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mercoledì 22 gennaio 2020

Nightingale


Titolo: Nightingale
Regia: Jennifer Kent
Anno: 2018
Paese: Australia
Giudizio: 4/5

Tasmania, 1820. Clare, giovane donna irlandese, sta scontando da tre anni una pena al servizio del tenente Hawkins, aguzzino dalla faccia d'angelo che adora sentirla cantare. In attesa della promozione a capitano, Hawkins abusa di lei e una notte per capriccio le toglie tutto: dignità, marito, bambina. Data per morta, Clare risorge dalle sue ceneri e decide di prendersi la sua vendetta. A cavallo e al fianco di Billy, aborigeno tasmaniano cacciato dalle sue terre, si mette sulle tracce di Hawkins. Il viaggio sarò lungo, i pericoli enormi, la speranza un lumicino.

«Volevo raccontare una storia di violenza. In particolare le conseguenze della violenza da una prospettiva femminile.»
Nightingale è un film affascinante e poetico quanto straziante come Kent credo non smetterà mai di deliziarci. Un'epopea amara, un viaggio dell'eroina, un revenge movie, un road trip spirituale, un western degli antipodi, una ricerca di se stessi, il tutto ambientato in un periodo storico così cupo e brutale dove la violenza sembra il pane quotidiano con cui vengono gestiti gli affari.
Una Tasmania del 1825 popolata da bifolchi, ufficiali corrotti, dominato da una società violenta, prevaricatrice, maschilista, opportunista, omofoba, razzista e misogina, una sorta di galera a cielo aperto dove vengono spediti tutti coloro che non possono più stare nella società e dove ovviamente gli indigeni sono le vittime sacrificali preferite su cui sfogare le proprie frustrazioni come lo erano i canguri nel capolavoro di Ted Kotcheff .
La trama è un pretesto per rinforzare uno stile tecnico che con il precedente Babadook conferma uno dei maggiori talenti del cinema di genere contemporaneo dal punto di vista estetico. La Kent mostra una protagonista così diversa dalla precedente, una final girl che lotta contro un cancro incurabile, quello umano che spaventa molto di più di un mostro in un libro che aspetta di diventare "mansueto".
Il film si concentra molto sul corpo ancora una volta, quello femminile costretto ad essere visto come una spugna, per un diritto legittimo che una certa parte di aristocrazia ha ritenuto doveroso puntualizzare. Da qui l'importante e radicale scontro e incontro del mentore, del radicale abisso che sembra esserci tra due culture diverse ma in realtà così simili e messe alla gogna.
Una partnership che più si fa strada, più rivela i paradossi di quel periodo, le diffidenze, i pregiudizi reciproci, che al tempo stesso si rendono sempre più conto di essere soli e di aver perso tutti i legami creando qualcosa di speciale e magico che gli indirizzerà per la vendetta finale.