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giovedì 9 giugno 2011

Si può fare


Titolo: Si può fare
Regia: Giulio Manfredonia
Anno: 2008
Paese: Italia
Giudizio: 2/5

Nello, un imprenditore milanese che ha perso la propria posizione, si ritrova a dirigere una cooperativa di ex pazienti di ospedali psichiatrici, dopo l'entrata in vigore della legge Basaglia. Credendo fortemente nella dignità del lavoro, Nello spinge ogni socio della cooperativa a imparare un mestiere per sottrarsi alle elemosine dell'assistenza, inventando per ciascuno un ruolo incredibilmente adatto alle sue capacità ma finendo per scontrarsi con inevitabili quanto umanissime e tragicomiche contraddizioni.

Ogni tanto capita, ma i casi sono sempre più rari, di avvicinarsi a tematiche sociali senza diventare a tutti i costi stucchevoli e retorici oppure inverosimilmente moralisti come sempre più spesso capita nel nostro paese e quindi ricade anche sul nostro cinema.
Nel caso di Manfredonia, regista altalenante che non ha mai detto e fatto nulla da menzionare a parte forse QUALUNQUEMENTE che non è un film riuscito del tutto, e del cast in particolare Bisio,Manfredonia riesce nell’operazione portando a casa un film che forse andava fatto qualche annetto fa e che disegna in maniera abbastanza fedele le storie di vita legate ai contesti di alcuni utenti con l’entrata in vigore della sacrosanta Legge Basaglia.
Credere nel sociale non è facile, lavorare a stretto contatto con gli psichiatrici e mantenere un giusto equilibrio psico-fisico non è facile, trovarsi a dover assistere ad un tso non è cosa di tutti i giorni, essere cargiver a 360° di una comunità o di qualunque altra residenza si tratti non è affatto facile e questo Nello lo manifesta molto bene con il suo personaggio(il migliore come interpretazione e caratterizzazione), la sua tenacia contrapposta ad un’umiltà e dei limiti che sono di ognuno di noi e che alle volte è importante mostrare per poter fare i conti con se stessi e dare un contributo umano maggiore.
Però Nello a quella capacità di mettersi in gioco e di “lasciare il segno”caratteristica sempre più difficile cercando di fare in modo che proprio la costanza e la continuità diventino alcuni degli aspetti salienti per un educatore edello spirito di equipe di questi centri e poi più avanti delle cooperative e la capacità anche in quel caso di saper mediare nel modo più consapevole con i pazienti oppure le borse lavoro e via dicendo.
Nel film ci sono delle cose che non funzionano, ad esempio ho trovato davvero fuori parte quasi tutti i membri del cast giovanile a partire dalla Caprioli, Bosca(davvero inguardabile),Calcagno e così via insomma tutti i pazienti recitano da cani così uno si chiede se una cosa del genere possa essere possibile contando che sbagliare un elemento del genere in un film come questo è come darsi una mazzata sui coglioni.
E’ infatti in alcuni momenti entrano in campo i sentimenti ma quelli ingenui in parte raccontati e mostrati come solo noi italiani sappiamo fare ovvero in modo troppo sdolcinato e retorico.
Ora un argomento tanto delicato va trattato con le pinze contando che nel nostro caso ha una storia molto interessante e drammatica.
Da parte mia infatti la critica permane su alcuni aspetti poco convincenti e quasi solo di aspetto tecnico come appunto la direzione degli attori.
Mi aspettavo di più su questo contesto mentre invece sono soddisfatto del soggetto di Bonifacci anche autore della sceneggiatura e dell’idea di collegarsi alla vicenda della Cooperativa Sociale Noncello.