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mercoledì 27 marzo 2024

Saltburn


Titolo: Saltburn
Regia: Emerald Fennell
Anno: 2023
Paese: Usa
Giudizio: 4/5

2006. Oliver Quick frequenta l'Università di Oxford ma non riesce a integrarsi con gli altri studenti, molti dei quali provengono da famiglie ricche. Uno di questi è Felix Catton da cui è subito attratto. Un giorno gli presta la propria bicicletta dopo che la sua ha forato. Una sera invece è Felix che gli viene in soccorso dopo che non ha abbastanza denaro per pagare un giro di bevute. Il loro rapporto però non è paritario, anzi Oliver sembra essere sembra più dipendente dal ragazzo ma molte volte viene ignorato. Un giorno trova il modo di riavvicinarsi a lui quando gli racconta che suo padre, tossicodipendente, è morto. Così riesce a farsi invitare a Saltburn, nella sua enorme tenuta. Lì conosce la sua eccentrica che riesce gradualmente a conquistare e trascorrerà un'indimenticabile estate.
 
Saltburn è quel classico esempio del forestiero che entra in una famiglia borghese devastandola piano piano. TEOREMA, VISITOR Q e in qualcosina BORGMAN. Qui è tutto molto più moderno, la tematica riesce ad essere più accattivante e grottesca in alcuni passaggi come la scena delle mestruazioni o quella della vasca da bagno. Oliver da timido passivo aggressivo entra così in questa famiglia "di eccessi", tra i suoi rituali, il labirinto come giardino, un maggiordomo inquietante che non viene mai veramente descritto nei suoi intenti e continui accenni di una sessualità che non si vuole più contenere, di desideri malati e un potere da mantenere ed esercitare sugli ospiti.
Sesso & Potere. Due concetti che governano il mondo della famiglia Catton cercando di smorzare la noia con festini ad hoc e invitando timidi studenti per studiarli e azzannarli come viene presto a scoprire Oliver il quale però a sua volta ha un piano diabolico e meticoloso nel costruire e nel dipanare la sua operazione. Un thriller efficace, colorato, vivo, pieno di emozioni e sentimenti, di scene forti ma mai gratuite e di alcuni colpi di scena interessanti soprattutto per come vengono tratteggiati molto bene i personaggi.

giovedì 12 maggio 2022

Seed (2021)


Titolo: Seed (2021)
Regia: Sam Walker
Anno: 2021
Paese: Gran Bretagna
Giudizio: 4/5

Quello che inizia come un weekend di ragazze nel deserto del Mojave diventa una storia di orrore, morte e invasione aliena.
 
A volte non mi spiego il pubblico. Seed è una figata totale detto da uno che mastica gli horror come gli smanettoni masticano i porno. E qui nell'opera prima di Walker c'è tanta carica erotica. Un alieno che penetra le protagoniste in un gioco di carne cronemberghiano e che in parte mi ha ricordato Yuzna. Un alieno che sembra essere l'alter ego del male di ET. Un film che parla di destini, di fine dell'umanità, del non poter combattere alcuni poteri telepatici che rischiano di far sopperire chiunque non sia disposto a farsi ingravidare dalla creatura. Con un finale in parte prevedibile ma che distrugge ogni sorta di happy ending, Seed è un perla di cattiveria, dove sembra di vedere anche i Visitors, tanta scifi anni 50' e 60', dove l'orrore cosmico straborda e dove quando finalmente capiamo cosa sta per succedere è ormai troppo tardi e il film esplode con la sua malvagità.
Sembra la metafora che a voler salvare una specie di un altro pianeta si finisca col fare una gigantesca cazzata e dare così il pianeta in pasto agli alieni. Soprattutto se l'alieno in questione fa tutto dal letto dove viene lasciato senza nemmeno muoversi ma agendo in maniera telepatica e sorridendo mentre ingravida e devasta le menti delle tre amiche.
Seed prova ad essere il più disgustoso e rivoltante possibile riuscendoci molto bene e regalando un altro film sull'invasione aliena che sembra quasi un home invasion di un piccolo e tenero cucciolo di tartaruga.

venerdì 21 gennaio 2022

Scary of sixty first


Titolo: Scary of sixty first
Regia: Dasha Nekrasova
Anno: 2020
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Due giovani coinquiline vedono le loro esistenze sconvolte dopo aver scoperto che il loro nuovo appartamento a Manhattan nasconde un oscuro segreto.
 
Siamo dalle parti dell'indie estremo e infatti il film della Nekrasova, anche protagonista, entra di rito nell'horror psicologico, quello endemico, quello facente parte di film assurdi come Queen of Earth dove con pochi mezzi e un budget risicato si riesce a fare del buon cinema.
E qui le premesse sono ambiziose per quanto il film all'inizio risulti assurdo e dove non si capisce lo sviluppo e soprattutto dove andrà a parare. Scelte ingegnosissime capaci di rendere originali alcune scene già viste in mille modi ma qui sviluppate in modo atipico e astuto. Un film malato, macabro, femminile in tutti i sensi, dove solo verso la metà o meglio il terzo atto esce fuori la vicenda del miliardario pedofilo Jeffrey Epstein. Con alcune scene erotiche che non si vedevano da anni e un coraggio delle protagoniste di mettersi a nudo in tutti i sensi, il film peraltro molto sanguinolento, percorre sentieri insidiosi, alcuni dei quali vengono presi nella giusta maniera. Altri invece come la vicenda appunto del complotto e della setta nella casa, sembrano sfuggire nelle reali ambizioni e fare un miscuglio generale di sicuro effetto cinematografico ed estetico ma inespresso dal punto di vista narrativo

mercoledì 15 dicembre 2021

Ai city-La notte dei cloni


Titolo: Ai city-La notte dei cloni
Regia: Koichi Mashimo
Anno: 1986
Paese: Giappone
Giudizio: 4/5

Il futuro non sarà poi così diverso dal presente. Anche New York non è molto cambiata, tranne che per la Fraud Tower a dominare il paesaggio. Come sempre, nelle strade si combatte per la vita e la morte. Questa volta la battaglia è fra Kei, un esperimento bionico non del tutto riuscito, ed uno invece di maggiore successo, per il controllo di una misteriosa bambina che potrebbe avere il potere di distruggere il mondo come noi lo conosciamo.
 
