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domenica 23 gennaio 2022

Forbidden Room


Titolo: Forbidden Room
Regia: Joko Anwar
Anno: 2009
Paese: Indonesia
Giudizio: 4/5

Gambir è uno scultore di successo, le cui opere celano un segreto suggeritogli da sua moglie Talyda. Una strana richiesta di aiuto compare sulla porta della loro casa e Gambir sente con angoscia che qualcuno in città ha bisogno del suo aiuto.
 
Negli ultimi anni una delle cose più belle arrivate dall'Indonesia si chiama Joko Anwar.
Uno che ne sa di paura e che ha saputo ridare enfasi al folklore locale con degli horror interessanti e potenti Impetigore, MODUS ANOMALI, A MOTHER'S LOVE e cimentarsi con il cinema di genere Gundala e la serie ancora inedita da noi del 2015 HALFWORLDS dimostrandosi un autore completo e anticonvenzionale.
E qui con Forbidden Room siamo di fronte ad un horror molto interessante perchè mischia tanti generi dal dramma al noir al thriller psicologico al giallo al grottesco allo splatter al torture.
Con una discesa all'inferno di un protagonista quanto mai vittima di un complotto dove a suo malgrado farà di tutto per rendersi complice.
Un dramma sociale dove la violenza sui bambini e questa strana setta in cui si possono visionare le scene più aberranti e splatter che avvengono nelle case dei prescelti, una via di mezzo tra tematiche snuff e molto altro ancora. E poi è un film sulle diseguaglianze, sulla borghesia, sull'arte, sul matrimonio e sull'importanza di dare alla luce un figlio. Un film enormemente complesso che riesce però nelle sue molteplici citazioni a non essere mai pesante e fuori luogo creando un film estremamente disturbante e pieno di riferimenti colti e mai gratuiti anche quando assistiamo a scene di una violenza senza senso soprattutto ai danni di un bambino lasciando lo spettatore davvero disarmato perchè come il protagonista vorrebbe poter cambiare le cose. E' infine la porta proibita..nascosta nel labirinto della mente di Gambir


venerdì 21 gennaio 2022

El Aceitoso


Titolo: El Aceitoso
Regia: Gustavo Cova
Anno: 2009
Paese: Argentina
Giudizio: 3/5

Le avventure dello spietato sicario Boogie, uno uomo dal sangue freddo e sempre in fuga, violento, sciovinista, sadico, dedito all’alcool e alle donne, che segue solo le sue regole e persegue lo scopo del suo unico profitto.
 
Direttamente dall'Argentina arriva questo breve lungometraggio d'animazione divertentissimo e pieno di azione e cattiveria. Un anti eroe, un killer, un personaggio che sembra uscito dalla penna di Frank Miller, assoldato da chiunque purchè paghino e non facciano troppe domande.
Un protagonista granitico nel suo egoismo, nel suo pensare solo a due cose e trattare chiunque a pesci in faccia (se sono belle donne ancora meglio). El Aceitoso, titolo quanto mai veritiero, è una pillola anarchica in cui tutti sono corrotti e tutti sono in un qualche modo portatori di un certo male in un mondo marcio che non conosce giustizia. E' così la strage finale nell'aula di tribunale sembra la ciliegina sulla torta di un massacro che non lascia nessuna possibilità di fuga o salvezza, soprattutto per chi dall'alto dovrebbe garantire diritti e doveri e soprattutto legalità.

lunedì 9 agosto 2021

Secret ok Kells


Titolo: Secret ok Kells
Regia: Tomm Moore
Anno: 2009
Paese: Irlanda
Giudizio: 4/5

Il giovane Brendan vive nell'abbazia di Kells, un remoto avamposto medievale dove lavora per fortificare i muri dell'abbazia contro le scorrerie barbariche. Un giorno un famoso maestro illuminato arriva in queste terre straniere portando un antico ed incompleto libro traboccante di una segreta saggezza e di poteri. Per aiutare a completare il libro, Brendan deve superare le sue più profonde paure in un viaggio pericoloso che lo porterà al di fuori dei muri dell'abbazia e dentro alla foresta incantata, dove si nascondono magiche creature. Ma con i barbari in avvicinamento, riusciranno la determinazione e l'artistica visione di Brendan ad illuminare l'oscurità e a mostrare che l'illuminismo è la migliore fortificazione contro il male?

Ormai è assodato. Ogni opera di Tomm Moore per me è un istant cult. Un autore che ama il folklore locale, il paganesimo, le leggende, la natura, i simbolismi e gli animali. Opere di immensa valenza magica e con un sotto messaggio politico e ambientale. Un'eterna lotta uomo/natura attraverso creature che quest'ultima lascia trasparire per cercare di sviluppare un rapporto con coloro che ancora possiedono un'anima e credono nella Madre Terra. Song of the sea come Wolfwalkers raccontano sempre delle medesime situazioni poste in luoghi diversi con ambienti analoghi e personaggi magici portatori di luce e verità, saggezza e innocenza. Lo stile poi di Moore è sempre così riconoscibile da scriverlo tra gli autori di animazione europea più importanti di sempre in grado di rendersi un outsider mai commerciale, fruibile da tutti i target possibili e capace di stupire ed emozionare come solo un grande narratore è in grado di fare. Nelle opere di Moore non esiste mai il male vero e proprio ma rimane una condizione in cui si può sprofondare legati all'odio o al rancore. I messaggi e i simbolismi nel film coadiuvati da perfette tecniche d'animazione riescono in numerosissime inquadrature a creare dei quadri di straordinaria bellezza e fascino.


domenica 18 aprile 2021

Down Terrace


Titolo: Down Terrace
Regia: Ben Weathley
Anno: 2009
Paese: Gran Bretagna
Giudizio: 4/5

Una famiglia criminale cerca di smascherare l'informatore di polizia in mezzo a loro che minaccia di smantellare i loro affari.
 
