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martedì 25 marzo 2014

Nymphomaniac-Volume I

Titolo: Nymphomaniac-Volume I
Regia: Lars Von Trier
Anno: 2013
Paese: Danimarca
Giudizio: 5/5

L'anziano Seligman, uscito per fare la spesa in una giornata nevosa, trova a terra il corpo insanguinato di una donna, Joe. La porta nel suo appartamento e la soccorre. Qui Joe gli rivela di essere una ninfomane. Se vuole può raccontargli la sua vita ma sarà una lunga narrazione che prende le mosse dai libri di anatomia del padre medico per poi passare alle competizioni con una coetanea a chi ha più rapporti nel corso di un viaggio in treno. Ma è solo l'inizio.

Nymphomaniac è un film liberatorio, l'escatologia sulla sessualità.
Nymphomaniac è il film prima di tutto per i benpensanti e per i giudaico-cristiani.
Nymphomaniac è un'analisi sull'amore, sul sesso, sul senso di colpa e infine sulla vendetta.
Trier è da stimare per il suo coraggio, questo và detto.E' uno dei massimi provocatori del cinema contemporaneo, uno che si interroga, affascinato dalle questioni esistenziali e dai dilemmi morali, tali da inscenarli in un processo di analisi e auto-analisi di quasi quattro ore.
Tutto quello che è stato pubblicizzato in fondo non è.
Il racconto è un diario di vita morale e immorale in cui si costruisce e si distrugge, si ascolta e ci si racconta,"Cosa preferisci? Seguire il filo del mio racconto per come lo faccio o smettere perchè non ti sembra plausibile?"
L'elemento spaventoso non è affatto la durata del film, che anzi si profila lucido e spietato nella sua critica e nella sua rigida scansione in capitoli, ma la quantità incredibile di temi e citazioni con cui il film è costellato in modo sorprendente.
Partendo da un lavoro sul sonoro sopraffino, in un buio pre e post-film di quasi un minuto, Trier parte gocciolando e lasciandoci in un limbo temporale e geografico, ben inquadrato da un buco nero che si profila insieme alla canzone dei Rammstein che dà l'inizio alle danze.
"La storia che racconterò è morale"è inizia così il viaggio a ritroso in un flash-back assurdamente costruito bene, senza mai apparire lezioso, ma anzi un approfondito punto di vista, assolutamente intellettuale e colto.
Partendo dalla metafora del pescatore tra Ninfo e Ninfomania, essendo una Ninfa,come ammette Joe, era imperativo dovermi sbarazzare della mia verginità, nel più breve tempo possibile.
"Quando Jerome mi entrò dentro per ben 3 volte" scandito addirittura dai numeri "poi mi ha girata e per ben 5 volte nel culo"= 3+5 addirittura l'addizione che collega a Fibonacci.
"Quando hai provato di tutto, una drammatica provocazione può fare abboccare il più passivo dei pesci..."fondamentalmente il cammino di formazione di Joe è coadiuvato da una B. che le fa da mentore, portandola a gare in treno angoscianti nel loro desiderio di addescare a tutti i costi. "Allora il sesso orale, diventa la tua arma finale."

Il cinema come molte opere, possono servire per molteplici scopi.
Uno di questi ad esempio è quello di fare una critica sulla libertà d'espressione.
Ad esempio al '35 la battuta esce fuori dalla bocca del suo ebreo ateo, "Siamo sempre stati antisionisti, che non è la stessa cosa dell'essere antisemita, come vogliono far credere certe forze politiche" e con questo il regista riporta la questione sul passaggio "Persona non Grata".
Alcuni dialoghi, come quello sulla pedofilia, rischiano di essere fraintesi e potranno lasciare a bocca aperta per il significato nascosto in quelle due frasi sconcertanti.
Sicuramente una certa parte di benpensanti e di istituzioni religiose, condanneranno il film a spada tratta, senza leggerne il valore e i simboli, magari limitandosi al titolo del film o alla locandina, oppure alle frettolose conclusioni come ha fatto ad esempio Liberation, dandogli una stellina su cinque.
Il club della "Piccola Congrega" dove si prega "Mea Vulva, Mea Maxima Vulva" per combattere l'amore e la società istituita sull'amore e solo una delle tante varianti metaforiche di un processo che ha portato alla conoscenza dell'eros e di come non frenare le pulsioni.
"Ogni 100 crimini commessi in nome dell'amore, uno solo è commesso in nome del sesso".
Un teorema quasi perfetto a cui do il massimo dei voti, per il coraggio e il bisogno di liberare e di liberarsi, svuotandosi e senza reprimere nessuno bisogno.
La famiglia non viene solo massacrata, peggio, e con questo non dico altro, se non che è tutto in mano alla Thurman, donna tradita e abbandonata, il suo lungo monologo è quasi commovente.
Sugli attori sarò breve. La Thurman riesce nel ruolo più difficile e più bello di tutta la sua carriera. Slater si supera come padre/medico morente che scatenerà la furia sessuale di lei.
Kier e Dafoe comparsano. Gainsbourg e La Beouf si divertono e la palma và al perfetto Skargard.
L'anziano scapolo Seligman è perfetto come ebreo colto, perchè inizialmente ascolta, soffre, forse si strugge, lei è sorpresa poichè lui non si ecciti durante il racconto. Sembra stuatuario nel suo sapere classico e secolarizzato, a dispetto di una post-contemporaneità che non sembra nemmeno sfiorarlo, ma che dovrà comunque confrontarsi con la repressione dell'istinto fisico, a dispetto di quello intellettuale e della ragione che non sembra appagarlo fino in fondo.
Anche i tempi sono scanditi in modo volutamente disordinato (la stessa Joe mentre racconta dice che farà dei salti per anticipare alcuni passaggi) trovando nella scansione temporale una matematica perfetta (la 1°volta in cui lei perde l'amore casca esattamente dopo '60)
Trier è tenace, ossessivo, non sceglie il porno ma sceglie la sessualità esplicita (il dato impressionante è che forse a parte un pompino e qualche frustata, la violenza anche quella scelta dai protagonisti per riscattarsi, non è mai gratuita e Trier questo lo sa bene, basta pensare alla logica che sta dietro i colpi con la frusta)
Dove e cosa inquadrare in quel preciso attimo, in cui un bambino esce dalle gambe sorridendo e ci viene detto che è un presagio satanico. "Il figlio sorridente" come nel Doctor Faust di Thomas Mann, descrive la nascita del figlio di Noah, Hiam, che rideva mentre veniva messa al mondo.
Non credo che capiti spesso che un regista apra una casa di produzione per realizzare porno 'di qualità' e convoca così studiose della sessualità per elaborare un "dogma" su ciò che potesse essere mostrato esplicitamente in un film, senza però che le donne si sentissero umiliate.
Un misogino non credo che avrebbe una tale peculiarità nel scegliere il modo più equilibrato per inscenare qualcosa di assolutamente anarchico, cinico, libero dagli schemi, visionario e filosofico dalla A alla Z, in cui lo stesso occhio della locandina girandolo diventa una vulva.
Una delle frasi più belle l'ha detta il critico Xan Brooks del Guardian:"Mi infastidisce, mi disgusta, e penso che potrei amarlo. È come una relazione violenta. Ho bisogno di vederlo di nuovo”
L'autoanalisi funziona.