Ai city è un connubio di generi riuscendo a fondere scifi, splatter, dramma, trash, violenza, erotismo, mutazioni e molto altro ancora in un film capo stipite di tante opere a venire di matrice nipponica. Un poliziesco, un thriller, in parte un horror, Mashimo riesce a inserire tante di quelle variabili e incognite nella sua opera da renderla persino precursore di opere come quella cult di Otomo almeno per quanto concerne il tema delle mutazioni. Robot, attacchi psichici, varianti surreali tipici del genere nel mischiare viaggio interiore e deflagrazione mentale del protagonista.
In Ai city ci sono due super cattivi che si combattono mentre la nostra squadra atipica cerca rifugio in una metropoli ormai semi sepolta, distrutta e scossa da continue esplosioni, metamorfosi organiche, scienziati pazzi che sperimentano qualsiasi cosa e molto altro ancora.
Un'opera con un ritmo furibondo nel cercare di descrivere ogni trama e sotto trama, dando spazio e colpi di scena alla narrazione e regalando a livello estetico scenari mozzafiato. Ci troviamo di fronte ad una delle opere d'animazione per adulti più interessanti in assoluto sul genere e non solo in grado di regalare moltissimi elementi originali.

domenica 21 novembre 2021

Alucarda


Titolo: Alucarda
Regia: Juan Lopez Moctezuma
Anno: 1977
Paese: Messico
Giudizio: 5/5

Nel 1865 la madre di Alucarda, poco prima di morire, esprime il desiderio di affidare la figlia alle suore di un convento. Da adolescente, la figlia stringe una forte amicizia con un'altra ragazza di nome Justine. Un giorno incontrano un misterioso zingaro che propone alle due ragazzine l'acquisto di amuleti per allontanare i demoni. Le due ragazze si spaventano e fuggono nel bosco finchè non si imbattono in un castello. Allora Alucarda propone a Justine di entrarci e lì troveranno una bara che apriranno senza pensare alle conseguenze.
 
Alucarda può essere considerato uno dei film baluardi sul tema stregoneria, possessioni, sabba, magia nera e molti altri elementi. Un film particolarmente morboso dove al di là degli scontri tra fanatismi religiosi e scienza, c'è un impressionante uso di urla con la finalità di portare lentamente lo spettatore allo sfinimento. Un film esoterico, magico, denso di elementi e simbologie nonchè personaggi emblematici nella loro trasfigurazione. E' un film controcorrente, politicamente scorretto, incredibilmente coraggioso per l'anno in cui è stato girato. Un film assorto da una strana e affascinante atmosfera in grado di dare splendore e sostanza per la ricercatezza delle immagini, una fotografia pungente e delle scenografie come i costumi (in particolare la scelta di cosa far indossare alle suore e come mettere in scena l'orfanotrofio) totalizzanti. Insieme poi a delle musiche che riescono a creare quel tono ancora più surreale e onirico in grado di fondersi con le struggenti interpretazioni delle due protagoniste. Ci sono moltissime scene cult dal sigillo e il patto di sangue con lo zingaro, Alucarda che pronuncia il nome di Belzebù facendo incendiare suore e preti, a Justine trovata nella bara di sangue. Da bravo seguace e collaboratore di Jodorowsky, Moctezuma sembra sposare la teoria per cui il male trionfa sul bene, rappresentato come falso e bigotto, attorno ad un sistema di valori cristiani, trovando spazio anche per criticare la scienza, dove la provocazione del desiderio prova indignazione in chi non ne riesce a condividere lo spirito, come la suggestiva scena dove Alucarda prova a tentare sessualmente il prete.


martedì 11 maggio 2021

Bad Luck Banging or Loony Porn


Titolo: Bad Luck Banging or Loony Porn
Regia: Radu Jude
Anno: 2021
Paese: Romania
Giudizio: 4/5

Emi, un’insegnante gira per uso privato un video ad alto tasso di erotismo che però finisce su PornHub e viene scoperto dai suoi allievi. Viene immediatamente convocata l’assemblea dei genitori che debbono dare un parere dirimente sulla sua futura presenza nella scuola.
 
Sicuramente non è un mistero che il cinema d'autore rumeno negli ultimi anni abbia dato prestigio e peculiarità alla sua filmografia. Sitaru, Mungiu, Mirica sono ad esempio tre esponenti di una certa rinascita a cui bisogna includere anche Jude, autore decisamente più eclettico e sovversivo, che con questa coraggiosa quanto esplosiva ed estremamente provocatoria pellicola si mette subito in discussione con un film complesso, ambizioso e a tratti incredibilmente weird.
La scena iniziale sicuramente sarà quella che farà più discutere dal momento che ritrae un filmino porno amatoriale senza nessuna censura. Da lì poi il film diventa un antologia, un catalogo con divisioni di capitoli, la storia che si dipana per poi prendersi alcune pause, dare una propria idea dei preconcetti in generale nel mondo con tanto di ordine alfabetico in un montaggio e una didascalia quasi documentaristica e infine ritornare sulla storia con tre finali alternativi dopo il processo all'insegnante che si pone come uno dei momenti più interessanti e di denuncia del film trattando la materia del sacro/profano, lecito/proibito, privacy ma soprattutto revenge-porn e sessismo.
Il film di Jude è un'approfondimento grottesco che pone le basi sulla desamina di una società perbenista solo in apparenza nascondendo gli scheletri nell'armadio e le piaghe di un falso moralismo incredibilmente attuale e sincero dove fanno capolino nel finale alcune delle mascherine anti Covid più imbarazzanti che si siano mai viste. L'inizio col porno amatoriale e il finale con i cazzi di gomma ad inculare una certa classe politica sembrano la vendetta di una certa generazione di registi contro tutto quello che il popolo ha sofferto a causa di dittatori che hanno sempre imposto una certa censura e dittatura.