Adoro. Ben Weathley è un autore e regista che stimo da sempre. Sono stato tra i primi a vedere Kill List e tutti gli altri suoi film (che apprezzo tutti anche il bistrattato Rebecca).
Per Down Terrace ho dovuto aspettare e faticare a lungo dal momento che essendo un'opera a tutti i livelli autoriale e indipendente ci ha messo un pò per espandersi sul web.
Definirlo poliziesco sarebbe riduttivo dal momento che alcune componenti sono da sempre presenti nel cinema di Weathley. Noir, black comedy, grottesco, ironia nera, personaggi inquietanti, violentissimo (forse assieme a Kill List è il film più violento in assoluto dal momento che chiama in causa alcune scelte davvero cruente e crudeli che fino alla fine non credevi possibili). Un film che come per altri non ha speranze di salvezza, non esiste happy ending, ma solo scelte e decisioni che porteranno un vuoto interiore incredibile.
Down Terrace ha un cast importante dal momento che il lavoro svolto sugli attori è lungo e regala delle prove davvero commoventi. Il teatrino e la galleria dei gregari in casa di Bill e Karl è pazzesco. Da temuti sicari e killer indiscussi che si odiano a vicenda e che portano alcune vittime sacrificali a nascondersi in bagno, a una pletora di musicisti che brindano felici condividendo droghe tutti insieme come un perfetto quadretto famigliare. Ricco di simbolismi che Ben adora e inserisce in tutti i suoi film, qui come accessori all'interno della casa, sui ripiani e tra i cassetti.
Con un finale di una violenza esplosiva e delle musiche fantastiche, il film che si concentra praticamente tutto all'interno della casa, dimostra come il talento di questo artista e autore dava già importanti segnali.


sabato 1 agosto 2020

Last Lovecraft Relic of Cthulhu

Titolo: Last Lovecraft Relic of Cthulhu
Regia: Henry Saine
Anno: 2009
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Jeff, un ragazzo non troppo brillante, scopre di essere l'ultimo discendente ancora in vita del famoso scrittore horror/fantastico Howard Phillips Lovecraft. La sua esistenza inizierà a complicarsi quando si renderà conto che i mostri di cui scriveva il suo antenato non sono affatto delle invenzioni letterarie, ma decisamente reali e a lui vicini. Jeff e due suoi amici si ritroveranno costretti a proteggere un'antica reliquia aliena affinché non cada nelle mani sbagliate, liberando così un male antico e incontrollabile, Cthulhu.

Una comedy horror che si prende alla leggera, un b-movie che dalla sua ha qualche buona idea, un low budget così risicato che basta vedere il make-up dei mostri alcuni con delle tute di gomma brutte e davvero assurde facendo in modo che qualsiasi tipo di atmosfera macabra muoia sul nascere.
Ingenuo ma non così banale, sembra la risposta ignorante ai film di Edgar Wright ovviamente qui è tutto sontuosamente scadente dal cast, alla messa in scena, all'azione a volte estremamente ridicola soprattutto quando entra il nerd fan di Lovecraft. Alcuni spunti sono divertenti come il capitano Olaf che lascia la mappa che i protagonisti seguiranno e che ha deciso di barricarsi in una roulotte nel deserto dopo essere stato violentato da alcuni pesci nascondendo un seguace di Cthulhu, così come la setta e il gruppo all'inizio dei custodi dell'antica reliquia che con il loro capo il cui make up fa sempre schifo vuole liberare il suo padrone e ucciderà chiunque osi fermarlo.
C'è una parte d'animazione, il momento più bello del film, che spiega la storia di come nacque tutta la storia dai Grandi Antichi fino a Cthulhu e l'importanza della reliquia.


lunedì 27 luglio 2020

Feast 3-The happy finish


Titolo: Feast 3-The happy finish
Regia: John Gulager
Anno: 2009
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Siamo alle battute finali di Feast II: Sloppy Seconds: i sopravvissuti vengono messi in salvo da un misterioso individuo, Shot Bus Gus, che sembra conoscere il segreto per tenere sotto controllo le letali creature. Li conduce attraverso le fogne, grazie alla quali attraversano tutto il sottosuolo della città. Lungo il tragitto, vengono aiutati dall'esperto karateka Jean-Claude Seagal, e scoprono che le creature sono state create in un misterioso luogo chiamato "The Hive". Forti di tutte le loro scoperte, i sopravvissuti decidono di passare all'attacco, e affrontare la resa dei conti una volta per tutte.

