Un lungo e indiscusso combattimento dove nonostante Silen sia una donna, il nostro Akira/Amon non avrà nessun tipo di indulgenza.
Il tema del sacrificio è molto presente nel film dove viene sacrificata la stessa madre di Akira incastonata insieme ad altri membri della famiglia nella corazza del primo demone che incontra, Jimmel, fino al sacrificio di Kaim, una sorta di rinoceronte preistorico che decide pur sapendo che morirà di fondersi con Silen nell'attacco finale ad Amon.

Devilman-Amon, l'apocalisse di Devilman


Titolo: Devilman-Amon, l'apocalisse di Devilman
Regia: Ken'ichi Takeshita
Anno: 2000
Paese: Giappone
Giudizio: 5/5

Per molto tempo Akira Fudo ha combattuto l'invasione demoniaca della Terra con i suoi poteri di Devilman, dominati dal suo forte equilibrio interiore che reprimeva l'indole bestiale del mostruoso Amon attraverso l'amore per Miki. La morte di quest'ultima a opera degli umani ha però fatto uscire di senno il ragazzo che, lasciatosi corrompere dal suo animo malvagio, perde ogni legame con la razza umana divenendo un mostro sanguinario. Per Akira c'è solo una speranza di tornare alla normalità: sconfiggere nel suo subconscio il terribile demone...

Arriviamo alla resa dei conti dove nemmeno a farlo apposta moriranno tutti coloro che abbiamo visto nei precedenti capitoli nonchè i nuovi Devilman. Alcuni momenti prima dello scontro finale i quali servono a portare Akira allo strazio finale come quello della casa di Miki dove vengono uccisi lei e il fratello sono di una violenza senza pari. Il bambino a cui viene sparata una freccia in testa e poi decapitato fino a Miki a cui viene anche a lei mozzata la testa in quanto strega, sono forse i momenti più crudeli dell'intera opera insieme alla scena in cui Amon anzichè salvare il corpo del piccolo Devilman facente parte della squadra dei Devilman trucidati dai demoni, comincia a strapparne gli arti mangiandoseli davanti a tutti.
Ryo che già compariva nel secondo Oav cercando di aiutare Akira/Amon contro Silen, qui sceglie il lato oscuro diventando l'angelo prediletto da Dio, quel famoso Satana con cui ci sarà uno scontro finale. Sterminio, battaglia coi demoni e scontro finale con Satana. Tre parti gestite molto bene nonostante la critica e il pubblico con questo terzo Oav siano state molto negative senza comprendere appieno lo spirito e l'analisi dell'opera che chiude in maniera magistrale un trittico che rappresenta uno dei capisaldi dell'animazione mondiale. Un'opera densa e matura dove viene chiamata in causa la discesa negli inferi di Dante, dove le forme e i colori danno risalto ad un world building esagerato e pieno di esseri indicibili e di una morale pessimista e nichilista che vorrebbe i demoni al posto degli umani a riprendersi ciò che in passato era loro.

sabato 8 agosto 2020

Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno


Titolo: Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno
Regia: Mario Monicelli
Anno: 1984
Paese: Italia
Giudizio: 4/5

Buffoni svagati e balordi, ma provvisti di un'astuzia contadinesca e di un buonsenso ruspante che permette loro di cavarsela nelle situazioni strampalate in cui si vanno a cacciare, si passano il "sapere" da una generazione all'altra. Grazie a tali doti, Bertoldo riesce a reggere il difficile confronto con il re Alboino, che lo farà barone, e a dare il benservito al mistificatore Fra' Cipolla.

Dalla novella di Giulio Cesare Croce e dai racconti villaneschi, ambientato nell'anno mille, questa commedia grottesca e bislacca certo vale più di una visione per i perfetti tempi in cui vengono collocate le scenette frivole e mediamente divertenti che tentano con l'utilizzo del linguaggio e del cast di destreggiarsi al meglio. La commedia cialtronesca pone personaggi villici, sornioni, astuti come in questo caso il contadino che di solito appare sempre come un ignorante e nel caso di Bertoldo uno spiantato villano dalla favella svelta coadiuvato nel bene e nel male dalla sua famiglia con la moglie Marcolfa e il figlio Bertoldino.
Tra ulteriori goffaggini e imprese scriteriate e sballate, nella galleria di scenette incontriamo re con mogli che millantano l'indipendenza della donna con tanto di cintura di castità e una vera e propria rivoluzione. Lo stesso re Alboino si trova con una corte di sgraziati con i soliti intrecci dove deve dare la figlia sposa al debole e anziano gobbuto Esarca di Ravenna e in questo la parte delle gobbe in cui ancora una volta viene chiesto consiglio dalla giovinetta a Bertoldo con il risultato di farsi dipingere anch'essa piena di gobbe.
Dall'altra parte il peso del clero con un prete sgraziato come Fra Cipolla un gaglioffo e un mistificatore, l'intreccio che parte dall'oca, continua con le ali dell'angelo Gabriele, l'anello da nascondere e infine l'incontro di un'altra bifolca che sposerà Bertoldino e assicurerà con Cacasenno la continuità della stirpe, il nome appunto nasce da sè dopo la benedizione di Frà Cipolla e dopo che il nascituro gli caga addosso.
Che dire di questa commedia cialtronesca molto ispirata, in cui a farla anche da padrone a parte il trucco, i costumi, la scenografia, sono i dialoghi praticamente perfetti, tra dialetto misto veneto/romano improntati su una tradizione letteraria che spazia dall'Aretino al Boccaccio, fatta di volgarità, sagacia popolare e sfrontatezza.



