Titolo: Sauvage
Regia: Camilla Vidal-Naquet
Anno: 2018
Paese: Francia
Giudizio: 4/5
Léo ha ventidue anni, batte sulla
strada e non fa segreto dei suoi tesori coi clienti: bocca, lingua,
muscoli, sesso, culo. Più corpo che persona, lo vende senza
risparmiarsi, così come ama, senza ritorno. Gli uomini sfilano, lui
resta là, aspettando l'amore. Perché Léo è un romantico,
innamorato senza speranza di un altro ragazzo che risponde alla sua
ossessione a colpi di baci e pugni. Tra le umiliazioni e le carezze,
tra un cliente e una visita medica, Léo è affetto da tubercolosi,
incontra un angelo borghese che gli offre l'America. Ma lui declina e
corre via.
Era forse dai tempi di MYSTERIOUS SKIN
che un film con tematiche queer non mi colpiva così profondamente e
mettiamoci dentro anche alcune affascinanti scene lesbo di As
boas maneiras
e la pedofilia di Desdè
Allà.
Un film incredibile, molto
stratificato, ricco di situazioni grottesche e curiose, un film
selvaggio come la natura del protagonista qui in una performance
totale nell'offrirsi e il brutale abuso che il suo corpo subisce da
tutti gli strati sociali con cui entra in contatto.
Leò è un ingenuo, non nasconde la sua
natura, ma anzi pur senza esaltarla, la accetta senza farsi tante
domande come risponde alla dottoressa che vorrebbe sapere qualcosa di
più della sua storia.
Il corpo di Lèo lo mette a
disposizione di tutti, preferendo un abbraccio e un sorriso ad un
conflitto o momenti di rabbia, cercando di scansare i pericoli e la
violenza della strada tra sadici e malati che captano immediatamente
la sua innocenza.
Il film ha una profonda metafora
disperata e attuale, risultato di anni di inchiesta nel mondo della
prostituzione maschile. Parla di chi come Lèo non pensa alle
conseguenze esplorando ed essendo esplorato senza preoccuparsi delle
malattie e dei pericoli, ingoiando tutto quello che trova senza fare
distinzioni in una ricerca spasmodica del piacere senza mezzi
termini.
Dall'inferno al paradiso. La regista
non fa nessuno sconto, il risultato vince una sfida almeno per quanto
concerne la realisticità delle scene e delle circostanze in cui Lèo
viene catapultato.
Dalla piazza con i suoi "colleghi"
di lavoro, dove non tutti come lui sono "froci" cercando un
piccolo riscatto, magari trovando l'anziano che gli mantiene per
tutta la vita.
Nel viale della miseria passano tutti,
dai macellai, agli sprovveduti con cui Lèo sempre molto curioso e
affascinato dal genere umano intrattiene rapporti, scene di sesso a
tre girate benissimo con una ferocia in alcune scene e quel senso di
libertà che lascia sempre paralizzati e scioccati, portando il ritmo
del film da un eccesso all'altro, da una situazione di calma ad una
di rabbia e mortificazione (la discoteca o il covo di tossici dove
tutti vanno a farsi).
Non saprei cos'altro dire di un film
meraviglioso che ti catapulta in una Francia sempre più abbandonata
a se stessa, dove la gente è sola e cerca di trovare riparo alla
disperazione anche solo con una carezza o facendosi "inculare".
La scena dei due arabi che sodomizzano
il protagonista è di una potenza e di una crudeltà che non vedevo
dai tempi di Doom
Generation con la famosa
scena finale censurata della madonnina.