La saga di Feast ha regalato mostri, frattaglie, budella sparse in ogni dove, un'impronta sempre splatter, ironia nerissima, qualsiasi personaggio in vena di fare l'eroe morto nel giro di pochissimo tempo, bambini mangiati, donne e uomini violentati, sadismo, torture, combattimenti, tradimenti, gore, disgusto comico e scene di nudo e di sesso.
La sufficienza è un voto dato alla saga per intero, di cui forse la ripetizione senza mai aggiungere quell'elemento in più di storia che poteva fare la differenza, ha fatto sì che si creasse un'enorme spartiacque tra il primo capitolo e i due successivi omologando gli ultimi e i caratteri peculiari della narrazione a tratti addirittura noiosa come in questo caso.
Il primo era in un locale, il secondo in una città mezza abbandonata, in questo per sfuggire ai mostri si scende nelle fogne dove si incontreranno sette cannibali che cercano di uccidere i protagonisti e che per qualche strana ragione non sembrano interessare alle creature.
Feast 3 introduce una nutrita schiera di eroi nuovi che muoiono molto male dal belloccio muscoloso iniziale a cui la sopravvissuta spara per sbaglio in faccia, al profeta che allontana le creature con il sibilo dell'apparecchio acustico, al karateka a cui verranno amputate le braccia e ben altro.
Gulager sembra disinteressarsi alla tecnica e alle inquadrature storpiandole, spesso con una fotografia troppo cupa, esaspera ulteriormente i toni rendendo la trama soporifera caratterizzata da un delirium trash a tratti banale e inconsistente con tutto questo splatter incessante per cercare di abbellire i toni e il ritmo senza riuscirci.
Alla fine escono dalle fogne ma un robot gigantesco schiaccia il penultimo superstite e un messicano con chitarra appresso suona le ultime note dolenti della trilogia.

mercoledì 1 luglio 2020

5150 rue des ormes


Titolo: 5150 rue des ormes
Regia: Eric Tessier
Anno: 2009
Paese: Canada
Giudizio: 3/5

5150, Rue des Ormes è la via in cui il giovane Yannick Bèrubé cade dalla bicicletta per evitare un gatto. Yannick, partito da casa, perché ha vinto un concorso per diventare regista, ha fatto appena in tempo ad assaporare la libertà di stare lontano da un padre stronzo, che tra poco si troverà nei pasticci seri con un essere diabolico. Insomma, il gatto è salvo, ma per Yannick stanno per aprirsi le porte dell’inferno. A malincuore ha salutato la sua ragazza Cathérine, tra poco incontrerà un’altra ragazza, Michelle Beaulieu, poco rassicurante.

L'opera di Tessier nasce dal bisogno di misurarsi con la penna di Patrick Senécal, lo Stephen King franco-canadese. Ne esce fuori un film complesso, stratificato, con diversi elementi e sotto generi dell'horror all'interno, mischiando terribili segreti famigliari, un home-invasion al contrario, un torture movie per lo più psicologico e verso il finale una atipica maniera di trattare il gioco degli scacchi e tutto il suo fascino, un limbo dove staccarsi da tutti e tutto. Un film violento dove da subito Tessier decide di non lasciare Yannick come protagonista assoluto ma personalizza e lavora molto sulle psicologie di un nucleo familiare disfunzionale e una rete di non detti che porta ad un climax delirante e tragico e un duro scontro tra maschi alfa. La materia complessa, i tanti riferimenti e il voler credere di poter smuovere soprattutto nel finale anche una componente metafisica, portano il film a non partire certo benissimo, ad avere un ritmo alle volte sfiancante e ad avere alcuni difetti di forma e di intenti, eppure riesce proprio nella sua imperfezione a diventare un robusto film di genere.
Le prove attoriali riescono ad essere tutte convincenti, i personaggi oltre alla caratterizzazione cercano di spezzare i soliti schemi borghesi ormai abbastanza telefonati e quella partita di scacchi finale riesce a portare a casa una scena davvero indimenticabile.

Lesbian vampire killers


Titolo: Lesbian vampire killers
Regia: Phil Claydon
Anno: 2009
Paese: Gran Bretagna
Giudizio: 3/5

Mentre tutte le donne della ridente cittadina di campagna Welsh vengono morse e rese schiave da un manipolo di vampire lesbiche risvegliate grazie ad un'antica maledizione, la popolazione maschile congiunge le proprie speranza in una coppia di due giovani smidollati, inviati come sacrificio nella brughiera.

Gli inglesi e le parodie di solito vanno sempre a braccetto. Lesbian vampire killers dal titolo molto accattivante cerca di infilare in un cocktail di sangue svariati ingredienti vampiri, lesbismo, satira, ultra gnocche, paesino sconosciuto e pieno di bifolchi e giovani protagonisti ingrifati che fuggono dalla realtà scegliendo il paesino in questione dove troveranno di tutto in pub affollati da redneck e cacciatori di vampiri con figlie vergini.
Il film in sè ha un buon ritmo, non si avvale di una storia corposa dove a metà del secondo atto diventa un film d'azione/horror tra combattimenti, preti che inseguono leggende millenarie e streghe che cercano di tornare in vita grazie alle loro adepte per conquistare il mondo.
Insomma un bel troiaio che però riesce a divertire e intrattenere senza nulla di originale ma dosando con astuzia un budget di certo non oneroso e l'idea di non prendersi mai davvero sul serio.



sabato 23 novembre 2019

Meat Grinder


Titolo: Meat Grinder
Regia: Tiwa Moeithaisong
Anno: 2009
Paese: Thailandia
Giudizio: 3/5

Buss è una signora ridotta al lastrico e tormentata di continuo da un passato difficile: in seguito a una manifestazione poi sedata dalla polizia, la donna trova in un angolo nascosto del suo locale un uomo morto. Una volta fatto a pezzi il cadavere e macinato, Buss lo cucina e lo serve ai suoi clienti, con risultati sorprendenti che però la obbligano a cercare vittime fresche per portare avanti il suo nuovo business culinario.

