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giovedì 26 dicembre 2019

Terror train


Titolo: Terror train
Regia: Roger Spottiswoode
Anno: 1980
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Un gruppo di studenti organizza un party, durante il quale i nuovi iscritti al college dovranno pagare lo scotto della loro iniziazione. A farne le spese è un ragazzo fragile e timido, che diviene vittima di uno scherzo orribile. Qualche anno dopo, la stessa vivace comitiva noleggia un treno speciale, a bordo del quale viene organizzata una festa in maschera. Per rendere ancora più movimentata la serata è stato ingaggiato un mago con la sua assistente e entrambi dimostrano abilità strabilianti. Tutto sembra procedere per il meglio fino a quando un misterioso assassino inizia a seminare il panico tra le cuccette…

Slasher d'annata tutto ambientato all'interno di un treno con qualche maschera interessante, una strizzatina d'occhio alla magia, tanta voglia di sesso e una final girl che sconfiggerà l'antagonista.
Questi sono gli ingredienti del mediocre Terror Train, considerato da molti un cult quando in realtà non aggiunge nulla di nuovo (d'altronde è uno slasher) ma si lascia vedere senza sbadigli e con alcune scene d'effetto che per l'anno di uscita non erano cosa da poco. Il difetto più grosso rimane la mancanza di coraggio del regista che pur sapendo rendere bene l'atmosfera e soprattutto l'inquietudine e la disperazione dei ragazzi, non osa andare oltre magari con qualche omicidio più efferato e mettendo da parte qualche donnina nuda per dare più spazio al sangue.
Spoottiswoode crea a parte la giovanissima protagonista, una galleria di neofiti del college tutti sbruffoni per cui l'empatia non esiste e non vediamo l'ora di vederli morire male tutti quanti.
In più l'eco del revenge-movie e le maschere usate sapientemente dal killer per non lasciare traccia, rimangono due elementi che sembrano fare a braccio di ferro per tutto il film, con finale prevedibile ma allo stesso tempo condito da un buon ritmo. L'idea venne al soggettista praticamente mettendo un Michael Myers sfigatello che deve vendicarsi su un treno.

domenica 27 ottobre 2019

Sacco bello


Titolo: Sacco bello
Regia: Carlo Verdone
Anno: 1980
Paese: Italia
Giudizio: 4/5

Nella notte tra il 14 e il 15 agosto a Roma. Un bulletto sta per partire con la sua "sprint" in compagnia di un amico per la Polonia, in cerca di facili congressi carnali. Un capellone in tunica bianca distribuisce volantini dei Bambini di Dio ed è catturato dal padre, esuberante comunista, che lo trascina in un consiglio di famiglia. Un timido giovanotto mammone in partenza per Ladispoli è agganciato da una bella spagnola.

Uno dei migliori film di Verdone. In parte un film manifesto per quegli anni in cui di nuovo in uno schema corale in tre storie diverse, l'autore romano riflette sul nostro paese dandone un quadro veritiero, appassionante, al passo coi tempi, estremamente ansioso e disilluso.
Tre storie e contesti completamente differenti per cercare di indagare e studiare più elementi possibili cercando sempre di vivere di contrasti per quanto concerne le scelte di tre personaggi completamente diversi: Leo il timido impacciato, Enzo il burino e Ruggero il figlio dei fiori.
La Polonia e le donne facili, gli incontri con spagnole affascinanti, comunità hippie come quella dei figli dell'amore eterno. Verdone riesce a mantenere un ritmo per tutta la pellicola incredibile dove passiamo sempre da una situazione all'altra, dove la tensione e l'atmosfera sale fino alla tragedia che in maniera pacata attraversa tutti e lascia i personaggi in balia di se stessi continuando a inseguire i loro sogni e illudersi che tutto vada bene.
Sono tutti malinconici in fondo, loro e quelli attorno, i dialoghi e le scene riescono a diventare epocali e memorabili perchè tangibili e pieni di imperfezioni, con protagonisti illusi di poter cambiare il mondo o le persone attorno a loro. Il dialogo di Ruggero, Don Alfio, il professore e Anselmo è diventato forse il più famoso del film riuscendo a sistemare più questioni e vedere gli sguardi diversi delle istituzioni e della chiesa che si affacciano sui giovani di oggi, sulle mode, le tendenze, sfuggendo dal moralismo e rimanendo invece interessati da questi cambiamenti ideologici.