domenica 18 aprile 2021

Necro Files


Titolo: Necro Files
Regia: Matt Jaissle
Anno: 1997
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Uno spietato serial killer/necrofilo viene ucciso da un poliziotto schizoide, mentre eseguiva atti di cannibalismo sulla sua ultima vittima. Nove mesi dopo una setta di satanisti esegue un macabro rituale, nei pressi della tomba del maniaco omicida…
 
Necro Files nel suo cercare di non prendersi mai sul serio è una piacevole sorpresa girata con due lire. Trash, violento, sadico, necrofilo, torture, cannibal, slasher, splatter, sboccato, con scene di sesso e di droga senza farsi mancare sette sataniche piene di idioti che idolatrano divinità a caso.
Insomma Jaissle che non aveva niente da perdere, avrà visto i fasti della Troma, scopiazzato qualcosina da Buttgereit e Schnaas e così si è detto: facciamo un film erotico dove inserisco uno zombie con un fallo gigante e altre stramberie dove la palma d'oro la vince il bambolotto volante che con un verso agghiacciante insegue le sue vittime per ucciderle.
Si passa dal non sense generale a momenti di ilarità e risate sguaiate per un film bifolco e stupido talmente assurdo e brutto da diventare sublime ma che dalla sua vale molto di pù di centinaia di pellicole sugli zombie viste e riviste.
Qui il tasso di idiozia è ai livelli massimi, il livello di sciatteria è ai fasti così come la demenzialità che travolge tutto il resto facendo succedere cose senza un perchè che le giustifichi. Gente muore a caso e non si capisce bene l'obbiettivo o il percorso dello zombie.
Alcuni spoiler sulla trama: a cadere vittima della sua follia omicida -seguita a stupro- sono, nell'ordine: una coppia intenta a praticare sadomaso; un'altra alloggiata in tenda dove lei non la vuole dare al suo ragazzo che scappa via; una giovane ragazza che si diletta a sodomizzare (con enorme dildo) una bambola gonfiabile. E proprio la bambola attira l'attenzione del mostro, che se ne innamora. Peccato che dal cimitero, il corpicino del feto sacrificato, vendicativo e volante, si metta alla ricerca dello zombi, raggiungendolo per poi sgonfiare, con un morso ben assestato, la bambola. E porre così fine alla romantica love story.

giovedì 17 dicembre 2020

Caleb


Titolo: Caleb
Regia: Roberto D'Antona
Anno: 2020
Paese: Italia
Giudizio: 3/5

La giornalista Rebecca è preoccupata per la scomparsa della sorella minore Elena che, cercando di emulare le sue gesta, stava svolgendo ricerche per un servizio sulla misteriosa scomparsa di alcune persone. Tre mesi dopo la sparizione di Elena, Rebecca è contattata da uno sconosciuto di nome Giordano che si rivela essere il cognato della partner di Elena, anch’essa scomparsa nella medesima occasione. Giordano indirizza Rebecca verso un paesino montano, Timere, stranamente cancellato dalle mappe. Rebecca vi si precipita ed è accolta in modo ambiguo e minaccioso dal commissario locale. Trovato alloggio nell’unica locanda del paese, Rebecca vi fa conoscenza con una coppia di turisti capitati lì per caso. Ma soprattutto Rebecca conosce il misterioso e affascinante benefattore locale, Caleb, che si mostra molto gentile e ospitale. Come Rebecca e gli altri presto scopriranno, però, Caleb ha un terribile segreto.

D'Antona & family. Una produzione curiosa ma soprattutto coraggiosa quella della L/D production company, completamente slacciata da accordi con major o grandi nomi conservando un suo percorso di crescita autoriale e indipendente.
Dopo Wicked GiftFino all'inferno e Last Heroes, CALEB rappresenta sicuramente una svolta in termini tecnici, di budget, di performance, di scene d'azione e momenti splatter.
Senza osare o dire nulla di nuovo, la trama infatti è semplice e basilare, quello che però lascia subito un marchio di maturità e consapevolezza è l'uso della mdp sempre più simile a quello che D'Antona ama, ovvero il cinema di genere americano. Si passa da una citazione all'altra, ma quello che fin da subito emerge e un uso adeguato e strategico dell'atmosfera soprattutto nel primo atto e in parte del secondo. Il terzo come da abitudine del regista ci porta nell'action più esplosivo con combattimenti e resa dei conti finale.
Più di due ore e mezza per un film che si prende i suoi tempi dilatandoli, sottolineando ogni dettaglio, dando risalto ad ogni battuta e sfruttando la galleria di amici/attori che nel corso della filmografia hanno saputo dare il loro peso soggettivo (certo chi più chi meno, passando prove convincenti ad alcune decisamente amatoriali) ma in questo difendo la scelta, quando poteva d'altra parte avvalersi di un cast più maturo, invece per fratellanza e rispetto sceglie sempre la sua squadra.
E'una dichiarazione d'amore per il cinema, passando da Stoker, creando una sorta di Caleb/Jonathan Harker invertito (elemento che ho molto apprezzato), passando per territori e sentieri che portano ad una città dimenticata e assoggettata al loro leader che come ricorda la locandiera "noi siamo in debito con Caleb" volente o nolente mi ha fatto venire in mente il cult di Carpenter con la battuta in cui Egg Shen ricorda Jack Burton, anche qui come per Harker, invertendo i poli visto che si parla del Caleb salvatore ovvero il "non morto".
Timere poi è una bella Innsmouth da scoprire, anche se ha poche location ma tutte utilizzate al meglio come il teatro, la chiesa e le vie che ancora una volta fanno onore al nostro paese e tutti i borghi sepolti dal mistero ancora da scoprire.
Il mood poi di cercare di alzare la posta in gioco come in questo caso l'elemento erotico, i bagni di sangue, le orge, i baci saffici e i nudi, non vengono usati in maniera gratuita ma sono messi al servizio della storia per dare quell'elemento in più e arrivando ad alcuni momenti in cui per la prima volta D'Antona raggiunge l'apoteosi nel suo concetto di horror. Per quanto concerne l'estetica, è un'opera in cui color correction, post produzione, sound designer, fotografia e montaggio fanno la differenza a volte in maniera troppo massiccia quasi a voler rincorrere un modello come quello di Refn giusto per fare un nome e poi un uso a mio avviso del sogno troppo abusato.
Caleb è un film di cui andare orgogliosi, un'opera matura e raffinata. Un continuum di soluzioni narrative, di cambi di rotta, di cinema di genere, osando e sfidando le avversità come in una tempesta ma uscendone con incisivi limati a dovere e tanta sete di sangue che spero continui ad accompagnare le avventure del giovane autore.