Meat Grinder come Dumplings e altri film orientali ci ricordano come i nostri parenti lontani sappiano essere cruenti in maniere a volte a noi sconosciute, infrangendo tabù, sovvertendo le regole, distruggendo il lecito e approfondendo il proibito, annegando bimbi in bacinelle d'acqua, torture come non si vedevano da tempo e tanta carne umana da sfondo e da usare come portate per i commensali ovviamente all'oscuro di tutto in un tripudio di sangue e violenza davvero d'effetto.
Senza essere mai eccessivamente forzato come invece altri film e registi sanno essere, Meat Grinder cerca la sua vena salvifica nel dramma famigliare, nella povertà, negli stratagemmi per sopravvivere, nell'isolamento e nella solitudine, nei silenzi e nella quotidianità degli orrori ormai divenuti una componente della vita reale e perciò accettati.
La Thailandia ha vissuto un suo piccolo momento idilliaco nel cinema, sapendo giostrarsi alcuni film interessanti per poi abbandonare la nave mettendo da parte la settima arte se non con horror adolescenziali abbastanza avvilenti.
Qui non c'è humour ma il livello di gore è furibondo come la maschera della sua protagonista sempre sull'orlo dell'esasperazione è costretta a vivere a stretto contatto con gli incubi dell'infanzia, l'incesto, le molestie, gli abusi e poi un rapporto strano, perverso e complesso con la figura maschile.
Buss è perfino più violenta di Dae-su Oh, ormai sembra aver abbandonato la vita reale destinata a portare a termine una vita di orrori indicibili dove ormai sembra aver azzerato ogni emozione e sentimento, diventando una sorta di automa che tortura, uccide e sacrifica per sopravvivere senza stare a dare altri sensi come l'orgoglio, la vendetta, il piacere personale.
Buss uccide e basta, guardando le vittime dopo avergli mozzato gli arti, vedendoli sanguinare appesi ad una corda senza battere ciglio per poi forse provare un minimo senso di orgoglio nelle facce dei commensali quando si cibano dei resti umani.
Meat Grinder è viscerale, pieno di sangue, di frattaglie, pieno di liquidi e di sangue, mostrando crudeltà senza fronzoli e soprattutto riesce nel difficilissimo compito di farci provare empatia per Buss giustificando le orribili mattanze dopo quello che le è stato inflitto.




domenica 27 ottobre 2019

Splice


Titolo: Splice
Regia: Vincenzo Natali
Anno: 2009
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Clive ed Elsa sono due scienziati che lavorano in un laboratorio di genetica. I due sono anche sentimentalmente uniti e stanno tentando di creare un gene animale ibrido da cui estrarre proteine. La coppia vorrebbe spingersi oltre nella ricerca ma il committente intende invece entrare subito sul mercato. Elsa però non si arrende e procede con l'innesto di DNA umano. Ne 'nasce' un essere (battezzato Dren) che ha in parte le caratteristiche di un corpo umano e in parte quelle di un volatile

Splice è un buon film che purtroppo quando uscì non venne capito o meglio passo inosservato.
E'una pellicola con numerosissimi difetti ma Natali per me è come Proyas.
Cerca sempre di mettercela tutta e purtroppo lo fanno lavorare poco. Splice come lo script che la sostiene ha diversi meriti come quello di trattare un argomento nella sci-fi abbastanza anomalo come lo strano rapporto che si viene a creare tra queste tre persone, due scienziati e la loro creatura appena nata con numerosissimi rimandi alla letteratura classica, Shelley, i miti greci fino alle basi della sci-fi e perchè no, mettendoci dentro anche la Bibbia.
Creare una nuova forma di vita, avere il diritto di vita o di morte, avere la presunzione di poter controllare la propria opera e infine i sentimenti che in questo film hanno un peso molto importante dal momento che la coppia di scienziati fa coppia anche nella vita condividendo praticamente tutto.
Dren è femmina e non ha ancora una natura definita per cui avverranno tutta una serie di momenti abbastanza atipici in cui Clive ed Elsa devono entrare in sintonia ed empatizzare con una creatura che ha spesso difficoltà a capire i gesti e le scelte degli umani.
Lo sci-fi thriller prodotto da Guillermo del Toro è sicuramente molto ambizioso, ha un buon budget ma non faraonico come in altre produzioni, poteva scegliere due scienziati più credibili e mette tanta carne al fuoco, con moltissime suggestioni che dal secondo atto in avanti avanzano prepotentemente forse troppo alla veloce, come l'età adulta raggiunta in poche settimane da Dren.
Natali è comunque riuscito a inserire alcuni momenti notevoli come la scena iniziale di sesso tra i due tremenda dove i corpi quasi non si avvicinano mentre invece la copulazione/zoofilia tra Clive e Dren esplode in tutta la sua carica selvaggia.




Fratelli d'Italia



Titolo: Fratelli d'Italia
Regia: Claudio Giovannesi
Anno: 2009
Paese: Italia
Giudizio: 3/5

Uno sguardo alle vite di tre adolescenti di famiglie immigrate in Italia che frequentano un istituto tecnico di Ostia.