Verdone ha sdoganato nel suo cinema il modello del personaggio sfigato che col passare del tempo ci si affeziona per la sfortuna, il fatto di essere esageratamente impacciato e ansioso e il suo buon cuore.

venerdì 2 agosto 2019

Shining


Titolo: Shining
Regia: Stanley Kubrick
Anno: 1980
Paese: Usa
Giudizio: 5/5

Jack Torrance è uno scrittore in crisi in cerca dell'ispirazione perduta. Per trovarla e sbarcare il lunario accetta la proposta di rintanarsi con la famiglia per l'inverno all'interno di un gigantesco e lussuoso albergo, l'Overlook Hotel, solitario in mezzo alle Montagne Rocciose. L'albergo chiude per la stagione invernale e il compito di Jack sarà quello di custodirlo in attesa della riapertura. Nel frattempo, pensa Jack, lui potrà anche lavorare al suo nuovo romanzo. Con lui, la devota mogliettina Wendy e il figlioletto Danny, per nulla entusiasta della prospettiva

«Il “fanciullo”, mentre è consegnato inerme a nemici strapotenti(…),dispone di forze che superano di gran lunga ogni misura umana. (…)ha una forza superiore e riesce a farsi valere ad onta di ogni pericolo e minaccia. Egli rappresenta la tendenza più forte e più irriducibile di ogni esistente: quella di realizzare se stesso. (…)La tendenza e il bisogno dell’auto-realizzazione è una legge di natura ed è quindi una forza invincibile»
C.G. Jung, Prolegomeni allo studio scientifico della mitologia, 1941, con K.Kerényi

Shining è un cult che a distanza di decenni non perde una minima parte del suo fascino, risultando sempre simbolicamente e stilisticamente un quadro perfetto e un miscuglio di generi complesso e stratificato.
Kubrick rilegge a modo suo il romanzo di King, infarcendolo di elementi e virandolo verso l'horror e il mistery. Un film enormemente complesso con una lunga serie di geometrie simmetriche e tecniche che si deformano all'interno dell'hotel diventato forse uno dei più famosi al mondo insieme a quello di Bates.
Una paura e una pazzia figli dell'isolamento e della claustrofobia. Nicholson a briglie sciolte seppur esagerando il personaggio confeziona un villain di quelli indimenticabili. Uno studio incentrato sull'
organizzazione dello spazio e del tempo che ancora prima di mostrarlo, accenna e fa riferimento all’immagine del labirinto. Un hotel vuoto che appare gigantesco, privo di qualsiasi punto di riferimento: corridoi lunghi, ognuno uguale all’altro, porte chiuse, ascensori minacciosi, quella steadycam che segue o precede i personaggi, risucchiandoli in uno spazio oscuro.
Il film come l'hotel è una trappola senza uscita dove i fantasmi del passato emergono per dare sfondo alla follia più totale che prevalica il personaggio sprofondando il film verso un incubo angosciante dove a farne le spese sono proprio la moglie e il bambino.
Un film maledetto, ambizioso, allucinato e esoterico, pieno di metafore e citazioni letterarie, dove il regista riafferma ancora una volta come le radici del male sono insite nell'uomo.
In più proprio le metafore e le simbologie qui rappresentano altre due importanti tasselli della poetica di Kubrick, utilizzate per illustrare i tormentati pensieri del protagonista, un scrittore in crisi dal temperamento eccessivamente volubile.

mercoledì 1 agosto 2018

Inferno(1980)



Titolo: Inferno(1980)
Regia: Dario Argento
Anno: 1980
Paese: Italia
Giudizio: 4/5

Una ragazza di New York scopre che la casa dove abita è sede di una delle tre Madri degli inferi (le altre due si trovano in altre case rispettivamente a Roma e a Friburgo). La poverina muore orribilmente, ma fa in tempo ad avvertire il fratello che riuscirà a sventare l'orribile minaccia

