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sabato 8 agosto 2020

Sea Fever


Titolo: Sea Fever
Regia: Neasa Hardiman
Anno: 2019
Paese: Irlanda
Giudizio: 4/5

Una misteriosa creatura ha intrappolato il peschereccio su cui Siobhán, solitaria studentessa di biologia marina, sta facendo delle ricerche. Nella lotta per la sopravvivenza, Siobhán dovrà guadagnarsi la fiducia dell'equipaggio

Le pellicole "degli abissi" da sempre sono stati per me a livello suggestivo qualcosa di ancestrale, rimanendo di fatto come un'esplorazione di mondi e realtà sommerse che mi hanno suggestionato molto più di tante e diverse realtà. Il perchè rimarrà sempre un mistero.
Sea Fever è un'esperimento interessante, difficile da catalogare per quanto non sia a pieni titoli un horror con mostro marino che attacca l'equipaggio (nel senso che per fortuna lo vediamo poco) ma di fatto è così. Un film molto minimale con una lentezza nei movimenti e in parte nel dipanarsi della storia ricercando e ricreando un fascino originale quanto legato a qualcosa che sembra nel bene scaturire dalle pagine di Tim Curran.
Neasa Hardiman al suo primo film a dispetto del suo impiego come mestierante per serie tv discutibili si ricollega in questo modo all’antica paura del mostro marino, dell’ignoto, agli antichi miti e superstizioni che per secoli resero gli equipaggi vittime di fobie, ammutinamenti e paure ancestrali e mai del tutto sopite. Perchè sulla Siobhàn, lo stesso arrivo di Freya sembra sconvolgere l'ordine costituito, dai suoi capelli rossi, dal suo essere pragmatica e scientifica, nel suo soprattutto prendere decisioni e non abbassare mai la testa. Un terror movie femminile e materno dove anche la creatura sembra con quei suoi tentacoli cullare e allo stesso tempo deflorare il peschereccio come a comunicare l'errore che i marinai stanno commettendo avendo varcato un confine.
Dal momento che i pescatori non nuotano, quel paradiso nascosto nel pieno Atlantico, lo captiamo proprio assieme a Freya a quella sua smisurata voglia di sapere, conoscere e comprendere con visioni affascinanti degli abissi. Una regia per certi aspetti claustrofobica sia sopra che sotto dando carattere e prova di riuscire ad essere atipico. Un thriller surreale originale di cui sinceramente ne sentivo tanto il bisogno. Il finale poi che sfugge da ogni happy ending scegliendo di nuovo la carta del sacrificio rende ancora più carattere ed emozione.