Come ti ambienti a Ostia quando sei cresciuto in un paese culturalmente molto diverso da quello d'origine. Tre storie diverse tutte di seconda generazione, dove ormai l'accento romano è sdoganato. La prima se vogliamo è quella che ha più elementi e spunti su cui riflettere. Tra i tanti ambienti ripresi, non solo uno, ma tutta la quotidianità che passa per le istituzioni, la casa, la strada, i ristoranti e le discoteche. Il lavoro è stato reso possibile sicuramente dagli ottimi rapporti che c'erano tra maestranze e i giovani coinvolti nel progetto tutti molto empatici e senza difficoltà a stare davanti alla telecamera, anzi.
La scuola nel rapporto con i compagni e soprattutto nella prima storia con l'insegnante, è quello che ha un valore pedagogico più importante perchè attraverso lo scontro tra docente e alunno capiamo subito un sacco di elementi e il distacco iniziale tra i due porta ad un rapporto di fiducia anche se a volte in maniera troppo banale e telefonata.
Fratelli d'Italia, che pensavo parlasse dei giovani fascisti, ha però degli evidenti limiti se non vogliamo chiamarli problemi. C'è qualcosa in quella quotidianità che emerge dai vissuti dei ragazzi e come si comportano che lascia intendere come il fatto di sentirsi delle star gli abbia sicuramente influenzati nella naturalezza dei gesti mentre dall'altro se il film voleva documentare efficacemente i problemi dell'integrazione e del retaggio culturale dei giovani che vivono, il forte dissidio di trovarsi accentrati fra due culture di fronte al quale reagiscono con la paura o con un atteggiamento ribelle, il risultato è un altro, filmando invece dei ragazzi che dal punto di vista dell'integrazione non hanno problemi, se non con i genitori che chi per la scuola, chi per i valori religiosi si oppongono a questa condotta, trovando nell'ambiente esterno altri collanti sociali.


giovedì 18 luglio 2019

Jennifer's Body


Titolo: Jennifer's Body
Regia: Karyn Kusama
Anno: 2009
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Rinchiusa nella cella d'isolamento di un istituto psichiatrico, la giovane Needy, ricorda come tutto è cominciato, a Devil's Kettle, la cittadina di provincia dove abitava. Si parte quindi con un lungo flashback che costituisce il corpo del film: Needy è amicissima di Jennifer, la bomba sexy della scuola. Benché fidanzata con Chip, il classico bravo ragazzo, la poco appariscente Needy è preda di una sconfinata ammirazione per Jennifer, tanto da esserne sostanzialmente succube. Al Melody Lane, un localaccio, Jennifer è attratta da Nikolai, cantante di una sconosciuta rock band, i Low Shoulder. Uno strano e furibondo incendio si sviluppa mentre la band suona: è un massacro, ma Needy conduce in salvo Jennifer. Per poco, però. Sotto lo sguardo sconcertato di Needy, Jennifer se la svigna col disinvolto Nikolai. Quando Needy, tornata a casa, si ritrova di fronte l'amica coperta di sangue e affamata di carne cruda, sospetta che qualcosa di brutto sia successo. Quando Jennifer le vomita addosso un geyser di sangue, ne ha la certezza. Il giorno dopo tutto sembra normale, compresa Jennifer, ma Needy sa che non è così. Gli omicidi cominciano: a commetterli è Jennifer, che prima seduce e poi, in versione mostruosa, ammazza.

Jennifer's body ha tutti gli elementi per sembrare un tipico teen-movie con la solita Megan Fox che alza il livello ormonale maschile. Definito dai critici il "Twilight" maschile, questa perfida commedia di Kusama ha diversi elementi interessanti oltre a colpire duro in alcune scene come quella del sacrificio di Jennifer da parte della band che la carica sul furgone.
Insieme racchiude tanti stilemi e stereotipi del genere cercando però di aumentarne il contenuto e gli effetti (verso l'inizio nella cittadina scopriamo esserci un buco nero in cui scompaiono le acque) elemento purtroppo buttato lì senza poi essere opportunamente ripreso.
Il film della Kusama travestito da black comedy che sfocia nel gore dopo la trasformazione della protagonista, parla fondamentalmente di uno stupro in cui gli aggressori sono gli unici a scamparla senza conseguenze, lasciando impuniti stupri e sacrifici che la ragazza riverserà non sugli aggressori ma sugli innocenti.
In un contesto politico odierno in cui il film forse anticipava temi che il cinema ha poi ripreso con voga che dimostra nonostante difetti palesi e alcuni elementi soltanto abbozzati (i buchi neri) un buon film d'intrattenimento che rientra in quel catalogo di film horror che sempre di più si stanno allontanando dallo schema main stream per esplorare tematiche sociali più scomode e attuali.



venerdì 14 giugno 2019

Termination Salvation


Titolo: Termination Salvation
Regia: McG
Anno: 2009
Paese: Gran Bretagna
Giudizio: 2/5

Anno 2003. Marcus Wright è detenuto nel Braccio della Morte in attesa di ricevere l'iniezione letale. Ha ucciso suo fratello e due poliziotti e vuole soltanto farla finita ma la dottoressa Serena Kogan ha deciso per lui un altro destino. Firmato un documento legale che consegna il suo corpo alla scienza e gli promette una seconda opportunità, Marcus viene 'terminato'. Anno 2018. John Connor, leader ideale e carismatico del genere umano, partecipa alla Resistenza contro Skynet, il network di intelligenze artificiali, e il suo esercito di Terminator indistruttibili. Efficace e intraprendente, è deciso a sferrare un attacco mortale al nemico, a trovare suo padre Kyle Reese e a garantire un futuro all'umanità dopo l'apocalisse nucleare scatenata dalle macchine. Lo aiuterà Marcus, galeotto venuto dal passato e portatore di un segreto. Diffidenti ma determinati a vincere la loro battaglia, collaboreranno e troveranno la verità nel cuore.

