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domenica 23 marzo 2014

Wolf on Wall Street

Titolo: Wolf on Wall Street
Regia: Martin Scorsese
Anno: 2013
Paese: Usa
Giudizio: 4/5

Jordan Belfort di giorno riesce a guadagnare migliaia di dollari che con la stessa velocità sperpera in droga, sesso e viaggi intorno al mondo. Passato dal vendere gelati ad essere il capo di un ufficio di stockbroker, Jordan è avido, ama il potere e ogni forma di eccesso. Mentre conduce la sua attività con metodi alquanti discutibili, vive una burrascosa relazione con la moglie da cui ha due figli. Però negli anni Novanta il suo appetito insaziabile, la dissolutezza e la partnership con il designer di scarpe Steve Madden gettano il suo nome nel fango.

C'è un bell'articolo intitolato "La lunghezza non conta" di Eric Hynes del New York Times.
In questo articolo, viene più volte intervistata la montatrice del film, Thelma Schoonmaker che diceva come Scorsese volesse un film disordinato e che alcune scene si spingessero un pò oltre, per mettere alla prova la pazienza del pubblico.
Schoonmaker siede davanti a una parete coperta di schede che rappresentano più di duecento scene di The Wolf on Wall Street "Il montaggio è come la scultura. Hai davanti il girato grezzo, che è un'enorme massa di argilla a cui devi dare forma".

Detto questo ci sono registi che nonostante gli anni dimostrano sempre una dannata voglia di rinnovarsi, cercando spesso e volentieri di cambiare ritmi, schemi, narrazione, "montaggio" etc.
Lo fanno pur sapendo che correranno dei rischi, ma il bello del cinema è proprio questo.
Wolf on Wall Street è un'analisi che ci conduce nell'assurdo mondo di Belfort.
Per chi volesse vedere un film sui cambiamenti economici allora deve andare a ritroso e vedersi il film di Stone guarda a caso proprio dell'87.
Vediamo gli anni '80 tratteggiati in una maniera alquanto atipica, in un susseguirsi di sfrenatezze ed eccessi, uno schizzo violento e disarmonico ma dannatamente lucido se si sta dall'altra parte.
Si ride, e in parte all'inizio, quasi ci si compiace delle gesta di Belfort e della sua sfrontata leggerezza. Poi però la sua espressione cambia, gli eccessi diventano ridondandi e lo squallore dell'abuso di sostanze prende la sua vera forma arrivando al Metaqualone, un sedativo ad azione ipnotica, con effetti simili a quelli dei barbiturici, altamente devastante.
La scena è meravigliosa, il momento della Lamborghini è davvero prelibato contando che è andata davvero così a parte la differenza che al tempo la macchina era una Mercedes. D'altronde Belfort ha sempre confermato di avere avuto seri problemi di dipendenza e di avere avuto “abbastanza roba nel suo apparato circolatorio da sedare tutto il Guatemala”.
Chi mettere dunque sul trono di questa commedia nera, sporca e amara con una sfacciataggine tale da renderlo odioso e amato dal pubblico allo stesso tempo? Qualcuno ha definito "Di Caprio-Centrico" il suo ruolo, mentre la sua performance è stata più volte sottolineata, come la più esteriorizzata dell'intera storia del cinema.
Di Caprio tiene lo schermo guardandoci spesso negli occhi, dimostrando che con il gioco della penna può fotterci in qualsiasi modo e portando a spasso uno scimpanzè in ufficio sembra espressamente prenderci per il culo.
A sua volta il suo mentore (hanno preso McConaughey in un momento in cui nessuno può stargli dietro in quanto a performance) in poche battute e con qualche colpo sul petto, gli riassume in breve le regole del mercato, tirando cocaina senza farsi problemi anzi sorridendo pure al cameriere dandogli i tempi in cui portare i cocktail.
Hanna spiega con disinvoltura a Belfort che la chiave del successo per fare il broker è sniffare cocaina e masturbarsi almeno un paio di volte al giorno. La conversazione tra i due è praticamente uguale a un paio di dialoghi contenuti nel libro. Lo stesso Hanna ha confermato che all’epoca le cose andarono più o meno così.
Con una furibonda e stravagante dissolutezza, l'ultima opera del regista ci conduce in feste sfrenate, ville e set incantevoli, in una tragedia moderna, in cui la frode non viene analizzata in modo furbo e in parte subdolo, come nell'ultimo film di Russel, ma tenendo sempre un'avamposto di difesa come nella bella scena sulla barca in cui si fanno la battaglia a ridersi addosso Delham, l'ispettore e Bellford. Questa scena, con quella del broker Mark Hanna, sono i passaggi più importanti del film.
In uno vediamo la vecchia scuola, apprendiamo a non indugiare nella furbizia, e ad essere lupi spietati al momento giusto.
Allo stesso tempo apprendiamo che avere una giacca e una cravatta e un bel sorriso fruttavano e fruttano ancora oggi (grande critica colta da pochissimi) consensi al di là della natura del protagonista.
Nella scena con l'ispettore invece ci dice che le istituzioni come Delham possono provocare e cercare di mettere paura al Lupo che a sua volta ride di gusto, dimostrando come quando sei in cima sei già, automaticamente, diventato un'Intoccabile.
Se non è un'analisi stupefacente questa di Scorsese che al suo 24° film continua a provocare e ha giocare con il "politically correct" allora ditemi voi.