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martedì 2 novembre 2021

Terra dei figli


Titolo: Terra dei figli
Regia: Claudio Cuppellini
Anno: 2021
Paese: Italia
Giudizio: 4/5

Un padre e un figlio abitano una palafitta sul lago, dopo che una catastrofe non meglio specificata ha cambiato il corso degli eventi e condannato i pochi sopravvissuti ad arrangiarsi come possibile, senza curarsi troppo del prossimo. Il collasso della società ha portato violenza e solitudine, oltre a rendere superfluo il leggere e scrivere per chi in questo mondo ci è nato. Quando il figlio vuole scoprire cosa il padre ha scritto nel suo diario, deve imbarcarsi in un viaggio disperato alla ricerca di qualcuno che possa aiutarlo.
 
La Terra dei figli è un film rivelazione. Forse una delle opere più interessanti del cinema di genere italiano degli ultimi anni ( e forse anche perchè non se ne fanno). Un film potente, misurato, drammatico e poetico. Un film sporco e con pochi dialoghi, pochi personaggi, una natura insidiosa e i rapporti umani ai minimi storici.
Pandemia, clima post apocalittico, distopico, cattivo. I figli vengono uccisi dai padri perchè portatori di un male virale. Da qui la scelta di un padre di non uccidere il proprio figlio educandolo alla maniera siberiana, senza emozioni e sentimenti.
Gipi pensa e scrive. Cuppellini dirige. Poche location, barche, paludi, una catapecchia, una baracca e infine un enorme industria. Pochi reparti. Figlio (il protagonista) va in giro cercando un'identità che non ha mai avuto, come Pinocchio al contrario (Figlio è violenza pura) il quale troverà durante il suo cammino il Gatto e la Volpe (due bifolchi scampati alle radiazioni con tanto di bubboni), una ragazza da salvare e infine dei mercenari assoldati da un leader e dal suo inquietante braccio destro. Il mondo non è come lo ricordiamo ma crudele, terribile e violento. Le donne sono presenze rarissime, e sempre relegate in ruoli di bestie o di emarginate. Si lotta per la sopravvivenza barattando tutto ciò che non si ha. E quando non si può avere si uccide. Il titolo rimanda alla rete, un posto violento e desolato, governato da falsi dei e superstizioni, che giustificano un antropofagismo culturale ed effettivo. In poche parole, la distopia di Gipi è esattamente quella in cui ci troviamo.