Un devastante terremoto investe Seoul come un'ondata di roccia. Rimane in piedi un solo condominio, dove vivono il dipendente pubblico Min-sun e la sua compagna infermiera Myung-hwa. I residenti dell'edificio si ritrovano presto alle porte disperati in cerca di asilo e, dopo un'iniziale accoglienza, decidono di ricacciarli a vivere tra le macerie. Guidati da Yeong-tak, istituiscono il principio che il condominio è solo per i residenti e tutti devono aiutare al recupero e alla distribuzione di risorse, razziate dalle rovine circostanti. La comunità trova un suo equilibrio, ma questo viene destabilizzato dal ritorno al proprio appartamento una giovane residente, che ha viaggiato nella devastazione circostante ed è disgustata - come pure anche Myung-hwa - dall'osceno divario tra chi vive in modo relativamente agiato è chi è precipitato nella più nera miseria.
Concrete Utopia è un altro splendido esempio di come il cinema coreano spesso riesca a mischiare più generi per creare una parabola sociale condita da disaster movie, dramma, black humor, horror sociale e tematiche legate alla sopravvivenza e la sopraffazione. Il tutto in una metafora in realtà molto più reale di quanto si pensi, disturbante e satirico nel tratteggiare fin dove può spingersi l'umana meschinità, l'egoismo, l'omertà e così via. Anche qui il tema del terremoto a creare le basi per la disfatta ricorda per certi aspetti la mini serie, sempre coreana, BARGAIN, mentre qui assistiamo conoscendo i membri della comunità al processo di smebramento e regressione dove pur di sopravvivere si arriva a diventare carnefici cacciando ed esplorando lande desolate vicine.
Tremende quanto doverose alcune sequenze di lotta tra disperati per accaparrarsi un posto dove stare o qualcosa da mangiare arrivando a schiacciare chiunque si trovi davanti che siano donne, anziani o bambini.