giovedì 3 dicembre 2020

Boys-Seconda stagione


Titolo: Boys-Seconda stagione
Regia: AA,VV
Anno: 2020
Paese: Usa
Stagione: 2
Episodi: 8
Giudizio: 4/5

Tutti aspettavamo con trepidazione la seconda stagione di una delle serie più originali degli ultimi anni scritta da quel folle di Garth Ennis autore di opere ambiziose come PREACHER, DISCESA ALL'INFERNO, CROSSED, HELLBLAZER, PUNISHER, DREDD, WORMWOOD.
L'altra faccia di Grant Morrison, un autore sboccato, volgare, originale, ambizioso, politicamente scorretto (se date una lettura a Wormwood vedrete cosa ha in riserbo per la Chiesa).
Siamo di nuovo alle prese con la decostruzione dei super eroi, invertendone la polarità, rendendoli cattivi, degli outsider mediatici controllati dal governo in una trappola di interessi, complotti, tradimenti e molto altro ancora.
La seconda stagione è decisamente più perfida, più politica, ambiziosa e non mi sorprende che i primi episodi siano quelli piaciuti meno. In realtà la progressione in termini di scrittura e di potenziale, rende gli otto episodi un concentrato apocalittico, una galleria di soluzioni narrative, di personaggi esemplari (standing ovation anche in questo caso per il numero one Homelander). Proprio su Patriota/Starr bisogna spendere qualche parola dalla sua ormai patologica ambiguità in cui non sappiamo mai cosa aspettarci, con un finale grandioso e una scena assolutamente fuori dall'ordinario senza spoiler quando "incontra" Stillwell, a mio avviso uno dei momenti più alti della stagione.
Composto V, la disfatta dei Boys che dopo la morte di Stillwell sono costretti a convivere forzatamente in uno scantinato con Butcher che sta progressivamente impazzendo dalla rabbia e dalla voglia di rivedere la moglie e proteggerla dal Patriota. Stormfront, la psicopatica nazista manipolatrice completamente assuefatta dai social e dalla risposta mediatica che incarna tutte le piaghe della società asservite ai meme su Internet. Starlight al confine tra chi la vuole morta e il suo dividersi tra senso del dovere e amor proprio. L'omosessualità e il coming-out forzato di Queen Maeve, i viaggi allucinogeni di Abisso e la sua lotta con A-Train per tornare nei Sette dopo essere stati cacciati. Fiaccola e il suo bisogno di redenzione.
In questa seconda stagione gli sceneggiatori ingranano la marcia rendendo tutto ancora più falso, perbenista, malizioso, una società ormai tutta basata sull'immagine, sulla pubblicità, sui follower, dove i Sette arrancano, dove l'esibizionismo è performativo curandolo all'ennesima potenza, dove consumismo e consensi diventano gli unici valori lasciando tutto il resto in una deriva transitoria e superflua. La stessa relazione tra Homelander e Stormfront sembra deragliare da tutto ciò che si potrebbe definire normale, arrivando a sprofondare in ogni perversione e sottomissione, ribaltando completamente i ruoli tra dominatrix e maschio alfa.
Pur arrivando tardi e col fiato corto alla resa dei conti ovvero la carneficina finale, i climax e i colpi di scena ridaranno enfasi tra scene splatter, torture, momenti epici, fini ingloriose tra chi viene spara flashato o chi decide di darsi fuoco, rivelando parti oscure e fragilità inattese.



martedì 15 settembre 2020

Too old to die young


Titolo: Too old to die young
Regia: Nicolas Winding Refn
Anno: 2019
Paese: Usa
Stagione: 1
Episodi: 10
Giudizio: 4/5

Un poliziotto, l'imberbe e taciturno detective Martin, si ritrova ad espiare i propri sensi di colpa dopo aver visto perire un suo collega. Decide così di diventare un giustiziere della notte decretando la vita e la morte dei delinquenti che popolano la città degli angeli. Sulla sua strada trova Jesus, narcotrafficante in ascesa, e una varietà incredibile di scarti e residui dell'umanità peggiore, quella formata da stupratori, molestatori, membri di diverse organizzazioni malavitose.

