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lunedì 24 dicembre 2012

Spit on you grave


Titolo: Spit on you grave
Regia: Steve R.Monroe
Anno: 2010
Paese: Usa
Giudizio: 2/5

Jennifer Hills è una giovane scrittrice alla ricerca dell'ispirazione. Affittata una baita sperduta nel bosco e armata unicamente di un computer portatile e una scorta enorme di alcolici ederba, la ragazza si appresta a pensare in tranquillità al suo nuovo romanzo. Purtroppo la presenza della ragazza non passa inosservata e alcuni giovani si preparano a fare visita alla giovane preda indifesa. Entrati nella baita i quattro giovani -con la connivenza dello sceriffo del luogo- brutalizzano e violentano la ragazza, che esausta riesce a fuggire e a gettarsi nel fiume. Jennifer, creduta morta dal branco e carica di odio, si prepara dunque per la sua terribile vendetta, che colpirà tutti senza esclusione.

Nel ’78 sfruttando la contaminazione dell’exploitation sono usciti film interessanti e bizzarri che riuscivano a ritagliarsi una menzione particolare tra i generi. CANE DI PAGLIA, LA CASA SPERDUTA NEL PARCO sono solo alcuni esempi di ottimo cinema girato in quegli anni. I Spit on your grave, anche se prende un po’ le distanze, è un esempio molto simile che fondamentalmente puntava su alcune scene abbastanza crude per l’anno in cui era uscito.
Mettere in scena uno stupro che dura mezz’ora è abbastanza pesante e insopportabile già di suo.
A questo punto sorge spontanea la domanda sul perché di questo stesso remake americano, un reboot in piena regola dunque.
Tra il torture-porn è un bisogno di relegarsi più ad un accostamento narrativo rispetto all’originale, si percepisce come molto più lungo, con una recitazione che per quanto c’è la mette tutta non può nulla con l’originale e che come esempio di Rape &Revenge non merita nessuna menzione a riguardo.
L’idea che ha portato al cult del ’78 sfruttava proprio l’innovatività della tematica portata abilmente all’estremo da Zarchi. Senza dimenticare mai che tutto è nato da Bergman con il suo intramontabile LA FONTANA DELLA VERGINE, l’ultimo ennesimo esempio di reboot lascia basiti su significato, innovazione e soprattutto l’escamotage commerciale che ancora una volta non sembra aver funzionato.