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sabato 14 febbraio 2015

Uomo che venne dalla terra

Titolo: Uomo che venne dalla terra
Regia: Richard Shenkman
Anno: 2007
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Il professor John Oldman (probabile gioco di parole) sta per lasciare l’università in cui insegna e, durante il trasloco, i suoi colleghi si presentano a casa sua per una festa d’addio a sorpresa. Tra loro ci sono: Harry (un biologo), Edith (una studiosa di Scritture Cristiane), Dan (un antropologo) e Sandy (una dottoressa in storia, innamorata di John). Discutendo del più e del meno, a causa di un bulino risalente all’epoca magdaleniana, John rivela di essere un uomo della preistoria, un Cro-Magnon di 14000 anni sopravvissuto, probabilmente (come suggerisce Harry), grazie ad un’ottima capacità di rigenerazione cellulare. Intanto un altro professore, Art, un archeologo, si unisce a loro con una giovane e curiosa studentessa e, in seguito, anche il Dottor Will Gruber, un anziano psichiatra, giunge alla dimora di John.

I film spesso e volentieri, quando non hanno produzioni faraoniche dietro, cercano di farsi furbi, come in questo caso, puntando su un soggetto intrigante, un manipolo di attori, una regia televisiva e senza troppa cura e un’unica location (un salotto).
L’immortalità e la possibilità di conoscere un uomo nato nel periodo preistorico e sopravvissuto finora, è un grosso potenziale che in questo caso cerca di essere ancora più suggestivo, con una sorta di monologo/dialogo, che pone continue riflessioni e investe lo spettatore cercando quasi di azzerare il suo acume scientifico.
E bisogna ammettere che per gran parte del film ci riesce, almeno fino al finale, dove non mi è chiaro se i dubbi e il macrodubbio sia voluto, o diventa quel finale aperto che in un film di questo genere non si aspetta di dover chiudere, lasciando allo spettatore l‘onere di giudicare  le tesi sostenute da John Oldman.
Jerome Bixby che ha scritto il soggetto deve essersi proprio divertito.

Un film particolare che però nasconde una velata aura di furbizia come a dire, giochiamo su un terreno sconosciuto, e in cui l’insopportabile maschera del protagonista crea allusioni, forse come ammettere sul fatto di aver potuto davvero prendere in giro delle menti brillanti.