Lasciando il giallo da parte e sposando il thriller horror Argento dopo Suspiria (1977) continua a seguire il filone della trilogia delle Tre Madri, in cui si sarebbe narrato della triade di streghe tesa a governare il mondo: Mater Suspiriorum, Mater Tenebrarum e Mater Lacrimarum.
Lo fa con il suo secondo film proprio sul filone paranormale prima del disastro finale ovvero il terzo capitolo che non ha caso coincide con il periodo finale della filmografia di Argento quella più disgraziata e per alcuni aspetti dove manca proprio il genio del regista romano. Per anni ho sperato che la terza fase, la TERZA MADRE, potesse completare la grande opera argentiana con una nuova apoteosi e di fatto Inferno apriva e nello stesso tempo chiudeva il ciclo essendo un capitolo auto-concluso e auto-esplicativo, bastava a se stesso.
C'è una nuova formula non solo narrativa che non sempre convince soprattutto nella continuità di una trama quasi assente, per investire tutto invece sugli elementi estetici, di un modo di girare e studiare l'inquadratura che diventa manifesto per un epoca in cui l'horror era già pienamente sdoganato diventando il manifesto programmatico di una estetica della violenza senza necessità di raccontare una storia, di abbandono al virtuosismo puro senza trama musicale, si sente la mancanza dei Goblin ma il lavoro di Keith Emerson è molto più sperimentale
Come già in Suspiria (1977), ma in modo molto più accentuato, sono le singole scene, simili a quadri a se stanti, a essere piccoli capolavori.
Più ancora che in Suspiria (1977) però i colori dominano cambiando di scena in scena.
Per ogni azione corrisponde un colore specifico, e questo ha lo strano effetto di accentuare la paura.
Espediente questo già usato da Mario Bava nei suoi primi capolavori.
Il secondo capitolo della trilogia delle Tre Madri riesce a essere più violento e più splatter di tutti i precedenti film e in alcuni casi tale violenza è gratuita, e non segue un filo molto logico.


venerdì 10 febbraio 2017

Occhi del parco

Titolo: Occhi del parco
Regia: John Hough
Anno: 1980
Paese: Usa
Giudizio: 2/5

Gli occhi del parco racconta di una famiglia composta da padre, madre e due figlie che decidono di trasferirsi in un'immensa villa ai margini di un bosco, proprietà di un'anziana signora che, dopo un'accurata selezione, cerca i coinquilini più adatti con i quali vivere.

Anche la Disney ha avuto un suo momento "horror" anche se il termine migliore è fantasy o commedia nera o mistery. Pochi esempi come Ritorno a Oz, finora il migliore in assoluto e QUALCOSA DI SINISTRO STA PER ACCADERE. Infine ma di questo non ne sono assolutamente sicuro tale DESERTO ROSSO citato da Murakami in un libro che non ricordo bene quale sia e che tutt'ora l'esistenza di questo film rimane un mistero.
Il film di Hough parla di case ma non proprio infestate anche se lo spirito della bambina morta è presente e diventa a tutti gli effetti il motore centrale per creare suspance e tensione, purtroppo però assente, così senza bisogno di dover andare oltre viene da sè l'analisi di un "esperimento" venuto male dove i dialoghi diventano pedanti, il ritmo fa difficoltà ad ingranare per l'assenza di colpi di scena. Bette Davis non può da sola fare i miracoli e anche l'impiego di questo spirito risulta spesso ripetuto senza creare l'atmosfera e la suspance giusta.
Un tentativo fallito che ha il merito comunque di averci provato, contando che la Disney non è solita nel narrare questo tipo di storie.







giovedì 20 giugno 2013

Cruising

Titolo: Cruising
Regia: William Friedkin
Anno: 1980
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Incaricato di travestirsi da omosessuale masochista per individuare uno psicopatico che batte il mondo dei sadomasochisti gay del West Greenwich Village di New York, un poliziotto finirà per domandarsi se sia ancora eterosessuale come all'inizio.

