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domenica 2 marzo 2014

Grand Piano

Titolo: Grand Piano
Regia: Eugenio Mira
Anno: 2013
Paese: Spagna
Festival: TFF 31°
Giudizio: 3/5

Tom Selznick torna sulle scene dopo 5 anni di assenza. La più grande promessa della musica classica è stato a lungo lontano dai palchi a causa di una clamorosa figuraccia durante l'esecuzione di un brano particolarmente difficile, La cinquette, composta dal suo mentore e maestro, ora deceduto. Per il ritorno di Selznick è stato organizzato un concerto-evento durante il quale il pianista scopre di essere sotto tiro da parte di un cecchino che ha una lunga serie di buone motivazioni per costringerlo tramite la paura della morte ad eseguire alla perfezione un fuori-programma: La cinquette, proprio il brano che non era riuscito mai ad eseguire alla perfezione e dal cui fallimento sembrava non potersi riprendere più.

Grand Piano è il thriller spagnolo che senza alcuni grossolani errori di script, poteva arrivare davvero ad un ottimo risultato.
Proprio a causa di alcune "facilonerie", il film sbaglia nota, cadendo nella normalità a cui sono destinati molti film che non hanno saputo dare quella spinta finale in più.
A volte capita che alcuni new filmakers, abbiano degli innegabili punti di riferimento nella loro idea di cinema o politica.
Nel caso di Mira, come di Park Chan-Wook solo per citarne un altro, è il maestro del brivido.
Ora che uno citi dichiaratamente alcuni suoi film (PAURA IN PALCOSCENICO, L'UOMO CHE SAPEVA TROPPO) oppure rimandi ad altre atmosfere di cinema (IL FANTASMA DEL PALCOSCENICO) non è per forza un problema e infatti il film procede bene nell'impianto di semina senza lesinare troppo sul mistero e la suspance, che il regista, nell'arco di quasi tutto il suo film, riesce a spalmare bene su tutto il palco dell'azione.
Mira ha definito il film una vera e propria sfida.
Descrive la sceneggiatura come un “pezzo quasi impossibile da eseguire, così pieno di elementi da mettere insieme in perfetta sincronia”.
Il film ha sicuramente dei meriti innegabili.
Il reparto tecnico, il cast, l'ottimo lavoro di montaggio, che nell'atto centrale consolida tutte le parti più belle del film, arrivando ad un climax davvero forte, per poi perdersi dietro inutili congetture. Proprio a livello tecnico Mira sembra prendersi il lusso di spendere tanto e purtroppo anche qui, di non saper dosare quanto di buono ha ottenuto dalla produzione. Alcuni pianisequenza e altri movimenti di macchina, con cui l'operatore sembra volare da una parte all'altra del teatro, sembrano ad un certo punto della storia davvero esagerati, in più con split screen in momenti cruciali che danneggiano la suspance del film.
L'estro migliore del regista emerge proprio come dicevo in un bel climax affiatato che intrappola il protagonista in una gabbia di ferro che è il palco, con un pianoforte inquietante per quanto sia unico e portatore di un "terribile" segreto che non conosceremo mai.
Grand Piano, per essere un thriller, dosa bene gli elementi riuscendo in più punti a sapersi misurare con altri film autoriali. In altri momenti invece dimostra la fretta di concludere, di sottovalutare il giudizio dello spettatore e più di tutto arriva ad un punto in cui la differenza con il cinema orientale è proprio lì dove uno alla fine dice troppo mentre l'altro no.
Mira è forse uno di quegli allievi primi della classe che spero riuscirà a ottimizzare alcuni aspetti di un talento che indubbiamente c'è, ma che rischia di voler, proprio perchè tenta di stupire troppo, di ritrovarsi a cercare una molteplicità di stili a tutti i costi senza sposarne mai uno definitivo.
Mentre Wood continua a scegliere ruoli da ousider e credere nell'indie (MANIAC,WILFRED), Cusack conferma le sue innegabili doti di grande attore anche in questo caso nel ruolo di villain come nel bel PAPERBOY.