L'agente dell'FBI Lee Harker viene assegnato a un caso irrisolto di un serial killer che prende pieghe inaspettate quando rivela prove dell'occulto. Harker scopre un legame personale con l'assassino e deve fermarlo prima che colpisca di nuovo.
Bisogna ammettere che al suo quarto film Perkins dimostra di essere uno dei più grandi talenti dell'horror contemporaneo. Nonostante il suo cinema sia figlio di congiunture che di moderno hanno ben poco soprattutto nella scelta delle storie e nei contesti quanto invece lo risultino nella sperimentazione e nell'approccio. Longlegs è un thriller potente e impattante.
Una detective story, un poliziesco originale che non deve e non strizza l'occhio a niente e nessuno. Come sempre l'autore dimostra il suo talento spezzando le scene con momenti di inusitata violenza quando meno te lo aspetti. Crea rapporti simmetrici tra i personaggi come se un sottilo fil rouge li unisse condannandoli a scontare pene più grandi di loro, o a sottostare a meccanismi perversi.
La politica d'autore di Perkins sembra sempre più accostarsi in tempi e luoghi diversi su un punto fisso ovvero l'onnipresenza del male in tutte le sue forme. Quando c'è un potere così oscuro gli unici che si palesano sono i suoi servi e coloro che sembrano seguire rigidamente uno schema come quello dell'uomo dal basso e iniziare una mattanza che sembra un ciclo predestinato a non finire mai. Soprattutto dal momento che sfrutta un elemento soprannaturale così intenso e originale da depistare le tracce di ogni indagine perchè sembra il frutto di un assurdo incommensurabile.
Longlegs è uno degli horror candidati ad essere tra i più importanti dell'anno per la sua forma così singolare di impattare nello spettatore catapultandolo in un incubo di angoscia in cui non sembra mai essere chiaro il movente e l'emissario. Se ci mettiamo poi delle interpretazioni così intense da parte di tutti allora non resta che aspettare un'altra opera di Perkins