Titolo: Finestra sul cortile
Regia: Alfred Hitchcock
Anno: 1954
Paese: Usa
Giudizio: 5/5
Al fotoreporter L.B. Jefferies manca
solo un'ultima settimana di convivenza con un'ingessatura alla gamba
sinistra prima di poter tornare ai reportage d'assalto. Una settimana
di una calda estate durante la quale, oltre alle cure dell'infermiera
Stella e alle attenzioni della bellissima compagna Lisa Freemont,
Jefferies passa il tempo affacciato alla finestra del suo
appartamento a scrutare le abitudini dei vicini di casa. Fra questi,
c'è una coppia di sposi novelli, una giovane e graziosa ballerina,
un pianista tormentato dal fallimento, una coppia di coniugi con cane
che dormono all'aperto, una donna affranta dalla solitudine e,
soprattutto, un tranquillo uomo di mezza età che si prende cura
della moglie malata. Quando questa improvvisamente scompare,
Jefferies comincia a spiare sempre più ossessivamente i
comportamenti dell'uomo, convinto che in quell'appartamento sia
avvenuto un omicidio.
Nel 1947 Hitchcock trasse dalla pièce
"Rope" di Patrick Hamilton, l’omonimo lungometraggio
adattato da Hume Cronyn e Arthur Laurents e, anche se non
accreditata, vi è stata la mano felice del solito Ben Hecht.
La finestra sul cortile non ha bisogno
di presentazioni. La sua fama lo precede. Tutto funziona alla
perfezione all'interno del film. Il personaggio femminile di Lisa ad
esempio mancava nell'adattamento originale. Il lavoro sui personaggi
raggiunge dei livelli altissimi, basta pensare al ruolo chiave che
gioca un personaggio secondario come quello dell'infermiera Stella ad
esempio.
In più è uno dei capolavori della
storia del cinema che mostra uno degli antagonisti più forti e
potenti cinematograficamente parlando. Raymond Burr al pari di Peter
Lorre crea e da personalità ad un "nemico" con una
caratterizzazione molto forte e segnato da sintomi e problematiche
che lo collocano in un quadro molto più complesso e allo stesso
tempo umanamente affascinante.
La finestra sul cortile è stata una
sfida complessa, come piacciono al maestro, costruendo una
scenografia complessa, un uso delle luci a suo modo innovativo, il
lavoro sugli attori, etc.
Hitchcock in questa sua opera
annoverata tra le migliori in assoluto, a parte continuare un suo
personale cammino di ricerca sull'uso della suspance e dell'atmosfera
che in questo caso toccano livelli altissimi (ancora oggi in grado di
paralizzare lo spettatore davanti allo schermo) e mostrando come
quando l'impianto narrativo e scenico è perfetto, anche a distanza
di anni il risultato è sempre lo stesso. L'opera anticipa poi tante
patologie che ritroveremo nelle sue opere successive come
l'acrofobia, spunti su tutto quello che è il discorso legato alla
meta riflessione che ci riporta alla bellissima sequenza iniziale
diventata così famosa da essere citata poi da numerosi registi, la
genialità tecnica, la capacità di raccontare una storia in modo
unicamente accattivante, lo humour e dal punto di vista tematico sono
presenti il voyeurismo mescolato alle relazioni sentimentali e alla
sessualità.
In particolare l'uso del punto di vista
soggettivo è al centro della storia, Jefferies vede e noi vediamo
ciò che lui vede. Questo è il fulcro del modo di Hitchcock di fare
cinema. Truffaut disse che il collega con questo film aveva violato
l'intimità, del cinema e di tutti noi e soprattutto ben prima di
tutti noi. Aveva proprio ragione.