Friedkin è sempre stato un regista alquanto insolito. Capace di saltellarre tra i generi come se fosse una cosa assolutamente normale, è sempre stato attratto da alcune tematiche e alcuni lati nascosti dell'animo umano.
Cruising certo non sarà un thriller psicologico perfetto ma a tanti altri punti che andrebbero ripresi in considerazione come uno sguardo davvero insolito sulla comunità omosessuale e sapendola far indossare ad un Pacino molto attento a delineare un personaggio tutt'altro che facile.
Un film capace di condensare soprattutto nella prima parte a discapito dell'ultimo atto, una suspance emotiva legata a certi taboo dell'epoca mica da ridere come più di una scena dimostra e captandola dallo sguardo sofferto del protagonista. Il locale che diventa una sorta di bolgia infernale con una cosumazione di corpi e una carica emotiva resa davvero bene soprattutto nella scena del ballo sotto sostanze allucinogene.
Sembra quasi che in alcune parti la sceneggiatura o gli intenti del regista siano più indirizzate sulla rappresentazione di questa comunità piuttosto che incidere sul giallo psicologico.
L'omofobia dei poliziotti a danno della serenità degli omosessuali, in alcune scene è davvero messa in scena dando quell'idea che ha caratterizzato la realtà più dura di quegli anni.
La più grande critica è arrivata ovviamente dagli attivisti gay che sostenevano che esso [il film] avrebbe mostrato che quando Pacino riconosceva la sua attrazione verso il mondo omosessuale, sarebbe diventato psicotico e avrebbe iniziato a uccidere (Wikipedia)
Ovviamente Friedkin non dice nulla di tutto questo ma il suo cinema come l'ESORCISTA e BUG solo per fare due esempi a caso, ha saputo mettere a dura prova stomaco e gusti di critica e pubblico.

martedì 15 novembre 2011

Cyborg 009-La leggenda della supergalassia


Titolo: Cyborg 009-La leggenda della supergalassia
Regia: Masayuki Akehi
Anno: 1980
Paese: Giappone
Giudizio: 3/5

All'inizio della storia, i nove Cyborg non fanno più parte dello squadrone da combattimento coordinato dal Dottor Gilmore, ma sono ciascun dedito a differenti attività .
Gilmore, orami in pensione, trascorre i suoi giorni in un istituto di ricerche scientifiche, accudendo Iwan -001-. Ma è proprio quest'ultimo, grazie ai suoi poteri telepatici a scoprire la presenza di una grave minaccia per il genere umano, che si concretizzerà in un'invasione aliena. Per fronteggiare tele eventualità, il dottor Gilmore è costretto, seppur a malincuore a riunire i cyborg, i quali assieme ad un alieno giunto presso il laboratorio a bordo di una misteriosa astronave, partono per quella che sarà, probabilmente, la loro ultima missione.

Cyborg 009 è stata una delle serie che da piccolo mi ha appassionato di più. Nove cyborg con poteri diversi, pianeti inesplorati e nemici di ogni tipo erano le caratteristiche che davano libertà e un universale d’idee cui attingere barcamenandosi tra la fantascienza e l’avventura.
Sono venuto a sapere in ritardo di questo lungometraggio di più di due ore distribuito dalla Yamato Video solamente nel 2001.
Il perché al di là delle controversie che concernono alcune produzioni d’animazione giapponesi e soprattutto coreane, è lo stile assolutamente visionario e onirico del regista che si sposa perfettamente con le musiche fricchettone di Sugiyama.
Un soggetto interessante, una sceneggiatura convincente, due sole pecche, la storia d’amore tra Joe e Francoise con dei dialoghi ahimè imbarazzanti e un colpo di scena finale che era meglio non ci fosse.
Per il resto il film è un vero flash soprattutto nella prolissa lunghezza delle scene del salto spazio-tempo, dico un vero flash perché a tratti sembra di essere sotto degli effetti davvero psichedelici…

martedì 22 marzo 2011

Insegnante al mare con tutta la classe

Titolo: Insegnante al mare con tutta la classe
Regia: Michele Massimo Tarantini
Anno: 1980
Paese. Italia
Giudizio: 3/5

Il solito commendatore invita la solita procace insegnante di francese nel suo albergo al mare con la scusa d'impartire lezioni a suo figlio, ma in realtà col desiderio di sedurla.

