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martedì 14 luglio 2020

Brancaleone alle crociate


Titolo: Brancaleone alle crociate
Regia: Mario Monicelli
Anno: 1970
Paese: Italia
Giudizio: 4/5

In viaggio per la conquista del Santo Sepolcro, Brancaleone perde tutti i suoi uomini e invoca la Morte, salvo poi chiederle una proroga. Salva la vita a un neonato, figlio di un re normanno, e, con una nuova cenciosa armata, si rimette in viaggio. Tra una comica avventura e l'altra scoprirà che un finto lebbroso è, invece, una bella principessa: si batterà per averla e, naturalmente, perderà.

Un degno seguito che sancisce un altro incredibile cult per un sotto genere quello della parodia picaresca che in Italia ha raggiunto i massimi fasti. Qualcuno per risate e azione lo preferisce all'opera precedente trovando all'interno di questo sequel una miscela di avventura e buffoneria, satira e farsa in un Medioevo che non regalava niente e in cui ognuno agiva per i propri interessi.
Un film che osa certamente di più nell'incursione nei generi inserendo note quasi fantasy e metafisiche e rimanendo di fatto più lugubre del predecessore.
Le scene di lite tra il nano e la strega a colpi di fatture e bastonate, la lebbrosa, l'arrivo di Thorz, Re Boemondo, un manipolo di antieroi mai così funzionale e allo stesso tempo diverso e complesso sono solo alcuni degli elementi in più inseriti in questa galleria di scene suggestive e grottesche.
Un film che non smette mai di regalare scene drammatiche e divertentissime, che non lesina sulla violenza, come nel massacro iniziale e regala anche momenti deliranti come l'arrivo della Morte.


domenica 15 ottobre 2017

Vergini di Dunwich


Titolo: Vergini di Dunwich
Regia: Daniel Haller
Anno: 1970
Paese: Usa
Giudizio: 3/5

Il nobile Wilbur Whateley con antenati dediti alla stregoneria è interessato a procurarsi una rara copia del Necronomicon, il libro maledetto dell’occulto, appena giunto all’Università di Miskatonic. Ma il prof. Armitage che lo sta studiando, non è dello stesso avviso. Allora Wilbur con le sue doti ipnotiche riesce a sedurre e attirare Nancy, la giovane allieva di Armitage, nella sua villa per coinvolgerla in oscuri riti magici che hanno l’indicibile scopo di evocare le antiche divinità che un tempo dominavano sulla terra…

Diciamolo pure. A parte il film di Gordon del 2001 di film importanti e indimenticabili su Lovecraft non ne sono stati fatti molti. E' un peccato anche se non è detto che l'orrore cosmico non diventi di nuovo materia a cui attingere come è successo di recente con due ottimi film in cui solo uno in particolare sembra citare il leader indiscusso di Providence.
Tutto ciò che è stato fatto prima faceva parte di questa sorta di trilogia di cui questo film fa parte essendo il terzo ed ultimo tratto dall’opera di Lovecraft prodotto dall’American International Productions di Roger Corman che cercava una valida e remunerativa alternativa ai film tratti da E. A. Poe.
Tratto dal racconto L'orrore di Dunwich, il film nonostante lodevoli sforzi e una regia pulita che sfoggia virtuosismi stucchevoli e una tensione appena modesta altro non aggiunge e anzi in alcuni momenti scimmiottando anche sulla recitazione e mi riferisco a Wilbur Whateley.
Tuttavia al di là della storia e della sceneggiatura funzionale e che riprende in modo attinente e pertinente il racconto, si inserisce anche con alcuni aneddoti e numerosi collegamenti con l'opera di Moore per l'appunto Providence. Al di là di alcune scelte azzardate e che rischiano di smorzare l'atmosfera e la tensione, parlo del figlio di Yog-Sothoth, il quale veniva nel racconto rinchiuso in un fienile, mentre nel film è tenuto prigioniero in soffitta dietro una porta oppure ogni elemento orrifico lovecraftiano con le sue gelide e malsane atmosfere è smorzato regalando effetti di luce su rosso e nero per mostrare il mostro, un montaggio alle volte troppo psichedelico e allucinato e per finire un finale a botta di incantesimi che non riesce ad essere convincente.
Il problema più grosso del regista sembra essere quello di avere grande difficoltà a rappresentare in immagini l’orrore cosmico del ‘Solitario di Providence’. Ne prendiamo atto pur riconoscendo una sceneggiatura valida e un reparto tecnico valido.

lunedì 25 febbraio 2013

Rocky Joe-L’ultimo round

Titolo: Rocky Joe-L’ultimo round
Regia: Asao Takamori
Anno: 1970
Paese: Giappone
Giudizio: 3/5

Joe Yabuki, cresciuto nell'orfanotrofio di Ashita, è diventato pugile prima per caso e convenienza, poi per destino. Nella sua ultima sfida, al culmine di una carriera difficile ma gloriosa, affrontare la realtà significa accettare la sconfitta o scegliere di combattere fino alla fine.

Film tratto dall'omonimo anime che a sua volta viene preso dal fumetto di Asao Takamori pubblicato nel 1968. Diciamo che per tutti i vecchi fan della saga animata, l’idea di poter convertire tutta l’azione in un Oav convincente come questo è davvero interessante soprattutto viste la moltitudine di tematiche che il lungo d’animazione offre.
Lo stile è molto particolare e suggestivo soprattutto nel dare enfasi e drammaticità agli incontri. Un viaggio di redenzione di un pugile che ha un duro passato, un emarginato che tenta disperatamente di avere un’altra occasione. Dal momento che il film affronta in due parti nette, due storie con tutte le sottotematiche del caso, Takamori fa molta attenzione a non smorzare l’azione, a curare le musiche e il montaggio. Alle volte alcuni passaggi vengono sminuiti e in altri casi non sono ben chiare le azioni di alcuni personaggi ma il film accelera continuamente e il finale tragico da un giusto tono che accompagna il cammino di sofferenza del protagonista.
Per essere un film d’animazione sulla boxe comunque rimane un’opera dura e cruda oltre che molto drammatica sicuramente meglio riuscita di molti e numerosi film sulla boxe.