C'è qualcosa nel film lungo tredici ore definito da Refn simile in termini di narrazione e sostanza ad una recente serie tv andata in onda Zerozerozero
 di Sollima scritta da Saviano. In particolar modo la descrizione del Cartello e dei narcotrafficanti come se fossero ancora ad oggi le bestie più spietate e fuori controllo sul pianeta.
Refn e la serialità anche se come dicevo per lui rappresenta un film molto lungo. Decisamente fuori dagli schemi grazie alla collaborazione di uno scrittore che stimo da diversi anni per i suoi lavori mister Ed Brubaker asso nel ridare enfasi e spessore al noir dei comics.
La storia dei soliti anti eroi che piacciono al regista viene celebrata ed enfatizzata esplodendo in tutta la sua virulenza ancora più che in Solo Dio perdona
, il ritmo della narrazione in questo caso diventa minimale a dei livelli mai visti prima con una perizia nel cercare di portare i dialoghi ai minimi comuni termini e lasciare che le espressioni, i micro gesti dei protagonisti e i movimenti della mdp diventino i nostri punti di riferimento. Allucinato, luci al neon, colori deformati e sparati come missili nella nostra psiche, location estatiche per personaggi deviati e devianti, veri orrori post contemporanei di un mondo marcio e violento che si nasconde dietro una ricchezza squallida e superficiale. Il mood o meglio l'atmosfera dell'opera è intensa, intrisa di una morale depravata e cinica che non risparmia nessuno nemmeno i contractors che decidono di sterminare pedofili ad hoc. Tutto è marcio e squallido a partire dai poliziotti, da figli di famiglie disfunzionali, di padri che vorrebbero il controllo sul partner della propia figlia minorenne.
Ci sono sicuramente alcuni personaggi che resteranno impressi nella memoria così come alcune sequenze memorabili. Se il trono appartiene a Yaritza la misteriosa sacerdotessa della morte, la vendicatrice divina arrivata dal deserto che muoverà i suoi passi fino a diventare la vera boss.
Tutto in un crescendo criminale di supremazia totale e inarrestabile, in grado di prendere a schiaffi Janey quando sbaglia la risposta sul test della verità, per dirne una, fino a quando stermina un gruppo rivale, diventando la protettrice delle oppresse messicane messe alla mercè come prostitute e infine sodomizzando il suo uomo. Damian per altri versi pur avendo un ruolo limitante riesce ad essere un personaggio scomodo anch'esso un boss di una micro criminalità afroamericana il quale come tutti cerca di farsi strada in un sottobosco urbano criminale, malvagio e bipolare, dove tenendo per i fili il protagonista al suo soldo finisce per essere attirato in una ragnatela da cui non potrà più fuggire.
Pedofili, snuff movie, torture ai massimi livelli, Refn non si fa mancare nulla, aggiunge sotto storie e congiunge tasselli importanti di una storia tutto sommato scritta molto bene da Brubaker il quale ne approfitta per non farsi mancare davvero nulla in questa critica furibonda verso una società ormai arrivata al punto di non ritorno, spietata e sadica che gode nel masochismo e nel regalare sofferenza al prossimo.
Tanti i momenti dallo snuff movie dei fratelli Crockett, al finale tra Yaritza e le sue pratiche ai danni di Jesus, al ballo per strada della banda di Damian, all'eliminazione dei pedofili (la scena nella casa dove uccidono una coppia insospettabile è tremenda), così come tantissime scene di tortura, sopraffazione, quei pochi dialoghi tutti impostati sul controllo e sul dominio.
Refn fa centro un'altra volta con l'opera più violenta, cruda e disarmante che abbia finora avuto la possibilità di mettere in scena sublimando il suo concetto di noir al neon stilizzato e sotto steroidi.

sabato 8 agosto 2020

Ema


Titolo: Ema
Regia: Pablo Larrain
Anno: 2019
Paese: Cile
Giudizio: 4/5

Ema, giovane ballerina, decide di separarsi da Gastón dopo aver rinunciato a Polo, il figlio che avevano adottato ma che non sono stati in grado di crescere. Per le strade della città portuale di Valparaíso, la ragazza va alla ricerca disperata di storie d’amore che l’aiutino a superare il senso di colpa. Ma Ema ha anche un piano segreto per riprendersi tutto ciò che ha perduto.

Ema è un dramma famigliare, un film che si avvale della danza come via d'uscita da una realtà che sembra ormai segnata da indelebili cicatrici. Una perdita (il figlio dato in custodia ad un'altra famiglia), il marito coreografo frustrato, un centro estetico dominato da un gruppo di tigri rosa (quando sono annoiate si chiudono in casa a fare i giochi sporchi). Un film sulla libertà di espressione e della sessualità, sulle triangolazioni amorose, sulla perdita e altro ancora.
La prima parte sembra ricordare E ora parliamo di Kevin nei continui dialoghi della coppia dove si rinfacciano di tutto e dove scopriamo che il bambino ha bruciato il viso della sorella di Ema, come tanti altri gesti inconsueti e violenti legati ad una famiglia disfunzionale che non aveva i mezzi e la testa per stare dietro al bambino. Ema però comincia a ribollire, le continue scene in cui lei balla e da fuoco agli oggetti sono scanditi da un montaggio e una musica notevoli, come metafora per distoglierla da un immobilismo in cui la realtà e i servizi sociali sembrano averla collocata. Da quel limbo grazie anche alle tigri rosa, Ema capirà presto come il suo fascino riuscirà a farle avere tutto ciò di cui ha bisogno, facendosi addirittura assumere nella scuola di suo figlio per riprenderselo e creare una legame familiare giocando con tutte le parti interessate che porterà ad un finale assurdo e scandaloso ma forse Almodovar lo apprezzerebbe più di tutti.

martedì 14 luglio 2020

Mezzo forte


Titolo: Mezzo forte
Regia: Yasuomi Umetsu
Anno: 2000
Paese: Giappone
Giudizio: 4/5

Mikura Suzuki, membro di un gruppo di assassini mercenari, viene ingaggiata da un uomo misterioso per rapire Momokichi, proprietario di una squadra di baseball. Il problema è che Momokichi è un boss malavitoso e sua figlia, Momomi, è una talentuosa pistolera, nota per essere violenta e contorta più di suo padre. Mikura e la sua squadra deveno escogitare un piano per portare al termine la missione, sperando che nulla vada storto.

A Kite sapeva essere tante cose, muovendo generi e stili completamente diversi e una grafica da urlo. Umetsu ritrova le stesse qualità e abilità in questi due Oav che in parte riprendono le tematiche affrontate in precedenza (sci-fi, cyborg, AI, contractors) infarcendo lo scenario con i suoi elementi che sappiamo apprezzare di più dalle scene kitsch di sesso esplicito e gratuito, sparatorie e inseguimenti mozzafiato, quel gusto sadico per la violenza e la truculenza e infine l'ambientazione ormai di degrado assoluto e il background criminale.
Il tutto con una storia mai banale approfondita da dialoghi tagliati con l'accetta e un umorismo politicamente scorretto al massimo dove nessuno sembra salvarsi e dove l'umanità ormai è degenerata in maniera assoluta.



giovedì 16 aprile 2020

Dogs don’t wear pants


Titolo: Dogs don’t wear pants
Regia: J.-P. Valkeapää
Anno: 2019
Paese: Finlandia
Giudizio: 4/5

Juha ha perso la sua amata consorte, morta annegata in un lago. Alcuni anni più tardi, incapace di superare questa tragedia, vive ancora da solo con la figlia. Il suo incontro casuale con Mona, una dominatrice, modificherà il corso della sua esistenza.

