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sabato 16 maggio 2020

Cannibal club


Titolo: Cannibal club
Regia: Guto Parente
Anno: 2018
Paese: Brasile
Giudizio: 3/5

Una coppia molto ricca organizza cene eleganti sul proprio yacht. Il menu di queste serate è composto dalla griglia di carne umana e da sesso sfrenato. Quando scoprono che il capo di questo club di cannibali nasconde un segreto ancora più scabroso, per loro le conseguenze saranno devastanti.

Negli ultimi anni il cinema brasiliano sta diventando sempre più interessante soprattutto quando punta sulla denuncia sociale, sulla politica, sul dramma dell'enorme divario economico e altri temi di attualità.
Nell'horror fino ad ora As boas maneiras rimane la summa di un cinema di genere in grado di essere multi variegato e consapevole di saper affondare la propria critica verso una pluralità di temi.
Cannibal club è un film con pochi intenti, molte scene di contorno discutibili nel loro essere state abusate nell'horror in troppe occasioni. Una sorta di Zona come il film fondamentale di Plà, dove i ricchi abitano in zone residenziali con tanto di guardie private per delle paure latenti legate a bande di poveri ragazzini disposti a tutti che possano minare la loro tranquillità. Dall'altro l'apatia, la noia quotidiana di chi ha scelto la reclusione e ingaggia agenzie interinali per portare carne fresca nel loro mattatoio.
Gli esponenti della classe dirigenziale brasiliana per il loro doversi auto conservare e auto proteggere inscenano banchetti snuff, si vantano delle loro acrobazie sessuali quando in realtà sono così frustrati da farsi sodomizzare dalle minoranze che loro stessi sacrificano.
Da questo punto di vista, il merito più grande del film è di scoperchiare lo squallore in maniera ciclica, come un cane che si insegue la coda e che finisce per fare del male a se stesso in primis.
Un film che soprattutto denuncia i rapporti liquidi, il non sense di alcune relazioni che pur di mantenere agli occhi del pubblico esterno una normalità sono costretti a pratiche fuori dal comune come quella della moglie che ama farsi possedere da sconosciuti mentre il marito, quando lei raggiunge l'orgasmo, ha l’abitudine di correre a uccidere con una grossa scure l’amante della moglie in un lago di sangue, prima di iniziare a fare a pezzi il malcapitato insieme al consorte, per poi condividerne le carni in un elegante pasto.
Ovviamente questo impianto non può durare in eterno e a furia di esagerare con le scorpacciate di vittime sacrificali e osservando ciò che non si deve, gli effetti non tarderanno ad arrivare..

martedì 17 gennaio 2017

Tenemos la carne

Titolo: Tenemos la carne
Regia: Emiliano Rocha Minter
Anno: 2016
Paese: Messico
Giudizio: 3/5

Fratello e sorella si introducono in un edificio fatiscente. All'esterno, una non meglio precisata situazione post-apocalittica. A dispetto delle apparenze, i due non sono soli e ben presto si trovano a spartire la convivenza con un terzo personaggio, una mefistofelica presenza che li inizia a viaggio interiore all'insegna del piacere e della violenza più estremi.

We are the flash è l'opera prima del giovane regista messicano Emiliano Rocha Minter di ventisei anni. Tenemos la carne, il titolo originale, è un film potente, mistico ed "esoterico", messicano quanto cileno per alcuni aspetti sui guru e gli sciamani, e un film sull'iniziazione con una quantità di scene menzionabili impressionanti e allo stesso tempo quel tipico film che come per BASKIN aspettavi con ansia per rimanere invece solo parzialmente soddisfatto.
La prima impressione è quella di trovarsi di fronte ad un esordio che grida a Noè (il giovane regista ha sottolineato le sue aspirazioni e ambizioni e i punti di riferimento) in un film che trova nel lato estetico e nella forma i punti di forza, ma che quando deve confrontarsi con la trama, mostra tutti i suoi limiti. Proprio se avesse lavorato di più sulla storia e gli obbiettivi dei personaggi e non sui particolari anatomici e le scene di sesso tra fratello e sorella avrebbe giovato di più, concretizzando idee che qui sembrano solo espedienti per ingranare la marcia del politicamente scorretto.

Sono tanti i temi e sotto-temi presenti nel film: incesti, necrofilia, cannibalismo, violenza, orge, scenario post-apocalittico, un mentore luciferino che sembra di nuovo uscito da BASKIN, rituali di purificazioni, vittime sacrificali, il grembo materno (l'edificio come metafora di ciò che sta fuori anche qui per l'ennesima volta riconducibile a BASKIN) e prodotto fra gli altri da Yann Gonzaleze da Carlos Reygadas, con il sostegno di Alejandro G. Iñárritu. Secondo me il lavoro di Minter, da tenere comunque d'occhio d'ora in avanti, è troppo spesso un esercizio di stile sulla politica della violenza, ovvero detto in modo molto veloce, denunciare con la scusa del voler scandalizzare a tutti i costi, le atrocità del paese sfruttando l'horror e le sue caratteristiche. Un principio ormai ampiamente sfruttato nel genere che può portare anche, ma non in questo caso, ad importanti spunti di riflessione. Qui se le basi c'erano tutte e il prodotto è suggestivo e malato quanto basta se non di più...alla fine appare esagerato e plateale come una sorta di opera autoreferenziale. Il problema di questi film è che sono per gli amanti del genere fastidiosamente affascinanti proprio come BASKIN.