Leon


Titolo: Leon
Regia: Luc Besson
Anno: 1994
Paese: Usa
Giudizio: 4/5

La vita del sicario di origine italiana Léon viene irrimediabilmente sconvolta quando la giovane vicina di casa di nome Mathilda, i cui genitori sono legati al traffico di stupefacenti e alla corrotta polizia di New York, viene a suonare in lacrime alla porta della sua umile stanza di motel.
La ragazza, scampata alla missione punitiva guidata dall’agente Norman Stansfield, rientrando dopo aver fatto compere, intravede attraverso la porta di casa il corpo del fratello minore, da lei molto amato, e non avendo altro posto in cui rifugiarsi, cerca asilo da Léon che, titubante decide di aiutarla.

Leon dimostrava il talento di un Besson ispiratissimo ai suoi fasti con pellicole d'azione tra le più interessanti di quegli anni. Il film invecchia benissimo, dimostrazione di un lavoro dove la tecnica e le maestranze hanno dato vita ad un mezzo miracolo per una storia semplice e già vista ma allo stesso tempo emotiva ed efficace con un ritmo incalzante e alcune scene e dialoghi indimenticabili.
Con una galleria d'attori semplicemente perfetta (Portman e Oldman su tutti) è un viaggio dell'eroe post contemporaneo, un film di formazione attuale quanto drammatico, un film che parla di fragilità, di personaggi e rapporti cinici, divertenti quanto oltraggiosi (come si impone Mathilda nella vita di Leon sconvolgendone la routine e stuzzicandolo per quanto concerne una sessualità da sempre repressa) riuscendo nel difficile compito di avere la consapevolezza di essere un racconto variopinto, citazionista con omaggi a Leone a partire dal titolo, di regalare sparatorie uniche e tecnicamente perfette e di riuscire con quei primissimi piani, quel tono scanzonato, di inserire quei dictat hollywoodiani di stampo italo-americano, la Little Italy, Danny Aiello e il suo ristorante, un killer professionista arrivato dal nulla e allevato come un figlio che viene assoldato dai mafiosi, senza avere mai cadute di tono ma riuscendo ad essere sempre ispirato e a tratti anche molto divertente.


lunedì 27 luglio 2020

Borghese piccolo piccolo


Titolo: Borghese piccolo piccolo
Regia: Mario Monicelli
Anno: 1977
Paese: Italia
Giudizio: 5/5

Un impiegato al ministero ha un figlio ragioniere e una moglie casalinga. C'è un concorso i cui vincitori verranno assunti al ministero, però saranno uno su cinquanta. Allora l'impiegato le prova tutte, arriva persino a farsi massone. Pare abbia trovato la strada buona, quando il figlio viene ucciso da un rapinatore. Il padre riesce a trovare l'assassino, lo lega a una sedia con un fil di ferro e lo tortura giorno dopo giorno, finché quello muore

Verdone in una maschera drammatica è stata una scelta astuta per un personaggio così tipicamente italiano e corrotto nel dna come tutti i suoi simili in una borghesia piccola e viscida che cerca sempre di trovare una complicità nella raccomandazione e nel farsi i favori arrivando addirittura a diventare massoni.
Un film complesso, ottimamente recitato dalla sua galleria di comprimari e figuranti, trasfigurando la narrazione dopo l'incidente straziante dove muore il figlio, leggermente imbranato, di Giovanni Vivaldi e diventando una sorta di revenge movie con tanto di torture finali e morti una dopo l'altro (quella della moglie di Vivaldi, Amalia è forse ancora più amara e complessa).
Un film che parla di cosa ci si aspetta da questo paese quando si hanno le conoscenze giuste, del fatto che per i figli non venga presa in considerazione la meritocrazia, un servilismo mellifluo, l'inchino di fronte ai superiori per ribadire i ruoli.
Monicelli inquadra perfettamente la quotidianità di un personaggio che non sembra vedere l'Italia e i suoi cambiamenti attorno, relegato nel suo microcosmo dell'ufficio e facendo sempre le stesse cose con una rigida monotonia. Tutto questo appare ai suoi occhi come una sorta di piccola apocalisse quando il figlio muore e Vivaldi apprende che sta succedendo qualcosa nel suo paese, che esistono tensioni sociali e si sta sprofondando negli Anni di Piombo e così quella stessa politica corrotta che lui inneggia e contempla a manifesto sembra proprio per una sorta di contrappasso ritorcersi contro ciò che da sempre un padre ama di più, il proprio figlio.