Era da tempo che inseguivo questo film. Qualcosa nell’aria mi faceva pensare a uno dei miei film preferiti LA PIANISTA di Haneke. Perversioni, bisogno di espiare una presunta colpa, l’avvicinarsi con l’altro/a in maniera atipica e a tratti perversa, la voglia di uscire fuori dagli schemi e liberare il proprio Io.
Nella locandina vedevo questi elementi sperando che il film non si limitasse soltanto ad essere una galleria di efferatezze e perversioni. Al contrario il terzo film dell’autore finlandese (e non è facile fruire pellicole finlandesi) è un film complesso, sincero, elegante, poetico. Un film sui rapporti umani (familiari e non) sul concetto di normalità e su altri binari che fanno capo a un concetto più volte ripreso ovvero quello della diversità o della doppia vita.
Un film che parla di bondage e sadomaso mostrandolo e collocandolo sempre in una situazione che sembra spostare l’ago della bilancia su chi realmente domina che cosa. Una dominatrix che incontra il cliente che non avrebbe mai voluto, o di cui forse è sempre stata alla ricerca e uno scenario quello al di fuori del negozio di tattoo che sembra grigio come l’ospedale, la scuola o la casa in cui vivono Junha e sua figlia.
Un film marcatamente sul sociale che riesce a superare la scelta coraggiosa di affrontare un tema poco abusato nel cinema dimostrando compattezza, lucidità e una caratterizzazione ottima dei personaggi.

A Kite


Titolo: A Kite
Regia: Yasuomi Umetsu
Anno: 1998
Paese: Giappone
Giudizio: 4/5

Sawa, ragazzina all'apparenza inoffensiva e Oburi, timido cassiere di un discount hanno più di una cosa in comune: sono killer professionisti e entrambi sono orfani di genitori morti in circostanze misteriose. Assoldati da due poliziotti, i due devono uccidere chiunque "sia scomodo", da attori di soap opera a uomini corrotti. Quando Oburi si rende conto che i due poliziotti vogliono toglierlo di mezzo, Sawa decide di stare dalla sua parte pur di sfuggire al suo "lavoro" e a vendicare i suoi genitori...

In poco più di un’ora Umetsu condisce con sangue, esplosioni, sesso e budella, una storiellina distopica e sci-fi davvero niente male, un noir nero controverso e anarchico con alcune incursioni nell’universo dei cyborgs di Mamoru e molto altro ancora.
Politicamente scorretto, violento quanto basta, l’opera dell’autore si contraddistingue per un’atmosfera cupa e perversa che passa dall’azione frenetica a scene romantiche e in tutto questo un ritmo che non passa certo inosservato tratteggiando dei personaggi non semplici, intrappolati in una ragnatela di accordi e disaccordi con poliziotti corrotti e uomini di potere affamati di sesso e con rimandi a stupri e pedofilia.
A Kite sa essere tante cose, cinico, commovente con una trama che lascia subito presagire come soprattutto le macchine vengano sfruttate per interessi beceri e fine a se stessi senza mai essere presi davvero in considerazione. Davvero i rimandi sono molteplici ma la storia e la messa in scena sanno sganciarsi da quanto visto finora. Ottima la scelta del tipo d’animazione, dialoghi mai scontati e una trama che riesce a infilare al punto giusto dei colpi di scena mai banali danno al film quella marcia in più e tratteggiano poi due losers, due assassini che non possono fare altro, per tirare avanti, in una realtà sottolineata da un degrado morale devastante.

domenica 8 marzo 2020

Les Garcons sauvages


Titolo: Les Garcons sauvages
Regia: Bertrand Mandico
Anno: 2017
Paese: Francia
Giudizio: 4/5

Un gruppo di ragazzi commette un orribile crimine. Un capitano si prende carico di loro ma il rapporto diventa sempre più difficile.

«Volevo provare a fare un film marittimo, con scene di tempesta, scene ambientate in una giungla con dei ragazzi. Scene difficili da filmare nell’ambito di un cinema d’autore che non è troppo fortunato, perché a basso budget. È il tipo di riprese che si può trovare nella grande produzione americana. Ma mi piaceva molto l’idea di riuscire a farcela.»
Les garcon sauvages è un film estremo per stomaci forti e per chi è avvezzo al cinema di genere, l’exploitation, il queer portato all’estremo. Una fiaba provocatoria e costipata di simbolismi fallici.
Un film gigantesco che al tempo stesso produce sentimenti ed emozioni contrastanti, con questi ragazzi alle prese con un mondo sconosciuto in cui la Natura comincia a trasformarli letteralmente in altro, nei loro opposti sciogliendo ogni tabù e travolgendoli tra amori allucinati e prove iniziatiche.
Un film perverso, volgare, romantico, che trova un suo registro specifico, una politica d’autore che verrà condannata per l’estrema libertà e provocazione di cui il film è costellato in ogni suo frame.
Un film fuori dal tempo, magico ed erotico come non capitava da tempo di vedere sullo stesso asse due elementi di questo tipo. Un film mutaforma che mi è rimasto così impresso forse perché innovativo, sperimentale ed estraneo a schemi e tendenze di tanto cinema indipendente con cui faccio i conti quotidianamente. L’opera di Mandico che dopo svariati cortometraggi presentati ai più prestigiosi festival internazionali, esplode come un vaso di Pandora tra suggestioni, scene ipnotiche e oniriche, diventando un sogno surrealista, una prova difficile da inquadrare e comprendere del tutto dopo una sola visione.
Un film che sembra un trip andato a male che genera turbolente allucinazioni visive e sensoriali, difficilissimo da catalogare per tutti i registri e i generi utilizzati soprattutto per questo immaginario sfrenato che coglie e cita così tanti universi letterari e cinematografici che bisognerebbe studiarlo a fondo per elencarli tutti.

mercoledì 22 gennaio 2020

Dronningen


Titolo: Dronningen
Regia: May el-Toukhy
Anno: 2019
Paese: Danimarca
Giudizio: 4/5

Una donna seduce il figliastro adolescente mettendo a rischio la propria carriera e la sua famiglia. Inanellando decisioni fatali che porteranno a un epilogo che non era palesemente costruito nella sua mente.

