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lunedì 11 febbraio 2019

Isola dei cani


Titolo: Isola dei cani
Regia: Wes Anderson
Anno: 2018
Paese: Usa
Giudizio: 4/5

Giappone, 2037. Il dodicenne Atari Kobayashi va alla ricerca del suo amato cane dopo che, per un decreto esecutivo a causa di un'influenza canina, tutti i cani di Megasaki City vengono mandati in esilio in una vasta discarica chiamata Trash Island. Atari parte da solo nel suo Junior-Turbo Prop e vola attraverso il fiume alla ricerca del suo cane da guardia, Spots. Lì, con l'aiuto di un branco di nuovi amici a quattro zampe, inizia un percorso finalizzato alla loro liberazione.

Ormai Anderson, nel bene, c'è lo siamo persi su lidi ormai molto distanti dalla normalità di partorire il cinema, creando sempre di più, un suo universo e un suo codice molto elementare seppur complesso di fare cinema.
L'isola dei cani potrebbe essere uno dei cardini finali in questa sua nobile e importante ricerca di migliorare, destrutturare e cambiare sistemi, linguaggi e tecniche visive.
Anderson, dal canto suo, è sempre più avvezzo ad un cambiamento e una rigorosità nella messa in scena che ormai e inutile stare ad elencare, la sua filmografia è chiara, riuscendo in questo film almeno, chissà se volutamente, a raccontare una delle più belle metafore che si stanno manifestando nella nostra società dove di fatto, che siano migranti, stranieri, persone etnicamente o religiosamente diverse, il punto è chiaro è la formula migliore da parte di qualsiasi governo è sempre la stessa: quella di respingere.
Perchè l'isola dei cani in fondo respinge in qualche modo la solita struttura classica di far convergere la storia o di narrarla attraverso i soliti stilemi o topoi narrativi ricorrenti.
Qui l'essenziale spesso diventa profetico per cercare di mostrare quella rigidità di sicuro molto orientale, di come parte di questo respingimento culturale diventa il motore centrale per far avvicinare due mondi, due realtà, che sembrano cercare di ritrovarsi per dialogare per la prima volta senza paure.
L'altra metafora importante e su cui Anderson da sempre impronta e impermea il suo cinema è quello della scoperta e dell’accettazione dell’identità del singolo all’interno di un gruppo sociale, elemento che come il precedente riesce a sintetizzarsi ancora meglio nella terra del Sol Levante.