Alfred Moretti è una leggenda. Le sue canzoni hanno ispirato generazioni, la sua musica è un fenomeno globale e la sua vita - sospesa tra realtà, mito e gossip ben orchestrati - incuriosisce e anima appassionati in ogni angolo del mondo, soprattutto da quando si è ritirato dalle scene. Ora, dopo oltre 30 anni di silenzio, Moretti annuncia che uscirà un suo nuovo album. Per promuoverlo, invita in un ranch isolato un gruppo molto selezionato di giornalisti, critici ed esperti di musica. Per Ariel, giovane redattrice di belle speranze, è l'occasione che stava aspettando da sempre. Ma nella vita, come nell'arte, nulla è mai come sembra e sarà presto chiaro a tutti gli invitati che non c'è culto più pericoloso di quello della celebrità.
I film sulle sette sono tra i miei preferiti. Quelli che ci portano in località sperdute con comunità al cospetto di un loro sistema simbolico organizzatore di senso. Ultimamente va da sè che sia quasi sempre stato l'horror ad aggiudicarsi questo sotto genere cinematografico. Opus ci prova cercando di rendere pop un concetto, una metafora e un attacco alla globalizzazione scegliendo in chiave contemporanea nuovi modelli e una nuova tipologia di affezzionati al culto.
John Malkovich avrà adorato questo ruolo che sembra quasi proiettarlo in un olimpo dove può destreggiarsi e alimentare il suo ego con un personaggio che si confà perfettamente con la sua mimica e la sua capacità recitativa. Il resto del cast funziona anche se non è sempre bilanciato e la scelta di location, la regia pulita, patinata e curatissima mi hanno fatto venire in mente un altro film molto simile uscito di recente BLINK TWICE di Zoe Kravits anche se di stampo marcatamente più femminista ma con una protagonista per certi versi uguale che si trova nel posto sbagliato al momento sbagliato senza slittare ferocemente sul revenge-movie.
Un film da vedere ma che merita una risicata sufficienza dal momento che non si sforza mai di andare oltre quello che lascia intuire sin dall'inizio