Nel 2013 era uscito un film canadese Husband che parlava di una maestra che aveva fatto sesso con un suo alunno e sul senso di colpa che diventava un dramma quotidiano per il marito ovvero il protagonista del film. Di pellicole che trattano questa tematica il film ne è pieno ma solo l'indie e il cinema d'autore secondo me hanno tracciato bene alcune coordinate. Il dramma che gira attorno ad entrambi i film è un tema purtroppo sempre più attuale che sta rischiando di diventare quasi una norma, come se la voglia di provare a fare sesso con una donna più matura non fosse uno di quei tabù che tanti rincorrono senza per forza venir definiti perversi.
L'ape regina, la stessa regina assassina di Alice che taglia la testa lasciando prima un aroma di miele che stordisce la vittima, è lo squisito ruolo della protagonista, una bellissima e monumentale Trine Dyrholm che spacca l'obbiettivo con le sue pose e la sua presenza seducente quanto glaciale.
Una donna che salva i bambini abusati e al contempo frustrata e bisognosa di iniziare un gioco in cui è solo lei a condurre le parti verso un finale tragico ed essenziale.
Anne è un personaggio poliedrico che agisce spesso d'impulso senza dare indizi sui suoi intenti e dalla quale ci aspetteremmo più autorevolezza e sobrietà con se stessa. Invece sente che la sua famiglia da favola, le case da sogno e la sua ricchezza sta lentamente invecchiando come il suo corpo e un gioco fatto di seduzioni e di lecito e proibito sembra ringiovanirla di colpo sapendo però bene che Gustav ha un passato complesso e difficile.
Stepmom e manipolazione. La manipolazione con cui conducono il gioco i carnefici e i pedofili e la manipolazione con cui Anne conduce il gioco con il figliastro in un gioco delle parti dove ognuno nasconde e perdona qualcosa all'altro, dai furti nella casa, al pc nuovo dopo aver fatto sesso per la prima volta, tutto in un crescendo che senza diventare mai troppo esagerato, riesce a mostrare la noia che affligge un certo tipo di borghesia.
La verità ci dice il film non è protetta, quando è enunciata da un adolescente, e questo chi può saperlo meglio di Anne che quotidianamente affronta queste tragedie, mentre la bugia pronunciata da un adulto, se manipola l’informazione, se serve per proteggere la propria famiglia, gli ideali e la propria identità, non conosce ostacoli arrivando a distruggere il problema alla base e comportando così delle conseguenze inaspettate come rivela il climax finale.



Città delle bestie incantatrici


Titolo: Città delle bestie incantatrici
Regia: Yoshiaki Kawajiri
Anno: 1989
Paese: Giappone
Giudizio: 4/5

Da mille anni la razza umana e quelle dei mostri del lato Oscuro, combattono una guerra segreta ma fortunatamente alcuni soggetti definiti "illuminati" sono riusciti a stipulare un trattato di pace, tuttavia il trattato in questione sta per scadere ed una nuova guerra è alle porte...

Kawajiri di cui ho recensito tutte le opere è un regista straordinario, un precursore e un innovatore che ha saputo dare enfasi e prestigio all'animazione passando da un genere all'altro senza troppi problemi, regalando perle rare, cult di tutto rispetto che ancora oggi rimangono pietre miliari.
Noir, horror, fantasy, poliziesco, hard boiled, grottesco, erotico, thriller. Ci sono così tanti generi e sotto generi nelle sue opere che servono a dare sostanza, atmosfera, in un viaggio oscuro e decadente nei meandri della civiltà popolata da creature inquietanti e mostri sotto fattezze umane.
Ricco di azione e avventura, il film sbaraglia ogni tabù mostrando violenza a profusione con arti squartati e sangue in grosse quantità e scene erotiche fortemente esplicite.
La fotografia, i colori della notte, pervadono l'opera dandole sempre un equilibrio perfetto tra l'atmosfera opprimente che si respira, i continui colpi di scena e combattimenti, gli inseguimenti, i sacrifici e infine poi un'animazione tetra più che convincente.
Uno dei più bei film d'animazione horror per adulti che a trent'anni di distanza non fa una piega rimanendo spettacolare e incisivo sotto tutti i punti di vista.



venerdì 10 gennaio 2020

Knives and Skin


Titolo: Knives and Skin
Regia: Jennifer Reeder
Anno: 2018
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

La storia della scomparsa di una ragazza e le conseguenze che ne derivano.

