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domenica 10 gennaio 2016

Taxi Teheran

Titolo: Taxi Teheran
Regia: Jafar Panahi
Anno: 2015
Paese: Iran
Giudizio: 4/5

Un taxi attraversa le strade di Teheran in un giorno qualsiasi. Passeggeri di diversa estrazione sociale salgono e scendono dalla vettura. Alla guida non c'è un conducente qualsiasi ma Jafar Panahi stesso impegnato a girare un altro film 'proibito'.

Cinema neorealista e militante. La settima arte come strumento di conoscenza e di lotta.
Così verrebbe da definire il lavoro di Pananhi che merita due righe soprattutto per cercare di capire gli intenti di questa insolita opera.
Panahi è stato condannato dalla 'giustizia' iraniana a 20 anni di proibizione di girare film, scrivere sceneggiature e rilasciare interviste, pena la detenzione per sei anni.
Ma non c'è sentenza che possa impedire ad un artista di essere se stesso, ed ecco allora che il regista ha deciso di continuare a sfidare il divieto e ancora una volta ci propone un'opera destinata a rimanere quale testimonianza di un cinema in un paese in cui le contraddizioni si fanno sempre più stridenti.
I passeggeri che salgono sul taxi non sono moltissimi.
Per target d'età e la differente condizione economica, riescono tutte a dare un quadro e un'idea di come sta la gente a Teheran, di cosa la preoccupa, di quale può essere il senso di giustizia, captando chi più chi meno la profondità della società.
Il film ci mette un po a decollare ma dal momento in cui entrano in gioco l'avvocatessa dei diritti umani, amica del regista, la nipotina fastidiosa che vuol fare la regista e perfettamente in linea con l'educazione del regime e l'omuncolo che vende dvd pirata da altri paesi, il film indossa tutta la sua forza drammaturgica e il bisogno di dare testimonianza del termometro di una capitale.
Panahi dopo due film, anch'essi clandestini, sfrutta grazie alle più recenti tecnologie, il modo per contrattaccare i divieti dal momento che è sempre più difficile per i regimi impedire agli individui di fare testimonianza di quanto accade
Il finale è profetico e allarmante.

Due poliziotti in borghese penetrano violentemente nella macchina momentaneamente abbandonata da Panahi e dalla nipote, alla ricerca di un “girato” da distruggere o di cui servirsi contro il regista