martedì 14 luglio 2020

Street Trash


Titolo: Street Trash 
Regia: Jim Muro
Anno: 1987
Paese: Usa
Giudizio: 4/5

In Bowery Street la vita ha un suo tran-tran (pur fra furti, omicidi e violenze carnali). A sconvolgerla (si fa per dire) arriva l'introduzione di un terribile liquore, il Viper, che, ingerito, fa scoppiare (letteralmente) il bevitore

Street Trash è un melting movie (un sottogenere del body horror) un film cazzaro e coraggioso per l'anno in cui era uscito. Un figlio illegittimo e clandestino della Troma. Un prodotto purulento di nefandezze, scene grottesche portate all'eccesso, un horror low budget e uno splatter estremo che dilata ogni cosa che trova cercando di esagerare e portare al massimo temi come quello dell'antropofagia, necrofilia, scatologia, tra risate, urla e scene di degrado urbano che mostrano come location un cimitero di automobili nella Bowery di Manhattan, una terra di nessuno dove tutto è concesso purchè rimanga arginato in quel limbo.
Uno scontro tra ricchi e poveri sulle diseguaglianze sociali dove la banda di barboni derelitti vive obbedendo alle regole di un leader sanguinario e folle tornato dalla guerra del Vietnam con svariati neuroni in meno e un desiderio di vendetta senza eguali che in un gesto di follia nella Manhattan bene uccide un autista spaccandogli la testa dentro il finestrino.
Il film di Muro, operatore di steadycam di molti film horror pur con spunti vagamente fantascientifici è un film provocatorio e allucinato che non lesina sgradevolezze visive, costruendo una galleria di situazioni tragicomiche, crude, violenze carnali, feroci e irriverenti, dove tutti i personaggi sono delle caricature e l'unico rapporto tra benestante e povero e dato dalla ragazza che lavora nello sfasciacarrozze e il fratello minore del protagonista.
Troppe le scene indimenticabili tra tutte la bizzarra partita di rugby con i genitali di un clochard appena evirato. Romero, Morrissey, Kaufmann, Waters e Barker stuprati all'inverosimile.
E'stato definito l'horror più raccapricciante e sessuofilico dell'anno. Muro che poi è scomparso dalle scene come se avesse bevuto anche lui della pozione magica rimarrà nell'olimpo per averci regalato un film figlio del non-sense e del degrado più totale riuscendo a sublimare in qualche modo una materia rivoltante e sgradevole, ai limiti dell'hard.



Armata Brancaleone


Titolo: Armata Brancaleone
Regia: Mario Monicelli
Anno: 1966
Paese: Italia
Giudizio: 5/5

In sella ad un ronzino giallastro, Brancaleone da Norcia, cavaliere fanfarone e dai pochi meriti, guida un'improbabile compagnia di miserabili alla conquista del feudo di Aurocastro nelle Puglie

Monicelli è uno dei più grandi esponenti del cinema italiano da sempre. Un maestro in grado di scherzare con commedie semplici quanto complesse negli intenti, drammi molto forti, film sulle diseguaglianze sociali, film di guerra, di genere e di costume.
Brancaleone è un'icona, il nostro Don Chiscotte meno matto e in grado di pugnare come si deve principi e bifolchi. Un soldato di ventura in fondo semplice e buono con un senso dell'onore incredibile che bilanciava i soprusi e i tradimenti in un'Italia medievale famelica e stracciona.
Dalla scena iniziale dell'assedio dei barbari dove uno si mangia a morsi dei pulcini vivi, comprendiamo come l'autore abbia cercato il più possibile pur con scene ironiche e dialoghi ispirati, di mantenere quello stato di degrado a cui la maggior parte delle persone al tempo era in grado di arrivare, come ad esempio per uno dei suoi uomini una situazione paradossale come quello di stare assieme ad un'orsa vivendo nella sua tana.
Monicelli inquadrando perfettamente quel Medioevo irresistibile e turbolento crea un'avventura di salda presa comica in cui l'invenzione farsesca si mescola alla citazione colta (si va da come dicevo da Cervantes a Kurosawa al Pulci fino a Italo Calvino) e soprattutto è forse il primo a saper unire uno stile antieroico e godereccio, surreale e onirico, senza tralasciare lo sfondo violento, facendo attecchire una delirante e radiosa rivisitazione in chiave comica di uno dei momenti più bui della storia dell’umanità.
Tra monaci santi, purificazio e tutto il resto, Brancaleone e il suo manipolo di poracci rimarrà sempre uno dei più grandi successi del cinema italiano del dopoguerra, un'idea divertentissima realizzata con grandissima ironia da un terzetto di sceneggiatori che ci hanno regalato diversi capolavori. (Mario Monicelli, anche regista, Agenore Incrocci, in arte Age, e Furio Scarpelli)