Togliere il timone ha un importante saga che col tempo è diventata un business e un merchandising di successo ha dato i suoi effetti. Senza James Cameron, si è subito visto il binario diventato quasi subito ingestibile da tutta la sfilata di tecnici e sceneggiatori che si sono "appassionati" al progetto.
Il risultato ha raggiunto i livelli più bassi previsti, confezionando prodotti per il cinema, senza un filo conduttore, personaggi scialbi e una totale assenza di approfondimento nella psicologia dei protagonisti. In più usare come deterrente lo spazio tempo con viaggi avanti e indietro e catapultando la psiche dello spettatore in un vuoto cosmico è stato il colpo finale su una saga che nei primi due capitoli ha modificato sostanzialmente il livello del genere sci fi mischiandolo con una vendetta personale, trasformazioni come in Terminator 2 ancora di altissimo livello, robot dannatamente cattivi, un personaggio iconico come Sarah Connor, Schwarzenegger in uno dei suoi ruoli cult da sempre, e tanti altri elementi che spero porranno fine nel migliore dei modi con l'ultimo, si spera, capitolo della saga DARK FATE
McG è un mestierante con una carriera altalenante e tanti brutti film sui cui svetta il film che non ti aspetti Babysitter horror Netflix capace di far scorrere tanto sangue e al contempo farti rotolare a terra dalle risate.
Qui l'unico elemento che funziona è la scenografia, cupa e tutta ingrigita (d'altronde c'è stato l'ennesimo olocausto atomico, gli attori sono troppo distanti dal progetto e tutta l'azione sembra destinata più alle saghe spaziali come STAR TREK o STAR WARS.


Segnali dal futuro


Titolo: Segnali dal futuro
Regia: Alex Proyas
Anno: 2009
Paese: Usa
Giudizio: 2/5

Il professore di astrofisica John Koestler non crede nel destino ma le sue convinzioni vengono scosse quando il figlio entra in possesso di un documento scritto 50 anni prima da una bambina della sua stessa scuola. Sul foglio sono indicati solo numeri uno dopo l'altro, numeri che l'occhio allenato dello scienziato comincia a decifrare per caso scoprendo che indicano giorno e numero di vittime dei principali disastri dell'ultimo mezzo secolo e di alcuni che devono ancora verificarsi.

La morte celebrale definitiva di un regista.
Segnali dal futuro sembra la genesi e l'ultimo stadio di un regista purtroppo sfortunatissimo che ho sempre stimato per il suo apporto cinico alla sci fi.
DARK CITY rimane ancora adesso il suo film più bistrattato se non altro per l'arrivo l'anno successivo di MATRIX e per aver cercato di ridare enfasi ad un genere senza sfoggiare unicamente gli effetti speciali. Il colpo finale al regista è stato sicuramente questa porcheria con alcune regole incontrovertibili (Nicolas Cage) e una scrittura alla base che non è riuscita a dare spazio a tutte le intuizioni narrative. Un film che se vogliamo possiamo definirlo il vaso di Pandora dell'artista dove tutte le sue teorie sembrano essersi dati appuntamento in un film multiforme che purtroppo per evidenti limiti non è riuscito a dare spazio a tutte le scelte e i temi trattati.
Un film disorganico che non riesce sempre, in particolare dal secondo atto in avanti, a gestire con precisione i vari aspetti contenutistici, rimanendo macchinoso, dove la complessa dialettica tra predestinazione, caos, scienza e fede (che già era un intento trattato nei suoi precedenti film) qui cede il passo ad una scelta di cause ed effetti che non hanno niente a che vedere e soprattutto vengono vanificati tutti gli sforzi di renderli materia seria su cui parlare.
Alle volte sembra più un omaggio alla mitologia ed alle suggestioni de AI CONFINI DELLA REALTA'
La storia narrata poi è incentrata a una supposta profezia ricevuta in dono (se così si può dire) da Lucinda, una giovane alunna della fine degli anni ’50, e rinchiusa in una capsula del tempo insieme ai disegni di altri bambini. Quando, mezzo secolo dopo, la scatola viene aperta, l’indecifrabile serie di numeri che la piccola aveva scritto sul foglio in dotazione finisce nelle mani di Caleb che subito lo sottopone all’attenzione del padre, John, noto luminare astrofisico. Dopo un po’ di studio, il professore capisce che quei numeri sono indicazioni riguardo alle grandi catastrofi e incidenti degli ultimi anni: le ultime righe indicano date future, per le quali c’è ancora la speranza di poter intervenire. Anche se l’ultima riga potrebbe indicare addirittura la fine del mondo.
Praticamente un cocktail in salsa ebraica, maya, Hubbardiana, etc

sabato 8 giugno 2019

Profeta


Titolo: Profeta
Regia: Jacques Audiard
Anno: 2009
Paese: Francia
Giudizio: 4/5

Malik El Djebena ha 19 anni quando viene condannato a sei anni di prigione. Entra con poco o nulla, una banconota ripiegata su se stessa e dei vestiti troppo usurati, che a detta delle guardie non vale la pena di conservare. Quando esce ha un impero e tre macchine pronte a scortare i suoi primi passi. In mezzo c'è il carcere, la protezione offertagli da un mafioso corso, l'omicidio come rito d'iniziazione, l'ampliarsi delle conoscenze e dei traffici, le incursioni in permesso fuori dal carcere, dove gli affari prendono velocità.

