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lunedì 11 febbraio 2019

Primo re


Titolo: Primo Re
Regia: Matteo Rovere
Anno: 2019
Paese: Italia
Giudizio: 4/5

Romolo e Remo, letteralmente travolti dall'esondazione del Tevere, si ritrovano senza più terre né popolo, catturati dalle genti di Alba. Insieme ad altri prigionieri sono costretti a partecipare a duelli nel fango, dove lo sconfitto viene dato alle fiamme. Quando è il turno di Remo, Romolo si offre come suo avversario e i due collaborando con astuzia riescono a scatenare una rivolta, ma è solo l'inizio del loro viaggio insieme agli altri fuggitivi e a una vestale che porta un fuoco sacro. Sapendo di avere forze nemiche sulle proprie tracce decidono di sfidare la superstizione e si avventurano nella foresta, dove Remo dà prove di valore e conquista la leadership del gruppo, mentre Romolo può fare poco altro che riprendersi da una ferita. Quando a Remo viene letto il destino dalla vestale, lui decide di sfidare il volere degli dèi.

‘Un Dio che può essere compreso non è un Dio’ (frase incipit dello scrittore drammaturgo britannico William Somerset Maugham)
Il primo re credo sia uno dei film fisici più complessi e stratificati del nostro ultimo cinema.
Un frammento di un vecchio codice che sembra portare in auge valori e sfide del passato che riescono a riscattarsi ai giorni nostri con un sapiente e importante lavoro di tutte le maestranze.
Fotografia, scenografia, make up, costumi, reparto attoriale. Il primo re è un film che non sfigura di fronte ai cugini oltre oceano, alza la testa, a volte un po troppo, e guarda senza riserve tutto ciò che gli sta attorno sicuro del suo peso reale, della sua portata e del suo valore aggiunto.
Perchè è qui che va misurato il film. Una storia primordiale che riesce a dare sfumature arcaiche, sperimentali quasi, di una nuova ricerca e un nuovo passaggio per il cinema di Rovere.
Quasi una sfida in regni diversi e periodi storici affascinanti, dove l'unico obbiettivo è sopravvivere e cercare di dare un senso o una continuità alla propria vita immersi in una natura incontaminata dell'alba della civiltà.
Un anti peplum anti storico, senza geografia, dove la storia poteva raccontarci qualsiasi cosa senza bisogno di avere quell'aderenza storica precisa poichè fa parte di un periodo troppo sconosciuto, un'altra sfida ambiziosa che ho trovato anche questa vinta senza mezzi termini
Quando si sfiora troppo il fenomeno religioso, il film infila troppi dialoghi perdendo quel fascino dove filosofia, in forma primitiva e culto cercavano di trovare una sistemazione senza per forza di cose riuscirsi.
Per tutto il resto rimane un passo avanti e un riscatto per quanto ancora ci sia il volere e il bisogno di creare qualcosa di nuovo e antico.