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sabato 14 marzo 2020

Blind King


Titolo: Blind King
Regia: Raffaele Picchio
Anno: 2016
Paese: Italia
Giudizio: 2/5

Craig si è appena trasferito in una nuova casa insieme a sua figlia, cercando di riprendere le redini della sua vita dopo l'improvviso suicidio della sua compagna. Sua figlia, che dall'accaduto ha smesso di parlare, è tormentata da incubi e da una inquietante figura nera che la chiama a se. Purtroppo il trasloco non solo non sembra risolvere il problema, ma addirittura lo stesso Craig inizia a fare strani sogni in cui quella figura sembra minacciarlo di volersi prendere sua figlia. Mentre la linea che divide sogno e realtà si fa sempre più esile, la sensazione che qualcosa di spaventoso stia concretamente per scatenarsi diventa sempre più palpabile per Craig. L'unico modo per impedire la tragedia sarà cercare l’essere oscuro e affrontarlo nel suo "regno", i suoi sogni.

Nel mio bisogno personale di dover visionare cinema e horror a 360° torna l’appuntamento con l’indie italiano, quello che cerca nel low budget e nella formula della scrittura di portare a casa se non altro un risultato dignitoso che mette da parte gli effetti speciali per concentrarsi sulla scrittura e le idee.
Picchio aveva esordito con Morituris un film in fondo fedele alla sua natura quella di essere uno slasher convincente. Qui il regista deraglia completamente, il gore viene messo da parte come lo splatter (se non in qualche scena) per creare un’atmosfera decisamente più intimista e spostando i fantasmi del protagonista in un dramma famigliare padre-figlia. Tanti sono i richiami con un cinema certo più conosciuto e la camera del Re Cieco e il concetto del trapasso verso un purgatorio di espiazione e sofferenza porta inevitabilmente a scontrarsi con alcune tematiche barkiane. Anche se il film in alcuni momenti ha problemi di ritmo, la recitazione non è sempre rigorosa e alcuni minuti in meno avrebbero di certo giovato, Blind King è la speranza da parte di un autore poco conosciuto di cercare di accostarsi alle grandi produzioni hollywoodiane prendendo tante intuizioni in comune e cercando di limitarle per il piccolo schermo e per delle risorse che con i loro limiti cercano di mettercela tutta. Peccato però che proprio gli sforzi di scrittura non siano sufficienti, il film diventa telefonato dal secondo atto in avanti, tutto risulta chiaro senza mai un vero colpo di scena finale e poi il climax diventa quasi ridicolo distruggendo quel poco di buono che il film stava cercando di mantenere. Sembra una sceneggiatura scritta di fretta mettendosi troppo in contatto con outsider e cult che non andavano toccati o risvegliati.