Audiard è un regista francese che potremmo definire quasi internazionale. Il suo cinema almeno le sue ultime opere dimostrano talento e soprattutto la capacità di girare qualsiasi cosa, di qualsiasi genere e con qualsiasi attore internazionale.
I risultati seppur molto distanti confermano un innegabile talento. Sapore di ruggine e ossa
, Deephan, sono storie d'azione, drammatiche e coraggiose che parlano di questioni attuali mischiandole con la criminalità organizzata o la crisi del lavoro e i protagonisti quasi sempre dei perdenti.
Su tutto un aderenza ai generi minimale, un aspetto tecnico sempre squisitamente formidabile, un cast che aderisce perfettamente alla causa e infine tante bellissime scene che come quadri diventano indimenticabili nella psiche dello spettatore.
Il profeta è il film da cui il regista segna un importante passaggio, entrando nel mondo adulto e maturo e da lì in seguito sarà solo una discesa negli inferi.
Prison movie, dramma contemporaneo, vita criminale, viaggio di formazione nella violenza.
Il film discute e approfondisce tanti passaggi, immergendosi fin da subito nella sub cultura che racconta, soprattutto quelli in carcere con alcuni dialoghi squisiti e che istantaneamente rendono il film molto realistico e decisamente esagerato sotto certi aspetti.
Un film che non vacilla mai, sospendendo il pregiudizio, di fatto essendo lungo quanto complesso, ma che grazie ad un uso sapiente del montaggio, non lascia mai momenti di vuoto ma relega ogni momento ad una scena ben precisa, diventando significativo nella sua continuità come l'exursus del protagonista scandito da didascalie che suddividono la sua epopea in capitoli


mercoledì 5 giugno 2019

Vampire girl vs. Frankenstein Girl


Titolo: Vampire girl vs. Frankenstein Girl
Regia: Naoyuki Tomomatsu, Yoshihiro Nishimura
Anno: 2009
Paese: Giappone
Giudizio: 3/5

In un tragico triangolo amoroso, Monami/Vampire Girl dà a Mizushima per San Valentino un cioccolatino ripieno del suo stesso sangue, trasformandolo così in un immortale. Il terzo lato del tiangolo è Keiko, che vuole Mizushima tutto per sé. Ne deriva quindi un combattimento, ma quando Keiko muore inavvertitamente cadendo dal tetto, suo padre Kubuki scienziato pazzo la riporta in vita mettendole alcune parti del corpo di suoi compagni di scuola che le permetteranno di sconfiggere Monami in una battaglia all'ultimo sangue.

Tomomatsu è stato uno dei padri del "Nihozombie" e dello "Dnotomista" di fatto due sotto generi che avevano il preciso scopo di sovvertire le regole sfatando il taboo del lecito/proibito.
Sotto generi sicuramente più interessanti rispetto ai prodotti "Guinea Pig" che invece rappresentano esperimenti estremi di puro torture porn con accenni sul fenomeno dello snuff movie.
"Dnotomista" a cui questo film fa riferimento nato proprio da "Notomista" quella particolare attitudine allo smembramento dei corpi umani per veder la compositura interna di essi.
I film sono quasi tutti nipponici e vedono al timone alcuni registi mica da ridere con una loro personale e malata matrice d'identificazione.
Nishimura che firma il film assieme al sopra citato usciva dalle fila degli amanti dello splatter nipponico, un mestierante che al contempo era un visionario effettista con la fama di essere tra i più esperti macellai del settore (MEATBALL MACHINE ad esempio)
Al di là della strizzatina d'occhio sul nome della pellicola (che c'entra davvero poco) della sapiente mano di grafici esperti per rendere le locandine il più ghiotte possibili, il film ha una trama indefinib
ile, presa da un manga che dicono in patria abbia riscosso un certo successo, così come parte dello svolgimento e delle intenzioni dei protagonisti.
Un film con un'anima demenziale e surrealista che non riesce mai a rivelare il suo scopo o meglio l'intento del film apprezzandone gli sforzi e la voglia di distruggere ogni confine cinematografico. Sembra una confusa mattanza, una macelleria messicana tutta ritoccata al computer con i soliti protagonisti che sembrano camminare su una passerella di moda piuttosto che in uno scenario apocalittico dove ancora una volta l'esagerazione, che spesso ha portato a risultati più che ottimi, lascia il passo a qualcosa di irrisolto, uno spettacolo di luci e secchiate di sangue che sembra ogni volta ricominciare da capo risultando inconcludente e soprattutto irrisolto.



lunedì 3 giugno 2019

Drag me to hell


Titolo: Drag me to hell
Regia: Sam Raimi
Anno: 2009
Paese: Usa
Giudizio: 4/5

Christine Brown è in attesa di un'importante promozione nella banca in cui lavora. Un giorno nega all'anziana signora Ganush la proroga di un prestito che le consentirebbe di conservare la propria abitazione. La donna, che è in contatto con un Lamia, le lancia contro una maledizione che metterà il demone sulle sue tracce. Da quel momento Christine dovrà cercare di respingere gli attacchi e di trovare la soluzione definitiva per liberarsi dal Male.