C'è tanto e nulla dentro il secondo film della Reeder che ha mandato in delirio svariati festival. 
Un po del Mendes di American Beauty e poi Kelly che incontra Refn.
Un film minimale, un coming of age con una tecnica che rasenta un livello di perfezione estetica in particolare per quanto concerne le luci e alcuni dettaglia della mdp. Peccato che lo stesso non si evinca da una storia tutto sommato interessante ma che sembra sciogliersi mano a mano che il film procede annullando i colpi di scena. Un film affascinante, lento, morboso, sessuale, anarchico.
Il ritratto di questa piccola città americana suggerisce che di fatto abbiano preso il sopravvento le famiglie disfunzionali e i figli fanno come possono per imparare da se o facendo le esperienze più disparate ed eccentriche. Presentato come un horror, il film è un dramma interiore di una generazione, un film corale che si prende tutti i suoi tempi fregandosene del pubblico ma disquisendo di ciò che più gli piace fare. Sicuramente qualche strizzatina d'occhio ad Araki e Clark per quel bisogno di mostrare la distruzione di ogni tabù, mostrando cose che i ragazzi fanno che gli adulti nemmeno immaginano, come ad esempio vendere la biancheria intima sporca della propria madre ad un professore in cambio di soldi, oppure per due ragazze che scoprono di amarsi, passano il tempo in bagno a scambiarsi regali una all'altra togliendoseli dalla figa.
Ad un tratto sembra che tutto il film cerchi in assoluto di disturbare e ammaliare lo spettatore.
Il risultato è interessante almeno per diverse scene e svolgimenti abbastanza originali, ma il film è tutto così, una galleria di immagini senza una storia solida alla base.

martedì 7 gennaio 2020

Vampyres (2015)


Titolo: Vampyres (2015)
Regia: Victor Matellano
Anno: 2015
Paese: Spagna
Giudizio: 3/5

Due vampire molto affascinanti seducono dei turisti in una villa nella campagna inglese, costringendoli ad orge di sesso e sangue. Ma l'arrivo di tre giovani turisti scombussolerà la routine delle vampire e una di loro si innamorerà di un visitatore.

Quanto sesso, quante scene di nudo e saffiche in questo cruento horror che dona di nuovo il prestigio alle creature della notte. Non siamo di certo di fronte ad un capolavoro e il film più volte deraglia sull'autocompiacimento e un esercizio di stile nel mettere in scena due vampire davvero sexy. Ringraziando ora e per sempre la Midnight Factory di portarci film che senza ombra di dubbio sarebbero finiti nel dimenticatoio, Vampyres altro non è che un remake di un vecchio cult del 1974, OSSESSIONE CARNALE (in originale proprio Vampyres) dello spagnolo José Ramón Larraz.
Il film di fatto non ha una trama così squisitamente conturbante. E'una piccola macelleria la villa in cui vivono e godono dal mattino alla sera per non annoiarsi le due protagoniste, aspettando che qualcuno arrivi a bussare alla porta, qualcuno con cui divertirsi, una vittima sacrificale.
Matellano dispone di un budget risicato ma nonostante tutto concentra tutta la vicenda sulle torture, sui macabri rituali delle due donne, sul cercare di conoscere l'ospite senza farlo finire subito troppo male. Un film che nei suoi difetti di forma e tecnica concentra, e fa bene, tutto sulle scene di sesso e sangue, le quali oltre ad essere girate molto bene, risultano anche in termini di recitazione le più convincenti e per finire un climax finale che richiama i perversi rituali della contessa sanguinaria, Erzsébet Báthory. E poi bisogna riconoscere al regista che nonostante la trama che sembra più uno spunto per farsi i fatti suoi nella villa, tra orgie di eros e sangue, il regista di fatto rievoca tutto un immaginario legato alle pellicole del terrore spagnole di quegli anni (e ne uscirono davvero molte) basti pensare a Jesus Franco che Matellano avendolo già trattato, non smette di citare e provare a fare quasi una comparazione tra i due modi di fare cinema e di saper trattare le sanguinolente avventure delle sue vampire come d'altronde avevano fatto i suoi colleghi a quei tempi.

giovedì 26 dicembre 2019

Untamed-Regiòn salvaje


Titolo: Untamed-Regiòn salvaje
Regia: Amat Escalante
Anno: 2016
Paese: Messico
Giudizio: 3/5

Guanajuato, Messico. L’incontro con la misteriosa Véronica ha ripercussioni inaspettate sulla vita dei fratelli Fabián e Alejandra, ed in particolare su quest’ultima, intrappolata in un matrimonio difficile e soffocata dal machismo ipocrita del marito Angél.

Regiòn salvaje ha almeno due scene indimenticabili. Tutte e due riguardano il sesso, tutte e due sono collegate tra loro, liberando i sensi e lasciandosi andare ad amplessi o altro.
In una vediamo tante specie diverse di animali in un unico luogo "magico", un angolo del mondo dove il selvaggio domina sul civilizzato, fare sesso senza problemi, di quale altro animale stia loro accanto (magari un predatore..). La seconda scena verso il finale, anche se viene già preannunciato all'inizio del film, l'amplesso tra Alejandra e la Cosa, una sorta di ibrido tentacolare sci-fi metafisico con tanto di tentacoli che si diramano in ogni dove che riaccende pulsioni antiche e primordiali.
Il film di Escalante è molto lento, ha una trama che poteva aggiungere molto di più in termini di scrittura, colpi di scena, fatti e avvenimenti che vengono presi in esame in maniera piuttosto mediocre senza andare oltre se non nel voler essere presuntuoso e provocatorio.
Una storia malsana dove alcuni messaggi di portata fantascientifica, per fortuna solo accennati, danno risalto a quella lotta tra eros e thanatos per tutta la durata del film, denunciando come dramma sociale l'ipocrisia dell'eterosessualità e in un qualche modo mostrata nella sua fragilità e debolezza.
Le donne sono le vere protagoniste alla ricerca di profondità oscure del piacere femminile che i maschi "alfa" non riescono a dar loro, dove subiscono passivamente il sesso e l'infedeltà del marito o il disinteresse del compagno e in cui ogni divergenza dal rigido canone sociale viene nascosto con vergogna, costrette così a rifarsi su una creatura aliena dalle sembianze multi-falliche, cui è attribuito il duplice compito freudiano di seminare piacere erotico e allo stesso tempo la distruzione mortale. Un film che più dei due incidenti e fati di cronaca successi in quegli anni in Messico che il film ricalca, sembra concentrarsi maggiormente sugli istinti, spesso frustrati, abbandonati, assopiti e dimenticati.
Quando si viene incontro con questa creatura, entrambi i sessi danno inizio ad un effetto domino inarrestabile in cui entrandone in contatto, in tutti i sensi, si diventa immediatamente succubi e vogliosi di ritornarci.