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martedì 27 dicembre 2016

King Cobra

Titolo: King Cobra
Regia: Justin Kelly
Anno: 2016
Paese: Usa
Festival: TFF 34°
Sezione: After Hours
Giudizio: 2/5

Ispirato a una storia vera cupa e intrigante, il film narra le vicende di un ragazzo che diventa una star del porno gay grazie a un losco figuro fondatore di una casa di produzione a luci rosse chiamata Cobra Video. Gli eventi lo porteranno ad accostarsi a un produttore rivale e altrettanto influente, che farà di tutto pur di accaparrarselo.

Kelly: "come si fa un film che tratti il porno-gay senza essere grossolano ed approssimativo?"chiese il discepolo al maestro Gus Van Sant
Van Sant: "bisogna andare al di là dell'estetica senza eccitarsi e autocompiacersi"
E fu così che al suo secondo film, Kelly dimostrò di non aver capito nulla.
E'difficile trovare le parole per descrivere un film fortemenete voluto da Franco, qui in veste anche di produttore, che sembra essere stato girato troppo velocemente dove l'attore non fa altro che ammettere la sua omosessualità in una parodia di un "gay" secondo James Franco che si bea di sguazzare nei luoghi comuni penando solo a ficcare e mostrare le sue pose da produttore/gangster (senza però avere quel fascino che mostrava in SPRING BREAKERS). Il risultato è una performance eccessiva, urlata, volgare, grottesca nelle scene di sesso che vorrebbero ambire al softcore con il risultato di apparire trash e banali.
King Cobra si basa sul libro del 2012 di Andrew E. Stoner Cobra Killer: Gay Porn, Murder, and the Manhunt to Bring the Killers to Justice, dal titolo molto esplicativo. Un film che riesce a rendere noiosa una storia con dentro il porno, un omicidio e James Franco, cosa praticamente impossibile, diventando nel giro di venti minuti qualcosa di indefinito tra crime, drama e merda.
Tutto è superficiale, tutto. E la cosa che stupisce di più è che Kelly si impegna davvero tanto per affossare il film: rallenty, colonna sonora oscena e una visione del mondo gay allucinante in un tripudio di muscoli che guizzano, bilancieri, canotte e boxer lucidi, il tutto con quell'inconfondibile sapore eighties e la performance di Slater che riesce in alcuni momenti a salvare il film in corner con un personaggio complesso e ben caratterizzato. Infatti è proprio nella convivenza tra due universi opposti che sembrava potesse evolversi la narrazione del film. Da una parte abbiamo l'omosessualità oppressa e opprimente di Stephen (Slater), che nasconde le proprie pulsioni sessuali dietro un'apparenza borghese. Dall'altra l'esibizionismo eccessivo e pacchiano della coppia di Franco e compagno che in quanto produttori meno famosi combattono a suon di ricatti la famosa industria cinematografica.
Per dirla tutta è un film che personalmente ho archiviato e quasi dimenticato poche ore dopo averlo visto.