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lunedì 29 ottobre 2012

Belve



Titolo: Belve
Regia: Oliver Stone
Anno: 2012
Paese: Usa
Giudizio: 2/5

Due imprenditori di Laguna Beach, Ben, pacifico e caritatevole buddista, e il suo migliore amico Chon, ex Navy Seal ed ex mercenario, conducono una lucrativa attività fatta in casa, producendo la migliore marijuana mai coltivata prima d'ora. Condividono inoltre un amore unico nel suo genere per la bellissima Ophelia. La vita è idilliaca nella loro cittadina nel sud della California, almeno fino a quando il cartello dei trafficanti della Mexican Baja decide di irrompere nei loro piani imponendosi come socio. Quando Elena, lo spietato capo del cartello, e Lado, il suo scagnozzo, sottovalutano l'infrangibile legame che tiene uniti i tre amici, Ben e Chon, attraverso l'ambiguo aiuto di un viscido agente della DEA, scatenano una battaglia, a prima vista già persa, contro il cartello. Così hanno inizio una serie di piani e manovre ad alto rischio.

La cosa più sorprendente dell’ultimo film di Stone è che non sembra affatto un film del noto autore che in passato aveva regalato dei bei film al pari con le denuncie su pesanti questioni attuali di quel tempo.
Le Belve è quanto di più banale ci si potesse aspettare in questo momento, un film spiacevole per la leggerezza con cui tratta alcune importanti e attuali tematiche concernenti cartelli della droga, corruzione e via dicendo.
Al di là del cast pompato ma decisamente in forma, quello che manca veramente, tale da renderlo un qualsiasi film d’azione, è una critica e un equilibrio nell’organizzare la storia.
E’un film costellato di assurdi:
1-i due machi sembrano dei piccoli Jung che non sembrano aver nessun problema a gestire un traffico di erba internazionale
2-la storia del menage a tre sembra la trama di una commedia adolescenziale
3-il fatto di vedere sempre i due machi scontrarsi e avere quasi la meglio con uno dei cartelli della droga messicana più feroci risulta quanto di più arrogante possibile e ritaglia l’idea della vendetta fai da te.

Sono troppi i buchi e le cadute di stile all’interno della pellicola. Per quanto Stone abbia cercato di inserire una serie di accessori utili alla forma come vari elementi pulp, montaggi violenti, frame che sembrano anche citare gli snuff, una fotografia iperrealista e piena di colori, il tutto non basta a soddisfare il palato di uno spettatore sazio di questi pretesti.
E’doloroso vedere sprecata una possibilità che avrebbe potuto risultare più efficace e meno irreale.
Tante cose si sarebbero potute risparmiare cercando di analizzare meglio quel certo tipo di microcosmo.
Del romanzo di Don Winslow non rimane che il titolo è un imbarazzante storia d’amore senza contare un finale davvero penoso.