Se la critica distrugge questo appetibile esempio di commedia scollacciata tocca ad uno come me cercare di trovare nuovi elementi, almeno weird, per riconsiderare il film di Tarantini.
Partiamo da alcune scene topiche del film come la battaglia delle caccole tra Cocò e il custode oppure tra Ercole e il custode così esilaranti da aggiudicarsi il premio weird della stagione.
Poi comunque tutta la pellicola ha un ottimo ritmo ed è ben bilanciata tra scene profondamente squallide come il figlio che tenta di rimorchiare l’insegnante e le difficoltà di Ercole a sfuggire ai finanzieri.
Probabilmente uno dei film in cui vengono mostrate più volte di tutte le tette della protagonista, un’affascinante Anna Maria Rizzoli.
Divertente e di genere.
Naturalmente per gli amanti della commedia scollacciata

Vacanza bestiale

Titolo: Vacanza bestiale
Regia: Carlo Vanzina
Anno: 1980
Paese: Italia
Giudizio: 2/5

Imbrogliati da un'agenzia di viaggi, alcuni giovani italiani si trovano in Medio Oriente dove gliene succedono di tutti i colori.

Calà e Abatantuono riuscivano abbastanza nei FICHISSIMI una pellicola stupida ma almeno comica con qualche buona trovata. Il film in questione a parte riproporre la coppiata con Diego che parla con la sua famosa voce da terruncello, assembla altri penosi attori nel gruppo dei Gatti di Vicolo Miracoli tra cui il corridore e Calà che regala una delle scene più divertenti nell'inizio quando cita De Niro in TAXI DRIVER.
Non bastano un paio di tette della Morlotti e Teocoli nel ruolo di un arabo per dare tono e risate a una pellicola che suona come una presa per il culo degli stili medio-orientali e delle loro usanze come l'agognato harem e tutte le laide mosse per cercare di portare a casa un film divertente che nella maggior parte dei casi annoia a morte.
Un film da dimenticare se non per qualche rara scena.

domenica 20 marzo 2011

Contamination

Titolo: Contamination
Regia: Luigi Cozzi
Anno: 1980
Paese: Italia
Giudizio: 4/5

Un mercantile alla deriva entra nel porto di New York: a bordo non c'è nessuna traccia dell'equipaggio, ma tra le casse di caffè che costituiscono il suo carico si rinvengono delle strane grosse uova verdi che al contatto secernono una sostanza gelatinosa ed esplosiva. Dopo che le analisi di laboratorio accertano trattarsi di spore contenenti batteri sconosciuti, Stella Holmes, incaricata della sicurezza, ricollega il fatto alla testimonianza dell'astronauta Hubbard che pochi anni prima, di ritorno da una missione su Marte, aveva parlato di una minaccia incombente sulla Terra senza essere creduto. Intraprese le indagini, Holmes rintraccia Hubbard in Colombia ed insieme con lui scopre l'esistenza di una mostruosa creatura, il Ciclope, che propaga il virus sotto il controllo di Hamilton, il secondo astronauta che aveva partecipato alla spedizione sul pianeta rosso e che era stato dato per disperso al rientro sulla Terra. Sopraffatto il mostro, che tra le sue vittime ha aggiunto lo stesso Hamilton, Stella Holmes e Hubbard credono che il pericolo sia scongiurato, ma, in quello stesso momento, in un'oscura strada di New York, tra i bidoni della spazzatura, qualcosa esplode: si tratta forse di un ultimo baccello sfuggito alle ricerche?

Al suo secondo film horror-fantascientifico, Luigi Cozzi è sicuramente un buon artigiano che come altri firmato sotto pseudonimo, Lewis Coates, ha avuto la possibilità di sbizzarrirsi negli States con un budget largamente superiore a quello italiano.
Con successo riesce a dare veridicità ad un film di fantascienza difficile negli intenti che sicuramente fa il verso ad altri classici di fantascienza dai vecchi b-movie, per poi passare a Fulci e Bava, ma condito con quella componente splatter che almeno rende scioccanti alcune scene contando che il film è dell’80.
Cambia l’alieno nell’immaginario collettivo senza cambiare la prassi e la procedura standard che come in questi film genera pochi illuminati destinati a debellare la terribile sciagura proveniente da Marte ma che come al giorno d’oggi può influenzare menti e dominarle.
Una metafora interessante per il migliore tra i film del regista anche se produttivamente fu un disastro.