Il ritorno di Raimi all'horror non poteva lasciar sperare in un risultato migliore. Un film fresco, originale, con un ritmo incredibile e un'ironia di fondo sottile e perfida e per finire uno dei finali più belli degli ultimi anni ridando enfasi al genere a lasciando da parte l'happy ending.
Gli ingredienti sono poi in parte i codici o i topoi dello stesso regista: maledizioni, streghe post contemporanee, sedute spiritiche, cose a caso che sbattono, jump scared. In questo caso molto meno sangue rispetto agli esordi per una macabra favola con una morale bella forte e un messaggio che in una società capitalista della sorveglianza sembra ormai sempre più ignorato.
Drag me to hell a differenza dei vecchi horror del maestro del brivido è certamente figlio del digitale e della c.g a differenza della resa artigianale e tradizionale degli effetti visti nella saga cult.
Pur disponendo di un budget ridotto, Raimi avendo avuto una buona scuola e ottima esperienza, riesce a dare spazio ad una funzionalissima fotografia che promuove alcuni dei passaggi più interessanti dell'opera oltre ad avere di sottofondo una soundtrack da urlo. E poi ci regala una rom, una gitana, una baba jaga, una maschera che difficilmente dimenticheremo.


Yattaman


Titolo: Yattaman
Regia: Miike Takashi
Anno: 2009
Paese: Giappone
Giudizio: 4/5

Yattaman 1 e Yattaman 2, quando non sono in officina a fabbricare Mecha come il prodigioso Yatta Can, sono in giro a salvare il mondo dalle mire malvagie dei servitori di Dokrobei, la bellissima Miss Dronio e i suoi due lacché, Boyakki e Tonzula. In ballo c'è il ritrovamento della Pietra Dokrostone, capace di regalare un potere immenso al suo possessore: nelle mani sbagliate comporterebbe la fine del mondo così come lo conosciamo.

Yattaman è stato un progetto ambizioso e complesso che ci ha messo tre anni prima di venire alla luce. Parlando del maestro e di come riesca a ritagliarsi una sua idea e politica di cinema in qualsiasi genere in cui graviti è una prerogativa e una peculiarità che hanno solo lui ed altri folli colleghi come Sion Sono e Tsukamoto solo per fare due nomi, ma per fortuna almeno in Oriente la lista è lunga.
Riuscire a dare vita ad un live action originale senza perdere la visionarietà, ma anzi allargandola e adattandola ad un target diverso e senza farla diventare una pattumiera trash come ultimamente è successo per Tiger Mask non era semplice.
Si ride, l'azione è folle e mai macchinosa, i personaggi sono caricature al limite rendendo spassosi i dialoghi e le slapsticks. I combattimenti poi e gli inseguimenti sono curati molto bene, riuscendo a cercare di essere all'altezza senza mai sfociare nel ridicolo e infine la fruizione e come sempre relegata ad un target che unisce bambini e adulti.
Yattaman proprio per gli argomenti di cui tratta, un cartone animato, pareva un'operazione folle.
Ed è proprio in progetti come questi che si vede l'autorialità e l'esperienza. Sembra più facile girare un kolossal ad ampio budget dove le regole da aderire sono sempre le stesse, piuttosto che mettere mano su, ripeto, un'operazione folle come il film in questione.
Miike ancora una volta ci è riuscito alla faccia di tutti gli apocalittici e i critici che aspettano un passo falso dell'outsider nipponico. Ancora una volta chapeau!



lunedì 22 aprile 2019

Logorama


Titolo: Logorama
Regia: AA,VV
Anno: 2009
Paese: Francia
Giudizio: 5/5

La polizia insegue un criminale armato in una versione di Los Angeles composta interamente da loghi aziendali.

La critica al capitalismo, il modello economico che stanerà tutti, diventa il circuito perfetto dove il trio di registi francesi descrive il proprio microcosmo. Loghi, brand, multinazionali, tutto ormai sembra diventare status simbol con il preciso compito e dovere da parte degli autori di trasformare tutto in un enorme buco nero in grado di inglobare tutto e mettere fine alla civiltà.
Il collettivo H5 (François Alaux, Hervé de Crécy e Ludovic Houplain) ha già firmato videoclip per Alex Gopher, i Massive Attack, i Goldfrapp e i Röyksopp e conferma un acume attento e colto nel saper essere sintetici e al contempo ingranare la marcia e sfrecciare a tutta velocità.
16 minuti di pura azione da vedere rigorosamente in lingua originale, un lavoro enorme che ha comportato l'utilizzo di 2500 loghi e mascots, appartenenti a compagnie di tutto il mondo, per costruire l’intera architettura cittadina e per creare personaggi improbabili, come il cattivissimo Ronald MacDonald e ampliare così una critica feroce sugli intenti perversi della multinazionale del fast food.


lunedì 11 marzo 2019

Circo della farfalla


Titolo: Butterfly Circus
Regia: Joshua Weigel
Anno: 2009
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

La storia di Vujicic è triste. Primogenito di una famiglia serba cristiana, Nick Vujicic nacque a Melbourne, Australia con un rara malattia genetica: la tetramelia ovvero privo di arti, senza entrambe le braccia, e senza gambe eccetto i suoi piccoli piedi, uno dei quali ha due dita.
Probabilmente non si aspettava che dalla sua storia nascesse un cortometraggio che ha fatto piangere le platee di diversi paesi in tutto il mondo.

The Butterfly Circus è sicuramente un ottimo cortometraggio con un cast importante, una sontuosa fotografia e una storia tutto sommato che rispecchia difficoltà e timori del protagonista.
Weigel è abile e sfrutta in particolare i sentimenti e le musiche per rendere ancora più sdolcinata e melensa una storia che non aveva bisogno di fronzoli per comunicare quello che doveva.
Il circo allora in questa galleria di freaks piuttosto originali e con un ottimo lavoro di trucco e costumi, diventa quel luogo dove ognuno, in questo caso Vujicic, trova la sua strada diventando da bruco a farfalla e abbandonando così la muta iniziale della pigrizia e dello sconforto.